Corte_de_cassazione_di_Roma

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 20 aprile 2015, n. 16369

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SIOTTO Maria Cristina – Presidente

Dott. BONITO Francesco M. – rel. Consigliere

Dott. CASA Filippo – Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere

Dott. MAGI Raffaello – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 7/2014 TRIBUNALE di CAMPOBASSO, del 03/06/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONITO;

lette le conclusioni del PG Dott. Giulio Romano il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

La Corte:

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il Tribunale di Campobasso, giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 3 giugno 2014, revocava il beneficio del lavoro di pubblica utilita’ disposto in favore di (OMISSIS) dal GIP del Tribunale della stessa sede con sentenza n. 60 del 13.4.2010, irrevocabile il 1.5.2010. La decisione veniva motivata con la circostanza che il (OMISSIS), nel periodo di fruizione del beneficio, era stato arrestato (questo accadeva il (OMISSIS)).

2. Ricorre per cassazione avverso detto provvedimento l’interessato, assistito dal difensore di fiducia, sviluppando tre motivi di impugnazione.

2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione di legge sul rilievo che non risulta eseguita, da parte del giudice dell’esecuzione, la valutazione imposta dalla legge circa la incompatibilita’ della condotta contra legem con la prosecuzione della prova.

2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente vizio della motivazione, sul rilievo che la revoca impugnata non risulta argomentata, ma semplicemente collegata ad un arresto del quale si ignora ogni profilo fattuale e giuridico.

2.3 Col terzo ed ultimo motivo di impugnazione denuncia infine la difesa ricorrente la inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullita’ giacche’ non tradotto l’interessato all’udienza camerale che ha deciso la revoca.

3. Con argomentata requisitoria scritta il P.G. in sede ha concluso per il rigetto del ricorso.

4. Il ricorso, ad avviso della Corte, nonostante il diverso opinare del rappresentante in sede della pubblica accusa, e’ fondato nei primi due motivi di doglianza.

4.1 Infondata e’, viceversa, la censura di natura procedimentale affidata dalla difesa al terzo motivo di impugnazione.

Ai sensi infatti dell’articolo 666 c.p.p., comma 4, l’udienza davanti al giudice dell’esecuzione si svolge con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero, nel caso concreto puntualmente verificatasi.

La norma pertanto non prescrive la presenza dell’interessato, salva l’ipotesi che formuli istanza per essere sentito personalmente.

Nel caso poi che l’interessato sia detenuto o internato, la norma in commento prescrive che lo stesso, a richiesta, sia sentito prima del giorno dell’udienza dal magistrato di sorveglianza e, se necessario, che lo stesso venga tradotto.

Nel caso in esame non risulta affatto che il ricorrente abbia formulato una siffatta richiesta, di guisa che nessun rilievo procedimentale puo’ essere collegato alla sua mancata presenza all’udienza fissata per la discussione dell’incidente di esecuzione per cui e’ causa (sulla necessita’ della richiesta dell’interessato si veda Cass., sez. 1 , 20.2.1996, n. 1126, Grandieri; Cass., sez. 6 , 23.5.1995, n. 2007, Esposito).

4.2 Quanto, invece, al merito delle doglianze difensive, e quindi dei primi due motivi di impugnazione, giova prendere le mosse dal testo normativo applicabile alla fattispecie e cioe’ dall’ultima parte del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 bis, come sostituito dal Decreto Legge 20 marzo 2014, n. 36, articolo 1, comma 24 ter, lettera b), convertito in Legge 16 maggio 2014, n. 79. Tale novella, giova precisarlo, e’ applicabile al caso di specie giacche’ norma di carattere processuale comunque, e peraltro, sostanzialmente ripetitiva della precedente formulazione, come e’ noto, travolta, con l’intero articolo 73 citato, dalla sentenza della C. Cost. n. 32, del 25.2.2014, che ha dichiarato la illegittimita’ costituzionale del Decreto Legge 30 dicembre 2005, n. 272, articolo 4 bis, comma 1 lettera g), cov. con Legge 21 febbraio 2006, n. 49, per eccesso di delega. Orbene, il testo di riferimento, dopo aver riconosciuto all’imputato che ha commesso reati in stato di tossicodipendenza la facolta’ di chiedere l’applicazione della misura del lavoro di pubblica utilita’ di cui al Decreto Legislativo 28 agosto, n. 274, articolo 54, in luogo della pena detentiva e pecuniaria, disciplina la possibilita’ di revocare la misura eventualmente concessa, esplicitamente statuendo al riguardo: “…… in caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilita’…… su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, il giudice che procede, o quello dell’esecuzione,…….. tenuto conto dell’entita’ dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena con conseguente ripristino di quella sostituita……”.

La revoca pertanto impone al giudice che la dispone, sia esso il giudice che procede ovvero, come nella fattispecie, quello dell’esecuzione, una puntuale motivazione giustificativa del provvedimento, in particolare sulla entita’ dei motivi della violazione e sulle circostanze che l’anno determinata. Nel caso di specie nulla di tutto cio’ e’ rinvenibile nel provvedimento in scrutinio, giacche’ in esso il giudice territoriale ha semplicemente richiamato l’arresto del beneficiario intervenuto nel corso del beneficio.

Nulla ha pero’ argomentato il tribunale sulla condotta tenuta dall’interessato, sulla entita’ dei motivi di essa, sulle circostanze in cui la stessa si concretizzo’, delibazione questa assolutamente necessaria per giustificare la revoca impugnata, la quale, pertanto atteso il tenore della legge, in tanto puo’ essere disposta, in quanto la violazione evidenzi e dimostri una diretta incidenza sulla misura in corso, nel senso che ne evidenzi il contrasto con la sua fruibilita’ Ed e’ questa la ragione per la quale la misura non viene sospesa dalla revoca se impugnata questa per cassazione (sempre ai sensi del comma 5 bis in esame).

5. In conclusione, alla stregua delle esposte considerazioni il provvedimento impugnato merita di essere cassato con rinvio al Tribunale di Campobasso per nuovo esame volto all’accertamento dell’entita’ dei motivi e delle circostanze della violazione dedotta nel provvedimento in relazione alla funzione della misura in atto e perche’, eventualmente, detta violazione giustifichi, se confermata la revoca.

P.T.M.

la Corte, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Campobasso.

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