In tema di interessi usurari le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano la misura degli interessi in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell’usura (introdotte con l’art. 4 l. 17 febbraio 1992 n. 154, poi trasfuso nell’art. 117 d.lgs. 1° settembre 1993 n. 385, e con l’art. 4 l. 7 marzo 1996, n. 108), pur non essendo retroattive, in relazione ai contratti conclusi prima della loro entrata in vigore, comportano l’inefficacia ex nunc delle clausole dei contratti stessi sulla base del semplice rilievo operabile d’ufficio anche dal giudice che il rapporto giuridico non si sia esaurito prima ancora dell’entrata in vigore di tali norme e che il credito della banca non si sia cristallizzato precedentemente.
Nelle controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, una volta che il giudice abbia dichiarato la nullità di detta clausola, egli non può applicare la capitalizzazione annuale degli interessi perché questi, in conseguenza di quella declaratoria, si sottraggono a qualunque tipo di calcolo capitalizzato.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
SENTENZA 17 agosto 2016, n. 17150
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Catania ha parzialmente accolto l’impugnazione proposta dal Banco di Sicilia SpA (poi Capitalia SpA ed ora Unicredit Credit Management Bank SpA), contro la correntista, signora C.C., nei riguardi della sentenza del Tribunale di quella stessa città che, decidendo dell’opposizione al decreto ingiuntivo proposto da costei, nel corso dell’anno 1994, aveva accolto l’opposizione, revocato il monitorio e condannato la Banca al pagamento delle spese processuali.
2. La Corte territoriale, investita della rivisitazione del primo giudizio, ha dichiarato – rilevandola d’ufficio – la nullità parziale del contratto di conto corrente, con riferimento alla clausola di trimestralizzazione degli interessi passivi, ed ha disposto il calcolo del saldaconto sulla base di un accertamento peritale.
3. Il giudice di appello, tuttavia, ha respinto l’eccezione di nullità parziale della convenzione relativa agli interessi, in quanto determinabile (nella misura di cinque punti percentuali sopra il tasso ufficiale di sconto e, comunque, non inferiore al 18%.) e, quindi, adottata in deroga alla previsione di cui all’art. 7 delle Norme uniformi bancarie (NUB) con riferimento alle condizioni praticate abitualmente sulla piazza.
4. Avverso tale decisione la signora C. ha proposto ricorso principale per cassazione, affidato a tre motivi di censura, illustrati anche con memoria, contro cui resiste la Banca, con controricorso e memoria illustrativa.
5. La Banca, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale affidato a due motivi, illustrati dalla menzionata memoria
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale violazione e falsa applicazione dell’art. 1283 c.c. (errata capitalizzazione annuale), nonchè omessa motivazione sul punto (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) la ricorrente lamenta che la Corte territoriale, dopo aver dichiarato la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi, ed aver disposto alcune CTU al fine di rideterminare i rapporti di dare ed avere tra le parti, abbia disposto il calcolo degli interessi su base annuale, in contrasto con la giurisprudenza della Corte di cassazione (riferimento a SU sent. n. 24418 del 2010) che ha stabilito, in casi siffatti, l’esclusione di ogni capitalizzazione.
Con il secondo mezzo violazione ed omessa applicazione dell’art. 1815 c.c., comma 2, e della L. n. 108 del 1966 (art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente lamenta che la Corte abbia ritenuta valida la pattuizione del tasso di interesse nella misura di cinque punti percentuali sopra al tasso ufficiale di sconto e, comunque, non inferiore al 18 %, condannando essa ricorrente al loro pagamento dalla data del decreto al soddisfo.
Con il terzo motivo del ricorso principale violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., e art. 245 c.p.c., comma 2, (ante riforma del 1990), nonchè contraddittoria motivazione sul punto (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) con riferimento al primo grado di giudizio la ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia errato nel compensare le spese del giudizio di primo grado.
Con il primo mezzo del ricorso incidentale contraddittoria o insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5): recepimento della perizia contabile del 2 aprile 2009 in luogo di quella del 1 febbraio 2008, avente maggiore saldo passivo la Banca lamenta l’insufficiente o la contraddittoria motivazione in ordine al recepimento della seconda perizia contabile in luogo della prima, senza un accertamento ai fini della disapplicazione dell’art. 1194 c.c..
Con il secondo violazione dell’art. 1194 c.c., per negata applicazione del principio di imputazione delle rimesse prima agli interessi e poi al capitale, in assenza del consenso del creditore (art. 360 c.p.c., n. 3) si duole che il giudice abbia invertito il contenuto della regola di imputazione di cui all’art. 1194 c.c. sulla base dell’opinione (errata) del consulente tecnico di parte del creditoreo, peggio, anche di quella del CTU.
Il primo motivo del ricorso principale, con cui la correntista lamenta che il giudice distrettuale avrebbe violato il principio di diritto posto dalle SU di questa Corte (sent. n. 24418 del 2010) in quanto, dopo aver dichiarato la nullità della clausola di calcolo trimestrale degli interessi passivi, ha disposto il calcolo dei rapporti di dare ed avere tra le parti, applicando la capitalizzazione annuale degli interessi.
6.1. Eccepisce la Banca che la questione, mai posta nel corso del giudizio di appello, sarebbe del tutto nuova e, perciò inammissibile.
6.2. L’eccezione è infondata, in quanto – in relazione ad un conto corrente bancario, stipulato tra le parti in data anteriore al 22 aprile 2000 -, proprio il rilievo d’ufficio della questione relativa alla nullità della clausola di computo degli interessi (per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c.), unitamente alla non contestazione (da parte della Banca) dell’avvenuta applicazione, su base annuale, degli interessi già computati dalla creditrice in via trimestrale e con anatocismo, in applicazione della clausola nulla esplicitati in un nuovo anatocismo sulla base della CTU affidata dal giudice, avrebbe dovuto portare la Corte territoriale ad applicare le rigorose conseguenze di quella declaratoria di nullità, in conformità del principio di diritto posto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte e dei quali, giustamente, la ricorrente invoca l’applicazione,escludendo ogni sorta di computo anatocistico.
6.2.1. Infatti, ove il giudice abbia rilevato d’ufficio ed accolto, sulla base di una tale rilievo, la questione dell’invalidità della clausola di anatocismo, dichiarando la nullità parziale del contratto per l’invalidità di essa, egli ha anche il dovere di decidere delle conseguenti questioni, in diritto o in fatto, nascenti dalla dichiarazione di detta nullità, cosicchè se alcuna di esse non necessitante dell’impulso della parte (in ordine alle necessarie allegazioni in fatto ed alle richieste probatorie) non sia stata esaminata o portata alle dovute conseguenze, ben può la parte – che abbia ragione di dolersene – sollevare la censura anche nel successivo grado di giudizio e finanche in quello di cassazione.
6.2.2. Nella specie, infatti, la Corte territoriale, pur avendo dichiarato la nullità della clausola di trimestralizzazione degli interessi non ne ha tratto le dovute conseguenze ulteriori che, secondo il principio enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sentenza n. 24418 del 2010) ‘dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c. (il quale osterebbe anche ad un’eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista devono essere calcolati senza operare alcuna capitalizzazione’, importavano anche l’eliminazione, nel calcolo degli interessi, di qualsivoglia capitalizzazione, in consonanza con quanto poi disposto anche dall’art. 120, comma 2, lett. b), del TUB nel periodo anteriore alle modifiche apportate dal D.L. 14 febbraio 2016, n. 18, art. 17 bis, approvato con modifiche con la L. 8 aprile 2016, n. 49.
6.3. Il primo mezzo di Cassazione deve, pertanto, essere accolto con l’enunciazione del seguente principio di diritto:
in tema di controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, una volta che il giudice abbia dichiarato la nullità della detta clausola egli non può applicare la capitalizzazione annuale degli interessi, perchè questi, in conseguenza di quella declaratoria, si sottraggono a qualunque tipo di calcolo capitalizzato.
Al secondo mezzo di cassazione principale (mancato rilievo dell’usurarietà del tasso di interesse convenzionale), la Banca controricorrente ha eccepito la novità della deduzione, la mancata dimostrazione del superamento del tasso soglia (anche attraverso la produzione dei decreti ministeriali di rilevazione dei tassi nel periodo) e l’inapplicabilità della relativa disciplina (la L. n. 108 del 1996) perchè il rapporto di conto ricorrente si sarebbe esaurito alla data del 18 giugno 1993, ossia anteriormente all’entrata in vigore della richiamata normativa.
7.1. La prima eccezione, relativa alla non rilevabilità d’ufficio dell’eccezione di usurarietà del tasso di interessi, è infondata alla luce del principio di diritto, posto da questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 24483 del 2013; Sentenza n. 21080 del 2005) e secondo cui ‘nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto da una banca nei confronti di un correntista, la nullità delle clausole del contratto di conto corrente bancario che rinviano alle condizioni usualmente praticate per la determinazione del tasso d’interesse o che prevedono un tasso d’interesse usurario è rilevabile anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 c.c., qualora vi sia contestazione, anche per ragioni diverse, sul titolo posto a fondamento della richiesta di interessi, senza che ciò si traduca in una violazione dei principi della domanda e del contraddittorio, i quali escludono che, in presenza di un’azione diretta a far valere l’invalidità di un contratto, il giudice possa rilevare d’ufficio la nullità per cause diverse da quelle dedotte dall’attore’.
7.2. La seconda e la terza, pure infondate, meritano una risposta più articolata anche in considerazione di quanto affermato da questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 6550 del 2013; Sez. 3, Sentenza n. 2140 del 2006), e cioè che ‘le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano gli interessi con rinvio agli usi, o che fissano la misura in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell’usura (introdotte, rispettivamente, con la L. 17 febbraio 1992, n. 154, art. 4, poi trasfuso nel D.Lgs. 1 settembre 1983, n. 385, art. 117, e con la L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 4), non sono retroattive, e pertanto, in relazione ai contratti conclusi prima della loro entrata in vigore, non influiscono sulla validità delle clausole dei contratti stessi, ma possono soltanto implicarne l’inefficacia ex nunc, rilevabile solo su eccezione di parte, non operando, perciò, quando il rapporto giuridico si sia esaurito prima ancora dell’entrata in vigore di tali norme ed il credito della banca si sia anch’esso cristallizzato precedentemente’.
7.3. Nella memoria illustrativa, la ricorrente evidentemente convenendo con il menzionato principio – ha eccepito la inapplicabilità del patto contrattuale comportante una misura usuraria degli interessi passivi a partire dalla data di entrata in vigore della disciplina legale introdotta con la L. 17 febbraio 1992, n. 154, art. 4, in tal modo allegando la perduranza del rapporto contrattuale oltre quello spartiacque.
7.3.1. Ma anche detta eccezione è tale solo in senso improprio in quanto con essa si fa unicamente rilevare che il rapporto di conto ha avuto una estensione temporale che va ben oltre l’entrata in vigore della nuova disciplina legislativa sulle clausole che comportano una regolazione degli interessi ad effetti usurari, onde la rilevabilità d’ufficio – sulla base di tale semplice allegazione o, recte, rilievo – della inefficacia di quei patti per il segmento di rapporto successivo al detto paletto temporale.
7.3.2. Infatti, ‘relativamente ad un rapporto contrattuale di durata, l’intervento nel corso di essa, di una nuova disposizione di legge diretta a porre, rispetto al possibile contenuto del regolamento contrattuale, una nuova norma imperativa condizionante l’autonomia contrattuale delle parti nel regolamento del contratto, in assenza di una norma transitoria che preveda l’ultrattività della previgente disciplina normativa non contenente la norma imperativa nuova, comporta che la contrarietà a quest’ultima del regolamento contrattuale non consente più alla clausola di operare, nel senso di giustificare effetti del regolamento contrattuale che non si siano già prodotti, in quanto, ai sensi dell’art. 1339 c.c., il contratto, per quanto concerne la sua efficacia normativa successiva all’entrata in vigore della norma nuova, deve ritenersi assoggettato all’efficacia della clausola imperativa da detta norma imposta, la quale sostituisce o integra per l’avvenire (cioè per la residua durata del contratto) la clausola difforme, relativamente agli effetti che il contratto dovrà produrre e non ha ancora prodotto’. (Sez. 3, Sentenza n. 1689 del 2006).
7.4. Il secondo mezzo va, pertanto, accolto sulla base dell’allegazione che esclude la completa cristallizzazione del rapporto di conto corrente bancario in una data anteriore all’entrata in vigore della disciplina anti-usura (L. n. 108 del 1996), e per la parte a tale data successiva, in ossequio al seguente principio di diritto:
In tema di interessi usurari, le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano la misura degli interessi in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell’usura (introdotte, rispettivamente, con la L. 17 febbraio 1992, n. 154, art. 4, poi trasfuso nel D.Lgs. 1 settembre 1983, n. 385, art. 117, e con la L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 4), pur non essendo retroattive, in relazione ai contratti conclusi prima della loro entrata in vigore, comportano la inefficacia ex nunc delle clausole dei contratti stessi, sulla base del semplice rilievo – operabile anche d’ufficio dal giudice – che il rapporto giuridico non si sia esaurito prima ancora dell’entrata in vigore di tali norme e che il credito della banca si sia anch’esso cristallizzato precedentemente.
Il terzo mezzo del ricorso principale (le spese del giudizio di primo grado) e i due contenuti nel ricorso incidentale (la valutazione delle risultanze delle due CTU e l’imputazione delle rimesse) restano assorbiti dall’accoglimento dei primi due mezzi, in considerazione del fatto logicamente antecedente che, in applicazione dei menzionati principi di diritto, comporterà un necessario riesame delle rimesse, con il diverso calcolo degli interessi non capitalizzati e di quelli ipoteticamente usurari, nel periodo successivo alla data di entrata in vigore della L. n. 108, già menzionata.
In conclusione, il primo e secondo motivo di ricorso devono essere accolti, assorbito il terzo oltre che il ricorso incidentale, la sentenza cassata con rinvio della causa, anche per le spese di questa fase del giudizio, alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il terzo ed il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase del giudizio, alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione.
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