Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza n. 45190 dell’8 novembre 2013
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 7 marzo 2013 il gip del Tribunale di Lecco, all’esito dell’udienza camerale del 6 marzo 2013, ha disposto l’archiviazione del procedimento a carico di C. M., indagato per il reato di cui all’articolo 609 quater c.p. per preteso compimento di atti sessuali alle minori V. T. e V. R., la cui madre M. V. si era opposta all’archiviazione.
2. Ha presentato ricorso il difensore di M V i adducendo tre motivi. Il primo motivo denuncia violazione degli articoli 127 e 409 c.p.p. per mancata partecipazione della persona offesa e del difensore all’udienza camerale. Essendo stata proposta l’opposizione alla richiesta di archiviazione, veniva fissata l’udienza del 30 gennaio 2013, poi rinviata al 6 marzo per omessa notifica; in tale data il difensore e la sua assistita non riuscivano a parteciparvi per un ritardo di 14 minuti determinato da caso fortuito, comunicato però per tempo sia telefonicamente sia per fax alla cancelleria. Il gip nominava un sostituto processuale del difensore ex articolo 97, comma 4, c.p.p., e procedeva senza attendere né il difensore né la parte offesa, ledendo così il diritto di difesa. Se è vero che la partecipazione del difensore nella camera di consiglio a seguito di opposizione all’archiviazione è facoltativa, ciò non toglie che il difensore della persona offesa ha l’interesse e il dovere riconosciutigli dalla legge di partecipare all’udienza per tutelare l’interesse della vittima al prosieguo del procedimento. Inoltre, fissata l’udienza camerale la persona offesa deve non solo essere avvisata ma anche sentita dal giudice se compare e lo richiede; il diritto è stato negato la parte offesa “a causa di un ritardo per cause indipendenti dalla volontà della stessa e, comunque, comunicato per tempo” (ricorso, pagina 11). Ne deriva, per il combinato disposto degli articoli 127, commi 3 e 5, e 409, comma 2, c.p.p., nullità intermedia, da eccepire dopo il mancato compimento dell’atto e dunque prima della conclusione dell’udienza camerale, salva la prova che ciò sia stato in concreto impossibile come nel caso in esame perché “non veniva data la possibilità” all’avvocato di presenziare all’udienza, così impedendogli, tra l’altro, di prendere visione della memoria difensiva che in tale sede depositava la difesa dell’indagato. È dunque nulla l’udienza camerale e il provvedimento emesso all’esito di essa.
Il secondo motivo denuncia violazione del principio del contraddittorio e inerzia del PM: sussistevano ancora ampi spazi di indagine ma il PM preferiva non procedere per la convinzione che “non erano emersi indizi di abusi”. Non è comprensibile perché il PM abbia preferito procedere direttamente all’escussione di V.T. in modalità protetta e non in incidente probatorio e perché non abbia sentito il padre delle minori, che il 6 novembre 2011 aveva sporto un’autonoma denuncia degli stessi fatti. Il gip erra laddove nell’ordinanza esclude ogni utilità di una nuova escussione a s.i.t. del padre e delle zie materne delle minori, e nega che due fotografie, nn. 102 e 68, rinvenute nel fascicolo di un primo procedimento penale a carico del C. M. (condannato con sentenza irrevocabile alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione), nonostante le dichiarazioni delle zie e della madre delle minori in tal senso, rappresentino le bambine.
Il terzo motivo denuncia violazione degli articoli 408 ss. c.p.p. perché il gip ha impedito l’esercizio dell’azione penale non espletando il dovuto controllo sull’attività del PM a custodia del principio di obbligatorietà dell’azione penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato nei limiti che si viene ad esporre.
Il primo motivo denuncia una lesione del diritto di difesa per non avere il gip atteso per un breve tempo la parte offesa e il suo difensore prima di svolgere l’udienza ex articolo 127 c.p.p. sull’opposizione all’archiviazione proposta dalla stessa parte offesa, procedendovi invece immediatamente e nominando un sostituto processuale del difensore per la parte offesa ex articolo 97, comma 4, c.p.p.: e ciò nonostante che il ritardo, temporalmente limitato e originato da caso fortuito, era stato oggetto di avviso da parte dei difensore prima dell’orario in cui l’udienza era fissata. In particolare, l’udienza era fissata il 6 marzo 2013 alle 13:20; risulta dall’allegato al ricorso che il difensore aveva inviato un fax al Tribunale il 6 marzo 2013 ad ore 12:38 annunziando che “a causa di un ritarda” della sua assistita “cagionato da un imprevisto improvviso” della stessa, “come già comunicato telefonicamente” sarebbe arrivato all’udienza, fissata alle 13:20, alle 14:00.
L’articolo 409, comma 6, c.p.p. dispone che l’ordinanza di archiviazione e ricorribile per cassazione solo nel casi di nullità di cui all’articolo 127, comma 8, c.p.p., il quale a sua voltapresidia con la sanzione della nullità le disposizioni dei commi 1, 3 e 4 dello stesso articolo 127. Il primo comma dell’articolo 127 riguarda l’avviso della data dell’udienza camerale alle parti, alle altre persone interessate e ai difensori; il terzo comma stabilisce che il pubblico ministero, gli altri destinatari dell’avviso e i difensori “sono sentiti se compaiono”; il comma quarto impone il rinvio dell’udienza in caso di legittimo impedimento “dell’imputato o del condannato che ha chiesto di essere sentito personalmente e che non sia detenuto o internato in luogo diverso da quello in cui ha sede il giudice”.
Nessuna di queste ipotesi, dunque, letteralmente comprende gli eventi processuali descritti dal primo motivo. Tuttavia, la pertinenza dei commi primo e terzo è chiara, qualora se ne consideri la ratio di tutela del contraddittorio, ovvero del diritto di difesa di tutte le parti ne|i’udienza camerale. Invero, il combinato disposto del primo comma (l’obbligo di avviso) e del terzo comma (l’obbligo di sentire chi è stato avvisato se compare) delinea una tutela del diritto di difesa che riguarda anche la parte offesa opponente e il suo difensore.
Applicando, peraltro, dette norme in termini di formalismo, cioè svincolandole dalla ratio a esse sottesa, si elide la suddetta tutela perché all’avviso non fa seguito una concreta possibilità di partecipare all’udienza nel caso in cui si verifichi un imprevisto generante modesto ritardo, preventivamente comunicato, qualora appunto in tal caso venga ignorata la comunicazione e un’ulteriore norma che presidi il diritto di difesa, l’articolo 97, comma 4, c.p.p., sia utilizzata per una sostituzione automatica del difensore che prescinde dalla configurazione del caso concreto di esercizio del diritto di difesa tecnica. Allorquando le norme non mantengano, nella loro applicazione, contatto con l’intenzione effettiva del legislatore, la ratio, che dà linfa alla corretta interpretazione del contenuto – in particolare per le norme processuali evidenziandone la specifica strumentalità -, può accadere di invertirne l’incidenza, utilizzandole nel senso contrario o comunque in senso difforme rispetto a quello che il legislatore per esse ha scelto (summum jus summa iniuria).
Nei caso di specie, tre quarti d’ora prima dell’orario fissato per l’udienza il difensore comunicava via fax un ritardo di dimensioni tollerabili (sarebbe arrivato 40 minuti dopo). Il gip – che non fa menzione di ciò nell’ordinanza, pur ampiamente motivata – non si trovava, quindi, dinanzi a una istanza di rinvio d’udienza per legittimo impedimento (che avrebbe dovuto ricondursi all’articolo 127, quarto comma, c.p.p.), bensì alla comunicazione della necessità di una limitata attesa per espletare nell’udienza il diritto di partecipazione e di difesa al cui esercizio era stato preordinato l’avviso dell’udienza stessa: una breve procrastinazione temporale nella stessa giornata, quindi, non assimilabile a un rinvio, bensì riconducibile, dal punto di vista del giudice, a una mera rettifica organizzativa (l’organizzazione del giudice, ovviamente, deve sempre espletarsi tanto in modo efficiente quanto in modo collaborativo e tutelativo delle parti). Il procedere del gip, invece, come se la comunicazione via fax non fosse pervenuta, e dunque svolgendo l’udienza immediatamente e immediatamente nominando il sostituto processuale del difensore della parte offesa, anche a prescindere dal fatto che il ricorso adduce poi un effettivo ritardo di soli 14 minuti, ha invece integrato una violazione, in termini sostanziali, del diritto alla partecipazione e alla difesa all’udienza che viene incluso e tutelato, quale consequenziale garanzia offerta alla parte, nel diritto all’avviso (prodromo procedurale) della fissazione e delia data dell’udienza stessa di cui al primo comma dell’articolo 127 c.p.p., così incorrendo il giudice in una nullità riverberatasi sulla sequenza procedurale successiva, e dunque anche sull’ordinanza impugnata. Premesso, invero, che la tempestività del ricorso è stata correttamente attuata in relazione al fatto che, trattandosi di nullità intermedia, come il ricorso stesso evidenzia deve eccepirsi dopo il mancato compimento dell’atto affetto da essa e dunque prima della conclusione dell’udienza camerale, salva la prova che ciò sia stato in concreto impossibile – che è appunto la fattispecie in esame, consistente nella preclusione della partecipazione all’udienza camerale patita sia dal difensore della parte offesa sia dalla parte offesa stessa -, è poi indubbio che tale ricorso non è affetto dalla inammissibilità che inficia il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di archiviazione, poiché attiene a una violazione del contraddittorio.
Del tutto consolidata, al riguardo, è giurisprudenza di questa Suprema Corte, che riconosce, ex articolo 409, sesto comma, c.p.p., l’ammissibilità dei ricorso per cassazione contro l’ordinanza di archiviazione (solo) nel caso in cui siano denunciate, appunto, violazioni del contraddittorio, rimanendo preclusa la proposizione del ricorso per vizi di motivazione o per violazione di norme sostanziali (Cass. sez. I, 3 febbraio 2010 n. 9440, per cui “è inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento di archiviazione per vizi di motivazione che non si risolvano in violazioni del contraddittorio ovvero per “errores in iudicando” fondati su una diversa interpretazione della legge sostanziale”; Cass. sez. I, ord. 7 febbraio 2006, per cui contro l’ordinanza di archiviazione il ricorso è ammissibile solo nei casi di “mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio”, rimanendo quindi escluso il vizio di motivazione o il travisamento dell’oggetto o la omessa considerazione di circostanze di fatto già acquisite; più risalenti, v. S.U., 9 giugno 1995 n. 24 – per cui l’articolo 409 c.p.p., “nel fare espresso e tassativo richiamo ai casi di nullità previsti dall’art. 127, comma quinto, c.p.p,, legittima il ricorso per cassazione soltanto nel caso in cui le parti non siano state poste in grado di esercitare le facoltà ad esse attribuite dalla legge, e cioè l’intervento in camera di consiglio per i procedimenti da svolgersi dinanzi al tribunale”, Cass. sez. VI, 20 giugno 1994 n. 2918 – che dichiara l’ordinanza di archiviazione ricorribile “solo per violazione dei diritti di difesa” – e Cass. sez. VI, ord. 23 ottobre 1992 n. 3774, che sottolinea come l’articolo 127, quinto comma, c.p.p. “sanziona con la nullità la mancata osservanza delle norme concernenti la citazione delle parti e la possibilità delle stesse di intervenire” – e proprio la possibilità di intervenire per la parte offesa e il suo difensore, nel caso di specie, pur a seguito di regolare avviso è stata in effetti pregiudicata).
Assorbiti quindi il secondo e il terzo motivo, l’ordinanza impugnata risulta affetta da nullità perché conseguente proceduralmente a una lesione del diritto di difesa, non essendo stato consentito alla parte offesa e al suo difensore di avvalersi concretamente dell’avviso dell’udienza per parteciparvi, in quanto a essi si è negato per il concreto esercizio del diritto un lasso di tempo adeguato rispetto all’orario in cui era fissata l’udienza, lasso di tempo ragionevole – alla luce del notorio e del senso comune – per superare gli imprevisti e i brevi ritardi scusabili da essi derivati, pur essendo stata tale situazione preventivamente e tempestivamente comunicata al Tribunale dal difensore. In tal modo, invero, la tutela del contraddittorio evincibile dall’articolo 127 c.p.p. si è attestata a un livello formalistico e pertanto non è stata garantita in modo effettivo alla parte ora ricorrente.
In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata e deve disporsi la trasmissione degli atti al gip del Tribunale di Lecco per l’ulteriore corso del procedimento.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al gip del Tribunale di Lecco per l’ulteriore corso.
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