SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 16 settembre 2013, n. 21095
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 27132/2007 proposto da:
X. DI M. P. & C. S.A.S. (OMISSIS), in persona del socio accomandatario Avv. M. P., elettivamente domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MONTEMURRO ROBERTO giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AJACCIO 14, presso lo studio dell’avvocato COLAVINCENZO ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato MAIONE AGOSTINO giusta delega in atti;
V.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA 4, presso lo studio dell’avvocato DE MATTEIS FERDINANDO MARIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SANTAGATA DE CASTRO CARLO giusta delega in atti;
F.M.M., I.R., elettivamente domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati SCOTTI GALLETTA MARCO, SCOTTI GALLETTA ANTONIO in 80121 NAPOLI, VIA CARDUCCI 18, giusta delega in atti;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1805/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 04/06/2007 R.G.N. 1266/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/06/2013 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo
P.M., nella qualità di socio accomandatario della s.a.s. X., conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli F.M.M. e I.A., nella qualità di acquirenti, e V.C., quale alienante,di un immobile sito in (OMISSIS), per sentirli condannare al pagamento della provvigione dovuta per l’attività di mediazione svolta.
Deduceva di avere ricevuto dal proprietario dell’immobile mandato a vendere e di aver fatto visitare l’alloggio a I.C., coniuge della F. e padre di A., i quali avevano successivamente acquistato quell’immobile senza corrispondergli nulla a titolo di provvigione.
Si costituivano la F. e lo I. deducendo di avere acquistato l’immobile con la mediazione di tale S.L., al quale avevano corrisposto il previsto compenso,che chiedevano di chiamare in causa.
Si costituiva S.L. eccependo la propria carenza di legittimazione passiva per essere stata la mediazione corrisposta alla s.a.s. Europeninsula.
Il Tribunale di Napoli rigettava la domanda.
La Corte di appello di Napoli, con sentenza depositata il 4-6-2007, ha confermato la decisione di primo grado.
La Corte ha ritenuto che, pur non essendo necessario ai fini del diritto del mediatore al pagamento della provvigione che questi abbia partecipato a tutte le fasi della trattativa e sino all’accordo definitivo, è tuttavia indispensabile che la messa in relazione delle parti, ad opera del mediatore, costituisca l’antecedente necessario per pervenire alla conclusione dell’affare.
Ha ritenuto che nella fattispecie in esame la conclusione della vendita è stata indipendente dall’intervento della società P., la cui attività si è esclusivamente limitata a far visionare l’immobile, mentre alcuna relazione o messa in contatto tra le parti risulta essere stata favorita, nè alcuna trattativa avviata.
Ha rilevato la Corte che dagli atti risulta, altresì, che l’affare fu concluso con l’intervento di altro mediatore, al quale la provvigione fu regolarmente corrisposta.
Propone ricorso la società X. di P.M. con due motivi.
Resistono V.C., F.M.M. in proprio e nella qualità di erede del figlio A., nonchè I.R., erede di A., e S.L..
F.M.M. e I.R. presentano memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si denunzia violazione degli artt. 1754 e 1755 c.c., e vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in ordine alla non ritenuta conclusione dell’affare.
Viene formulato il seguente quesito di diritto:
Dica la Corte se il diritto del mediatore al compenso, per quanto desumibile dagli artt. 1754 e 1755 c.c., sorga sulla base dell’attività dallo stesso svolta in concreto (da esaminarsi compitamente da parte del Giudice del merito), quale avente comunque incidenza causale in ordine alla conclusione dell’affare e se, pertanto, rilevante in tal senso sia qualsiasi “intervento” che, prescindendo dalla base di stipula del contratto, come anche dall’eventuale successivo intervento di altro successo intermediario,consista nel mettere comunque ed effettivamente in relazione concreta le parti tra di loro che, a seguito di tale “contatto”, giungano poi alla definizione dell’accordo”.
2. Il motivo è inammissibile per astrattezza del quesito di diritto e per assenza del momento di sintesi.
Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che secondo l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dalla riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, applicabile alla presente fattispecie poichè la sentenza impugnata è stata pubblicata il 4-6-2007, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità,un quesito di diritto e la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. 3441/2008, 2697/2008). Pertanto, la relativa censura (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) “deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), costituente una parte del motivo che si presenti, a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità”.
3. Nella specie, il motivo non contiene la formulazione di un quesito logico-giuridico, la cui soluzione consenta di accogliere o respingere il ricorso.
Il quesito in considerazione è del tutto inidoneo a soddisfare i requisiti previsti dall’art. 366 bis c.p.c., per la cui osservanza avrebbe dovuto compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. 19769/08). Il tutto doveva essere esposto in termini tali da costituire una sintesi logico- giuridica della questione, finalizzata a porre il giudice della legittimità in condizione di comprendere – in base alla sola sua lettura – l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e di rispondere al quesito medesimo enunciando una “regula iuris”, (Cass. 2658/08.
4. La censura di vizio di motivazione previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, è inammissibile in quanto manca la formulazione del prescritto momento di sintesi ex art. 366 bis c.p.c., che individui chiaramente il fatto controverso ed ì punti di contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
5. Con il secondo motivo si denunzia contraddittorietà della motivazione ex art. 340 c.p.c., n. 5, in ordine all’esclusione della rilevanza causale dell’intervento del P. quale mediatore ai fini della conclusione dell’affare.
Pertanto si chiede che la Suprema Corte – che accerti l’evidente contraddittorietà della motivazione nel punto in cui la Corte Territoriale fonda l’esclusione del diritto alla provvigione del P. dapprima sulla ritenuta limitata attività avente ad oggetto la mera visione dell’immobile e in seguito asserisce che detta esclusione deve invece fondarsi sull’intervento di altro mediatore.
6. Il motivo è inammissibile per inidoneità della formulazione del momento di sintesi. La Corte di appello ha dato atto che la società X. ha fatto visionare l’immobile agli attuali resistenti,ma ha specificato i motivi che l’hanno indotta a ritenere che l’attività della immobiliare non aveva avuto alcuna efficacia causale nella conclusione dell’affare, vale a dire la circostanza che non risulta che la società avesse messo in contatto fra di loro le parti nè che, di conseguenza, avesse iniziato una trattativa e che risultava, invece, che tali attività erano state poste in essere da un altro mediatore a cui fu regolarmente corrisposta la provvigione.
7. Il momento di sintesi si limita a denunciare il fatto controverso senza individuare i punti di contraddittorietà e illogicità della motivazione e senza circoscrivere con chiarezza il contenuto ed i limiti della censura in modo da porre questa Corte in condizione di valutare l’ammissibilità della censura.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2.200,00,di cui Euro 200,00 per spese,in favore di S.L. e V. C. ed Euro 2.800,00, di cui Euro 200,00 per spese, n favore di F.M.M.M. e I.R., oltre per tutti accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2013.
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