Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
Sentenza 12 novembre 2013, n. 45514
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIRENA Pietro Antonio – Presidente
Dott. BIANCHI Luisa – Consigliere
Dott. CIAMPI Francesco Maria – Consigliere
Dott. SAVINO Mariapia G. – rel. Consigliere
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 3010/2010 CORTE APPELLO di VENEZIA, del 23/05/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/03/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Stabile Carmine che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con sentenza emessa in data 11 marzo 2010 il Tribunale di Venezia dichiarava (OMISSIS) colpevole del reato di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2, in quanto in data (OMISSIS) lo stesso, sottoposto ad alcooltest, risultava positivo all’accertamento. In particolare gli agenti di polizia rilevavano un tasso alcoolemico superiore ai limiti di legge e precisamente pari a 1,61 g/l, in occasione della prima prova, ed a 1,79, in occasione della seconda prova. Di conseguenza, riconosciute le attenuanti generiche, il Tribunale di Venezia condannava il (OMISSIS) alla pena di mesi 2 di arresto ed euro 1.000,00 di ammenda, con sostituzione della pena detentiva in quella pecuniaria pari a 3.280,00 euro oltre alle spese del procedimento. Applicava, inoltre, all’imputato la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un anno e disponeva la confisca dell’autovettura, di proprieta’ del (OMISSIS), con cui era stato commesso il reato.
Proposto appello, la Corte di appello di Venezia confermava in foto la sentenza di primo grado condannando l’imputato al pagamento delle spese del grado.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato per violazione ed erronea interpretazione delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilita’ in riferimento agli articolo 191, 192, 511 e 533 c.p.p..
In particolare, difesa ha censurato la sentenza della Corte di appello nella parte in cui, conformandosi alla pronuncia di primo grado, ritiene provata la penale responsabilita’ del ricorrente in merito al reato contestatogli sulla base del verbale dell’accertamento urgente c.d. alcooltest.
Secondo la difesa la prova che il (OMISSIS) si trovasse alla guida dell’autovettura prima della somministrazione dell’alcoltest avrebbe dovuto formarsi in dibattimento, nel contraddittorio delle parti non potendo, invece, essere ricavata dal verbale dell’accertamento irripetibile acquisito al fascicolo per il dibattimento.
A detta del ricorrente avrebbero dovuto essere sentiti gli agenti che effettuarono l’accertamento del tasso alcoolemico in dibattimento. Difatti ritenere provato il reato di guida in stato di ebbrezza sulla sola base del verbale dell’accertamento tecnico, senza altre fonti che affermino che il soggetto sottoposto al test si trovasse alla guida, costituisce, secondo la difesa, una violazione delle norme codicistiche poste a presidio del principio del contraddittorio nella formazione della prova con conseguente inutilizzabilita’ dei risultati (articoli 511 e seguenti, articoli 191 e 192 c.p.p.).
In realta’ la ricostruzione difensiva risulta alquanto artificiosa.
A cio’ si aggiunga il consolidato orientamento in base al quale in tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando l’alcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l’utilizzo di una errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione, non limitandosi a richiedere il deposito della documentazione attestante la regolarita’ dell’etilometro (vedi ex pluris Sez. 4 , n. 42084/ 2011 Rv. 251117).
Alla luce di tali argomentazioni il motivo di ricorso appare infondato e va rigettato.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
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