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[…]
che, riferita tale (generalizzabile) occorrenza anche in relazione alla sfera personale del (OMISSIS), e rilevata l’avvenuta esposizione mediatica non autorizzata del nominativo del (OMISSIS) al di fuori del suo ambito strettamente professionale, la corte territoriale ha evidenziato come la circostanza della mancata emersione di qualsivoglia manifestazione, da parte del (OMISSIS), “di esibizionismo e/o intromissione in campi ed ambienti diversi da quello strettamente professionali”, valesse a escludere il ricorso di elementi di contraddizione rispetto all’attribuzione della concreta rilevanza di quell’interesse fondamentale anche in capo al (OMISSIS), con la connessa ragionevolezza dell’asserzione incline a predicare, anche con riguardo alla sfera personale del (OMISSIS), la conseguenza della concreta sofferenza morale dallo stesso patita a seguito della lesione dell’interesse protetto, e dunque quale effetto dell’illecito posto in essere delle societa’ ricorrenti;
che, pertanto, lungi dal comprovare la sussistenza del danno sofferto dal (OMISSIS) (consistente nella sofferenza morale patita in conseguenza della lesione dell’interesse al rispetto dei propri dati personali) attraverso il riscontro del fatto negativo indicato dalle odierne ricorrenti (o, peggio, attraverso la sola deduzione in re ipsa del fatto illecito), deve ritenersi che il giudice a quo abbia, viceversa, fondato il riscontro di tale danno attraverso l’estensione, alla persona del (OMISSIS), del fatto positivo (da intendere alla stregua di una nozione di fatto rientrante nella comune esperienza, rilevante ai sensi dell’articolo 115 c.p.c., comma 2), costituito dalla generale ricorrenza di una condizione di sofferenza derivante dalla lesione dell’interesse delle persone al rispetto del proprio ambito di riservatezza: fatto che, nel caso di specie, una volta accertato nelle sue circostanze concrete (costituite dall’esposizione mediatica non autorizzata del nominativo del (OMISSIS) al di fuori del suo ambito strettamente professionale), non e’ apparso in alcun modo contraddetto da occorrenze o indici di segno contrario;
che il ragionamento probatorio cosi’ costruito dal giudice di merito deve ritenersi dotato di sufficiente congruita’ logica e linearita’ argomentativa, si’ da consentire il riconoscimento dell’avvenuto adempimento, da parte del danneggiato, dei propri oneri di allegazione e di prova del danno sofferto, e l’affermazione della estraneita’, della sentenza impugnata, alla presa delle censure critiche in questa sede di legittimita’ avanzate dalle odierne ricorrenti;
che, pertanto, sulla base delle considerazioni sin qui illustrate, rilevata la complessiva infondatezza dei motivi d’impugnazione, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna delle societa’ ricorrenti al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre alla condanna al pagamento del doppio contributo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 3.800,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
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