Al genitore, sostengono i giudici nomofilattici cassando la sentenza della Corte d’appello di Bologna, l’onere di continuare ad erogare l’assegno fino a quando il figlio non avrà raggiunto l’indipendenza economica.
Infatti secondo la Suprema Corte, recependo un principio oramai consolidato in dottrina e giurisprudenza di legittimità, secondo cui pur non essendo menzionato negli artt. 147 e 155 c.c. espressamente i figli maggiorenni fra i destinatari dell’obbligo di mantenimento posto a carico dei genitori, dall’ampia formulazione delle suddette norme, nonchè dal riscontro Costituzionale all’art. 30, tale obbligazione non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma soltanto al momento, come da interpretazione sistematica, con il completamento degli studi ed al successivo raggiungimento di una professione, di un’arte o di un mestiere. Spetta al genitore dimostrare tale “status” di autosufficienza economica, consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita; ovvero che il mancato svolgimento di una attività lovarativa dipenda esclusivamente da un suo atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato.
Ulteriore presupposto che determina la non corresponsione in favore dei figli maggiorenni è l’avvenuto matrimonio o convivenza in ultro nucleo familiare.
Orbene tutto questo quadro normativo è stato sostanzialmente recepito dall’art. 155 quinquies introdotto dalla legge 54/2006.
La Sentenza n. 1830, pur confermando l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui automaticamente cessa l’obbligo della corrisponsione agli alimenti nel caso in cui il figlio maggiorenne contragga nozze (andando così a costituire quest’ultimo un nuovo ed autonomo nucleo familiare attenendosi ai doveri civilistici imposti di assistenza morale e materiale) ha comunque mitigato tale principio stabilendo che trova ragion d’essere tale presupossto solo quando è raggiunta una piena autonomia economica.
E di certo, come nel caso prospettato alla Corte, tale autonomia economica non si determina quando entrambi i soggetti sono stuendenti.
Pertanto la Suprema Corte in tale provvedimento ha applicato la regola generale disciplinata dall’art. 148 c.c. secondo cui sul genitore continua a gravare l’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio quando
1) non viene fornita la dimostrazione dellla sua autosufficienza economica (anche attraverso il lavoro del coniuge);
2) overo il mancato svolgimento di un’attività lavorativa dipende da un suo atteggiamento di inerzia o di rifiuto ingiustificato di avvalersi del proprio titolo conseguito.
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