Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza del 3 dicembre 2012, n. 21593
Svolgimento del processo
Con ricorso del 9.3.2001 A.D. chiedeva dichiararsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto l’8.11.58 con E.G. che, costituitasi, chiedeva a sua volta la condanna del ricorrente alla corresponsione di un assegno divorzile non inferiore a L. 1.500.000, nonché l’assegnazione in proprio favore della casa coniugale.
Il tribunale pronunciava la sollecitata cessazione degli effetti civili, assegnava alla G. la casa familiare e determinava l’assegno richiesto in Euro 150 mensili, rivalutabili secondo gli indici ISTAT. La decisione, impugnata dal D. in via principale e dalla G. in via incidentale, veniva riformata dalla Corte di Appello di Salerno limitatamente all’assegnazione della casa coniugale, che per l’appunto veniva revocata.
In particolare la Corte territoriale modificava la precedente decisione sul punto con la considerazione che i due figli delle parti avevano raggiunto la maggiore età e non erano più conviventi con i genitori. Quanto all’entità dell’assegno (contestato come detto da entrambe le parti), il giudice del gravame riteneva congrua la prima determinazione (Euro 150 mensili), tenuto conto della titolarità di una pensione da parte della G. , della sua qualità di proprietaria di un appezzamento di terreno, della mancanza di prova in ordine al tenore di vita particolarmente elevato di cui avrebbe goduto in costanza del matrimonio. Avverso la detta decisione la G. proponeva ricorso per cassazione articolato in tre motivi, cui resisteva D. con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a due motivi.
La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 17.10.2012.
Motivi della decisione
Disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 35 c.p.c. si osserva che con il ricorso principale G.E. ha rispettivamente denunciato: 1) violazione dell’art. 115 c.p.c. e vizio di motivazione in relazione all’avvenuta quantificazione dell’assegno, determinato sulla base dell’errato presupposto dell’assenza di prova in ordine alle preesistenti condizioni economiche e senza l’ammissione di prova testimoniale rilevante sul punto, di cui pure era stata senza esito sollecitata l’ammissione;
2) omessa motivazione in ordine alla mancata ammissione della prova testimoniale richiesta per dimostrare che la casa coniugale era stata realizzata con il contributo di essa ricorrente, omessa motivazione che avrebbe dato luogo ad un corrispondente vizio della decisione nella parte relativa all’assegnazione della casa coniugale;
3) omessa motivazione sulla richiesta di imposizione al D. di garanzia per l’adempimento dell’obbligo di versare l’assegno stabilito dal giudice.
Con il ricorso incidentale D. ha a sua volta denunciato; 1) violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la Corte territoriale omesso di ordinare alla G. il rilascio della casa coniugale, pur dopo aver disposto la revoca della relativa assegnazione; 2) violazione dell’art. 115 c.p.c. e vizio di motivazione, per l’intervenuta conferma della sentenza di primo grado relativamente alla corresponsione dell’assegno, e ciò nonostante che fossero state rilevate la titolarità di un trattamento pensionistico INPS, la proprietà di beni immobili, la mancata dimostrazione di un elevato tenore di vita durante il matrimonio, tale cioè da giustificare l’erogazione di un contributo di un coniuge in favore dell’altro.
Il ricorso principale è infondato.
In ordine al primo motivo si rileva infatti che il punto oggetto di discussione era incentrato sulla posizione economica dei due coniugi, rispetto alla quale i profili rilevanti ai fini della decisione della controversia risultavano individuabili nella determinazione del loro reddito e nella comparazione del tenore di vita dagli stessi condotto prima e dopo la separazione.
Orbene su quest’ultimo aspetto, la cui rilevanza ai fini della decisione appare di peculiare significatività atteso che il reddito della G. di per sé è stato ritenuto sufficiente, nulla ha dedotto la ricorrente, né per vero l’eventuale espletamento della prova testimoniale di cui a torto sarebbe stata negata l’ammissione avrebbe potuto fornire indicazioni utili al riguardo, risultando i relativi capitoli essenzialmente incentrati sul diverso profilo attinente al contributo che la donna avrebbe dato all’azienda familiare.
Da ciò si desume che la Corte di Appello ha implicitamente ritenuto ininfluente il sollecitato espletamento, sicché non appare ipotizzabile il denunciato vizio di motivazione.
Considerazioni in parte analoghe varrebbero con riferimento al secondo motivo di impugnazione, che risulta comunque inammissibile sotto un duplice aspetto, vale a dire sia perché pur trattandosi di vizio di motivazione è stata omessa l’indicazione del fatto controverso, sia perché non risulta adeguatamente censurata la ragione della decisione, che in relazione alla revoca dell’assegnazione della casa coniugale risulta motivata con la maggiore età e l’autonomia dei figli.
È infine inammissibile anche il terzo motivo del ricorso principale, con il quale la G. ha denunciato l’omessa pronuncia della Corte di Appello sulla richiesta dell’adozione di misure di garanzia, a tutela dell’effettivo adempimento delle prestazioni dovute dal D.
Questi ne ha infatti eccepito la novità, ed il rilievo risulta confortato dal silenzio della Corte di Appello al riguardo oltre che dalla mancata contestazione sul punto da parte della G. , che fra l’altro nulla ha dedotto in ordine alle modalità ed ai termini della relativa deduzione, incorrendo in tal modo nel vizio del difetto di autosufficienza della censura prospettata.
Ugualmente infondato risulta poi il secondo motivo del ricorso incidentale, atteso che con la doglianza il ricorrente si è sostanzialmente doluto del bilanciamento fra le posizioni economiche delle parti operato dalla Corte territoriale, e quindi essenzialmente del non condiviso giudizio di merito dalla stessa effettuato sul punto.
Risulta viceversa fondato il primo motivo del ricorso incidentale, con il quale il D. ha lamentato il mancato esame, da parte della Corte di Appello, della richiesta di emissione di un ordine di rilascio dell’immobile già assegnato alla G. come casa coniugale.
Dalle conclusioni formulate dal ricorrente incidentale nel giudizio di appello, quali risultanti dalla sentenza impugnata (segnatamente p. 3) si evince infatti che il D. aveva formulato esplicita richiesta in tal senso, richiesta del tutto ignorata dalla Corte di Appello, che nulla ha stabilito al riguardo. La sentenza deve essere dunque cassata sul punto e può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c. atteso che la Corte territoriale ha accertato che l’immobile in questione è di proprietà esclusiva di D.A. (p. 5), per cui alla disposta revoca dell’assegnazione della casa familiare a E..G. (p. deve necessariamente conseguire la restituzione dell’immobile all’avente diritto. La sostanziale reciproca soccombenza delle parti (il ricorso incidentale è stato infatti riconosciuto infondato nella parte più significativa della censura prospettata) induce infine alla ccmpensazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi, rigetta quello principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., ordina il rilascio dell’immobile già assegnato alla ricorrente principale in quanto casa coniugale e compensa le spese del presente giudizio.
Depositata in Cancelleria il 03.12.2012
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