Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 10 gennaio 2018, n. 610. In tema di reati contro il patrimonio

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Ha poi escluso il periculum in mora sia perche’ era in discussione il fumus commissi delicti sia perche’ difettavano fatti e circostanze esterne alla realizzazione della condotta, quali l’aggravamento delle conseguenze del reato attraverso l’alterazione o il danneggiamento dello stesso bene o dei beni mobili in esso riposti.
Contro l’ordinanza del Tribunale del riesame il PM presso il Tribunale di Sassari ha proposto ricorso per cassazione, deducendo la violazione o l’erronea applicazione dell’articolo 634 c.p., e dell’articolo 321 c.p.p., avendo il Tribunale del riesame ritenuto in astratto configurabile il reato solo nei casi in cui la minaccia o la violenza sia commessa da piu’ di dieci persone ed avendo escluso la turbativa violenta, atteso che vi era stato il compossesso della persona offesa e dell’indagata. Il Tribunale del riesame, poi, avrebbe ritenuto inesistente il periculum in mora, non essendo ravvisabile il fumus commissi delicti ma, secondo il ricorrente, l’errore sul fumus vizierebbe anche la valutazione sul periculum, per l’appunto fondata sull’esclusione del fumus.
All’odierna udienza camerale e’ stata verificata la regolarita’ degli avvisi di rito; all’esito, questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
1.1 Deve premettersi che questa Corte Suprema ha gia’ chiarito che, in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” (per la quale soltanto puo’ essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’articolo 325 c.p.p., comma 1) rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, non anche l’illogicita’ manifesta e la contraddittorieta’, le quali possono denunciarsi nel giudizio di legittimita’ soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera e), (cosi’ Sez. U., sentenza n. 5876 del 28 gennaio 2004, P.c. Ferazzi in proc. Bevilacqua, CED Cass. n. 226710 ss.; conforme, Sez. V, sentenza n. 35532 del 25 giugno 2010, Angelini, CED Cass. n. 248129).
1.2 Tanto premesso, rileva il Collegio che l’ordinanza in scrutinio e’ inficiata da plurime violazioni di legge, oltre che da motivazione apparente.
Va in primo luogo osservato, infatti, che il reato di cui all’articolo 634 c.p., consiste nel fatto di turbare, con violenza alla persona o con minaccia, l’altrui pacifico possesso.
Il comma 2 equipara la violenza e la minaccia al fatto commesso da piu’ di dieci persone: si tratta, come risulta evidente dallo stesso tenore letterale della disposizione de qua, di una finzione giuridica, fondata sull’oggettiva capacita’ intimidatrice data dall’elevato numero dei partecipanti. Deve, quindi, ritenersi che la presenza di un tale numero di persone rende il fatto punibile, anche se non siano state poste in essere violenza o minaccia.
Nel caso in esame, invece, il Tribunale del riesame ha ritenuto che non vi sarebbero violenza o minaccia, stante la commissione del fatto ad opera di una sola persona, con cio’ incorrendo in una chiara violazione di legge, non avendo considerato che il secondo comma dell’articolo 634 c.p., si limita a prendere in considerazione un caso particolare, in presenza del quale il legislatore ritiene gia’ di per se’ integrato il requisito della violenza alla persona o della minaccia.
1.3 Peraltro, l’ordinanza impugnata ritiene che, avendo anche l’indagata il compossesso dell’immobile, non potrebbe configurarsi il reato ascrittole provvisoriamente.
L’assunto e’ erroneo.
Premesso che con il termine possesso l’articolo 634 c.p. fa riferimento a qualsiasi situazione di potere di fatto esercitato da un soggetto su una res in modo corrispondente al diritto di proprieta’ o ad altro diritto reale, ossia a cio’ che l’articolo 1140, definisce “possesso”, nonche’ a situazioni inquadrate in ambito civile nella detenzione qualificata di un bene, deve rilevarsi che la commissione del reato previsto dal menzionato articolo non necessariamente postula una situazione di possesso esclusivo in capo alla persona offesa ma puo’ ravvisarsi anche nel caso in cui uno dei compossessori turbi il compossesso esercitato sul medesimo bene da altri. L’articolo 634 c.p., difatti, mira a tutelare il pacifico godimento esercitato da un soggetto sul bene, senza che rilevi se tale situazione di vantaggio si estrinsechi in modo esclusivo o congiuntamente ad altri. Non si ravvisa infatti ragione per distinguere la posizione del possessore esclusivo da quella del compossessore, essendo entrambi titolari di una medesima situazione di vantaggio sulla res. Per di piu’, l’articolo 634 c.p., dispone che “chiunque” puo’ essere autore del reato, con cio’ dunque ammettendo che il compossessore di un bene puo’ commettere il reato de quo.

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