Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 24 agosto 2015, n. 17087
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 5.4.2007, l’Unione Forense per la Tutela dei Diritti Umani (UFTDU) propose azione di discriminazione collettiva, ex artt. 5 del d.lgs. n. 215 del 2003 e 44 del d.lgs. n. 286 del 1998, innanzi al Tribunale di Roma, deducendo che il periodico Porta Portese aveva pubblicato, nel periodo settembre 2006 -gennaio 2007, annunci ed inserzioni di contenuto discriminatorio per motivi razziali ed etnici, e chiedendo declaratoria in tal senso, con la condanna ex art 2043 cc di G.C., direttore responsabile, al risarcimento del danno nei confronti della collettività, da liquidarsi in via equitativa, per omessa vigilanza sul contenuto di dette inserzioni.
Il Tribunale adito, in composizione monocratica, rigettò il ricorso, con condanna alle spese, ed il reclamo proposto dalla UFTDU fu respinto con ordinanza del 9.8.2011, emessa dal medesimo Tribunale, in composizione collegiale, che, dopo aver premesso che il periodico Porta Portese costituiva “una raccolta di annunci di mercato di rilevante quantità” a carattere gratuito finalizzata a favorire un rapido incontro tra domanda ed offerta, senza obbligo di identificazione degli inserzionisti, escludeva che lo stesso potesse esser assimilato alle pubblicazioni d’informazione ed opinione, e, per l’effetto, riteneva inapplicabili le disposizioni sulla stampa al suo direttore. Sotto altro profilo, il Tribunale evidenziava che la disciplina di cui agli artt. 43 e 44 del d.lgs. n. 286 del 1998 presupponeva la sussistenza di una lesione di un soggetto tutelato o di una specifica categoria -affidando in tal caso l’azione inibitoria all’ente ufficialmente rappresentativo di essa- da sanzionare, anche, con l’obbligo di risarcire il danno non patrimoniale, quando, tuttavia, a differenza che nella specie, si trattasse di condotta volontaria ascrivibile ad un autore individuato.
Avverso il suddetto provvedimento, che compensò le spese del giudizio, ha proposto ricorso, ex art. 111 Cost., l’UFTDU, successivamente illustrato da memoria, al quale gli intimati hanno resistito con controricorso, con cui hanno proposto ricorso incidentale.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo, la ricorrente lamenta il difetto assoluto di motivazione in cui è incorso il Tribunale in merito alla richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, da lei avanzata per ottenere un’interpretazione vincolante, ai sensi dell’art. 267 del Trattato UE, degli artt. 2, 7 e 15 della Direttiva 2000143/CE e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, circa la compatibilità con la menzionata Direttiva della statuizione con cui il giudice del reclamo aveva escluso la responsabilità del direttore di una testata per la pubblicazione di annunci dal contenuto palesemente discriminatorio, così permettendo la pubblicazione di tali annunci e la perpetuazione dell’illecito.
2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, par. 1, della CEDU, nella parte in cui garantisce il diritto ad un equo processo, per non essersi il Tribunale, giudice di ultima istanza, pronunciato sulla richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, come, invece, avrebbe dovuto, essendo i giudici nazionali tenuti a motivare le ragioni per le quali ritengono di non disporre il rinvio pregiudiziale anzidetto, secondo il principio affermato dalla Corte EDU con la sentenza 20 settembre 2011, nel caso Ullens de Schooten e Rezabek c. Belgio.
3. Col terzo motivo, si deduce la nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 112 cpc, per omessa pronuncia circa la possibilità di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
4. Il ricorso, come deducono i controricorrenti, e inammissibile. S. Occorre premettere che la L. n. n. 215 del 2003 di attuazione della Direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, dopo aver posto, all’art. 2, la nozione di discriminazione, ha previsto, all’art. 4, comma 1 -nel testo vigente ratione temporis antecedente il d.lgs. n. 150 del 2011che “la tutela giurisdizionale avverso gli atti e i comportamenti di cui all’articolo 2 si svolge nelle forme previste dall’articolo 44, commi da 1 a 6, 8 e 11, del testo unico”, di cui al digs. n. 286 del 1998.
6. Le Sezioni unite di questa Corte (sentenza n. 6172 del 2008, cui ha successivamente prestato adesione Cass. S.U. n. 3670 del 2011, e Cass. SU ord. n. 7186 del 2011 in motivazione; conf. Cass. n. 14992 del 2013) hanno avuto modo di precisare, sulla base di un esame approfondito della questione, che il richiamato art. 44 del d.lgs. n. 286 del 1998 ha introdotto e disciplinato un procedimento cautelare con funzione anticipatoria della pronuncia di merito, in particolare, rilevando che: a) i commi 3, 4 e 5, riproducono pedissequamente l’art. 669 sexies cpc, il comma 6 prevede il reclamo al giudice superiore contro i provvedimenti del giudice adito; il comma 8 richiama quoad poenam l’art. 3 88 c.p., comma 1, ma adotta la formulazione letterale di cui comma 2, relativo a chi elude 1 esecuzione di un provvedimento del giudice civile che prescriva misure cautelare; b) per effetto dell’introduzione (ad opera dell’art. 2, co 3, lett. e bis) nn. 2.3, del D.L. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, nella L. n. 80 del 2005) del comma 6 all’art. 669 octies cpc, il mancato inizio dell’azione di merito entro un termine perentorio non comporta l’inefficacia del provvedimento cautelare; e) la stabilizzazione dell’efficacia del provvedimento cautelare anticipatorio trova il suo limite nella possibilità, riconosciuta dal menzionato comma 6 dell’art. 669 octies cpca ciascuna parte di iniziare la causa di merito cosa, attenuandosi, ma non eliminandosi, il carattere strumentale dei provvedimento stesso, in conformità col principio secondo cui qualsiasi diritto, anche se oggetto di tutela sommaria o cautelare, può formare, oggetto di cognizione piena da parte di un giudice su iniziativa, non più obbligatoria, della parte; d) la possibilità per il giudice prevista dall’art. 44, co 7 del D.Lgs. n. 286 del 1998, di condannare il convenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale, con la decisione che definisce il giudizio – disposizione sostanzialmente analoga a quella di cui all’art. 4, co 4, del lgs. n. 215 del 2003- “acquista significato solo se intesa come facoltà aggiuntiva del giudice cautelare di condannare la parte al risarcimento del danno patrimoniale, biologico e morale, così ottenendosi un rafforzamento ed anticipazione della tutela antidiscriminatoria, secondo l’intenzione dei legislatore”; previsione “sarebbe viceversa pleonastica se riferita alla sentenza che definisce il giudizio di merito, cui già appartiene tale potere”.
7. -Consegue che il provvedimento adottato dalla Corte d’appello in sede di reclamo avverso l’ordinanza assunta a seguito di ricorso ex art. 44 citato, richiamato dall’art. 4 della L. n. 215 del 2003, non è qualificabile come provvedimento definitivo con carattere decisorio, di tal chè, il ricorso per cassazione contro di esso, ex art. 111 Cost., è per l’effetto, inammissibile.
8. Anche il ricorso incidentale, con cui si lamenta l’avvenuta compensazione delle spese, va dichiarato inammissibile, dovendo trovare applicazione l’art. 669 septies, 3° co, cpc (nella versione ratione temporis applicabile, antecedente alla modifica introdotta dalla L. n. 69 del 2009, art. S0, co 1) secondo cui la condanna alle spese adottata in sede di procedimento cautelare è opponibile ai sensi dell’art. 645 cpc. Tale norma, pur disciplinando espressamente solo l’ipotesi di condanna alle spese in caso di provvedimento negativo, è stata ritenuta di valenza generale dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 23021/2012; 29338/2008; 1245/2004; 2505/2003; 1672512002), onde ricondurre al sistema oppositorio, disciplinato dai citati artt. 645 e segg. cpc, ogni statuizione sulle spese, anche quando, come nella specie, detta statuizione non sia di condanna; dovendo, in conclusione, ritenersi in ogni caso inammissibile il ricorso straordinario per cassazione avente ad oggetto la statuizione sulle spese processuali adottata nell’ambito del procedimento cautelare.
9. Si ravvisano giusti motivi, tenuto conto dell’inammissibilità di entrambi i ricorsi, per compensare tra le parti le spese del presente presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e quello incidentale e interamente ricompensate le spese processuali tra le parti.
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