Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 18 gennaio 2018, n. 1969. La confisca diretta del profitto di reato e’ possibile anche nei confronti di una persona giuridica per le violazioni fiscali commesse dal legale rappresentante o da altro organo della persona giuridica nell’interesse della societa’, quando il profitto o i beni direttamente riconducibili a tale profitto siano rimasti nella disponibilita’ della persona giuridica medesima.

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1. Con sentenza del 14.3.2016, la Corte di appello di Genova confermava la sentenza del 2.7.2015 del Tribunale di Massa che aveva dichiarato (OMISSIS) responsabile del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5 per aver omesso di presentare la dichiarazione dei redditi relativa all’imposta sui redditi e sul valore aggiunto per l’anno 2010 e lo aveva condannato alla pena di mesi sei di reclusione.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), articolando quattro motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5, in relazione alle argomentazioni con le quali la Corte territoriale disattendeva la tesi difensiva della insussistenza del dolo di evasione.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla illogicita’ delle argomentazioni espresse dalla Corte territoriale nel ritenere la sussistenza del dolo di evasione.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione all’articolo 322 ter c.p. per aver confermato la disposta confisca per equivalente, pur in assenza di accertamento dell’impossibilita’ del reperimento di beni direttamente riconducibili al profitto del reato nel patrimonio della societa’.
Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in relazione al requisito del profitto realizzato dal reo.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso – con i quali si censura la decisione della Corte territoriale in merito alla sussistenza del dolo di evasione – sono manifestamente infondati.
Va rimarcato che l’accertamento del dolo, quale prova della coscienza e volonta’ del fatto, costituisce un accertamento di fatto volto a conoscere e ricostruire il fatto storico e deve fondarsi sulla considerazione di tutte le circostanze esteriori dello stesso.
Nella specie, la motivazione offerta dalla Corte territoriale (vedi pag 2 della sentenza impugnata) a fondamento dell’accertamento dell’elemento psicologico ha tenuto conto di tutti gli elementi fattuali rilevanti, e si connota come adeguata e priva di vizi logici e, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimita’.
Il ricorrente, peraltro, attraverso una formale denuncia di vizi di motivazione, richiede sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze processuali.
A questo proposito va ricordato che la Corte di cassazione e’ giudice della motivazione del provvedimento impugnato e non giudice delle prove acquisite nel corso del procedimento, con la conseguenza che il vizio di motivazione, che risulti dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati, in tanto sussiste se ed in quanto si dimostri che il testo del provvedimento sia manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non invece quando si opponga alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. U, n.16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205621).
Infatti, come piu’ volte affermato da questa Corte, l’indagine di legittimita’ sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato al giudice di legittimita’ essere limitato – per espressa volonta’ del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilita’ di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si e’ avvalso per sostanziare il suo convincimento, esulando dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone ed altri, Rv. 207944), con la specificazione che l’illogicita’ della motivazione, come vizio denunciabile,deve essere evidente, cioe’ di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimita’ al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche’ le ragioni del convincimento siano spiegate in modo logico e adeguato (Sez. U, n.24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).

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