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3 bis – In termini generali, il contenuto e i limiti della giurisdizione della Corte dei Conti in tema di responsabilita’ sono stati in origine delineati nel Regio Decreto 12 luglio 1934, n. 1214 che, all’art 13, statuiva che la Corte giudica sulla responsabilita’ per danni arrecati all’Erario da pubblici funzionari nell’esercizio delle loro funzioni; successivamente tale previsione e’ stata ampliata dalla L. 14 gennaio 1994, n. 20 che con l’articolo 1, comma 4, ha statuito che il giudizio della Corte dei Conti e’ esteso alla responsabilita’ di amministratori e dipendenti pubblici anche per danni cagionati ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza. A seguito di cio’ si e’ assistito all’affidamento a soggetti privati della realizzazione di finalita’ una volta ritenute di pertinenza esclusiva degli organi pubblici: cio’ ha influenzato anche l’approccio interpretativo di queste Sezioni Unite che, per evitare il rischio di un sostanziale svuotamento – o almeno di un grave indebolimento – della giurisdizione della Corte contabile in punto di responsabilita’, hanno teso a privilegiare un approccio piu’ “sostanzialistico”, sostituendo ad un criterio eminentemente soggettivo, che identificava l’elemento fondante della giurisdizione della Corte dei Conti nella condizione giuridica pubblica dell’agente, uno oggettivo, facente leva sulla natura pubblica delle funzioni espletate e delle risorse finanziarie a tal fine adoperate. Si e’ percio’ affermato che, quando si discute del riparto della giurisdizione tra Corte dei Conti e giudice ordinario, occorre aver riguardo al rapporto di servizio tra l’agente e la pubblica amministrazione, ma che per tale puo’ intendersi anche una relazione con la pubblica amministrazione caratterizzata dal fatto di investire un soggetto, altrimenti estraneo all’amministrazione medesima, del compito di porre in essere in sua vece un’attivita’, senza che rilevi ne’ la natura giuridica dell’atto di investitura ne’ quella del soggetto che la riceve, sia essa una persona giuridica o fisica, privata o pubblica (Sez. Un. 3 luglio 2009, n. 15599; 31 gennaio 2008, n. 2289; 22 febbraio 2007, n. 4112; 20 ottobre 2006, n. 22513; 5 giugno 2000, n. 400; Sez. un., 30 marzo 1990, n. 2611). E’ stato ricompreso nella giurisdizione contabile anche l’accertamento della responsabilita’ erariale conseguente all’illecito o indebito utilizzo, da parte di una societa’ privata, di finanziamenti pubblici (Sez. Un 25 gennaio 2013, n. 1774; 9 gennaio 2013, n. 295, 5 giugno 2008, n. 14825) o per la responsabilita’ in cui puo’ incorrere il concessionario privato di un pubblico servizio o di un’opera pubblica, quando la concessione investa il privato dell’esercizio di funzioni obiettivamente pubbliche, attribuendogli la qualifica di organo indiretto dell’amministrazione, onde egli agisce per le finalita’ proprie di quest’ultima (Sez. Un., n. 4112/07, cit.). Nella medesima ottica, a partire dal 2003, le Sezioni Unite hanno ritenuto spettare alla Corte dei conti, dopo l’entrata in vigore della L. n. 20 del 1994 articolo 1, u.c., la giurisdizione sulle controversie aventi ad oggetto la responsabilita’ di privati funzionari di enti pubblici economici (quali, ad esempio, i consorzi per la gestione di opere) anche per i danni conseguenti allo svolgimento dell’ordinaria attivita’ imprenditoriale e non soltanto per quelli cagionati nell’espletamento di funzioni pubbliche o comunque di poteri pubblicistici (Sez. Un., 22 dicembre 2003, n. 19667). Si e’ sottolineato che si esercita attivita’ amministrativa non solo quando si svolgono pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando, nei limiti consentiti dall’ordinamento, si perseguono le finalita’ istituzionali proprie dell’amministrazione pubblica mediante un’attivita’ disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato; con la conseguenza si e’ precisato – che, nell’attuale assetto normativo, il dato essenziale che radica la giurisdizione della corte contabile e’ rappresentato dall’evento dannoso verificatosi a carico di una pubblica amministrazione e non piu’ dal quadro di riferimento – pubblico o privato – nel quale si colloca la condotta produttiva del danno (Sez. Un., 25 maggio 2005, n. 10973; 20 giugno 2006, n. 14101; 1 marzo 2006, n. 4511; Cass. 15 febbraio 2007, n. 3367).
Se quanto appena osservato vale certamente per gli enti pubblici economici, i quali restano nell’alveo della pubblica amministrazione pur quando eventualmente operino imprenditorialmente con strumenti privatistici, occorre stabilire entro quali limiti alla medesima conclusione si debba pervenire anche nel diverso caso della responsabilita’ di amministratori di societa’ di diritto privato partecipate da un ente pubblico, le quali non perdono la loro natura di enti privati per il solo fatto che il loro capitale sia alimentato anche da conferimenti provenienti dallo Stato o da altro ente pubblico. La giurisprudenza ha chiarito che la scelta della pubblica amministrazione di acquisire partecipazioni in societa’ private implica il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta. Dall’identita’ dei diritti e degli obblighi facenti capo ai componenti degli organi sociali di una societa’ a partecipazione pubblica, pur quando direttamente designati dal socio pubblico, logicamente discende la responsabilita’ di detti organi nei confronti della societa’, dei soci, dei creditori e dei terzi in genere, nei medesimi termini – contemplati dagli articoli 2392 c.c. e segg. – in cui tali diverse possibili proiezioni della responsabilita’ sono configurabili per gli amministratori e per gli organi di controllo di qualsivoglia altra societa’ privata. Tuttavia non resta esclusa in via definitiva anche la proponibilita’ dell’azione del procuratore contabile, tesa a far valere la responsabilita’ dell’amministratore o del componente di organi di controllo della societa’ partecipata dall’ente pubblico quando questo sia stato direttamente danneggiato dall’azione illegittima. Ma il danno inferto dagli organi della societa’ al patrimonio sociale, che nel sistema del codice civile puo’ dar vita all’azione sociale di responsabilita’ ed eventualmente a quella dei creditori sociali, non e’ idoneo a configurare anche un’ipotesi di azione ricadente nella giurisdizione della Corte dei Conti perche’ non implica alcun danno erariale, bensi’ unicamente un danno sofferto da un soggetto privato (appunto la societa’), riferibile al patrimonio appartenente soltanto a quel soggetto e non certo ai singoli soci – pubblici o privati – i quali sono unicamente titolari delle rispettive quote di partecipazione e i cui originari conferimenti restano confusi e assorbiti nell’unico patrimonio sociale. L’esattezza di tale conclusione trova conferma anche nell’impossibilita’ di realizzare, altrimenti, un soddisfacente coordinamento sistematico tra l’ipotizzata azione di responsabilita’ dinanzi giudice contabile e l’esercizio delle azioni di responsabilita’ (sociale e dei creditori sociali) contemplate dal codice civile.
Come piu’ volte messo in evidenza da questa Corte (vedi ex multis: Cass. Sez. Un. 2 settembre 2013 n. 20075), l’azione del procuratore contabile ha presupposti e caratteristiche completamente diverse dalle azioni di responsabilita’ sociale e dei creditori sociali contemplate dal codice civile: basta dire che l’una e’ obbligatoria, le altre discrezionali; l’una ha finalita’ essenzialmente sanzionatoria (onde non implica necessariamente il ristoro completo del pregiudizio subito dal patrimonio danneggiato dalla mala gestio dell’amministratore o dall’omesso controllo del vigilante), le altre hanno scopo ripristinatorio; l’una richiede il dolo o la colpa grave, e solo in determinati casi e’ esercitabile anche contro gli eredi del soggetto responsabile del danno; per le altre e’ sufficiente anche la colpa lieve ed il debito risarcitorio e’ pienamente trasmissibile agli eredi.
3 ter- In definitiva puo’ affermarsi che – ai fini del reparto di giurisdizione – non e’ rilevante il carattere soggettivo, quanto piuttosto la natura pubblica delle funzioni espletate e delle risorse finanziarie a tal fine adoperate (sul punto vedi Cas. Sez. Un. 20075/2013 cit.).
4 – Venendo alla fattispecie in esame e’ indubbio che la Fondazione (OMISSIS) abbia natura di persona giuridica privata: essa ha, dunque, un proprio patrimonio, nel quale sono confluite anche risorse pubbliche, ma che ha assunto una propria autonomia – come ne’ e’ prova evidente il fatto che l’attivita’ oggetto di censura era diretta a consentire di predisporre una richiesta per un mutuo, poi concesso dalla Fondazione (OMISSIS) – costituente la parte piu’ cospicua dell’apporto finanziario necessario per la realizzazione del progetto ” (OMISSIS)”.
4 bis – Ne deriva che il pregiudizio economico che la Corte contabile imputa alla censurata gestione del ricorrente ridondava sul patrimonio della Fondazione (OMISSIS) e non gia’ su quello del Comune che originariamente l’aveva creata, cosi’ facendo venir meno il principale criterio di collegamento tra la responsabilita’ ed il soggetto su cui incideva il pregiudizio patrimoniale.
5 – A fronte di cio’ appare superata la necessita’ della verifica della necessaria compresenza (sulla necessita’ della quale vedi, ex multis: Cass. Sez. Un. 22 dicembre 2016 n. 26643) dei tre presupposti od indici sintomatici dell’in house providing, come individuati dalla elaborazione giurisprudenziale – vedi Cass. Sez. Un. 22 dicembre 2016 n. 26643 (costituiti: 1 – dall’integrale detenzione del capitale sociale – o del patrimonio dell’ente – da parte di uno o piu’ enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi e dal contestuale divieto statutario di cederne le partecipazioni a privati; 2 – dal fatto che la societa’ – o l’ente – esplichi statutariamente la propria attivita’ prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l’eventuale attivita’ accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale; 3- dall’assoggettamento statutario della gestione a forme di controllo analoghe a quelle esercitata dagli enti pubblici sui propri uffici, con modalita’ ed intensita’ di comando non riconducibili alle facolta’ spettanti al socio ai sensi del codice civile), non senza omettere di sottolineare che la stessa Procura Generale contabile esclude che nel caso di specie sia rinvenibile il c.d. controllo analogo, secondo la configurazione che di esso ha elaborato la giurisprudenza di questa Corte, nella partecipazione di delegati del Comune o della Provincia al consiglio di amministrazione ed al Collegio dei revisori della Fondazione.
6 – Si aggiunga, in termini piu’ generali, che la figura dell’affidamento in house trova la sua precipua collocazione nell’ambito di attivita’ economiche da svolgersi con criteri imprenditoriali e che proprio in tale ambito puo’ trovare spazio l’analisi dell’ente al fine di rinvenire un agire sul mercato in termini concorrenziali con altri soggetti economici: situazione questa che va del tutto esclusa, in ragione della statutaria previsione della Fondazione, di non perseguire fini di lucro.
7 – Va pertanto cassata la impugnata decisione e dichiarato il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, trattandosi di controversia compresa nella giurisdizione dell’Autorita’ Giudiziaria Ordinaria; va omessa la regolazione delle spese, in quanto la Procura Generale contro ricorrente e’ parte solo in senso formale.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e cassa la impugnata sentenza, dichiarando il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti.
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