Suprema Corte di Cassazione
sezione III
ordinanza 25 febbraio 2016, n. 3738
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 12055/2014 proposto da:
(OMISSIS) S.C. in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione Rag. (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A. in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1688/2013 del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 15/11/2013, R.G.N. 81/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/12/2015 dal Consigliere Dott. DE STEFANO Franco;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega non scritta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
p. 1. – All’esito dell’espropriazione presso terzi intentata dalla (OMISSIS)nei confronti del debitore (OMISSIS)e dei suoi debitori (OMISSIS)spa e (OMISSIS) spa, il giudice dell’esecuzione del tribunale di Ancona – sez. dist. di Osimo assegno’ (con ordinanza 8.1.13) al procedente l’intera somma accantonata dai terzi a titolo di emolumenti per l’attivita’, qualificata di lavoro autonomo, di amministratore della prima societa’ e di componente del Consiglio di amministrazione della seconda; ma il debitore propose opposizione agli atti esecutivi, contestando tra l’altro, per quel che qui rileva, la qualificazione della sua attivita’, che sostenne doversi ricondurre all’ambito di applicazione dell’articolo 409 codice procedura civile, n. 3, con conseguente limitazione della pignorabilita’ ad un solo quinto del totale.
L’opposizione fu accolta dal tribunale di Ancona, che qualifico’ l’attivita’ del consigliere di amministrazione come lavoro parasubordinato, la sussunse entro l’articolo 409 codice procedura civile, n. 3, e, applicando i principi di Cass. 685/12, qualifico’ impignorabili oltre il limite del quinto i relativi compensi e – prima di compensare integralmente le spese di lite provvide a revocare direttamente l’ordinanza di assegnazione impugnata e, singolarmente procedendo anche in rescissorio, limito’ l’assegnazione ad un quinto di quanto i terzi pignorati avevano accantonato – “con conseguente ripartizione delle somme eccedenti eventualmente medio tempore incassate dalla creditrice” – e degli altri emolumenti “dovuti e debendi dai terzi pignorati” al debitore “a far data dalla data di notifica del pignoramento e sino alla concorrenza del credito”.
Per la cassazione di tale sentenza, resa ai sensi dell’articolo 281 sexies codice procedura civile, all’udienza del 15.11.13 (con il n. 1688), ricorre oggi, affidandosi a cinque motivi, la creditrice (OMISSIS); resiste con controricorso la (OMISSIS) spa, illustrandolo con memoria ai sensi dell’articolo 378 codice procedura civile, e depositata documentazione sul completamento della notifica di quello.
MOTIVI DELLA DECISIONE
p. 2. – Sono articolate cinque motivi di doglianza:
– un primo, con cui la ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione degli articoli 158 e 618 codice procedura civile, e articolo 186 disp. att. codice procedura civile, per vizio di costituzione del giudice (articolo 360 codice procedura civile, n. 4)”: cui la controricorrente ribatte che la violazione dell’articolo 186 bis disp. att. codice procedura civile, rileverebbe solo quale causa di ricusazione, sicche’, una volta non fatta valere in quanto tale, nessuna causa di nullita’ della sentenza resa dal giudice si produrrebbe;
– un secondo, con cui la ricorrente si duole di “violazione e falsa applicazione degli articoli 618 e 183 codice procedura civile, articoli 24 e 111 Cost., in violazione del diritto di difesa (articolo 360, n. 4 codice procedura civile)”: cui la controricorrente replica che nessun termine era stato chiesto ai sensi dell’articolo 183, co. 6, codice procedura civile e che comunque erano stati concessi quelli per deposito di note conclusive e repliche;
– un terzo ed un quarto, con cui la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 codice procedura civile, comma 1, (articolo 360 codice procedura civile, n. 5) per omesso accertamento della parasubordinazione in concreto” e poi “violazione e falsa applicazione dell’articolo 409 codice procedura civile, n. 3, e articolo 2380 bis codice civile, in relazione alla qualifica parasubordinata dell’attivita’ di amministratore di societa’ di capitali (articolo 360 codice procedura civile, n. 3)”: ai quali la controricorrente replica invocando la giurisprudenza di legittimita’ sulla qualificazione gia’ in astratto della prestazione dell’amministratore di societa’ di capitali come continuativa, coordinata e prevalentemente personale, come tale ricondotta all’ambito della parasubordinazione, per poi soffermarsi sulle ragioni della natura parasubordinata del rapporto, messe in luce da quello che prospetta come piu’ recente orientamento di legittimita’, nonche’ sull’impignorabilita’ dei compensi per l’estensione al settore privato del principio sancito per quello pubblico dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 180 del 1950, articolo 52, comma 3;
– un quinto motivo, con cui la ricorrente adduce “violazione e falsa applicazione dell’articolo 545 codice procedura civile, commi 3 e 4, e articolo 409 codice procedura civile, comma 1, n. 3, in relazione alle ipotesi di attivita’ parasubordinate (articolo 360 codice procedura civile, n. 3)”: argomenti cui la controricorrente oppone la tesi dell’estensione dei limiti di pignorabilita’ dell’articolo 545 codice procedura civile, ai compensi dei lavoratori parasubordinati, elaborata dalla piu’ recente giurisprudenza di questa Corte.
p. 3. – Va premesso che correttamente il debitore, dopo avere a verbale di udienza contestato la pignorabilita’ del credito verso il terzo suo debitore (stando a quanto risulta dal ricorso e dalla sentenza qui gravata), ha poi impugnato – ai sensi dell’articolo 617 codice procedura civile, l’ordinanza del giudice dell’esecuzione assunta immediatamente dopo sull’istanza di assegnazione del credito, senza alcun provvedimento sulle sue contestazioni, in astratto qualificabili come motivi di opposizione ad esecuzione: se e’ vero che l’ordinanza di assegnazione ai sensi dell’articolo 553 codice procedura civile, e’ sempre impugnabile soltanto per vizi suoi propri (Cass. 6 maggio 2015, n. 9011; Cass. 9 marzo 2011, n. 5529; Cass. 24 febbraio 2011, n. 4505, ove ulteriori richiami), questa Corte ha pure stabilito che altra scelta non avrebbe rispetto all’impugnazione dell’ordinanza stessa il debitore che abbia gia’ formulato le sue doglianze subito prima, senza che il giudice le abbia prese in alcuna considerazione accogliendo l’istanza ai sensi dell’articolo 553 codice procedura civile, (Cass. 31 agosto 2011, n. 17878, sia pure in un caso in cui l’opposizione ad esecuzione sull’impignorabilita’ era stata perfino formalizzata dal debitore con iscrizione a ruolo).
p. 4. – Va ancora premesso che non vi e’ doglianza specifica sulla piena equiparazione, ai fini della gravata decisione, dei compensi od emolumenti spettanti all’amministratore della societa’ di capitali (carica pacificamente ricoperta dal debitore in seno all’organizzazione dell’odierna controricorrente) e di quelli spettanti al semplice componente di un consiglio di amministrazione (carica, altrettanto pacificamente, ricoperta dal debitore in seno alla (OMISSIS)): tale differenziazione non e’ quindi possibile in questa sede, esulando dal thema decidendum determinato dalla concreta condotta delle parti e, soprattutto, del creditore, unico interessato a farla valere.
p. 5. – Ritiene il Collegio che, ove i motivi primo e quinto possano trovare soluzione alla stregua dei precedenti di questa Corte (rispettivamente, circa l’irrilevanza delle incompatibilita’ del giudice in mancanza di formale ricusazione – Cass. 12 maggio 2015, nn. 9573 e 9574; Cass. 28 ottobre 2014, n. 22854 – o di estensione del regime di limitata pignorabilita’ previsto dall’articolo 545 codice procedura civile, alle ipotesi di parasubordinazione, secondo Cass. 18 gennaio 2012, n. 685) ed il secondo alla luce dell’evidente avvenuta concessione di termini a difesa a ritroso in grado di tutelare adeguatamente i diritti delle parti, i rimanenti motivi terzo e quarto involgano una questione di massima di particolare importanza: e, cioe’, quella della natura del rapporto tra societa’ di capitali e loro amministratori ai fini della qualificazione dei compensi od emolumenti e dell’estensione o meno a questi ultimi dei limiti o benefici di impignorabilita’ previsti per gli stipendi dall’articolo 545 codice procedura civile.
p. 6. – La natura eccezionale di tale ultima norma e’, in primo luogo, da escludere, perche’, se e’ vero che essa deroga al principio della generale illimitata responsabilita’ patrimoniale previsto dall’articolo 2740 codice civile, la nozione stessa di stipendio va adeguatamente riferita a tutte le prestazioni connotate da analoga corrispettivita’ con la prestazione di attivita’ lavorative considerate degne di eguale tutela processuale in ragione di una tendenziale preponderanza di forza contrattuale di una delle parti sull’altra e della destinazione del corrispettivo – di norma – al soddisfacimento delle primarie esigenze di vita del lavoratore, come appunto avviene – per la vista scelta legislativa – per i casi dell’articolo 409 codice procedura civile, n. 3.
Al riguardo, i precedenti in cui si e’ esclusa un’interpretazione estensiva dell’articolo 545 codice procedura civile, pure addotti dalla ricorrente, non sono conferenti: Cass. 7 febbraio 2008, n. 2939 e Cass. 7 febbraio 2007, n. 2719, perche’ riferite all’inestensibilita’ dell’articolo 545 codice procedura civile, alla procedura concorsuale, ma esclusivamente in quanto risulta applicabile la norma speciale della L.F. articolo 46; Cass. 20 febbraio 2007, n. 3964, perche’ riferita all’insussistenza di un vincolo di indisponibilita’ su somme pignorate per accantonamenti per trattamenti di fine rapporto di dipendenti, che, a stretto rigore, emolumenti o stipendi non sono.
E’ piuttosto vero che la ratio dell’impignorabilita’ in esame stava, almeno in origine e prima del mutato assetto giuslavoristico a partire dall’inizio del millennio ed in continua evoluzione, nell’imprescindibile esigenza di non pregiudicare la soddisfazione dei piu’ elementari bisogni della vita del debitore e delle altre persone poste a suo carico, una volta ricollegata all’acquisita corrispondenza dello stipendio e del salario, quale remunerazione del lavoro subordinato, alla principale fonte di reddito e quindi di sostentamento del soggetto che mette a disposizione della controparte, con caratteri di continuita’ e stabilita’, la propria energia lavorativa quale sostanziale unica o preponderante risorsa per conseguire i mezzi di un’esistenza libera e dignitosa.
p. 7. – Tanto rende decisivo – derivando dalla decisione nel primo senso l’estensione dei limiti di pignorabilita’ e da quella opposta l’esclusione di questi – stabilire se gli emolumenti o compensi o remunerazioni degli amministratori di societa’ di capitali vadano ricondotti al corrispettivo di un rapporto di parasubordinazione ai sensi dell’articolo 409 codice procedura civile, n. 3, ovvero di altro tipo di rapporto, quale un contratto di lavoro autonomo o di opera professionale, ontologicamente differente rispetto non solo alla subordinazione, ma anche alla parasubordinazione: ma al riguardo non puo’ farsi a meno di rilevare un irrisolto conflitto in seno alla giurisprudenza di questa Corte di legittimita’.
Milita a favore della qualificazione di parasubordinazione, prima fra tutte, la solenne affermazione (fin da Cass. Sez. Un., 14 dicembre 1994, n. 10680) del carattere continuativo, coordinato e prevalentemente personale della prestazione dell’amministratore quale fondamento della sua qualificazione come parasubordinazione, confermata, anche di recente e tra le altre, da: Cass. 20 febbraio 2009, n. 4261; Cass., ord. 2 luglio 2013, n. 16494; Cass. 27 febbraio 2014, n. 4769 (che precisa pero’ non essere privilegiato ai sensi dell’articolo 2751 bis codice civile, n. 2, il credito dell’amministratore per i compensi od emolumenti).
A suffragio dell’opposta soluzione, che esclude ogni vincolo di subordinazione o parasubordinazione, vi e’ l’affermazione della natura di contratto autonomo (Cass. 1 aprile 2009, n. 7961, sia pure riferito alla peculiarita’ della societa’ cooperativa; Cass. 13 novembre 2012, n. 19714), ovvero della possibilita’ di un diverso atteggiarsi del singolo rapporto in concreto, a seconda dell’esclusivita’ o meno del potere di gestione dell’amministratore (Cass., ord. 23 maggio 2014, n. 11448), od ancora la piu’ recente affermazione della natura di rapporto “di societa’ ” (Cass. 17 ottobre 2014, n. 22046; Cass., ord. 9 luglio 2015, n. 14369), diverso e distinto peraltro da un rapporto di prestazione d’opera, intellettuale o meno.
p. 8. – In questo frangente, comunque, a prescindere dalla persistenza o meno dell’attualita’ del contrasto, neppure puo’ escludersi che la qualificazione del rapporto tra societa’ di capitali e suo amministratore quale rapporto di parasubordinazione o, al contrario, di lavoro autonomo o d’opera intellettuale o comunque estraneo a tale ambito, per le sue conseguenze quanto all’estensione dei limiti di pignorabilita’ degli emolumenti o compensi gia’ previsti per le ipotesi di stipendi di lavoratori subordinati, integri una questione di massima di particolare importanza, per le ricadute pratiche delle scelte in un contesto caratterizzato dalla crescente propagazione dell’assimilazione, in ordine se non altro alle tutele accordate, del lavoro autonomo – ed a maggior ragione di quello parasubordinato – e di quello subordinato.
p. 9. – Stima il Collegio che ricorrano le condizioni per rimettere gli atti al Primo Presidente, affinche’ valuti l’opportunita’ di assegnare la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite, in relazione all’interesse alla risoluzione della questione di massima, che puo’ qualificarsi di particolare importanza, appena riassunta, ovvero del contrasto in ordine al suo presupposto di qualificazione del rapporto tra societa’ di capitale e suo amministratore.
P.Q.M.
La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell’articolo 374 codice procedura civile, comma 2.
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