Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 16 gennaio 2014, n. 759

Svolgimento del processo

C.G. e D.S. , anche quali genitori esercenti la potestà sui figli minori Carmelo e Adriano, hanno citato innanzi al Tribunale di Siracusa P.G. e la Fondiaria Assicurazioni, per ottenere il risarcimento dei danni per la morte del proprio figlio, C.P. , a causa di un incidente stradale avvenuto mentre egli percorreva la strada denominata “24 metri”, diretto verso la via (omissis) , a bordo di un ciclomotore incidente causato dal tamponamento da parte dell’auto condotta dal proprietario P.G. ed assicurata per la r.c.a. con la Fondiaria, che procedeva a velocità elevata e tamponava anche la Ford tg. (omissis), condotta da A.S. ; che il giovane C.P. riportava una frattura cranica, a seguito della quale decedeva dopo dieci giorni di coma.
I convenuti contestavano la ricostruzione del sinistro posta a base della domanda, sostenendo che era stato il minore C. , provenendo da una traversa, a tagliare la strada al P. senza che questi potesse fare nulla per evitare lo scontro, per cui chiedevano che fosse quanto meno riconosciuto il concorso di colpa della vittima.
Il Tribunale di Siracusa accoglieva la domanda riconoscendo la responsabilità esclusiva di P.G. e condannava in solido i convenuti al pagamento in favore di C.G. e di D.S. della somma di L. 260.000.000 per ciascuno di essi, e in favore dei minori C.C. e C.A. della somma di L. 110.000.000 per ognuno di essi; oltre gli interessi legali e le spese del giudizio. Avverso la sentenza del Tribunale di Siracusa ha proposto appello la Fondiaria Ass.ni.
La Corte di appello di Catania, con sentenza del 6-3-2007, ha parzialmente accolto l’appello ritenendo non superata la presunzione di pari responsabilità nell’incidente ex art. 2054 c.c., mancando elementi per ricostruire le modalità del sinistro; ha rigettato sia la domanda di quello che ha definito danno morale iure hereditatis che la domanda volta ad ottenere il danno patrimoniale.
Propongono ricorso C.G. e D.S. anche per i figli minori con cinque motivi. Resiste la Fondiaria Sai Assicurazioni s.p.a..

Motivi della decisione

1. Con il primo e secondo motivo di ricorso si denunzia vizio di omessa motivazione su un fatto decisivo individuato nella condotta del soggetto attivo del fatto e nella condotta della vittima.
Assumono i ricorrenti che i giudici di secondo grado, nell’affermare il concorso di colpa di entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti, hanno omesso di rilevare circostanze fattuali che avrebbero portato ad una decisione diversa.
Assumono che dall’escussione dei testi c. e R. , passeggeri dell’auto investitrice, risultava che il P. procedeva a velocità elevata in una strada priva di illuminazione ed in prossimità di un crocevia e che proprio per la velocità elevata aveva tamponato il motociclo con a bordo il C. .
D’altra parte era risultato che il motociclo precedeva l’autovettura con le luci accese e che in quel tratto di strada non vi erano traverse laterali.
2. I due motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione e sono inammissibili.
La Corte di appello ha rilevato che dal rapporto dei carabinieri non si evinceva né il punto della carreggiata in cui era avvenuto lo scontro, né se il ciclomotore si fosse da poco immesso sulla via “24 metri” provenendo dalla via XXXXXX senza rispettare il segnale di stop, che secondo quanto risulta dalla certificazione del Comune di Avola era esistente al momento dell’incidente.
Gli stessi militari nel rapporto non hanno fatto alcuna ipotesi ricostruttiva del sinistro, limitandosi a trasmettere gli elementi raccolti.
Inoltre, i testi escussi hanno rilasciato deposizioni lacunose (“…non mi sono accorto da quale direzione provenisse il ciclomotore…”; “il fatto che il motorino fosse davanti e una mia supposizione perche ero seduto dietro ed, ho sentito l’urto solamente…”) ed imprecise, non avendo riferito nulla in ordine al momento della collisione (e negando che vi fossero nelle vicinanze delle traverse, mentre a pacifico che vi era l’incrocio con la via XXXXXX).
Pertanto, secondo la Corte di merito, non vi sono elementi per ricostruire in concreto il sinistro e quindi deve applicarsi la presunzione di pari responsabilità dei due conducenti ai sensi dell’art. 2054 comma 2 cod. civ..
3. In relazione alla censura di vizio di motivazione si osserva che,come costantemente affermato da questa Corte, in tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice del merito in ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente e al comportamento delle persone alla guida dei veicoli in esso coinvolti si concreta in un giudizio di mero fatto che resta insindacabile in sede di legittimità, quando sia adeguatamente motivato e immune da vizi logici e da errori giuridici (Cass. 2/03/2004, n.4186; Cass. 25/02/2004, n.3803; Cass.30/01/2004, n.1758; Cass. 05/04/2003, n.5375).
4. Inoltre la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (cass. 07/01/2009, n. 42).
5.Nella specie nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, non è riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e la valutazione effettuata,sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, è immune dal dedotto vizio motivazionale, mentre i ricorrenti richiedono a questa Corte una inammissibile rivalutazione delle prove e dei fatti di causa per giungere ad una decisione corrispondente con la tesi da essi prospettata.
6.Con il terzo motivo si denunzia vizio di motivazione e violazione di norme di diritto in ordine al rilievo probatorio dato alla sentenza di patteggiamento.
La Corte di merito ha ritenuto che la sentenza penale di patteggiamento, che avrebbe potuto costituire un valido indizio probatorio, non contiene elementi utili per stabilire la condotta di guida dei conducenti dei due veicoli coinvolti ed individuare le circostanze nelle quali e avvenuto lo scontro.
7.Non sussiste la denunciata violazione di norme di diritto, tenuto conto che nessuna efficacia pregiudicante poteva spiegare in sede civile la sentenza penale pronunziata su “patteggiamento”, essendo siffatto automatismo escluso dalla disposizione contenuta nell’art. 445 c.p.p., comma 1 bis, e potendo soltanto le risultanze del procedimento penale formare oggetto di libera valutazione da parte del giudice civile, ai fini degli accertamenti di competenza (Sez. 2, Sentenza n. 26250 del 06/12/2011).
8. Il giudice (del merito si è conformato a questi principi ed ha proceduto all’autonomo accertamento dei fatti, valutando correttamente, unitamente ad altre risultanze, anche la sentenza penale di applicazione della pena su richiesta delle parti, che ha ritenuto non utilizzabile in quanto non conteneva elementi utili alla ricostruzione delle modalità del fatto ed alla condotta di guida di entrambi i conducenti.
9.Con il quarto motivo si denunzia violazione di diritto in ordine al mancato riconoscimento del danno morale iure hereditatis ex art. 2059 c.c..
I ricorrenti assumono che la decisione della Corte di merito, con distorta applicazione della norma, è giunta a negare il risarcimento per il pretium doloris sofferto dal congiunto proprio quando la gravità della lesione infetta presentava una incisività talmente grave da annientare la sensibilità della persona offesa.
10. Il motivo è infondato.
La Corte di merito ha affermato che, sul rilievo che il giovane C. è rimasto in stato di incoscienza dal momento dello scontro fino alla morte, non è configurabile in capo allo stesso un danno morale consistente in una sofferenza transeunte determinata dal trauma. Infatti, come riconosciuto dallo stesso Tribunale, nei dodici giorni intercorsi tra l’incidente e la morte, il giovane non ha mai ripreso conoscenza ed è passato dal quarto al settimo grado di coma, senza conseguire alcun miglioramento sia pure temporaneo, tanto che allo stesso non è stato liquidato il danno biologico.
11. La Corte di appello si è attenuta alla giurisprudenza di legittimità in materia di cosiddetto danno catastrofale, che rientra nell’unitaria categoria di danno non patrimoniale,secondo i principi espressi dalla sentenza sez. Unite N. 26972 del 2008, e che si sostanzia nel risarcimento della sofferenza patita dalla vittima nel periodo breve che precede la morte in cui essa ha la possibilità di rendersi conto della gravità del proprio stato e dell’approssimarsi della morte.
12.Tale danno è diverso sia da quello cosiddetto “tanatologia”, ovvero connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute, sia da quello rivendicabile “iure hereditatis” dai congiunti della vittima dell’illecito, poi rivelatosi mortale, per avere il medesimo sofferto, per un considerevole lasso di tempo, una lesione della propria integrità psico-fisica costituente un autonomo danno “biologico”, accettabile con valutazione medico legale, tenendo sempre presente che tali denominazione servono solo per identificare vari aspetti dell’unitario danno non patrimoniale.
13. Il danno catastrofale, definito dalla Corte di appello danno morale spettante iure hereditatis, può essere trasmesso agli eredi a condizione che sia entrato nel patrimonio del defunto, vale a dire che egli abbia patito quella sofferenza determinata dall’accorgersi della vicina fine della vita.
14. Infatti la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che in caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo, la sofferenza patita dalla vittima durante l’agonia è autonomamente risarcibile non come danno biologico, ma come danno morale “iure hereditatis”, a condizione però che la vittima sia stata in condizione di percepire il proprio stato, mentre va esclusa anche la risarcibilità del danno morale quando all’evento lesivo sia conseguito immediatamente lo stato di coma e la vittima non sia rimasta lucida nella fase che precede il decesso (Sez. 3, Sentenza n. 28423 del 28/11/2008).
15. Nella specie la Corte di appello ha ritenuto, con accertamento di fatto non più rivalutabile in questa sede, che il giovane C. è stato costantemente in coma per il breve periodo di sopravvivenza e che, di conseguenza, non ha potuto patire quella sofferenza derivante dalla coscienza della prossima morte di cui oggi gli eredi chiedono il risarcimento.
16. Con il quinto motivo si denunzia violazione dell’art. 1223 c.c. in relazione al mancato riconoscimento del danno patrimoniale futuro per la perdita del congiunto.
17. Il motivo è infondato.
La Corte di appello ha affermato che, a prescindere dal rilievo che la giovane vittima era disoccupata e non vi sono indicazioni circa la sua futura attività lavorativa, non vi sono elementi da cui presumere che una parte del reddito sarebbe stata devoluta da C.P. ai genitori ed ai fratelli.
Peraltro, normalmente, salvo casi particolari legati all’indigenza dei genitori od a patologie invalidanti dei fratelli, ogni soggetto destina il suo reddito alle esigenze personali e del nucleo familiare che è andato a costituire.
Al riguardo le argomentazioni del Tribunale (“giovanissima età della vittima, consistenza del nucleo familiare, occasioni di una operosa cittadina ricca di risorse, aspettative dei genitori e dei fratelli, entrambi più giovani”) non sono pertinenti perche riguardano le probabilità che la vittima trovasse un lavoro ma non la destinazione del reddito al nucleo familiare di origine.
18. La decisione è conforme ai principi espressi da questa Suprema Corte secondo i quali ai fini della liquidazione del danno patrimoniale futuro derivante dalla perdita degli alimenti che il figlio avrebbe potuto erogare in favore dei genitori o del genitore superstite, questi devono provare che, sulla base delle circostanze attuali, secondo criteri non ipotetici, ma ragionevolmente probabilistici, essi avrebbero avuto bisogno di tale prestazione alimentare; allo stesso modo, va provato il verosimile contributo del figlio ai bisogni della famiglia, ove dedotto per il futuro (cfr. Cass. n. 4791/07 e n. 8546/08).
In considerazione delle contrastanti decisioni di merito assunte durante il lungo iter processuale, si compensano le spese del grado.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio.

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