Poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente. In altri termini, in tema di responsabilità colposa da sinistri stradali, il conducente ha l’obbligo di tenere un comportamento prudente ed accorto, prevedendo anche le imprudenze altrui ragionevolmente prevedibili.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE IV
SENTENZA 19 ottobre 2016, n.44323
Ritenuto in fatto
C. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo grado, ne ha riconosciuto la responsabilità per il reato di cui all’art. 589 cod.pen., in relazione ad incidente stradale in cui il veicolo dell’imputato era coinvolto unitamente al veicolo condotto da altro soggetto, separatamente giudicato (fatti dei 30 novembre 2007).
A quest’ultimo era addebitata la violazione dell’obbligo di dare la precedenza, mentre, nel processo di che trattasi, l’addebito contestato al L. riguardava essenzialmente la violazione della norma speciale in tema di velocità.
Per quanto interessa, la Corte di merito riteneva dimostrato l’addebito valorizzando le circostanze dell’incidente come ricostruite in atti, ritenendo non necessario procedere a rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, per procedere ad accertamento peritale, e nello specifico motivando sulla affermata sussistenza del contributo causale dell’imputato, in ragione del fatto che questi aveva tenuto una velocità non rispettosa dei limiti e non adeguata al contesto, così concorrendo nella determinazione dei sinistro, riconducibile anche all’improvvida condotta di guida dell’altro automobilista, senza che si potesse evocare il tema della causa eccezionale ed imprevedibile tale da interrompere il nesso eziologico.
Con il ricorso si prospetta, con il primo motivo, la violazione di norme processuali [non indicate] implicanti nullità, in ordine alla circostanza che nel dispositivo della sentenza era indicato il termine di 90 per il deposito della motivazione, mentre in motivazione si faceva riferimento al termine di 30 giorni.
Poi, si contesta, con il secondo motivo, la tenuta della motivazione sostenendo di non condividere le conclusioni del giudice di merito in ordine all’affermato nesso eziologico e in ordine al diniego della perizia. Si deduce, sotto tale ultimo profilo, la carenza di motivazione in ordine al diniego di procedere a rinnovazione del dibattimento.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Infondato è il primo motivo, non apprezzandosi quale violazione importante nullità [non specificamente indicata] ne sia derivata. A prescindere da ogni considerazione sulla valenza di quello che appare un evidente errore materiale [e nella specie prevale iln dispositivo letto in udienza], qui, con valutazione assorbente risulta che del deposito della sentenza è stata fatta rituale comunicazione alla parte, che, in termini, ha proposto impugnazione.
Nessun pregiudizio ne è derivato.
Per il resto, la doglianza è generica a fronte di doppia conforme statuizione di responsabilità, dove sono stati affrontati tutti i temi rilevanti.
In premessa, vale ricordare che la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia -valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente- è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (tra le tante, Sezione 4, n. 37838 del 01/07/2009, Tarquini, Rv. 245294).
Tale ricostruzione è stata qui operata con attenta disamina anche dei contributi tecnici, in termini tali da giustificare anche la richiesta di rinnovazione di accertamento peritale.
Non è inutile ricordare, allora, che la perizia per la sua natura di mezzo di prova ‘neutro’, che la sottrae alla disponibilità delle parti e la rimette alla discrezionalità del giudice, non è riconducibile al concetto di prova decisiva, con la conseguenza che il relativo provvedimento di diniego non è sanzionabile ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lett. d),cod.proc.pen. e, in quanto giudizio di fatto, se assistito da adeguata motivazione, è insindacabile in sede di legittimità, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. ( v., tra le tante, Sez.6, n. 43526 del 03/10/2012, Ritorto, Rv. 253707).
In questa prospettiva, la Corte territoriale ha ben spiegato le ragioni dell’inutilità dell’invocato accertamento e qui il ricorrente si limita ad un dissenso sul contenuto della decisone, improponibile per come formulato.
Ampiamente motivato è il giudizio sulla responsabilità. Va ricordato, infatti, che, poichè le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente. In altri termini, in tema di responsabilità colposa da sinistri stradali, il conducente ha l’obbligo di tenere un comportamento prudente ed accorto, prevedendo anche le imprudenze altrui ragionevolmente prevedibili (v. in tal senso, Sez. 4, n. 46818 del 25/06/2014, Rv. 261369)
Tale principio va non solo riaffermato, ma va ulteriormente valutato tenuto conto del comportamento di per sé colposo dell’imputato [in punto di rispetto dei limiti di velocità], tale da essere stato motivatamente valorizzato per fondare l’addebito di cooperazione colposa.
Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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