Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 10 gennaio 2018, n. 96. Lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio, ma preventivo

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Tanto premesso il giudice di prime cure ha sminuito la valenza probatoria di ciascuno degli elementi sopra esposti, affermandone la genericità e, comunque, la carenza di efficacia dimostrativa sia della sussistenza di legami tra la giunta -OMISSIS-e la criminalità organizzata, sia del condizionamento subito dall’amministrazione comunale, concludendo che ” tutti gli elementi indicati ? appaiono privi di specifica concludenza in ordine alla sussistenza di un condizionamento criminale di tipo mafioso. ? La tesi della sussistenza di elementi probanti di condizionamento e collegamento, in conclusione, è rimasta indimostrata, perché non emergono concrete azioni di interferenza amministrativa poste in essere da appartenenti a cosche operanti nel territorio, risultando, di contro, affidata al solo rilievo delle irregolarità elencate, le quali, sia per la loro consistenza che specificità, rivelano disfunzionalità non dissimili da quelle che interessano molte amministrazioni locali; laddove le irregolarità amministrative rilevanti, ai fini dell’art. 143 TUEL, non possono consistere in meri giudizi negativi sull’attività degli amministratori locali, ovvero in elementi che non rappresentino un serio indice della presunta esistenza di fenomeni di infiltrazione e condizionamento mafioso”.
Avverso tale decisione hanno proposto appello, con unico atto, il Presidente della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Interno e la Prefettura Ufficio Territoriale del Governo di -OMISSIS-lamentando, in rito, l’erroneità della decisione impugnata per omessa pronuncia sul difetto di legittimazione passiva della Presidenza della Repubblica e la conseguente mancata declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata impugnazione della delibera del Consiglio dei Ministri con la quale, secondo quanto previsto dall’art. 143, comma 4, del D.Lgs. vo 267/2000 è stato proposto lo scioglimento del Consiglio Comunale di -OMISSIS-.
Nel merito, con un terzo motivo, parte appellante censura la decisione impugnata per aver proceduto ad una valutazione atomistica, frammentaria e riduttiva del complesso degli elementi fattuali esposti nel provvedimento impugnato, senza tener conto del loro complessivo valore, anche alla luce della specificità del contesto territoriale di riferimento nel quale si registra la presenza di sodalizi criminali di stampo mafioso impegnati nella penetrazione capillare del tessuto economico-sociale.
Con tempestiva memoria si sono costituiti in giudizio -OMISSIS-, invocando il rigetto dell’appello.
Con ordinanza del -OMISSIS-la sezione, in accoglimento dell’istanza cautelare, ha disposto la sospensione dell’esecutività della sentenza appellata.
All’udienza del 12 dicembre 2017, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Va premesso che devono ritenersi infondati i primi due motivi d’appello formulati in rito, dovendosi ritenere corretta la decisione del primo giudice che considera quale atto di rilevanza esterna conclusivo del procedimento amministrativo il decreto di scioglimento emesso dalla Presidenza della Repubblica, con conseguente infondatezza dell’eccepita mancata declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata impugnazione della precedente delibera del Consiglio dei Ministri adottata ai sensi dell’art. 143, comma 4, T.U.E.L.
Nel merito la sezione intende sinteticamente ribadire il consolidato orientamento interpretativo dell’art. 143 T.U.E.L, secondo cui lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio, ma preventivo, con la conseguenza che, per l’emanazione del relativo provvedimento, è sufficiente la presenza di elementi indizianti, che consentano d’individuare la sussistenza di un rapporto inquinante tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato (cfr., tra le tante, C.d.S., III Sez., 28.5.2013, n. 2895; C.d.S. sez. III, 26.9.2014 n. 4845; C.d.S. sez. III 25.1.2016 n. 256; C.d.s. sez. III, 2.10.2017 n. 4578).
Si tratta, infatti, di uno strumento di tutela, in particolari situazioni ambientali, nei confronti dell’ingerenza delle organizzazioni criminali sull’azione amministrativa degli enti locali, quale “misura di carattere straordinario” per fronteggiare “una emergenza straordinaria” (cfr, Corte costituzionale n. 103 del 19 marzo 1993, nell’escludere profili di incostituzionalità del previgente art. 15-bis della legge 19 marzo 1990, n. 55).
Nel presente giudizio è, poi, di particolare utilità ribadire che il quadro fattuale posto dall’amministrazione a sostegno del provvedimento di scioglimento va valutato non atomisticamente ma nella sua complessiva valenza dimostrativa, dovendosi tradurre in un prudente apprezzamento in grado di lumeggiare, con adeguato grado di certezza, le situazioni di condizionamento e di ingerenza nella gestione dell’ente che la norma intende prevenire.
Deve, infine, aggiungersi che – stante l’ampia sfera di discrezionalità di cui l’Amministrazione dispone in sede di valutazione dei fenomeni connessi all’ordine pubblico ed in particolare alla minaccia rappresentata dal radicamento sul territorio delle organizzazioni mafiose prevenzione – il controllo sulla legittimità dei provvedimenti adottati si caratterizza come estrinseco, nei limiti del vizio di eccesso di potere quanto all’adeguatezza dell’istruttoria, alla ragionevolezza del momento valutativo, nonché alla congruità e proporzionalità rispetto al fine perseguito.
Facendo corretta applicazione di tali principi l’appello proposto risulta fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Invero, come già anticipato nell’adottato provvedimento cautelare (il cui contenuto va in questa sede integralmente richiamato), la decisione impugnata merita censura sia perché non ha adeguatamente valorizzato la significativa valenza dei principali elementi fattuali posti a fondamento del provvedimento impugnato, sia perché non ne ha colto la complessiva forza dimostrativa.

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