Riciclaggio per le operazioni di phishing. Il reato non può considerarsi compreso in quello di frode informatica
Corte di Cassazione
sezione II penale
sentenza 1 marzo 2017, n. 10060
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DAVIGO Piercamillo – Presidente
Dott. IASILLO Adriano – Consigliere
Dott. IMPERIALI Luciano – Consigliere
Dott. COSCIONI Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. PACILLI Giuseppina A.R. – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2097/2011 in data 22/09/2015 della Corte di Appello di ROMA;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Giuseppe COSCIONI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CUOMO Luigi, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore di (OMISSIS), Avv. Giovanni MARCELLETTI, che si e’ riportato ai motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. I difensori di (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma del 22/09/2015 che riformava soltanto revocando la pena accessoria applicata a (OMISSIS) e per il resto confermava la sentenza del Tribunale di Roma con la quale (OMISSIS) era stato ritenuto responsabile del reato di cui agli articoli 119, 81 cpv. e 648 c.p., articolo 61 c.p., n. 2, (capo 1) e articolo 497 bis c.p., comma 2 (capo 3), articoli 648 bis (capo 4) e 494 (capo 6)ed era stato condannato alla pena di anni tre, mesi dieci e giorni dieci di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa, e (OMISSIS) responsabile dei reati di cui agli articoli 81 cpv. e 648 c.p., (capo 8) e articolo 624 c.p., e articolo 625 c.p., nn. 2 e 7 (capo 9) ed era stato condannato per il reato sub 8 alla pena di anni uno, mesi quattro e giorni 15 di reclusione ed Euro 500,00 di multa e per il reato di cui al capo 9) alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 400,00 di multa.
1. Il difensore di (OMISSIS) lamenta innanzitutto la mancanza e contraddittorieta’ della motivazione con riferimento alla mancata sussunzione della ritenuta ipotesi di riciclaggio nell’alveo della presuppostgfrode informatica.
1.2 Inoltre, il difensore eccepisce una erronea applicazione degli articoli 640 ter e 648 bis c.p., in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti: anche volendo ritenere sussistente quale effetto della condotta un intralcio alla individuazione della provenienza delittuosa dei beni, le modalita’ della truffa informatica comprendevano anche il riciclaggio del denaro ricavato, configurandosi in tal modo il concorso nel reato presupposto che escludeva la fattispecie di cui all’articolo 648 bis cod.pen..
1.3 Il difensore osserva anche come, relativamente al reato di ricettazione, la Corte aveva omesso qualsiasi motivazione, malgrado quanto rappresentato dal ricorrente, e cioe’ che i documenti gli venivano forniti dietro pagamento di un compenso.
1.4 Il difensore eccepisce poi la inutilizzabilita’ della ricognizione fotografica eseguita dalla teste (OMISSIS), effettuata in palese violazione dei canoni previsti: in fase dibattimentale era stata mostrata dapprima alla teste la fotografia di (OMISSIS) e poi le cinque effigi tra le quali riconoscere l’imputato; inoltre, i soggetti rappresentati in fotografia avevano un’eta’ tra i 34 e i 74 anni, mentre la teste riferiva al momento della individuazione che la persona da riconoscere aveva tra i 20 e i 25 anni.
1.5 Con separato ricorso, il difensore di (OMISSIS) eccepisce che la motivazione in ordine all’accertamento psicologico del reato era meramente apparente; inoltre la sentenza era munita di motivazione meramente apparente in ordine ai criteri seguiti per la determinazione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. I ricorsi proposti sono manifestamente infondati.
2.1 Relativamente ai motivi di ricorso, osserva il collegio come nel ricorso per cassazione contro la sentenza di appello non possa essere riproposta – ferma restando la sua deducibilita’ o rilevabilita’ “ex officio” in ogni stato e grado del procedimento – una questione che aveva formato oggetto di uno dei motivi di appello sui quali il giudice di merito si e’ gia’ pronunciato in maniera esaustiva, senza errori logico – giuridici, come e’ avvenuto nel caso di specie. Ne deriva, in ipotesi di riproposizione di una delle dette questioni con ricorso per cassazione, che la impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 3, ultima parte, (Cass. sez. 2 sentenza n.22123 del 08/02/2013, Rv. 255361).
2.2. Nel caso in esame, la Corte di appello ha esaurientemente motivato su tutti i punti oggetto di appello e pedissequamente riproposti con il ricorso per cassazione, che e’ pertanto inammissibile; in particolare, sul primo motivo di ricorso, premessa la definizione di phishing (truffa informatica effettuata inviando un’e-mail con il logo contraffatto di un istituto di credito o di una societa’ di commercio elettronico, in cui si invita il destinatario a fornire dati riservati quali numero di carta di credito, password di accesso al servizio di home banking, ecc., motivando tale richiesta con ragioni di ordine tecnico), come evidenziato nella sentenza di primo grado, nello stesso sono figure essenziali l’hacker (esperto informatico) che si procura i dati, il collaboratore “prestaconto” che mette a disposizione un conto corrente per accreditare le somme e il destinatario finale delle somme spedite dal cliente prestaconto (che puo’ anche essere uno dei due soggetti sopra indicati); cio’ premesso, osserva la Corte d’Appello che “l’imputato aveva svolto il ruolo di prestaconto nelle operazioni di phishing che avevano condotto all’appropriazione delle somme di denaro depositate nei conti correnti delle persone offese elencate al capo 4) di imputazione. Il (OMISSIS), in particolare, aveva aperto conti sui quali erano confluiti gli importi illecitamente carpiti. Egli, in un’epoca successiva alla commissione dei delitti mediante i quali era stato realizzato il phishing (articoli 615 bis e 640 ter c.p.), aveva quindi consentito la realizzazione del profitto di tali reati, ma aveva altresi’ introdotto un ulteriore passaggio necessario al fine di far perdere le tracce del denaro. L’azione dell’imputato non poteva pertanto essere ricondotta, a titolo concorsuale, all’articolo 640 ter c.p., secondo quanto preteso dall’appellante, poiche’ il (OMISSIS) aveva compiuto operazioni volte a ostacolare la provenienza delittuosa delle somme depositate nei conti correnti e successivamente utilizzate per prelievi di contanti, ricariche di carte di credito o ricariche telefoniche, realizzando in tal modo gli elementi costitutivi del delitto previsto dall’articolo 648 bis c.p…” (pag. 2 e 3 sentenza).
La Corte, come gia’ il tribunale, ha quindi ritenuto che i comportamenti di (OMISSIS) si collocavano in una fase successiva alla consumazione, quando il reato presupposto di frode informatica era ormai perfetto e aveva esaurito le sue conseguenze; peraltro, quand’anche si ritenesse (OMISSIS) complice del delitto presupposto, questo andrebbe considerato proprio l’illecito ex articolo 648 bis c.p., e non ex articoli 615 ter e 640 ter c.p., dal momento che il contegno di (OMISSIS) si innesterebbe, quale prosecuzione, sulla gia’ avvenuta frode informatica.
Anche sulla eccepita insussistenza del reato di ricettazione la Corte ha fornito esauriente motivazione, evidenziando le denunce di smarrimento presentate da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); analogamente, la Corte ha motivato sulla eccezione di inutilizzabilita’ della ricognizione fotografica, osservando come, anche se la stessa presenta profili di irregolarita’, “L’apposizione della fotografia del (OMISSIS) sulla carta di identita’ intestata al (OMISSIS) risulta pacificamente dalle deposizioni del luogotenente dei carabinieri (OMISSIS) e del maresciallo dei carabinieri (OMISSIS). E’ quindi assolutamente certo che l’imputato, utilizzando il documento di identita’ del (OMISSIS) e sostituendosi all’intestatario, abbia aperto un conto corrente presso l’agenzia della (OMISSIS)…ove all’epoca dei fatti lavorava la testimone” (pag. 3 e 4 sentenza).
E’ quindi del tutto evidente che a fronte di un provvedimento di secondo grado che ha fornito una risposta ai motivi di impugnazione, la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non puo’ essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dal giudice del gravame: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c), che impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta (cfr., Sez. 6, sent. n.20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838).
2.2 Quanto al ricorso presentato da (OMISSIS), lo stesi si limita genericamente a lamentare il difetto di motivazione della sentenza impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicita’ della motivazione di questa, per cui deve essere ritenuto inammissibile per difetto del requisito della specificita’.
Per le considerazioni esposte, dunque, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili. Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonche’, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro 1.500,00, cosi’ equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 ciascuno a favore della Cassa delle ammende
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