Nel caso di parte civile costituita nei confronti di più imputati, può essere disposta la condanna in solido nel pagamento delle spese processuali da questa sostenute qualora vi sia una responsabilità solidale in ordine all’obbligazione dedotta in giudizio ovvero una comunanza di interessi tra loro, ravvisabile anche in base a convergenti atteggiamenti difensivi
Suprema Corte di Cassazione
sezione II penale
sentenza 13 gennaio 2017, n. 1681
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Presidente
Dott. ALMA Marco Maria – Consigliere
Dott. FILIPPI Stefano – Consigliere
Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere
Dott. PACILLI G. A. R – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 937/2015 del GIP del Tribunale di Venezia del 22.7.2015;
Visti gli atti, la sentenza e i ricorsi;
Udita nell’udienza camerale del 25.11.2016 la relazione fatta dal Consigliere Giuseppina Anna Rosaria Pacilli;
Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore Generale in persona di Massimo Galli, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22 luglio 2015, il Gip presso il Tribunale di Venezia ha accolto la richiesta di applicazione della pena ex articolo 444 c.p.p., formulata dagli odierni ricorrenti, condannandoli anche al pagamento delle spese a favore delle parti civili costituite.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorsi per cassazione i difensori degli imputati, in atti generalizzati, deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1:
(OMISSIS):
1) violazione di norma sostanziale con riferimento al Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, articolo 4, per essere stato il compenso, liquidato al difensore di (OMISSIS), (OMISSIS), aumentato nella misura del 250% anziche’ del 100%, pur essendosi il predetto difensore costituito solo nei confronti di 6 imputati;
2) assenza di motivazione in merito all’aumento del compenso dei difensori delle parti civili costituite, operato ai sensi dell’articolo 4 del Decreto Ministeriale citato; aumento da considerarsi comunque soggetto all’obbligo di motivazione e non un semplice automatismo, tanto piu’ in ragione del fatto che il giudice aveva concesso il parametro massimo nella fase di studio, ben satisfattivo del lavoro svolto.
(OMISSIS):
1) Nullita’ della sentenza per essere stata disposta la condanna in solido degli imputati al pagamento delle spese liquidate in favore delle parti civili, senza operare una ripartizione soggettiva e proporzionale alle singole ipotesi di reato, siccome ascritte nei capi di imputazione, e senza considerare che difetta una norma che preveda la solidarieta’ passiva tra soggetti condannati per reati diversi e contestati in capi autonomi;
2) violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla liquidazione delle spese, effettuata in favore delle parti civili. In particolare, gli aumenti in percentuale del 20% e del 5% sarebbero stati erroneamente moltiplicati per 10 patteggiamenti e poi ancora per altri 10, anziche’ una sola volta, e difetterebbero di motivazione; la ripartizione delle singole voci di tariffa non offrirebbe alcun parametro di valutazione della congruita’ degli importi liquidati, specie quelli quantificati ai massimi per la fase di studio, non giustificati dall’impegno profuso, soprattutto con riguardo a Legambiente e alla Provincia di Venezia, costituitesi quando agli atti era gia’ stato concordato il patteggiamento del (OMISSIS) con il P.M..
(OMISSIS):
1) Inosservanza o erronea applicazione della legge penale per avere il Gip condannato genericamente tutti gli imputati al pagamento in solido di un’unica somma complessiva, riconosciuta per ogni parte civile, senza operare le giuste distinzioni e i conteggi per ogni singola posizione processuale.
2) Mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione, non essendo corretto ne’ motivato l’aumento del 20% e del 5%, atteso che il Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 12 e’ predisposto in favore della maggiore e piu’ consistente prestazione svolta dal difensore che assiste piu’ parti, mentre nel caso in esame ogni difensore assisteva un’unica parte civile, tranne (OMISSIS), (OMISSIS), tutti difesi da un unico legale. Inoltre, gli aumenti risultano ingiustificati atteso che le parti civili non avrebbero potuto effettuare alcuna attivita’ defensionale in relazione alla verifica dei patteggiamenti.
I conteggi risulterebbero errati: pur essendo stati riconosciuti le stesse voci e gli stessi importi, vi sarebbe una differenza di calcolo tra la somma liquidata in favore della Regione Veneto (Euro 10.015 oltre 15% per spese generali) e quella in favore della Provincia di Venezia (Euro 9.985,00 oltre 15% per spese generali), non giustificata e non corretta neppure se si tiene conto della somma di Euro 27,00 liquidata a titolo di spese in favore solo della Regione Veneto.
(OMISSIS), (OMISSIS) E (OMISSIS).
1) Nullita’ dei capi della sentenza relativi alla condanna in solido di tutti gli imputati al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza in favore delle parti civili, essendo prevista soltanto la solidarieta’ passiva tra imputato e responsabile civile e non tra imputati per reati tra loro diversi e contestati in diversi capi di imputazione, ognuno dotato di una propria specifica individualita’ pur nell’ambito di un unico giudizio, cementato da una riunione disposta per semplice connessione soggettiva o probatoria quando non per ragioni di opportunita’ processuale. La solidarieta’ non si desumerebbe nemmeno dall’articolo 187 c.p.p., che sancisce la solidarieta’ solo per i condannati per uno stesso reato; ne’ dall’articolo 535 c.p.p. che, in seguito all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, prevederebbe il criterio di accollo pro quota e non il vincolo della solidarieta’ quale regola di imputazione delle spese;
2) Omessa motivazione in ordine sia alla solidarieta’ che alla congruita’ della liquidazione delle spese civili e agli aumenti, operati nella misura del 20% per altri dieci patteggiamenti e nel 5% per i successivi dieci, pur non avendo la pluralita’ di soggetti determinato un apprezzabile aumento (comunque non nell’entita’ stabilita dal giudice) dell’impegno profuso in tale fase del procedimento.
(OMISSIS).
1) Errata qualificazione del fatto perche’ la contestazione di cui all’articolo 416 c.p., per il quale non vi sono prove, non avrebbe ragione di sussistere, atteso che egli risponde solo – quale reato fine – di quello ex articolo 515 c.p., commesso semmai in concorso con un unico soggetto ( (OMISSIS)), che sul punto, in sede di interrogatorio dinanzi al P.M., ha escluso qualsiasi ruolo nella vicenda del (OMISSIS), facendo venir meno ogni possibile ipotesi di partecipazione all’associazione, che richiede almeno la presenza di tre persone;
2) Nullita’ del provvedimento di ammissione di tutte le parti civili, mancando i presupposti di legge per ritenere la legittimazione attiva delle stesse nei confronti del (OMISSIS), non essendogli stato contestato il reato di cui all’articolo 635 c.p. e non avendo la condotta materiale, come inquadrata nella richiesta di rinvio a giudizio, evidenziato profili di danno nei confronti dei diritti e degli interessi singoli, diffusi o collettivi rappresentati dalle parti civili;
3) Illegittimita’ della solidarieta’ disposta per la liquidazione dei compensi dei difensori delle parti civili, desumibile anche dall’articolo 541 c.p.p.;
4) Assenza di motivazione in relazione alla scelta di applicazione di parametri diversi da quelli indicati nella tabella allegata al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, quantomeno in relazione alla voce “fase di studio” per la quale risulterebbe riconosciuta una somma assai lontana dai valori medi ma parametrata ai massimi; assenza di motivazione sugli incrementi delle somme determinate, dettati dal numero dei soggetti coinvolti.
All’odierna udienza camerale e’ stata verificata la regolarita’ degli avvisi di rito; all’esito, questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi proposti sono infondati.
1.1 Ad eccezione di (OMISSIS), tutti gli altri ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata nella parte relativa alla loro condanna al pagamento in solido delle spese in favore dei difensori delle parti civili costituite.
Ad avviso dei predetti ricorrenti, infatti, la menzionata condanna in solido non troverebbe un aggancio normativo, non essendo prevista ne’ dall’articolo 541 c.p.p., che dispone la solidarieta’ solo tra imputato e responsabile civile, ne’ dall’articolo 535 c.p.p., che, a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, stabilisce il criterio di’ accollo pro quota e non il vincolo della solidarieta’ quale regola di imputazione delle spese processuali.
Tale assunto non puo’ essere condiviso.
In tema di spese relative all’azione civile, la norma cardine, enunciata dall’articolo 541 c.p.p., dispone che, quando il giudice accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, condanna l’imputato e il responsabile civile in solido al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di compensarle in tutto o in parte, se ricorrono giusti motivi.
L’articolo 541 c.p.p., nella sua formulazione letterale, fa riferimento solo all’imputato e al responsabile civile, tenuti, per l’appunto, al pagamento in solido delle spese processuali in favore della parte civile costituita, ma non prevede espressamente la disciplina, relativa alle spese processuali, da applicare in caso di parte civile costituita nei confronti di piu’ imputati.
Al fine di desumere tale disciplina, non puo’ trascurarsi di considerare la peculiarita’ della posizione della parte civile, che, pur nell’ambito del processo penale, esercita comunque un’azione civile.
Il che all’evidenza comporta una lettura dell’articolo 541 c.p.p. da raccordare con la disciplina dettata dal legislatore con riguardo alle spese processuali da liquidare nel processo civile; ambito, quest’ultimo, nel quale la norma che viene in rilievo e’ l’articolo 97 c.p.c., che prevede che “se le parti soccombenti sono piu’, il giudice condanna ciascuna di esse alle spese e ai danni in proporzione del rispettivo interesse nella causa, potendo anche pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune di esse, quando hanno interesse comune”.
A tal riguardo, la giurisprudenza di legittimita’ ha avuto modo di affermare che “la condanna solidale al pagamento delle spese processuali nei confronti di piu’ parti puo’ essere pronunciata non solo quando vi sia indivisibilita’ o solidarieta’ del rapporto sostanziale, ma pure nel caso in cui sussista una mera comunanza di interessi che puo’ desumersi anche dalla semplice identita’ delle questioni sollevate e dibattute ovvero dalla convergenza di atteggiamenti difensivi diretti a contrastare la pretesa avversaria” (cfr., ex multis, Cass. civ., Sez. 3, n. 16056 del 29.7.2015, Rv 636621; Sez. 2, n. 17281 del 12.8.2011, Rv 618984).
La condanna in solido delle parti alla rifusione delle spese processuali postula, dunque, ai sensi dell’articolo 97 c.p.c., una responsabilita’ solidale in ordine all’obbligazione dedotta in giudizio oppure una mera comunanza di interessi tra le parti, che puo’ sussistere indipendentemente dalla prima e che e’ correlabile anche ad una convergenza di atteggiamenti difensivi.
Alla luce di tale principio, che governa il processo civile e che deve orientare l’interpretazione dell’articolo 541 c.p.p., deve allora affermarsi che, nel caso di parte civile costituita nei confronti di piu’ imputati, ricorrendone le condizioni prima indicate, ben puo’ essere disposta la solidarieta’ nel pagamento delle spese processuali in favore dell’anzidetta parte.
Del resto, che questo sia il criterio ermeneutico da applicare trova conferma anche dalla lettura dello stesso articolo 541 c.p.p., che, nel prevedere la condanna in solido dell’imputato e del responsabile civile al pagamento delle spese processuali della parte civile, ha all’evidenza considerato che costoro sono tenuti a rispondere in solido delle conseguenze dannose scaturenti da un reato e, normalmente, hanno anche un interesse comune a contrastare la pretesa civilistica.
Ne’, d’altra parte, puo’ soccorrere in senso contrario la norma dettata dall’articolo 535 c.p.p., che, disciplinando le spese relative al processo penale, ha un presupposto ed un ambito applicativo diversi rispetto a quelli dell’articolo 541 c.p.p., ove, come detto, cio’ che viene in rilievo e’ la statuizione sulle spese processuali attinenti ad un’azione civile.
Applicando tale principio al caso di specie, deve innanzitutto ricordarsi che le Associazioni, che si sono costituite parti civili nei confronti di tutti gli odierni ricorrenti, hanno agito al fine di ottenere il risarcimento del danno da esse subito, che, come risulta dall’ordinanza del 29.6.2015, richiamata nella motivazione della sentenza impugnata, e’ stato prodotto dal concorso di tutte le condotte ascritte agli imputati, cagionanti una grave alterazione dell’ecosistema lacunare. In particolare, come si legge nella menzionata ordinanza, “dalla lettura del capo d’imputazione risulta che gli imputati nel periodo oggetto di indagine hanno costituito e gestito in forma associativa o comunque in forma concorsuale un ben collaudato sistema di sfruttamento dei fondali della laguna di Venezia, procedendo ad attivita’ di pesca abusiva (con l’utilizzo di strumenti meccanici), di raccolta e di successiva commercializzazione del prodotto abusivamente pescata. Tali condotte accertate hanno provocato una grave alterazione dell’ecosistema lagunare”.
E’ di tutta evidenza allora che a fronte della domanda risarcitoria – avanzata da ciascuna Associazione nei confronti di tutti gli imputati (che avevano fatto richiesta di patteggiamento) ed attinente ad un danno prodotto dal concorso delle condotte ai medesimi contestate – si profilava un’obbligazione solidale degli odierni ricorrenti.
Va ricordato, infatti, che questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare (cfr. Cass., sez. 4, n. 16998 del 24.1.2006, Rv 233832; Cass., sez. 4, n. 49346 del 27.10.2004, Rv 230580) che la natura autonoma dell’obbligazione civilistica, derivante dallo specifico illecito che assuma anche rilevanza penale, comporta una lettura dell’articolo 187 c.p. alla luce della disciplina, successivamente adottata dal legislatore, dell’articolo 2055 c.c.. Tale conclusione comporta la conseguenza che anche nel procedimento penale, come nel procedimento civile, che potrebbe essere autonomamente instaurato, opera, a tutela del danneggiato, la regola secondo cui tra i corresponsabili di un danno sussiste sempre responsabilita’ solidale e paritaria, a nulla rilevando che ciascuno di essi abbia contribuito al verificarsi dell’evento dannoso finale, rendendosi inadempiente a obblighi scaturiti da fonti diverse. In questa prospettiva la previsione dell’articolo 187 c.p., comma 2, impone la solidarieta’ nel caso di condanna di piu’ soggetti per uno stesso reato ma non la esclude quando piu’ condotte, sia pure a titolo diverso, abbiano concorso a determinare un unico evento dannoso.
Ritenuta, dunque, la sussistenza, nell’ambito del rapporto sostanziale dedotto dalle parti civili, di un’obbligazione solidale gravante in capo ai ricorrenti, autori di un danno cagionato con il concorso di tutte le condotte ad essi ascritte, pur se tra loro diverse, deve di conseguenza inferirsi che nessuna censura puo’ muoversi alla sentenza impugnata, che, di riflesso, ha disposto la solidarieta’ dei medesimi ricorrenti nel pagamento delle spese liquidate in favore delle parti civili costituite.
1.2 Vanno disattese anche le censure mosse da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), relative all’asserita mancanza di motivazione in ordine agli importi liquidati dal Gip per ciascuna delle fasi in cui si e’ snodata l’attivita’ dei difensori delle parti civili; importi che sarebbero anche non congrui in relazione alla concrea attivita’ difensiva espletata.
Sebbene questa Corte abbia affermato che “e’ ricorribile per cassazione la sentenza di patteggiamento nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile, in particolare per quanto attiene alla legalita’ della somma liquidata e all’esistenza di una corretta motivazione sul punto, una volta che sulla relativa richiesta, proposta all’udienza di discussione, nulla sia stato eccepito” (Sez. U., n. 40288 del 14.7.2011, Rv 250680), deve tuttavia ritenersi che non e’ consentita l’impugnazione per cassazione della sentenza di patteggiamento, sotto il profilo del vizio di motivazione, se l’impugnazione non e’ accompagnata dall’esposizione, sia pure sommaria, delle ragioni di illegittimita’ della liquidazione e non venga addotta la violazione dei limiti tariffari relativi alle attivita’ certamente svolte dal patrono di parte civile (cfr. Sez. 5, n. 31250 del 25.6.2013, Rv 256358; Sez. 5, n. 5053 del 27.11.2015, Rv 266053).
Nel caso in esame, le censure sollevate attengono alla mancanza di motivazione e di congruita’ degli importi liquidati, specie quelli relativi alla fase di studio, quantificati in misura superiore ai valori medi, ma non evidenziano la violazione dei limiti tariffari.
Del resto, la violazione dei limiti tariffari neppure si riscontra in concreto, a fronte di una liquidazione che nell’importo complessivo delle voci liquidate (per le fasi di studio, introduttiva e decisionale) e’ pressoche’ pari all’importo ottenibile sommando i valori medi, previsti dal Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 12 per le singole anzidette fasi.
Peraltro, la liquidazione in concreto disposta e’ il risultato, da un lato, dell’aumento del valore medio fissato per la fase di studio e, dall’altro, della diminuzione del valore medio previsto per la fase decisionale. Operazioni, queste, del tutto in linea con la stessa previsione dell’articolo 12 citato, che consente tali variazioni (aumento fino all’80% e diminuzione fino al 50%), e del tutto coerenti con il rilievo che, nel caso in esame, pur essendosi addivenuti al patteggiamento, la fase di studio aveva richiesto un impegno particolare, avuto riguardo alla complessita’ delle imputazioni, ascritte a ciascun imputato.
1.3 Anche le censure, sollevate da tutti i ricorrenti in ordine agli aumenti disposti ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2015, articolo 4, sono infondate.
A) Va osservato, innanzitutto, che non ha pregio la doglianza, sollevata nel ricorso di (OMISSIS), secondo cui, essendosi il difensore di (OMISSIS), (OMISSIS) costituito nei confronti solo di sei imputati, il compenso da liquidargli non poteva essere aumentato del 250% ma solo del 100% (20 x 5), sicche’ sarebbe stato violato il Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, articolo 4.
A tal riguardo, infatti, e’ agevole rimarcare che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la costituzione di (OMISSIS), (OMISSIS) e’ avvenuta nei confronti di tutti gli imputati, ad eccezione di 4 ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)), come risulta chiaramente dal relativo atto di costituzione.
Ne discendono, da un lato, l’erroneita’ dell’assunto del ricorrente e, dall’altra, la corretta applicazione del menzionato Decreto Ministeriale 10 marzo 2015, n. 55, articolo 4 da parte del giudice della sentenza impugnata.
B) Anche la residua doglianza del (OMISSIS), comune a tutti gli altri ricorrenti, va disattesa. L’articolo 4 del Decreto Ministeriale citato, infatti, prevede che l’aumento del compenso al difensore, nel caso in cui questi assiste un solo soggetto contro piu’ soggetti, e’ disposto “di regola”, con la conseguenza che l’applicazione di tale aumento e’ del tutto conforme alla previsione normativa e trova evidente giustificazione nella diversita’ e complessita’ delle posizioni degli imputati in relazione ai quali e’ stato disposto l’aumento, dapprima, del 20% e, poi, del 5%.
C) Contrariamente a quanto dedotto da (OMISSIS), nessun errore inficia l’aumento del 20% operato per 10 patteggiamenti e del 5% operato per altri 10 patteggiamenti, posto che l’articolo 12 de quo non prescrive che gli aumenti del 20% e del 5% sono effettuati una sola volta ma dispone che “il compenso puo’ essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20%, fino ad un massimo di 10 soggetti, e del 5% per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino ad un massimo di venti”.
D) Diversamente da quanto asserito da (OMISSIS), l’aumento anzidetto e’ previsto anche nel caso di difensore che assiste una sola parte nei confronti di piu’ parti, sicche’ del tutto corretto si appalesa l’aumento operato in sentenza anche in favore del difensore di un’unica Associazione.
1.4 Passando alle residue censure sollevate da (OMISSIS), va disattesa quella relativa all’erroneita’ della qualificazione dei fatti contestatigli.
Devesi infatti ricordarsi, in linea con quanto affermato anche dalle Sezioni Unite (sentenza n. 5838 del 28 novembre 2013, dep. 6 febbraio 2014, in motivazione), che, in tema di patteggiamento, il ricorso per cassazione puo’ denunciare anche l’erronea qualificazione giuridica del fatto, purche’, pero’, l’errore sul nomen iuris sia manifesto e non anche quando la diversa qualificazione presenti margini di opinabilita’.
Nel caso di specie, la deducibilita’ dell’invocato errore deve essere esclusa, non risultando prima facie erronea o strumentale la qualificazione giuridica dei fatti, cosi’ come proposta dalle parti e positivamente delibata dal giudice a quo.
1.5 Del pari va disattesa la doglianza del predetto (OMISSIS) relativa all’affermazione della legittimazione attiva delle costituite parti civili.
A tal riguardo, va rilevato che il ricorrente non si confronta adeguatamente con l’ordinanza del 29.6.2015 con cui e’ stata ammessa la costituzione di parte civile, nella quale si da’ specificamente atto che tutte le condotte ascritte agli imputati (anche quelle inquadrabili nel reato di cui all’articolo 515 c.p., ossia quella contestata al medesimo (OMISSIS)) hanno concorso alla determinazione del danno per la cui tutela hanno agito le parti civili.
2. Il rigetto dei ricorsi comporta, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
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