Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 22 gennaio 2018, n. 2400. L’esimente putativa del consenso

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In terzo luogo, e soprattutto, e’ inammissibile perche’ non risponde al vero quanto eccepito dalla difesa del ricorrente. Ed infatti, a seguito dell’accesso agli atti doverosamente eseguito da questo Collegio quale giudice del fatto “processuale”, deve darsi atto che al verbale dell’ud. 2.10.2013 davanti alla Corte d’appello risulta allegata l’ordinanza con cui la Corte territoriale ha rigettato la richiesta di rinnovazione istruttoria ex articolo 603 c.p.p., evidenziando, quanto ai due soggetti sentiti in sede di indagini difensive, che non poteva parlarsi di prove nuove atteso che i loro nominativi erano gia’ noti prima della sentenza di primo grado; quanto alla deposizione (OMISSIS), poi, che avrebbe dovuto essere sentita sul contenuto della relazione tecnica 29.10.2012 riguardante il messaggio inviato dal cellulare in uso a tale ” (OMISSIS)”, il rigetto e’ motivato con la irrilevanza del richiesto incombente ai fini della decisione, quanto, infine, alla perizia medico – legale, la stessa non risulta facente parte dei “motivi nuovi” depositati in data 29.10.2012, donde la relativa censura e’ del tutto priva di pregio in quanto non investita la Corte d’appello della richiesta. In base al principio desunto dall’articolo 606 c.p.p., non sono infatti proponibili, quali motivi di ricorso per Cassazione, questioni che esorbitano dai limiti entro i quali il procedimento e’ stato devoluto al giudice d’appello, poiche’ sui punti che potevano essere, ma non sono stati investiti con la proposizione del gravame, la sentenza del primo giudice acquista autorita’ di cosa giudicata; ne’ il giudice di appello ha, pertanto, l’obbligo di motivare in ordine ad essi la sua decisione, a meno che si tratti di questioni che possono essere rilevate d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento o di errori di giudizio riflettenti punti di diritto sostanziale deducibili per la prima volta nel giudizio di Cassazione, senza che occorra svolgere accertamenti di fatto, di cui non sia stato provocato ritualmente l’esame o il riesame in sede di appello.
Circostanza, quest’ultima, che non ricorre nel caso di specie.
7. Prima di procedere, peraltro, nell’esame dei motivi di ricorso con cui vengono sollevate censura di violazione di legge e di asserito vizio motivazionale, preme osservare al Collegio come tutti i predetti motivi di ricorso prestano il fianco al medesimo giudizio di inammissibilita’ in quanto generici per aspecificita’, non confrontandosi – come si vedra’ – il ricorrente con le argomentazioni sintetiche ma puntuali svolte dalle sentenze di primo grado e di appello (che, com’e’ noto si integrano reciprocamente: Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 – dep. 04/11/2013, Argentieri, Rv. 257595), senza prospettare reali elementi di “novita’” critica rispetto alle doglianze gia’ esposte davanti ai giudici del merito, le quali vengono ad essere sostanzialmente “replicate” nel ricorso. Tutti i motivi, dunque, sono destinati ad essere dichiarati inammissibili, cio’ in base al principio piu’ volte affermato da questa Corte secondo cui e’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni gia’ esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (v., tra le tante: Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).
8. Puo’ quindi procedersi all’esame del secondo motivo, con cui vengono svolte censure contro la sentenza per presunto vizio motivazionale per non aver correttamente valutato l’attendibilita’ della persona offesa e dei due figli del ricorrente e per non aver adeguatamente valorizzato la questione della tossicodipendenza del figlio e della ludopatia della ex moglie, come, ancora, la questione della esistenza di asserite ragioni di contrasto tra le vittime ed il ricorrente, oltre che la presunta “svalorizzazione” dei testi a discarico.
Trattasi, in toto, di censure anzitutto generiche per aspecificita’, avendo le stesse ricevuto adeguata confutazione, anche per implicito (non essendo invero censurabile in questa sede di legittimita’ la sentenza, per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame, quando questa risulta disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio previsto dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della prospettazione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa: Sez. 2, n. 1405 del 10/12/2013 – dep. 15/01/2014, Cento e altri, Rv. 259643), ed affrontate dalla Corte territoriale che si sofferma, infatti, sia sul tema dell’attendibilita’ individuando gli elementi di riscontro al narrato delle pp.00., sia sul tema della valutazione del “contesto familiare” (dando atto dell’elevata conflittualita’ coniugale e dell’esistenza di motivi di contrasto tra la p.o. e l’ex coniuge), sia sulla particolare valenza attribuita alla deposizione del figlio (OMISSIS) (che aveva confermato le razioni violente del padre in occasione dei litigi con la madre, testimoniando anche sullo stato di paura di quest’ultima), sia, ancora, sui rapporti dell’imputato con i figli (illustrando segnatamente la sua particolare “modalita’ educativa” fatta anche di violenze nei loro confronti), sia sull’abitualita’ di tali comportamenti violenti e minacciosi (valorizzando a tal fine le dichiarazioni del figlio (OMISSIS)), come, inoltre, sulla tesi del risentimento della p.o. per vendetta a seguito del sospetto della “tresca” tra l’ex marito e la sorella (OMISSIS) (tesi che risulta, peraltro, smentita dai concordanti riscontri costituiti dalle deposizioni di diversi testimoni, tra cui anche i figli).
Nulla, pertanto, viene tralasciato nell’analisi dei fatti da parte dei giudici della Corte d’appello, la cui disamina della vicenda processuale e’ tutt’altro che superficiale.

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