Convenuto che abbia contestato sia l’an che il quantum non è tenuto nel caso di appello dell’attore non è tenuto a riproporre la proprie contestazioni in ordine al quantum

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|22 marzo 2024| n. 7903.

Convenuto che abbia contestato sia l’an che il quantum non è tenuto nel caso di appello dell’attore non è tenuto a riproporre la proprie contestazioni in ordine al quantum

Il convenuto, che nel giudizio di primo grado abbia contestato sia nell’an che nel quantum la pretesa dell’attore, non è tenuto, nel caso di appello di quest’ultimo avverso la sentenza di rigetto della domanda, in ragione dell’insussistenza del diritto, a riproporre espressamente al giudice di secondo grado le proprie contestazioni in ordine al quantum, limitandosi a richiedere la conferma della sentenza impugnata, costituendo quelle contestazioni mere difese, in relazione alle quali non opera, per l’appellato vittorioso in primo grado, l’onere di riproposizione stabilito per le eccezioni in senso proprio.

Ordinanza|22 marzo 2024| n. 7903. Convenuto che abbia contestato sia l’an che il quantum non è tenuto nel caso di appello dell’attore non è tenuto a riproporre la proprie contestazioni in ordine al quantum

Data udienza 20 febbraio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Impugnazioni civili – Appello – Domande – Non riproposte (decadenza) giudizio di primo grado – Pretesa dell’attore – Contestazione sia nell’an che nel quantum – Rigetto della domanda – Convenuto – Richiesta di conferma della sentenza impugnata – Sufficienza – Riproposizione delle contestazioni in ordine al quantum – Necessità – Esclusione.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro -Presidente

Dott. TASSONE Stefania -Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe -Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna -Consigliere

Dott. GORGONI Marilena -Relatore

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6250/2021 R.G. proposto da:

(…) GROUP Spa, in persona del rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE (…), presso lo studio dell’avvocato Te.Gi. (omissis) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati De.Ma. (omissis) e Ba.Ma. (omissis);

– ricorrente –

contro

CI.LO., nella qualità di titolare dell’impresa FERRAMENTA CI.LO., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA (…), presso lo studio dell’avvocato Ma.Pa. (omissis) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Fr.Fa. (omissis);

– controricorrente –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 1107/2020 depositata il 04/08/2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/02/2024 dal Consigliere MARILENA GORGONI.

Convenuto che abbia contestato sia l’an che il quantum non è tenuto nel caso di appello dell’attore non è tenuto a riproporre la proprie contestazioni in ordine al quantum

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il sig. Ci.Lo., nella qualità di titolare della Ferramenta Ci.Lo., citava, dinanzi al Tribunale di Avezzano, il colorificio (…) Group Srl, al fine di ottenerne la condannare al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 105.320,45, per violazione del diritto di esclusiva nel territorio del Comune di C, avendo la convenuta a partire dal 2009 iniziato a fornire i suoi prodotti anche alla (…) di Ma.En. La convenuta eccepiva che il diritto di esclusiva era in nesso di corrispettività con l’obbligo della Ferramenta Ci.Lo. di svolgere attività di promozione dei prodotti fornitile e con il raggiungimento di un minimo di incremento dei volumi di acquisto annuo pari al 5% e che, atteso l’inadempimento di tali obblighi da parte della Ferramenta Ci.Lo., nel 2009 aveva esercitato il diritto di recesso e aveva interrotto per giusta causa i rapporti commerciali con la stessa, salvo venire a conoscenza che successivamente la Ferramenta Ci.Lo. aveva svolto attività di promozione dei prodotti (…) attraverso propri volantini, vendendoli sottocosto, per cui, ex art. 1460 cod. civ., chiedeva il riconoscimento della preminente violazione degli obblighi contrattuali da parte dell’attrice; in aggiunta contestava minuziosamente la richiesta risarcitoria in ordine al quantum.

Convenuto che abbia contestato sia l’an che il quantum non è tenuto nel caso di appello dell’attore non è tenuto a riproporre la proprie contestazioni in ordine al quantum

Con la sentenza n. 225/2016, il Tribunale di Avezzano rigettava la domanda, per quanto ancora di interesse, perché, comparando i reciproci inadempimenti, riteneva prevalente quello dell’attrice.

La Corte d’appello di L’Aquila, investita del gravame da Fe.Ci., dopo aver qualificato il contratto come concessione di vendita – diversamente dal Tribunale che lo aveva ritenuto un contratto di somministrazione – ha considerato indimostrata, da parte dell’appellata, su cui ricadeva il relativo onere, la violazione dell’obbligo di incremento nei termini percentuali del 5% annuo da parte della Ferramenta Ci.Lo. e che quando, nel 2009, per la prima volta aveva contestato il decremento delle vendite non aveva mai dedotto la violazione della clausola che obbligava l’appellante all’incremento degli acquisti, limitandosi a valorizzare la diminuzione delle vendite quale ragione per ridurre la percentuale di sconto praticato; ha ritenuto, invece, provate da parte della Ferramenta Ci.Lo. la violazione, ai suoi danni, del patto di esclusiva e l’ingiustificata interruzione della fornitura; ha rigettato l’eccezione di inadempimento formulata dalla (…) Group Srl ed ha escluso l’avvenuto esercizio del diritto di recesso da parte della stessa, non essendo esso stato documentato ed essendo altresì contraddetto dal fatto che nel luglio 2009, quindi dopo la data in cui il contratto si sarebbe sciolto, aveva comunicato alla Ferramenta Ci.Lo. l’intervento di una revisione della scontistica applicata: segno, secondo la Corte d’appello, che il rapporto contrattuale era ancora in essere e che quand’anche vi fosse stato un inadempimento da parte della Ferramenta Ci.Lo. esso era stato tollerato e non aveva avuto un rilievo ed un’importanza paragonabili a quello della violazione del patto di esclusiva.

Ha quindi condannato la (…) Group a risarcire il danno lamentato dalla Ferramenta Ci.Lo., indicandolo in Euro 105.320,00, cioè nella somma richiesta, non essendo stata reiterata in appello da parte della convenuta la contestazione che la merce immagazzinata e non ritirata sarebbe stata inutilizzabile in assenza delle paste per sviluppare i colori e mancando altra contestazione attinente alla prova dei danni, come analiticamente illustrati dall’appellante.

La (…) Group ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando tre motivi.

Resiste con controricorso Fe.Ci.

La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis 1 cod. proc. civ.

Convenuto che abbia contestato sia l’an che il quantum non è tenuto nel caso di appello dell’attore non è tenuto a riproporre la proprie contestazioni in ordine al quantum

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo è lamentata la violazione dell’art. 346 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto abbandonata la contestazione relativa alla dedotta inutilizzabilità della merce immagazzinata e non svolta alcuna contestazione con riferimento alla prova dei danni.

La tesi della società ricorrente è che il giudice a quo abbia deciso in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte che ritiene che l’onere della riproposizione non si applica all’appellato vittorioso in primo grado con riguardo alle questioni di diritto o quelle rimaste assorbite, perciò il giudice d’appello avrebbe dovuto ritenere le censure relative al quantum implicitamente già comprese nella sua richiesta del rigetto dell’impugnazione, perché chi ha già contestato in primo grado sia an che quantum non ha l’onere di riproporre dette contestazioni, non trattandosi di eccezioni, ma di mere difese (Cass., Sez. Un., n. 7940/2019).

La ricorrente riferisce delle contestazioni mosse alla richiesta della Ferramenta Ci.Lo.; i) quanto alla pretesa di Euro 15.520,245 per il mancato utile pari al 50% delle forniture ordinate e non consegnate, perché l’importo della merce ordinata era di Euro 8.423,27 e la perdita di utile sarebbe stata al massimo di Euro 5.216,28; ii) quanto al costo di un nuovo tintometro, che il CTU aveva riconosciuto non indispensabile, perché quello già in possesso della Ferramenta Ci.Lo. avrebbe potuto essere utilizzato con le paste coloranti e le vernici di altre ditte produttrici; iii) quanto alle spese non ammortizzabili per pubblicità e organizzazione di costi teorico-pratici, perché contrariamente a quando dedotto erano stati ampiamente ammortizzati; iv) quanto a quello di Euro 18.000,00 per prodotti non vendibili, perché anche il CTU aveva riconosciuto che le vernici della (…) potevano essere mescolate con paste coloranti di altre ditte; v) quanto al danno all’immagine e allo sviamento quantificato in Euro 50.000,00, non solo perché non era mai stato provato, ma anche perché alla violazione di due mesi del patto di esclusiva non poteva corrispondere un importo pari al doppio del valore d’affari lordo annuo del rapporto contrattuale.

Convenuto che abbia contestato sia l’an che il quantum non è tenuto nel caso di appello dell’attore non è tenuto a riproporre la proprie contestazioni in ordine al quantum

Il motivo è fondato.

La parte totalmente vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte e per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex art. 346 cod. proc. civ., può limitarsi a riproporle, mentre la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione, di cui intende ottenere l’accoglimento, ha l’onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto delle stesse.

La disciplina dettata dall’art. 346 cod. proc. civ., quale risultante dalla Riforma di cui alla L. 26 novembre 1990, n. 353, entrata in vigore il 30 aprile 1995, e successive modifiche, che hanno reintrodotto nel processo ordinario di cognizione, il principio di preclusione, fa sì che in appello viga un “effetto devolutivo limitato e non automatico”, con la conseguenza che la mancata riproposizione delle domande o delle eccezioni respinte o ritenute assorbite comporta che in capo alle parti si verifichi una vera e propria decadenza, con formazione di giudicato implicito sul punto. Tale principio non opera per le questioni rilevabili d’ufficio dal giudice e neppure per le mere difese: quanto a queste ultime “il riferimento dell’art. 346 cod. proc. civ., alle sole eccezioni non accolte comporta, inoltre, che non sia necessaria, per la considerazione delle stesse da parte del giudice d’appello, la riproposizione delle c.d. mere difese: come noto, invero, se le eccezioni comportano la deduzione di un fatto dotato di un’efficacia giuridica diversa da quella propria delle circostanze di fatto invocate dall’attore a sostegno della propria domanda (come fatti aventi efficacia impeditiva, modificativa o estintiva del diritto fatto valere dallo stesso), le mere difese si limitano alla contestazione o alla negazione del fatto costitutivo, nell’ambito dei fatti che il giudice è già chiamato a conoscere, e ciò anche laddove il convenuto deduca nuove e diverse circostanze di fatto, purché le stesse, ove provate, possano determinare l’inesistenza del fatto principale.

In altri termini, la norma si occupa solo delle domande e delle eccezioni sulle quali non vi sia stata una parte praticamente soccombente, con la conseguenza che la mera riproposizione, che deve essere contenuta nella comparsa di risposta dell’appellato, è onere della parte che sia rimasta totalmente vittoriosa nel merito”.

Pertanto, va dato seguito al principio secondo cui “il convenuto, che nel giudizio di primo grado abbia contestato sia nell’an che nel quantum la pretesa dell’attore, non è tenuto, nel caso di appello di quest’ultimo avverso la sentenza di rigetto della domanda, in ragione dell’insussistenza del diritto, a riproporre espressamente al giudice di secondo grado le proprie contestazioni in ordine al quantum, limitandosi a richiedere la conferma della sentenza impugnata, costituendo quelle contestazioni mere difese, in relazione alle quali non opera, per l’appellato vittorioso in primo grado, l’onere di riproposizione stabilito per le eccezioni in senso proprio” (Cass. 1/06/1989 n. 2671 e successiva giurisprudenza conforme).

2) Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 115, 1 comma, ultima parte cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 4, cod. proc. civ., e degli artt. 1218 e 1223 cod. civ., in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 3, cod. proc. civ.

La statuizione attinta da censura è quella con cui la Corte d’appello ha ritenuto suscettibile di semplificazione probatoria tramite il principio della non contestazione la questione della determinazione e della quantificazione dei danni.

La ricorrente sostiene che il principio di non contestazione non opera con riferimento al diritto al risarcimento del danno, il cui accertamento che richiede un riscontro sulla condotta, sul nesso di causalità, sull’evento e sul pregiudizio ha carattere valutativo (Cass. n. 21460/2019, Cass. 19181/2019).

3) Con il terzo ed ultimo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 115, 1 comma, ultima parte, cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 4, cod. proc. civ.

Il principio di non contestazione sarebbe stato applicato erroneamente dalla Corte d’Appello, anche perché esso attiene a fatti allegati conosciuti o almeno sicuramente noti da chi dovrebbe essere gravato dell’onere di contestarli e non a circostanze che hanno riguardato esclusivamente la parte che le deduce e che sono estranee alla sfera della conoscenza e conoscibilità della parte convenuta (quali il danno alla immagine commerciale e al danno emergente correlato alle spese non ammortizzabili); e perché la non contestazione non preclude al giudice di raffrontare il fatto non contestato con le risultanze istruttorie e dare la prevalenza a queste ultime, ove difformi.

Nel caso di specie, tutte le circostanze indicate dall’appellante risultavano smentite dalle acquisizioni circostanziali su cui si era basata la CTU, dalle prove documentali e dalle acquisizioni fattuali circa il volume d’affari del rapporto inter partes.

4) Sia il secondo che il terzo motivo sono fondati.

Va osservato che il principio di non contestazione (il quale produce l’effetto della “relevatio ab onere probandi” – Cass. 27/10/2016, n. 21075) può operare in relazione a fatti, costitutivi, modificativi o estintivi del diritto azionato (cfr. Cass. 13/09/2016, n. 17966) e non anche rispetto a fattispecie giuridiche, come l’accertamento del diritto al risarcimento del danno, che richiedono un riscontro sulla condotta, sul nesso di causalità, sull’evento e sul pregiudizio economico, a carattere fortemente valutativo, che devono essere necessariamente ricondotte al thema probandum come disciplinato dall’art. 2697 cod. civ. e la cui verificazione spetta al giudice. (cfr. Cass. 14/07/2023, n. 20329 e già tra le pronunce massimate Cass. 19/08/2019, n. 21460).

Deve anche precisarsi che il principio di non contestazione rileva diversamente, a seconda che risulti riferibile a fatti giuridici costitutivi della fattispecie non conoscibili di ufficio – ove il comportamento di non contestazione costituisce manifestazione dell’autonomia riconoscibile alla parte in un processo dominato dal principio dispositivo, con la conseguenza che il fatto non contestato non ha bisogno di prova perché le parti ne hanno disposto vincolando il giudice a tenerne conto senza alcuna necessità di convincersi della sua esistenza – o a circostanze di rilievo istruttorio al di fuori del dominio esclusivo dell’autonomia delle parti su cui è necessario un controllo probatorio, rispetto alle quali peraltro l’atteggiamento difensivo del convenuto ed i suoi eventuali mutamenti rilevano solo come “argomenti”, da valutarsi, nel concorso delle ulteriori risultanze istruttorie, ai fini della formazione del convincimento del giudice.

In ogni caso, il principio di non contestazione “non esclude che il giudice, ove dalle prove comunque acquisite emerga la smentita di quel fatto o una sua diversa ricostruzione, possa pervenire ad un diverso accertamento; l’art. 115, 1 comma, cod. proc. civ., non reca alcuna finzione di dimostrazione del fatto non specificatamente contestato, bensì si limita a stabilire una relevatio ab onere probandi a favore della parte che lo ha allegato; la circostanza narrata, in difetto di una specifica contestazione, dovrà essere valutata dal giudice nella formazione del suo convincimento, potendo, pur sola e indimostrata, fondare la decisione, ma potrà anche essere reputata inesistente, qualora constino agli atti prove in senso contrario (cfr., in tal senso, Cass. 04/04/2012, n. 5363, la quale ha precisato che nel rito del lavoro, la mancata contestazione di un fatto costitutivo della domanda esclude il fatto non contestato dal tema di indagine solo allorché il giudice non sia in grado, in concreto, di accertarne l’esistenza o l’inesistenza, ex officio, in base alle risultanze ritualmente acquisite”.

Ha, dunque, errato la Corte territoriale ad accordare il risarcimento del danno nella misura richiesta dalla Ferramenta Ci.Lo., applicando il principio di non contestazione.

5) Il ricorso va, pertanto, accolto. La impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila, che in diversa composizione procederà a nuovo esame e provvederà anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Convenuto che abbia contestato sia l’an che il quantum non è tenuto nel caso di appello dell’attore non è tenuto a riproporre la proprie contestazioni in ordine al quantum

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di L’aquila, in diversa composizione.

Così deciso nella Camera di Consiglio del 20 febbraio 2024 dalla Terza Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2024.

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