CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 18 novembre 2014, n. 24513

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo – Presidente
Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere
Dott. MANNA Felice – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n.r.g. 7557 del 2009 proposto da:

E.N.S. – Ente Nazionale per la protezione e l’assistenza dei Sordi – Onlus – in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore (OMISSIS); rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso; con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (c.f.: (OMISSIS)); gia’ rappresentato e difeso dagli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) in forza di procura speciale a margine del controricorso; con domicilio eletto presso lo studio dei predetta in (OMISSIS); deceduto il (OMISSIS);

– controricorrente –

con l’intervento di:

(OMISSIS) (c.f.: (OMISSIS)); (OMISSIS) ((OMISSIS)) Eredi di (OMISSIS) rappresentate e difese dall’avv. (OMISSIS) in forza di procura speciale per atto notaio (OMISSIS) del 30 gennaio 2013 ed elettivamente domiciliate presso lo studio del predetto difensore in (OMISSIS);

– intervenienti –

nonche’ nei confronti di:

Condominio sito in (OMISSIS); Fondazione (OMISSIS); Fondazione (OMISSIS); Pontificio Oratorio di (OMISSIS);

– parti intimate –

avverso la sentenza n. 3398/2008 della Corte di Appello di Roma; depositata il 3 settembre 2008; non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 15 ottobre 2014 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito l’avv. (OMISSIS), per la parte contro ricorrente e per le parti intervenute, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dr.ssa CERONI Francesca, che ha concluso per l’improponibilita’; inammissibilita’ o comunque per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 – (OMISSIS), proprietario di un appartamento sito nel Condominio di (OMISSIS), il 16 marzo 1998 deposito’ innanzi all’allora Pretore di Roma ricorso per danno temuto, illustrando che l’intero stabile condominiale si trovava a ridosso di una collina in declivio di proprieta’ dell’Onlus Ente Nazionale Sordomuti (poi solo Sordi , a seguito della Legge n. 95 del 2006, che dispose la sostituzione del termine Sordomuti con quello di Sordi) Onlus – in acronimo: E.N.S. – gia’ interessata, nel gennaio dello stesso anno, da un movimento franoso e chiese che all’ente proprietario fosse ordinata – per l’intanto in via interinale – l’esecuzione di opere dirette a scongiurare il protrarsi dello stato di pericolo; si costitui’ l’E.P.S. – che chiese respingersi le domande e al contempo, svolse richieste riconvenzionali contro l’attore – nonche’ lo stesso Condominio – facendo proprie le richieste del ricorrente; a seguito di consulenza tecnica di ufficio (che identifico’ una responsabilita’ dell’ente proprietario nella causazione della situazione pericolosa, per non aver posto in essere alcuna attivita’ manutentiva del declivio); l’adito Pretore ordino’ l’esecuzione delle opere ritenute necessarie; detto provvedimento venne confermato in sede di reclamo; nella successiva fase di merito, fu autorizzata la chiamata in causa de: la Fondazione Opere (OMISSIS), la Fondazione (OMISSIS) – proprietarie di altre porzioni della medesima – collina – e fu unita la causa intentata in via autonoma dal Condominio – che aveva citato ulteriore proprietario di diversa parte del rilievo, il Pontificio Oratorio di (OMISSIS); il Tribunale di Roma pronunziando sentenza n. 43699/2002, condanno’ l’E.P.S. all’esecuzione di una serie di interventi sulla porzione di collina di proprieta’.
2 – L’E.N.S. propose appello, cui resistette il (OMISSIS) e la Fondazione (OMISSIS), che proposero gravame incidentale; resistette anche la Fondazione opere (OMISSIS) e fu dichiarato contumace il Pontificio Oratorio di (OMISSIS); la Corte di Appello di Roma, pronunciando sentenza n. 3398/2008, ritenne innanzi tutto accertato che la causa degli smottamenti (passati e paventati in futuro) doveva rinvenirsi: nella estrema pendenza del terreno della scarpata; nella sua natura argillosa; nella totale assenza di attivita’ manutentive da parte dell’Ente morale (ivi comprendendovi la realizzazione di opere di convogliamento delle acque); giudico’ altresi’ erronea l’interpretazione dell’articolo 913 c.c., secondo la quale detta norma avrebbe addirittura imposto all’ente proprietario di non mutare in alcun modo l’originario deflusso delle acque; nego’ che potesse darsi rilievo, nella causazione della situazione di pericolo, alla circostanza che l’edificio costituente il Condominio fosse stato realizzato in parziale difformita’ dal progetto e che le maggiori proporzioni del fabbricato, posto in aderenza alla collina – dopo che, con uno sbancamento, era stato eliminato il piede di appoggio della scarpata – fossero cause dell’instabilita’ dell’intero declivio: ritenne infatti la Corte distrettuale che dalla consulenza tecnica sarebbe stato accertato che la zona di versante interessata dal precedente smottamento era posizionata ad una quota tale da non aver subito ripercussioni per la non conformita’ progettuale dell’edificio condominiale; reputo’ non ritualmente riproposta – ex articolo 346 c.p.c. – la domanda dello stesso E.N.S. diretta ad ottenere il risarcimento dei danni provocati dall’illegittima realizzazione delle opere di ampliamento del Condominio.
3 – Per la cassazione di tale decisione l’E.N.S. ha proposto ricorso, facendo valere quattro motivi; il (OMISSIS) ha risposto con controricorso; alla di lui morte, avvenuta nel 2010, si sono costituite le eredi – la moglie (OMISSIS) e la figlia (OMISSIS) – depositando in seguito anche memoria;le altre parti non hanno svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Con il primo motivo si assume che la Corte territoriale avrebbe adottato una motivazione insufficiente e contraddittoria nel disattendere l’efficacia interruttiva del nesso causale tra condotta censurata – omessa manutenzione della collina ed omesso approntamento delle opere idrauliche necessarie – ed evento – franamento di porzioni del colle; in particolare ribadisce parte ricorrente che: se nel costruire la palazzina si fosse rispettata la fascia di rispetto di metri 6,50; se si fosse costruita l’intercapedine tra il muro dell’edificio ed il terreno, per una profondita’ pari a tre piani interrati, prevista nel progetto originario e se non fosse stato sbancato il piede della collina – per costruire altri vani – l’evento, pur se si fosse verificato, non avrebbe determinato conseguenze dannose; secondo l’ente ricorrente la lettura comparata della consulenza tecnica di ufficio – che dava atto di tali difformita’ costruttive – e delle sopradescritte difese, avrebbe dimostrato il mancato esame, da parte della Corte romana, del rilievo dell’incidenza causale di tale circostanza nella eziologia del danno – all’uopo viene richiamato il principio del c.d. fortuito incidente, di elaborazione giurisprudenziale, rinvenibile nel caso in cui la cosa in custodia sia stata resa fattore eziologico dell’evento dannoso da un elemento o fatto estraneo (al suo dinamismo dannoso) eppertanto imprevedibile, ancorche’ dipendente dalla condotta colpevole di un terzo o della stessa vittima (cosi’ Cass. Sez. 3, n. 21727/2012); del pari inesplorato sarebbe stato l’ulteriore apporto interruttivo del nesso causale individuato nell’alterazione della parte basale della collina.
1.a – Il motivo non e’ fondato.
1a.1- Posto che la individuazione e la valutazione, in termini di apporto causale rispetto all’evento, dei vari fattori dinamici che abbiano concorso a produrlo (o che sarebbero stati idonei a produrlo nella originaria prospettiva cautelare) rientra nella delibazione di fatto del giudice di merito, la Corte territoriale non e’ sfuggita al relativo onere motivazionale avendo fatto riferimento al rilievo, contenuto nella CTU, in forza del quale la porzione di versante interessata dai dissesti era posizionata in corrispondenza di una fascia posta ad una quota tale da non aver subito particolari ripercussioni a seguito della non conformita’ progettuale: tale motivazione appare adeguata e logica eppertanto non suscettibile di ulteriore scrutinio critico.
1a.2 – In disparte a tale assorbente considerazione sta anche il fatto che il piu’ ampio stralcio della relazione di consulenza, riprodotto a foll 13-14 del ricorso, non avrebbe in nulla messo in dubbio le valutazioni della Corte di Appello atteso che, se pure l’ausiliare non nego’ che le difformita’ progettuali avessero alterato in senso sfavorevole la stabilita’ del versante, tuttavia lo stesso CTU affermo’ anche che di tale alterazione non potesse formularsi un giudizio di incidenza quantitativa ed ebbe cura di aggiungere che la porzione di versante direttamente interessata dallo scasso non progettato non avrebbe coinciso con quella direttamente interessata dai dissesti e, infine, che l’area interessata dagli scassi operati per la costruzione dell’edificio aveva una bassa, acclivita’ (id est: non era molto ripida), ben inferiore a quella del sovrastante versante.
1a.3 – Va altresi’ aggiunto che sarebbe stata anche discutibile l’applicazione alla fattispecie del concetto di fortuito incidente perche’ esso presuppone non gia’ l’esistenza di un apporto causale qualsiasi – essendo da tempo stata ripudiata, anche in campo civile, la regola della conditio sine qua non – essendo al contrario ritenuto necessario che detto nesso eziologico sia riscontrato secondo il criterio della teoria penalistica della causalita’ adeguata, per la quale si considera causa giuridica dell’evento solo quell’antecedente necessario che appartiene ad una sequenza causale che, valutata ex ante, non sia stata alterata da fattori esterni eccezionali, e percio’ imprevedibili, e non sia stata cosi’ neutralizzata da questi fattori (nella fattispecie: le irregolarita’ costruttive attinenti all’edificio condominiale). Nella fattispecie dunque non ogni apporto astrattamente idoneo a costituire un antecedente logico dell’evento poteva essere valutato in termini di esclusione del nesso causale primario (vale a dire riconducibile alla responsabilita’ da custodia), ma solo quello che ne avesse eliso qualitativamente e quantitativamente l’originario dinamismo.
2 Con il secondo motivo viene denunciata la violazione della Legge n. 47 del 1985, articoli 7 e 12; dei corrispondenti del Decreto Legislativo n. 380 del 2001, articoli 31, 32 e 34; degli articoli 1227, 2043 e 2051 c.c., sostenendosi che l’accertato apporto causale della difformita’, rispetto al progetto, della costruzione del fabbricato condominiale, avrebbe dovuto essere considerato integrare la ipotesi di concorso colposo del danneggiato nella produzione dell’evento: per il rigetto di tale prospettazione valgano le argomentazioni svolte a corredo del primo motivo cui si pone anche il rilievo che sia il (OMISSIS) sia il Condominio non avevano posto in essere la condotta eziologicamente ritenuta rilevante, non avendo commissionato la edificazione irregolare ne’ avendo partecipato materialmente alla sua esecuzione; assorbita e’ altresi’ la deduzione difensiva – che comunque non appare aver formato oggetto di rilievo in appello- secondo la quale sarebbe irrisarcibile un danno che colpisse un bene della vita (da intendersi: l’abitazione) di per se’ illegittimo: la tesi sarebbe comunque del tutto priva di fondamento in quanto quello che viene ad essere inciso e’ il patrimonio del soggetto cui appartiene l’immobile non assentito amministrativamente (su tale aspetto comunque nulla e’ dato di sapere) e che i beni giuridici che vengono tutelati dalle norme a disciplina dell’edilizia e dell’urbanistica e quelli attinenti al risarcimento del danno ingiusto sono diversi, cosi’ che la costruzione illegittima non per cio’ solo diventa un non bene , una posta neutra nel patrimonio del proprietario, potendo dunque la sua lesione portare al risarcimento del danno a’ sensi del principio del neminem ledere.
3 – Con il terzo motivo si assume la violazione degli articoli 887 e 813 c.c., riproducendo la tesi, gia’ svolta in appello, secondo la quale il proprietario di un fondo sovrastante un altro non deve tenere se non una condotta omissiva di qualunque alterazione del naturale deflusso dell’acqua: la tesi e’ del tutto infondata – e foriera di pericolose implicazioni, soprattutto in un Paese, come l’Italia, devastato da un costante dissesto idrogeologico – perche’ l’articolo 913 c.c., impone una condotta siffatta nella previsione dell’assenza di una conformazione del terreno, posto in posizione superiore, dalla quale originino ex se dei profili di danno per il confinante sottostante: appare evidente che l’onere di intervenire a carico del proprietario non risiede nella disposizione appena citata bensi’ nel dovere generale del neminem ledere.
3.a – Il profilo relativo all’articolo 887 c.c., non e’ stato affrontato nella parte argomentativa del mezzo in esame.
4 – Assorbito e’ il quarto motivo – in quanto presuppone l’accoglimento dei primi tre mezzi di ricorso – con il quale parte ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 346 c.p.c., in quanto la Corte di Appello, chiamata a giudicare sulla domanda risarcitoria nei confronti del Condominio e del (OMISSIS), rigettata dal Tribunale, ritenne non efficacemente sindacata la decisione del primo giudice:
5. Le spese seguono la soccombenza e vanno poste a carico dell’Ente ricorrente, in favore degli eredi di (OMISSIS), secondo la quantificazione espressa in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rifondere le spese in favore dei soggetti intervenuti – (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS) – liquidate in complessivi euro 8.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

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