Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 30 gennaio 2018, n. 634. In linea generale, pur dinanzi al generale onere di specificità dei motivi di gravame, costituisce jus receptum il principio per cui è da ritenere ammissibile l’appello se dallo stesso sia possibile desumere quali siano le argomentazioni fatte valere da chi ha proposto l’impugnazione

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[…]

Invero, come correttamente evidenziato dalla difesa di parte appellata, tali principi risultano già applicati dalla sezione in precedenti, relativi a fattispecie analoghe anche in termini di collocazione territoriale, cui occorre all’evidenza adeguarsi (cfr. ad es. decisione n. 2963\2017).

Anche nella specie non trattasi di realizzazione di una nuova costruzione, ma della richiesta del mantenimento di un manufatto di una struttura ricettivo balneare per l’intero anno, mentre in precedenza la sua installazione stagionale era stata ritenuta compatibile, con i valori paesistici interessati, dalla medesima Soprintendenza, la quale non aveva ritenuto sussistenti i presupposti per l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata.

All’opposto, le considerazioni poste a fondamento delle difese erariali si scontrano con il generale principio che ritiene inammissibile l’integrazione della motivazione in sede giudiziale, al di fuori del necessario e preliminare contesto procedimentale, caratterizzato dalle proprie peculiarità sia di merito che di necessario rispetto delle garanzie partecipative.

Né nel caso de quo le censure dedotte involgono le considerazioni svolte dalla pronuncia appellata, sia in relazione alle chiare indicazioni desunte dalla legislazione regionale vigente, – che consente il mantenimento delle opere precarie poste a servizio di uno stabilimento balneare per l’intero anno solare -, sia in relazione alla evidente necessità di approfondire la motivazione in merito ai paventati danni derivanti dalla ripetuta attività di montaggio e smontaggio.

Orbene, in tale situazione, caratterizzata da precedenti favorevoli (l’impatto dell’opera sul paesaggio va considerato come valore in sé, a prescindere dalla durata e dalla collocazione stagionale della permanenza dell’opera sul territorio), ritiene la Sezione che il provvedimento impugnato sia privo della necessaria adeguata motivazione, nei termini correttamente evidenziati dalla stessa sentenza appellata.

Anche in termini di paventato danno paesaggistico, il concetto di limitazione dello stesso appare contraddittorio rispetto all’esigenza di tutela primaria di un bene soggetto a vincolo; in sostanza, o l’opera è compatibile con il vincolo esistente in loco oppure non lo è, risultando manifestamente illogica una valutazione che ponga la verifica a fini di tutela in termini di mera limitazione di un danno al bene tutelato.

Infine, appare altrettanto condivisibile e fondata sulle risultanze istruttorie, l’accoglimento disposto dal primo Giudice in ordine alla contestata contraddittorietà rispetto ad ana chiosco, collocato nel medesimo contesto paesaggistico, il cui mantenimento annuale risulta assentito sulla scorta di una motivazione del tutto applicabile anche al caso in discussione.

Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va respinto.

Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese di lite in favore della parte appellata costituita, liquidate in complessivi euro 4.000,00 (quattromila\00), oltre accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo – Presidente

Bernhard Lageder – Consigliere

Silvestro Maria Russo – Consigliere

Francesco Mele – Consigliere

Davide Ponte – Consigliere, Estensore

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