SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I
SENTENZA 9 giugno 2015, n. 11890
Ritenuto in fatto
Con sentenza n. 21/13, depositata il 5.12.2013, il Tribunale per i Minorenni di Potenza dichiarava lo stato di adottabilità del minore C.A. , in conseguenza della ritenuta sussistenza di una situazione di abbandono del medesimo, ai sensi degli artt. 8 e 15 della l. n. 184 dei 1983.
2. La decisione veniva impugnata dai genitori, C.E.L. e Ca.Im. , nonché, con separato ricorso, dalla zia materna Ca.Ve. .
3. Previa riunione dei due gravami, l’appello principale proposto da C.E.L. e C.I. veniva rigettato dalla Corte di appello di Potenza con sentenza n. 4/2014, depositata il 15.7.2014, con la quale veniva, invece, accolto l’appello incidentale proposto da Ca.Ve. .
3.1. Il giudice di seconde cure riteneva, invero, che, avendo quest’ultima – parente entro il quarto grado che aveva mantenuto significativi rapporti con il minore, ai sensi dell’art. 12, co. 1, della l. n. 184 del 1983 – manifestato la propria disponibilità ad accogliere il nipote ed a prendersi cura di lui, la situazione di abbandono del medesimo, ai fini della dichiarazione di adottabilità ex art. 8, co. 1, della stessa legge, dovesse essere esclusa.
4. Per la cassazione della sentenza n. 4/2014 ha proposto, quindi, ricorso M.A., nella qualità di tutore definitivo del minore C.A. , giusta nomina disposta con la citata sentenza del Tribunale per i minorenni di Potenza n. 21/13, nei confronti di C.E.L. , di Ca.Im. , di Ca.Ve. e del Procuratore Generale presso la Corte di appello di Potenza, affidato a tre motivi. La sola Ca.Ve. ha replicato con controricorso. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Considerato in diritto
Con i tre motivi di ricorso – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – M.A. , nella qualità di tutore definitivo del minore C.A. , denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1,8, e 12 della l. n. 184 del 1983, 6 della Convenzione Europea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori, ratificata con la l. n. 77 del 2003, nonché l’omessa motivazione su fatti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 co. 1, nn. 3 e 5 c.p.c..
1.1. Avrebbe errato la Corte di appello – a parere della ricorrente – nel ritenere non sussistente la situazione di abbandono del minore C.A. , ai fini della dichiarazione dello stato di adottabilità del medesimo ex art. 8, co. 1, della l. n. 184 del 1983, sulla base della sola considerazione della generica disponibilità – peraltro manifestata solo nel giudizio di appello, come sì evince dalla stessa impugnata sentenza (p. 10) – della zia Ca.An. a prendersi cura di detto minore. La Corte territoriale non avrebbe, per contro, svolto accertamenti sui pregressi rapporti tra la suddetta zia ed il piccolo A. , al fine di accertare, in concreto, se la medesima avesse effettivamente mantenuto ‘rapporti significativi con il minore’, ai sensi dell’art. 12, co. 1, della l. n. 184 del 1983.
La natura di tali rapporti sarebbe stata, invero, del tutto incongruamente desunta dall’ottima qualità di quelli intrattenuti dalla zia An. con C.G. , fratello di A. , avendo la Corte di appello ritenuto che, per ciò solo, detti rapporti dovessero – in forza di una sorta di presunzione – considerarsi significativi anche con quest’ultimo.
1.2. Di più, il giudice di seconde cure – ad avviso della ricorrente – non avrebbe tenuto in alcun conto le dichiarazioni rese dallo stesso minore, sebbene ne avesse disposto l’audizione, dalle quali avrebbe potuto desumere con chiarezza che il medesimo aveva espresso la sua volontà di non essere affidato né alla zia Ve. , né alla zia An. . Siffatta omissione concreterebbe, pertanto, a parere della M. , una palese lesione del diritto del minore all’autodeterminazione, tutelato dall’art. 6 della Convenzione Europea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori, ratificata con la l. n. 77 del 2003, oltre che un evidente vizio di motivazione della sentenza di appello che di tale libera volontà espressa dal C. non avrebbe tenuto conto alcuno.
I motivi suesposti sono fondati.
2.1. Deve, invero, osservarsi, al riguardo, che il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine (art. 315 bis, co. 2, c.c.) comporta che il ricorso alla dichiarazione di adottabilità sia praticabile solo come ‘soluzione estrema’, quando, cioè, ogni altro rimedio appaia inadeguato con l’esigenza dell’acquisto o del recupero di uno stabile ed adeguato contesto familiare in tempi compatibili con l’esigenza del minore stesso. Qualora, peraltro, a prescindere dagli intendimenti dei genitori e dei parenti, la vita da loro offerta a quest’ultimo risulti inadatta al suo normale sviluppo psico-fisico, ricorre la situazione di abbandono ai sensi dell’art. 8 della l. n. 184 del 1983, e la rescissione del legame familiare è l’unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio (cfr. Cass. 11758/2014; 881/2015).
2.2. Lo stato di abbandono, inoltre, non viene meno per il solo fatto che al minore siano prestate le cure materiali essenziali da parte di genitori o di taluno dei parenti entro il quarto grado, risultando necessario, in tal caso, accertare che l’ambiente domestico sia in grado di garantire al medesimo un equilibrato ed armonioso sviluppo della personalità, senza che, in particolare, la valutazione di idoneità dei medesimi parenti alla di lui assistenza possa prescindere dalla considerazione della loro pregressa condotta. Tanto si evince, del resto, con chiarezza dal disposto dall’art. 12 della l. n. 184 del 1983, che espressamente richiede il mantenimento di ‘rapporti significativi’ con il minore. Sotto tale profilo, non è, pertanto, sufficiente la mera dichiarazione di disponibilità proveniente da un parente (nella specie, la zia materna) di tenere con sé il minore in sostituzione dei genitori, essendo altresì necessaria, ai fini dell’adozione, la comprovata esistenza di pregressi e significativi rapporti con il medesimo (Cass. 16280/2014).
2.3. Orbene, nel caso di specie, la Corte territoriale ha certamente valutato in modo erroneo ed inadeguato il complesso della situazione familiare di C.A. , ai fini della dichiarazione dello stato di adottabilità.
2.3.1. Tale situazione è, invero, connotata anzitutto da una conclamata inidoneità dei genitori a svolgere i loro essenziali doveri nei confronti del minore, come si evince con chiarezza dalla stessa sentenza impugnata, laddove riferisce che i genitori del piccolo A. ‘risultano imputati in un procedimento penale per reati gravissimi’ ed, in particolare, per ‘delitti di natura sessuale che sarebbero stati commessi alla presenza di A. ‘.
L’idoneità dei genitori ad occuparsi del minore è stata, peraltro, esclusa dal giudice di seconde cure anche alla stregua delle dichiarazioni del fratello Gi. , costituenti, ad avviso della Corte territoriale, “un riscontro formidabile all’ipotesi accusatoria ed alla conseguente inadeguatezza genitoriale dei coniugi C. ‘.
2.3.2. E tuttavia, la Corte territoriale è giunta alla conclusione della insussistenza della situazione di abbandono del suddetto minore – ritenuta, invece dal Tribunale per i Minorenni di Potenza – sulla base della considerazione della mera dichiarazione di disponibilità delle zie materne Ca.Ve. ed An. a prendersi cura del piccolo A. , preferendo disporre l’affidamento del medesimo alla seconda, al fine di consentire al piccolo di restare nell’ambiente nel quale ha sempre vissuto (abitando la zia Ve. in un luogo più distante da quello di nascita del minore), e per consentirgli di mantenere uno stretto rapporto con il fratello Gi. , molto legato alla zia An. . La sussistenza di significativi rapporti del piccolo A. con le due zie materne, e segnatamente con la prescelta An. , – che, ai sensi dell’art. 12, co. 1, della l. n. 184 del 1983, consente al Tribunale per i minorenni di non dichiarare lo stato di adottabilità del minore, per mancanza di una situazione di abbandono del medesimo – sono stati, peraltro, desunti dalla Corte di appello esclusivamente dall’ottimo rapporto esistente tra la zia Ca.An. ed il fratello Gi. , e – in forza di una sorta di procedimento logico-sillogistico – dal legame affettivo molto forte che lega i due fratelli (la zia An. e Gi. hanno ottimi rapporti; Gi. ed A. sono molto legati tra loro; dunque A. non può non essere, a sua volta, legato affettivamente alla zia An. ).
2.3.3. La sentenza impugnata si limita, invero, ad affermare che i rapporti tra la predetta zia ed il piccolo A. dovrebbero considerarsi significativi ‘per riflesso’, ossia per una sorta di automatismo o di proprietà transitiva, senza indicare in alcun modo in forza di quali altri elementi la Corte abbia ritenuto sussistente, in concreto, e con riferimento diretto al piccolo A. , una significativa relazione affettiva tra quest’ultimo e la zia An. . Sul fatto decisivo e controverso del giudizio, concernente i rapporti mantenuti dal minore con la suddetta zia materna, la motivazione della decisione di secondo grado deve ritenersi, pertanto, del tutto omessa.
2.4. Ma vi è di più. La sentenza di appello non tiene, invero, in alcun conto le opinioni espresse dal minore in sede di audizione, ed in ordine alle quali le parti hanno fornito indicazioni contrastanti.
2.4.1. La ricorrente ha riportato, infatti, nell’atto introduttivo del presente giudizio, il passo di tali dichiarazioni, nel quale il minore avrebbe affermato di non volere andare ‘né da zia Ve. , né da zia An. ‘, ma di voler tornare presso la famiglia che attualmente lo ha in affido. La resistente, per contro, ha trascritto i passaggi di dette dichiarazioni nei quali A. avrebbe, invece, affermato di voler ritornare a casa ‘con mamma e papa’.
2.4.2. Ebbene, la decisione di appello non fa riferimento alcuno a tali dichiarazioni del minore, sebbene la stessa Corte ne avesse disposto l’audizione, in palese violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea di Strasburgo del 25.1.1996, sull’esercizio dei diritti dei minori, a tenore del quale: ‘Nelle procedure che interessano un fanciullo, l’autorità giudiziaria, prima di adottare qualsiasi decisione, deve: (….) b) quando un fanciullo è considerato dal diritto interno come avente un discernimento sufficiente’, e dopo avere consultato personalmente il minore, wc) tenere debitamente conto dell’opinione espressa da quest’ultimo’.
2.4.3. Orbene, secondo il costante insegnamento di questa Corte, l’audizione dei minori, già prevista nell’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20.11.1989, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino, ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25.1.1996, ratificata con la legge n. 77 del 2003, nonché degli artt. 315 bis (introdotto dalla legge n. 219 del 2012), 336 bis e 337 octies c.c. (inseriti dal d.lgs. n. 154 del 2013, che ha altresì abrogato l’art. 155-sexies c.c.). Ne consegue che – anche in tema di dichiarazione dello stato di adottabilità – l’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse (cfr. ex plurimis, Cass. 11687/2013; 19202/2014; 6129/2015). Con la conseguenza che, una volta disposta tale audizione anche in grado di appello, il giudice del gravame non può prescindere dal tenere conto delle relative risultanze (Cass. 19202/2014).
2.5. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, le censure in esame non possono che essere accolte.
L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Potenza, che dovrà procedere all’esame del merito della controversia, motivando, sulla base di concreti elementi di riscontro, in ordine alla sussistenza di significativi rapporti tra il minore C.A. e la zia materna Ca.An. . Il giudice di rinvio dovrà, inoltre, tenere in debito conto le dichiarazioni rese dal suddetto minore, attenendosi al seguente principio di diritto: “in tema di dichiarazione dello stato di adottabilità, l’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse, con la conseguenza che, una volta disposta tale audizione anche in grado di appello, il giudice del gravame non può prescindere dal tenere conto delle relative risultanze’.
La Corte territoriale dovrà, altresì, procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti di Ca.An. , che non risulta for-malmente parte del giudizio di appello, trattandosi di litisconsorte necessaria nel presente giudizio, in quanto destinataria, nella sua qualità di parente entro il quarto grado, della notifica della sentenza che pronuncia sullo stato di adottabilità del minore, ai sensi del combinato disposto degli artt. 12 e 15, co. 3, della l. n. 184 del 1983 (nel testo applicabile ratione temporis).
Il giudice di rinvio provvederà, infine, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Potenza, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, debba essere omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti, a norma del d.lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
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