Suprema Corte di Cassazione
sezione I
Sentenza del 4 settembre 2012, n. 14775
Svolgimento del processo
C.N. , con atto di citazione notificato il 28 dicembre 1994, impugnava la delibera del Cda della Cooperativa S. s.c.a.r.l. che lo aveva escluso dalla compagine societaria in relazione alle cariche assunte presso la Cooperativa L. F. Rilevava di aver assunto esclusivamente la carica di sindaco supplente da cui peraltro si era dimesso.
S. s.c.a.r.l. si costituiva eccependo l’improponibilità della domanda in relazione all’esistenza di una clausola arbitrale statutaria. Nel merito rilevava che lo statuto prevedeva l’esclusione dei soci che contravvenivano al divieto di assumere interessenze dirette o indirette in imprese identiche o affini, di svolgere attività contrarie agli interessi sociali o attività concorrenziali. Il Tribunale di Venezia, con sentenza n. 564/1998 del 25 settembre 1997, annullava la delibera di esclusione e condannava la S. s.c.a.r.l. a reintegrare il socio escluso. Riteneva inoperante la clausola arbitrale e non incompatibile con lo statuto l’assunzione in altra società della carica di sindaco supplente.
La Corte di appello di Venezia, con sentenza del 23 novembre 2000, dichiarava inammissibile l’appello in accoglimento dell’eccezione di invalidità della procura per illeggibilità della firma e mancata indicazione del nome del legale rappresentante della società appellante. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di appello. La causa è stata riassunta dagli eredi di C.N. , F.G. e C.A. , chiedendo la dichiarazione di nullità dell’atto di appello della cooperativa del 9.4.1999 e nel merito la conferma della sentenza del Tribunale di Venezia. La Cooperativa S. ha eccepito la nullità dell’atto di riassunzione per la sua indeterminatezza.
La Corte di appello con la sentenza n. 2160/2010 ha respinto le eccezioni pregiudiziali delle parti e l’appello della S. s.c.a.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Venezia n. 564/1998 che ha confermato condannando la S. al pagamento delle spese dei vari gradi di giudizio.
Ricorre per cassazione S. s.c.a.r.l. affidandosi a sei motivi di impugnazione e depositando memoria difensiva.
Si difendono con controricorso F.G. e C.A.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si deduce insufficienza della motivazione circa l’affermata insussistenza della partecipazione del sig. C.N. alla costituzione della cooperativa L. F. r.l. Contesta la ricorrente l’attribuzione al termine partecipazione di un significato ristretto coincidente con l’assunzione della qualità di socio escludendo qualsiasi attività, diretta o indiretta, volta a favorire la costituzione di altro ente cooperativo concorrente.
Il motivo è infondato perché attiene alla interpretazione di una clausola statutaria che, come tale, è sindacabile in sede di giudizio di legittimità solo per illogicità o difetto della motivazione o violazione dei canoni ermeneutici previsti dal codice civile per l’interpretazione dei contratti. Nella specie l’interpretazione della Corte di appello appare del tutto fedele al dato testuale della clausola statutaria e a quello giuridico della partecipazione alla costituzione di una società come partecipazione all’atto costitutivo e all’assunzione della qualità di socio. Essendo pacifico che nessuna di queste due attività sia stata compiuta dal C. si deve ritenere il motivo di ricorso privo di fondamento.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce insufficienza di motivazione circa l’affermata irrilevanza dell’assunzione della carica di sindaco supplente.
Anche questo motivo attiene, ma indirettamente, alla interpretazione delle disposizioni statutarie che sanciscono con l’esclusione ulteriori comportamenti del socio contrari all’interesse della società e che la società ricorrente ritiene attinenti alla nomina di sindaco supplente. Vale però ribadire quanto affermato fondatamente dalla Corte di appello in merito al principio di contestazione dato che al C. fu contestato di aver accettato la nomina di componente di un collegio sindacale di una società concorrente e non anche di aver posto in essere ulteriori comportamenti lesivi a cui ricondurre la predetta accettazione. Il non aver ritenuto comunque integrativo di tali condotte sanzionate non può di certo costituire un vizio motivazionale da parte della Corte di appello che si è attenuta a una lettura testuale dello statuto rilevando che in esso non è prevista alcuna ipotesi di esclusione conseguente all’assunzione della qualifica di sindaco in altre società.
Con il terzo motivo di ricorso si censura per contraddittorietà la motivazione laddove ha integrato, in favore del socio escluso, il contenuto del provvedimento impugnato con le dichiarazioni rese dagli amministratori in giudizio mentre ha negato che tali dichiarazioni potessero essere utilizzate contro il socio escluso.
Con il quarto motivo di ricorso si censura la decisione della Corte di appello per violazione dell’articolo 2527 c.c. (nel testo vigente all’epoca dei fatti) e degli artt. 101 c.p.c. e 24, 101, 111 della Costituzione per avere integrato il provvedimento di esclusione con le dichiarazioni rese in giudizio dagli amministratori, assumendo la compatibilità della carica di sindaco supplente con lo status soci, espressamente esclusa nel citato provvedimento.
I due motivi – che possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione fattuale e giuridica – sono privi di fondamento dato che la Corte di appello non ha affatto escluso la legittimità dell’esclusione dalla società in base alla dichiarazione resa in giudizio dagli amministratori ma ha correttamente rilevato che la mancata comunicazione tempestiva della assunzione della qualità di sindaco supplente non rientrava fra le contestazioni comunicate al C. con la delibera di esclusione.
Con il quinto motivo di ricorso si censura la decisione impugnata per avere apprezzato nel merito la gravità e l’intollerabilità delle conseguenze pregiudizievoli derivate alla cooperativa, sostituendosi alla discrezionalità dell’organo amministrativo ed esercitando poteri gestionali.
Anche questo motivo è del tutto infondato perché la Corte di appello si è attenuta a una interpretazione testuale e rigorosa dello statuto e non ha affatto sostituito la sua valutazione a quella riservata alla sfera discrezionale propria degli organi societari.
Con il sesto motivo si deduce erroneità della sentenza impugnata anche nella parte in cui ha condannato la cooperativa S. al pagamento delle spese relative ai gradi in cui era risultata vittoriosa.
Il motivo va respinto alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di liquidazione delle spese, per la ipotesi di cassazione della sentenza, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, deve attenersi al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio e al loro risultato, con la conseguenza che la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione e tuttavia soccombente in rapporto all’esito finale della lite, può essere legittimamente condannata al rimborso delle spese in favore dell’altra parte anche per il grado di cassazione (Cass. civ., sezione 2, n. 14619 del 17 giugno 2010 e n. 2634 del 7 febbraio 2007; Cass. civ., sezione 3, n. 4909 del 10 marzo 2004, Cass. civ. sezione 1, n. 12082 del 22 novembre 1995).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 2.200 di cui 100 per spese.
Depositata in Cancelleria il 04.09.2012
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