Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 23 dicembre 2015, n. 25957
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente
Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere
Dott. LOMBARDO Luigi – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3280-2011 proposto da:
COMUNE SAN DONA’ DI PIAVE (OMISSIS), IN PERSONA DEL SINDACO P.T., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
Nonche’ da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controcorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, n.852/2007 depositata il 5/7/2007 (non definitiva) e n. 2127/2010 depositata il 28/10/2010 (definitiva);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/10/2015 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;
udito l’Avvocato (OMISSIS) con delega depositata in udienza dell’Avv. (OMISSIS) difensore del ricorrente che si riporta agli atti depositati;
udito l’Avv. (OMISSIS) con delega depositata in udienza dell’Avv. (OMISSIS) difensore di (OMISSIS) che si riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Comune di San Dona’ del Piave proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso il 27-9-1994, con il quale il Presidente del Tribunale di Venezia gli aveva intimato il pagamento, in favore dell’architetto (OMISSIS), della somma di lire 285.975.864, oltre interessi e rivalutazione monetaria, quale compenso per prestazioni professionali (redazione di Piani Particolareggiati riguardanti cinque aree del territorio comunale), come risultante dalle fatture allegate al ricorso per ingiunzione, corredate dal parere dell’associazione professionale di categoria. L’opponente assumeva l’invalidita’ dell’incarico professionale dedotto dall’opposto e la sua inidoneita’ a vincolare l’Ente, perche’ non conferito con delibera dell’organo competente e con adeguata previsione di spesa e di finanziamento, in conformita’ del Testo Unico n. 383 del 1934, articolo 284. In via riconvenzionale, esso chiedeva la condanna del (OMISSIS) alla restituzione di tutte le somme eventualmente corrispostegli per il titolo dedotto in giudizio.
Nel costituirsi, il (OMISSIS) contestava la fondatezza dell’opposizione e ne chiedeva il rigetto; in via subordinata, chiedeva la condanna dell’opponente al pagamento in suo favore della somma di lire 285.975.864, a titolo di arricchimento senza causa.
Con sentenza in data 25-11-2002 il Tribunale di Venezia rigettava l’opposizione.
Il Comune di San Dona’ di Piave proponeva appello avverso la predetta decisione, lamentando il mancato accoglimento della propria eccezione di nullita’ del contratto di incarico al professionista.
Il (OMISSIS) si costituiva in giudizio riproponendo, per il caso di accoglimento del gravame, l’azione di ingiustificato arricchimento, con condanna dell’ente appellante alla corresponsione di una somma corrispondente a quella indicata nelle parcelle liquidate dal Consiglio dell’Ordine degli Architetti, prodotte in sede monitoria.
Con sentenza non definitiva in data 5-7-2007 la Corte di Appello di Venezia, in totale riforma della sentenza appellata, dichiarava la nullita’ del contratto d’opera professionale intercorso tra il Comune di San Dona’ di Piave e l’architetto (OMISSIS) e revocava, conseguentemente, il decreto ingiuntivo opposto.
Con ordinanza in pari data la Corte disponeva consulenza tecnica d’ufficio volta ad accertare, in relazione alla domanda subordinata proposta dall’opposto, l’utilizzo in concreto tratto dal Comune appellato dai Piani Particolareggiati redatti dall’architetto (OMISSIS).
Con sentenza definitiva in data 28-10-2010 la Corte di Appello di Venezia, accertato che vi era stata, da parte dell’Ente territoriale, l’utilizzazione dell’opera professionale in questione,
condannava il Comune di San Dona’ di Piave al pagamento in favore del (OMISSIS) della somma di euro 147.694,21, oltre rivalutazione ed interessi.
Per la cassazione di entrambe le predette sentenze ha proposto ricorso il Comune di San Dona’ di Piave, sulla base di cinque motivi.
Il (OMISSIS) ha resistito con controricorso, proponendo altresi’ ricorso incidentale condizionato, affidato ad un unico motivo.
In prossimita’ dell’udienza entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo (rubricato con i n. 1 e 2) il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 112 c.p.c. e la violazione degli articoli 165, 167, 183 e 113 c.p.c., in relazione agli articoli 633, 638 e 645 c.p.c., nonche’ dell’articolo 2041 c.c.. Sostiene che il Comune, sia in primo grado che in appello, aveva eccepito l’inammissibilita’ della domanda subordinata di arricchimento senza causa proposta dal Comune, non potendo l’opposto, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, proporre domande nuove, quale doveva essere considerata, per la diversita’ di petitum e di causa petendi, la predetta domanda rispetto a quella contrattuale di pagamento azionata con il ricorso monitorio. Deduce che la Corte di Appello non ha pronunciato su tale eccezione.
Con il secondo motivo (rubricato come n. 3, 4 e 5) il ricorrente denuncia: a) violazione degli articoli 2041 e 2042 c.c., in relazione al disposto del Decreto Legge n. 66 del 1989, articolo 23, comma 4, conv. in Legge n. 144 del 1989; insufficienza e perplessita’ della motivazione; b) violazione, per falsa interpretazione, del combinato disposto degli articoli 277 e 278 c.p.c.; c) errore sul fatto e, comunque, omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo. Deduce che, poiche’ le deliberazioni della Giunta Comunale, alla quale la Corte di Appello ha attribuito valore di riconoscimento dell’utilitas dei Piani Particolareggiati redatti dall’architetto (OMISSIS), sono intervenute in epoca successiva all’entrata in vigore del Decreto Legge n. 66 del 1989, nessuna obbligazione era riferibile all’Ente, risultando obbligati al pagamento gli amministratori che avevano illecitamente acquisito la “fornitura”.
Con il terzo motivo (n. 6 e 7) il ricorrente lamenta: a) violazione dell’articolo 2041 c.c., sotto ulteriori profili; b) errore sul fatto o, comunque, omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo. Deduce che il giudice del gravame non poteva attribuire alle delibere di adozione dei Piani Particolareggiati l’effetto automatico di comprovare l’utilitas tratta dal Comune dell’opera dell’architetto (OMISSIS), in quanto, all’epoca, l’approvazione dei predetti Piani era affidata ad un procedimento complesso che vedeva partecipi il Comune e la Regione con delibere, rispettivamente, di adozione e di approvazione. Sostiene, inoltre, che il giudice del gravame ha errato nel far corrispondere l’entita’ dell’indennizzo alla somma che il professionista avrebbe percepito in esecuzione di un valido contratto.
Con il quarto motivo (n. 8, 9 e 10) il ricorrente si duole della violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., sotto vari profili: a) per difetto di prova del depauperamento subito dal professionista; b) per avere il giudice di appello statuito sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio nulla, in quanto assunta in violazione dell’articolo 194 c.p.c., comma 2 e articolo 90 disp. att. c.p.c., avendo il consulente omesso l’avviso al difensore del Comune dell’avvio delle operazioni peritali; c) per avere il C.T.U. acquisito documenti senza essere stato autorizzato dalla Corte di Appello, che lo aveva incaricato di condurre le indagini sulla base delle testimonianze assunte. Denuncia, inoltre, l’omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo, e la violazione dell’articolo 112 c.p.c., per omessa pronuncia sull’eccezione di nullita’ della C.T.U., tempestivamente sollevata nella prima udienza successiva al deposito dell’elaborato tecnico.
Con il quinto motivo (n. 11), infine, viene dedotta la violazione articoli 91 e 92 c.p.c., in relazione alla pronuncia di condanna del Comune alle spese di doppio grado.
2) Con l’unico motivo di ricorso incidentale, condizionato all’accoglimento dei primi due motivi di ricorso principale, il (OMISSIS) denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c., per non avere la Corte di Appello motivato sul punto della dedotta accettazione del contraddittorio sulla domanda nuova, in primo grado, da parte dell’Amministrazione Comunale.
3) Il primo motivo di ricorso principale deve essere disatteso.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che le domande di adempimento contrattuale e di arricchimento senza causa, quali azioni che riguardano entrambe diritti eterodeterminati, si differenziano, strutturalmente e tipologicamente, sia quanto alla “causa petendi” (esclusivamente nella seconda rilevando come fatti costitutivi la presenza e l’entita’ del proprio impoverimento e dell’altrui locupletazione, nonche’, ove l’arricchito sia una P.A., il riconoscimento dell’utilitas da parte dell’ente), sia quanto al “petitum” (pagamento del corrispettivo pattuito o indennizzo). Ne consegue che, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo – al quale si devono applicare le norme del rito ordinario, ai sensi dell’articolo 645, comma 2, e, dunque, anche l’articolo 183 c.p.c., comma 5, – e’ ammissibile la domanda di arricchimento senza causa avanzata con la comparsa di costituzione e risposta dall’opposto (che riveste la posizione sostanziale di attore) soltanto qualora l’opponente abbia introdotto nel giudizio, con l’atto di citazione, un ulteriore tema di indagine, tale che possa giustificare l’esame di una situazione di arricchimento senza causa. In ogni altro
caso, all’opposto non e’ consentito di proporre, neppure in via subordinata, nella comparsa di risposta o successivamente, un’autonoma domanda di arricchimento senza causa, la cui inammissibilita’ e’ rilevabile d’ufficio dal giudice (Cass. S.U. 27-12-2010 n. 26128).
Nel caso in esame, la necessita’, per l’opposto, di introdurre, in via subordinata, la domanda di arricchimento senza causa, e’ conseguenza della difesa del Comune opponente, che ha contrastato l’azione contrattuale proposta dal (OMISSIS) assumendo l’invalidita’ dell’incarico professionale e la sua inidoneita’ ad impegnare l’ente territoriale, perche’ non legittimamente conferito con delibera dell’organo competente e con adeguata previsione di spesa. Tale domanda, pertanto, essendo stata proposta dall’opposto nella comparsa di costituzione di primo grado, deve ritenersi ammissibile (cfr. Cass. 4-10-2013 n. 22754).
Deve aggiungersi che, con riguardo a procedimento pendente (come il presente) alla data del 30 aprile 1995 – per il quale trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 183 e 184 c.p.c., nel testo vigente anteriormente alla “novella” di cui alla legge n. 353 del 1990 -, il divieto di introdurre una domanda nuova nel corso del giudizio di primo grado, risulta posto a tutela della parte destinataria della domanda. Pertanto, la violazione di tale divieto – che e’ rilevabile anche d’ufficio, non essendo riservata alle parti l’eccezione di novita’ della domanda – non e’ sanzionabile in presenza di un atteggiamento non oppositorio della parte medesima, consistente nell’accettazione esplicita del contraddittorio o in un comportamento concludente che ne implichi l’accettazione (Cass. Sez. Un. 22-5-1996 n. 4712).
Nella specie, dall’esame diretto degli atti, consentito per la natura procedurale del vizio denunciato, si evince che nel rassegnare le conclusioni di primo grado (integralmente trascritte a pag. 4 della sentenza del Tribunale) il Comune di San Dona’ del Piave ha chiesto “respingersi la domanda subordinata dell’opposto difettando, nel caso, i presupposti per l’esperibilita’ dell’eccezione ex articolo 2041 c.c. e, comunque, per mancato arricchimento del Comune”. L’opponente, pertanto, difendendosi nel merito, ha tenuto un comportamento concludente, implicante accettazione del contraddittorio sulla domanda subordinata proposta dalla controparte nella comparsa di costituzione.
4) Anche il secondo motivo e’ privo di fondamento.
Come e’ stato piu’ volte chiarito da questa Corte, l’azione di responsabilita’ che, a norma del Decreto Legge n. 66 del 1989, articolo 23 (convertito in Legge n. 144 del 1989 e riprodotto senza sostanziali modifiche dal Decreto Legislativo n. 77 del 1995, articolo 35) e’ esperibile dai privati contro gli amministratori e i funzionari di Province, Comuni e Comunita’ Montane per prestazioni e servizi resi senza il rispetto delle prescritte formalita’, comporta che, limitatamente ai suddetti enti e alle indicate situazioni, il privato, disponendo di un’azione diretta, non puo’ esperire nei confronti della P.A. l’azione sussidiaria di arricchimento senza causa. Tuttavia, non potendosi, in difetto di espressa previsione normativa, affermare la retroattivita’ del citato Decreto Legge n. 66, deve ritenersi l’esperibilita’ dell’azione di indebito arricchimento per tutte le prestazioni e i servizi resi alla P.A. anteriormente all’entrata in vigore di tale normativa, non difettando il requisito della sussidiarieta’ per il fatto che il privato puo’ agire direttamente contro chi – amministratore o funzionario – abbia invalidamente commissionato le opere o i servizi, atteso che la responsabilita’ diretta di funzionari e dipendenti pubblici e’ posta dall’ari. 28 Cost. su di un piano alternativo e paritetico (Cass. 3-8-2000 n. 10199; Cass. 20-8-2003 n. 12208; Cass. 11-5-2007 n. 10884; Cass. 26-6-2012 n. 10636).
Alla luce di tali principi, correttamente la sentenza non definitiva della Corte di Appello ha ritenuto ammissibile la domanda subordinata di arricchimento senza causa proposta dall’opposto nei confronti del Comune opponente, avendo accertato che l’attivita’ di progettazione dell’architetto (OMISSIS) e’ stata effettuata in epoca anteriore all’entrata in vigore del Decreto Legge n. 66 del 1989.
Non rileva, in contrario, che l’utilitas del Comune sia stata conseguita in epoca successiva all’entrata in vigore di tale
normativa, in quanto il citato articolo 23, nel disporre al comma 3 che qualsiasi spesa degli enti comunali deve essere assistita da un conforme provvedimento dell’organo munito di potere deliberativo e da uno specifico impegno contabile registrato nel competente bilancio di previsione, e nello stabilire al comma 4 che, in mancanza, il rapporto obbligatorio si instaura direttamente “tra il privato fornitore e l’amministratore o il funzionario che abbiano consentita la fornitura”, individua chiaramente nella esecuzione della prestazione del privato il momento genetico dell’obbligazione a carico dell’amministratore o funzionario dell’ente che l’abbiano consentita.
5) Il terzo motivo, nella parte in cui si duole del ritenuto riconoscimento dell’utilitas da parte del Comune, e’ privo di fondamento.
Si rileva, al riguardo, che, in tema di azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A., il riconoscimento dell’utilita’ dell’opera o della prestazione puo’ avvenire anche in maniera implicita, mediante l’utilizzazione dell’opera o della prestazione consapevolmente attuata dagli organi rappresentativi dell’ente. In particolare, l’adozione da parte del competente organo dell’Amministrazione di un Piano Urbanistico Particolareggiato, elaborato da un professionista per conto della stessa Amministrazione, configura un implicito riconoscimento dell’utilita’ dell’attivita’ svolta dal professionista medesimo, senza che a tal fine sia necessario che all’adozione del Piano abbia fatto seguito il completamento dell’iter amministrativo di approvazione definitiva, poiche’ l’approvazione definitiva del Piano puo’ essere rilevante ai fini dell’adozione dello strumento urbanistico, ma non ai fini del riconoscimento dell’utilita’ della prestazione del professionista (Cass. 30-4-2008 n. 10922).
Nella specie, pertanto, legittimamente la Corte di Appello ha ritenuto sufficienti, ai fini del riconoscimento dell’utilita’ dell’opera, le delibere degli organi comunali di adozione dei Piani Particolareggiati elaborati dal (OMISSIS), a prescindere dal completamento dell’iter amministrativo di approvazione definitiva di tali Piani.
Il motivo in esame, al contrario, risulta fondato nella parte in cui censura i criteri seguiti dal giudice di merito nella quantificazione dell’indennizzo ex articolo 2041 c.c..
Come e’ stato affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di azione d’indebito arricchimento nei confronti della P.A. conseguente all’assenza di un valido contratto d’opera, l’indennita’ prevista dall’articolo 2041 c.c. va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dall’esecutore della prestazione resa in virtu’ del contratto invalido, con esclusione di quanto lo stesso avrebbe percepito nella ipotesi che il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace (Cass. S.U 11-9-2008 n. 23385).
Pertanto, ai fini della determinazione dell’indennizzo dovuto al professionista, non possono essere assunte come parametro le tariffe professionali, ancorche’ richiamate da parcelle vistate dall’Ordine competente (Cass. Sez. Un. 27-1-2009 n. 1875), non trattandosi in questo caso di corrispettivo per prestazioni professionali rese dal professionista nell’esecuzione di un contratto con un cliente, per le quali e’ giustificato il ricorso alla tariffa professionale, ma di una somma che va liquidata in forza delle risultanze processuali, se ed in quanto si sia verificato un vantaggio patrimoniale a favore della P.A., con correlativa perdita patrimoniale della controparte (Cass. 18-2-2010 n. 3905).
Nella specie, la sentenza definitiva della Corte di Appello, nel liquidare in favore del (OMISSIS), a titolo di indennizzo ex articolo 2041 c.c., una somma pari a quella chiesta con le parcelle fatturate conformi alla tariffa professionale, vistate dal Consiglio dell’Ordine, ha disatteso tali principi, avendo riconosciuto al professionista un importo corrispondente al compenso che il medesimo avrebbe potuto pretendere in caso di valido conferimento dell’incarico di redazione dei Piani Particolareggiati in questione.
S’impone, di conseguenza, la cassazione nella parte de qua della sentenza definitiva impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Venezia, la quale, ai fini della determinazione dell’indennizzo dovuto al (OMISSIS) per l’attivita’ prestata in favore del ricorrente, dovra’ attenersi ai principi di diritto innanzi enunciati. Il giudice del rinvio provvedera’ anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimita’.
6) L’eccezione di nullita’ della consulenza tecnica d’ufficio, sollevata con il quarto motivo di ricorso, deve essere disattesa.
Deve innanzitutto osservarsi che, in tema di consulenza tecnica, eventuali irritualita’ dell’espletamento ne determinano la nullita’ solo ove procurino una violazione in concreto del diritto di difesa, con la conseguenza che e’ onere del ricorrente specificare quali lesioni di tale diritto siano conseguite alla denunciata irregolarita’ (Cass. 08-6-2007 n. 13428; Cass. 6-7-2010 n. 15874).
Va altresi’ rilevato che, in tema di consulenza tecnica d’ufficio, ai sensi dell’articolo 194 c.p.c., comma 2 e articolo 90 disp. att. c.p.c., comma 1 alle parti va data comunicazione del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni peritali. Peraltro, l’omissione (anche di una) di simili comunicazioni induce la nullita’ della consulenza stessa soltanto qualora, con riguardo alle circostanze del caso concreto, abbia pregiudicato il diritto di difesa per non essere state le parti anzidette poste in grado di intervenire alle operazioni; onde la riferita nullita’ non si verifica qualora risulti che le medesime parti, con avviso anche verbale o in qualsiasi altro modo, siano state egualmente in grado di assistere all’indagine e di esplicare in essa le attivita’ ritenute convenienti (Cass. 23-3-1991 n. 3155; Cass. 20-12-1994 n. 10971; Cass. 5-4-2001, n. 5093; Cass. 7-4-2006 n. 8227).
Nella fattispecie in esame, il ricorrente non ha chiarito quale concreto pregiudizio sia derivato al suo diritto di difesa dalla mancata comunicazione al suo difensore della data di inizio delle operazioni peritali, posto che, come accertato nella sentenza definitiva impugnata, il C.T.U. ha ritualmente comunicato la data e il luogo di inizio delle operazioni peritali al consulente di parte dell’odierno ricorrente, il quale ha presenziato alla riunione svoltasi in tale data, e che l’attivita’ del C.T.U. si e’ costantemente svolta in contraddittorio con lo stesso tecnico.
Quanto, poi, alla lamentata acquisizione, da parte del C.T.U., di documentazione non autorizzata, le censure mosse si rivelano generiche, non avendo il ricorrente specificato l’esatto contenuto dei documenti di cui assume l’irrituale acquisizione, ne’ precisato se gli stessi abbiano avuto una concreta incidenza sulla decisione impugnata.
In ogni caso, si osserva che nella specie, come accertato dalla Corte di Appello, l’acquisizione documentale – per la quale non vi erano preclusioni, trattandosi di causa disciplinata dal cd. vecchio rito, per il quale la produzione di documenti e le richieste istruttorie sono possibili anche in appello sino all’udienza di precisazione delle conclusioni -, effettuata presso Pubblici Uffici, ha riguardato documenti utili all’espletamento dell’incarico, in accordo con i consulenti di parte.
La motivazione addotta al riguardo appare esente da errori di diritto, in quanto il consulente tecnico di ufficio ha comunque la facolta’ di acquisire notizie e dati concernenti fatti e situazioni formanti oggetto delle indagini demandategli, quando cio’ sia necessario per espletare adeguatamente il compito affidatogli; e tali dati, quando ne siano indicate le fonti in modo da consentire alle parti di interloquire, ben possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice (Cass. 8-6-2007 n. 13428).
Le ulteriori deduzioni svolte con il motivo in esame circa la mancanza di prova del depauperamento del professionista, rimangono assorbite dall’accoglimento del terzo motivo.
7) L’accoglimento del terzo motivo di ricorso principale, con la conseguente cassazione con rinvio della sentenza impugnata, comporta l’assorbimento del quinto motivo, inerente alle spese di lite, dovendo il giudice del rinvio procedere ad una nuova regolamentazione delle spese delle pregresse fasi del processo, tenendo conto dell’esito finale del giudizio.
7) Il ricorso incidentale, condizionato all’accoglimento dei primi due motivi di ricorso principale, rimane assorbito dal rigetto di tali motivi.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il terzo motivo di ricorso principale, dichiara assorbito il quinto, rigetta gli altri; dichiara assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza definitiva impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese ad altra Sezione della Corte di Appello di Venezia.
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