La massima
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II
SENTENZA 3 luglio 2013, n.16635
Ritenuto in fatto
O.A. , F.L. e F.G. , con atto di citazione del 30 giugno 1997 convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Rieti, C.G. ed O.E. (madre di C.G. ) per ivi sentire: 1) dichiarare la simulazione del contratto di compravenduta del 18 gennaio 1997 con il quale il de cuius Or.Ab. aveva venduto alla nipote C.G. tutti i propri beni, 2) accertare la lesione della legittima, 3) condannare la convenuta C.G. alla rifusione in favore degli attori dei frutti percepiti dal rogito fino all’assegnazione delle quote, 4) dichiarare sciolta la comunione ereditaria mediante la formazione delle relative quote. A sostegno di questa domanda, gli attori premettevano che in data (OMISSIS) era deceduto Or.Ab. senza lasciare testamento e, pertanto, le sue eredi legittime erano le figlie A.E. e G. ; che G. era premorta, lasciando eredi legittimi la figlia F.L. e il marito Gi. ; che il de cuius si era spogliato dei suoi beni alienandoli tutti alla nipote C.G. figlia di E. con atto pubblico di compravendita, che detto contratto di compravendita era apparente e dissimulante una donazione, attesa la irrisorietà del prezzo di acquisto rispetto al valore reale, lo stretto legame di parentela che legava nonno (donante) e nipote (donataria); che il de cuius al momento della stipula del contratto di cui si dice conviveva con la nipote, il de cuius al momento della stipula del contratto di compravendita già indicato aveva l’età di novantadue anni e non aveva alcun interesse ad alienare l’immobile considerato che non avrebbe avuto la possibilità di godersi il denaro ricavato, invalido e impossibilitato ad uscire di casa; che dal contratto emergeva che i tre assegni di pagamento del corrispettivo, solo apparentemente, erano stati percepiti dal vegliardo, ma, in realtà, la somma non fosse uscita dalla sfera di disponibilità dell’acquirente.
Si costituivano C.G. e O.E. eccependo, preliminarmente, il difetto di legittimazione attiva di F.G. e nel merito, contestando la fondatezza della domanda attrice. Dopo ampia istruttoria, assunto interrogatorio formale delle parti, il Tribunale di Rieti con sentenza n. 386 del 2002 dichiarava il difetto di legittimazione attiva di F.G. e respingeva la domanda degli attori. Osservava il Tribunale che le attrici chiamate all’eredità ex lege avrebbero dovuto preventivamente accettare l’eredità con beneficio di inventario, prima di esperire l’azione di riduzione di cui all’art. 564 cc.; chiariva che l’accettazione non era necessaria solo quando l’erede fosse pretermesso totalmente, ipotesi non configurabile nel caso concreto poiché le attrici erano eredi legittime.
Avverso tale sentenza proponevano appello O.A. e F.L. lamentando che il Tribunale non avesse tenuto conto dell’orientamento del Supremo Collegio espresso con sent. 6 agosto 1990 n. 7899 secondo cui il legittimario pretermesso dell’eredità non è tenuto alla previa accettazione con beneficio di inventario per esperire l’azione di riduzione delle donazioni e legati, derivando l’acquisto della qualità di erede soltanto dal positivo esercizio di detta azione.
Si costituivano: a) C.G. che chiedeva di respingere il gravame ed, in subordine, nel caso di accoglimento del primo motivo di appello di respingere tutte le domande proposte dalle appellanti e, in via ulteriormente subordinata, nell’ipotesi di accoglimento della domanda di simulazione e di quella conseguente di riduzione di rimettere la causa sul ruolo per determinare al porzione di disponibile, b) O.E. si rimetteva alla giustizia relativamente al motivo di appello e in merito alle domande formulate in primo grado dalle appellanti si riportava alle conclusioni rassegnate in quella sede.
La Corte di Appello di Roma con sentenza n. 3853 del 2006 respingeva l’appello. Secondo la Corte romana, richiamando l’orientamento della Corte Suprema di Cassazione di cui alla sentenza n. 10262 del 2003 nel caso in esame mancava la condizione prevista dall’art. 564 cc per l’esercizio dell’azione di simulazione di cui si dice, atteso che gli appellanti non avevano accettato l’eredità con beneficio di inventario. Per altro, non potevano ritenersi fondate le questioni riproposte con l’atto di gravame da parte degli appellanti in ordine alla loro totale pretermissione.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da O.A. e F.L. per due motivi, illustrati con memoria. C.G. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria. O.E. in questa fase non ha svolto alcuna attività giudiziale.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo O.A. e F.L. lamentano la violazione ed errata applicazione dell’art. 360 n. 3 cpc in relazione all’art. 564 cod. civ.. Il motivo è articolato su due profili che si concludono con la proposizione di due quesiti di diritto:
a) Intanto, secondo la ricorrente, la Corte romana avrebbe errato nel ritenere che l’azione di riduzione fosse condizionata all’accettazione con beneficio di inventano dell’eredità, in quanto avrebbe disatteso il principio di diritto enunciato da questa Corte Suprema con la sentenza n. 19527 del 2005 secondo cui “Qualora il de cuius abbia integralmente esaurito in vita il suo patrimonio mediante atti di donazione, sacrificando totalmente un erede necessario, il legittimario che intenda conseguire la quota di eredità a lui riservata dalla legge non ha altra via che quella di agire per la riduzione delle donazioni lesive dei suoi diritti, giacché, non sorgendo alcuna comunione ereditaria se non vi sia nulla da dividere, solo dopo l’esperimento vittorioso di tale azione egli è legittimato a promuovere od a partecipare alle azioni nei confronti degli altri eredi per ottenere la porzione in natura a lui spettante dell’asse ereditario’. Pertanto, sostengono le ricorrenti essendo in concreto accaduto che il de cuius si era effettivamente spogliato in vita dell’intero suo patrimonio attraverso l’atto di donazione oggetto della controversia, andava conseguentemente escluso l’onere dell’accettazione con beneficio d’inventario. Concludono le ricorrenti: Dica codesta Corte Suprema tenuto conto che O.A. si è completamente spogliato in vita del suo patrimonio con il rogito del notaio Roberto Ceccarelli del 18 gennaio 1997, se le ricorrenti avessero l’onere dell’accettazione beneficiata di cu all’art. 564 cc. per incardinare l’azione di simulazione del rogito e di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive delle loro quote legittime.
b) Assumono, ancora, le ricorrenti che la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere che l’azione di riduzione fosse condizionata all’accettazione con beneficio di inventario dell’eredità perché non avrebbe dato rilievo alla domanda proposta con l’atto introduttivo di simulazione dell’atto di fa compravendita dissimulante un atto mulo in quanto posto in essere in frode alle ragioni delle stesse attrici. Nel caso in esame, specificano le ricorrenti, la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto neppure del principio di diritto espresso da questa Suprema Corte con la sentenza n. 10262 del 2003 secondo cui non necessita l’accettazione beneficiata, allorché venga dedotta la simulazione relativa ed il negozio dissimulato sia nullo per vizio di forma, per incapacità di uno dei soggetti o per altra causa, considerato che nel caso in esame, sempre secondo le ricorrenti, l’”altra causa’ era oggettivamente costituita dal fraudolento intento dei contraenti de cuius e nipote di frodare le ragioni delle due appellanti. Pertanto, le ricorrenti concludono formulando l’ulteriore quesito di diritto: Dica codesta Suprema Corte se, l’aver posto in essere il negozio di compravendita tra il de cuius e la nipote C.G. al fine di frodare le ragioni delle eredi, costituisca causa idonea ad escludere l’accettazione beneficiata.
1.1.- Il motivo è fondato sotto il primo profilo, nel quale rimane assorbito il secondo.
Come questa Corte ha già avuto occasione di precisare, condizione fondamentale per chiedere la riduzione delle donazioni o delle disposizioni lesive della porzione di legittima, è soltanto quella di essere tra le persone indicate nell’art. 557 c.c., e, cioè, di rivestire la qualità di legittimario, mentre la condizione stabilita dall’art. 564, comma 1, della preventiva accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, vale soltanto per il legittimario che rivesta in pari tempo la qualità di erede (v. sent. 5 ottobre 1974 n. 2621). Ora, il legittimario totalmente pretermesso, proprio perché pretermesso dalla successione, non acquista per il solo fatto dell’apertura della successione, ovvero per il solo fatto della morte del de cuius, né la qualità di erede, né la titolarità dei beni ad altri attribuiti: potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l’esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento, ovvero dopo il riconoscimento dei suoi diritti di legittimario. Come opportunamente ha evidenziato la dottrina e la giurisprudenza anche di questa Corte, una totale pretermissione del legittimario può aversi sia nella successione testamentaria, che nella successione ab intestato, il legittimario sarà pretermesso: a) nella successione testamentaria se il testatore ha disposto a titolo universale dell’intero asse a favore di altri, in base alla considerazione che, a norma dell’art. 457, 2 co., c.c., questi non è chiamato all’eredità fino a quando l’istituzione testamentaria di erede non venga ridotta nei suoi confronti, e b) nella successione ab intestato, qualora il de cuius si sia spogliato in vita dell’intero suo patrimonio con atti di donazione, considerato che per l’assenza di beni relitti, il legittimario viene a trovarsi nella necessità di esperire l’azione di riduzione a tutela della situazione di diritto sostanziale che la legge gli riconosce (in tal senso da ultimo Cass. n. 19527 del 2005). Di qui, l’ulteriore conseguenza che il legittimario pretermesso, sia nella successione testamentaria, che in quella ab intestato, che impugna per simulazione un atto compiuto dal ‘de cuius’ a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, agisce in qualità di terzo e non in veste di erede, condizione che acquista, solo in conseguenza del positivo esercizio dell’azione di riduzione, e come tale non è tenuto alla preventiva accettazione dell’eredità con beneficio di inventario.
1.1.a).- Pertanto, posto che nel caso in esame non vi era dubbio – per essere la circostanza emersa già in primo grado e non contestata dai convenuti,- che il de cuius, Or.Ab. , avesse disposto in vita del suo intero patrimonio con atto di compravendita asseritamente simulato per notaio Roberto Ceccarelli del 18 gennaio 1997, la Corte di merito avrebbe dovuto – e non lo ha fatto – considerare che O.A. , quale figlia del de cuius, e F.L. , in rappresentazione della madre Gina figlia del de cuius, risultavano essere legittimari pretermessi dalla successione ab intestato di Or.Ab. e avrebbe dovuto, pertanto, escludere che per l’esperimento dell’azione di simulazione relativamente al contratto di compravendita del 18 gennaio 1987 preordinato al successivo eventuale esercizio dell’azione di riduzione, la necessità dell’accettazione dell’eredità di che trattasi, con beneficio di inventario.
1.1.a).- Sotto altro profilo è contraria a diritto, per le ragioni di cui si è appena detto, l’affermazione della sentenza secondo la quale gli eredi necessari non possono essere pretermessi in mancanza di una volontà espressa da parte del de cuius, né possono ritenersi pretermessi per la conseguenza di atti di disposizioni posti in vita dal de cuius considerato, come già si è detto, che la qualità di erede legittimo non si acquista per il solo fatto dell’apertura della successione, ovvero, per il solo fatto della morte del de cuius, almeno nelle ipotesi in cui possa identificarsi una volontà del de cuius a pretermettere i legittimari dalla successione sia essa espressa con il testamento o con atto di disposizione inter vivos con il quale, il de cuius, abbia disposto dell’intero patrimonio a favore di altri soggetti diversi dai legittimari.
2 – La fondatezza del primo motivo e la conseguente cassazione in relazione ad esso della decisione di secondo grado comporta l’assorbimento dell’esame del secondo motivo, con il quale le ricorrenti, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 3 cpc. in relazione all’art. 564 cod. civ. censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che le appellanti (odierne ricorrenti) non fossero state totalmente pretermesse da Or.Ab. in quanto: a) come eredi legittimali la legge riservava loro una quota del patrimonio del defunto; b) e quali eredi necessarie perché mancava una disposizione testamentaria che le escludeva essendo il de cuius deceduto senza testamento.
In definitiva, va accolto il primo motivo del ricorso e dichiarato assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Roma la quale provvederà anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso nei sensi di cui in motivazione, dichiara assorbito il secondo motivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.
Leave a Reply