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[…]
DIRITTO
1. L’appello va dichiarato irricevibile, accogliendo la relativa eccezione preliminare proposta dalla difesa del Comune appellato come in premesse.
2. Per quanto qui interessa, l’art. 92 del c.p.a., entrato in vigore il giorno 16 settembre 2010, prevede al comma 1 che “salvo quanto diversamente previsto da speciali disposizioni di legge, le impugnazioni si propongono con ricorso e devono essere notificate entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza”; nei casi poi come il presente, in cui la sentenza non è stata notificata, dispone al successivo comma 3 che “in difetto della notificazione della sentenza, l’appello” ed ogni altra impugnazione proponibile “devono essere notificati entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”, che avviene come è noto con il deposito in segreteria.
L’art. 2 delle norme transitorie, di cui all’allegato 3 del c.p.a. stabiliva poi che “per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti”.
3. Ciò posto, costante giurisprudenza di questo Consiglio ha affermato che il citato art. 2 limita l’ultrattività della disciplina previgente ai soli termini in corso alla data di entrata in vigore del codice, ovvero a quella ricordata del 16 settembre 2010, e quindi comporta che il termine semestrale d’impugnazione di cui all’art. 92 comma 3 si applichi a tutte le sentenze pubblicate successivamente a tale data, a prescindere dalla data d’instaurazione del rapporto processuale di primo grado: così, fra le molte, C.d.S. sez. VI 30 giugno 2017 n. 3204, ove ampi ulteriori richiami.
Nel caso di specie, come detto in premesse e non contestato in fatto, la sentenza di primo grado è stata depositata il giorno 27 aprile 2011, l’appello è stato notificato il giorno 24 maggio 2012, ed è quindi effettivamente irricevibile, appunto in quanto successivo di oltre 6 mesi alla pubblicazione della sentenza appellata, pur tenendosi conto della sospensione feriale dei termini.
4. Va aggiunto per completezza che alla fattispecie nemmeno è applicabile l’istituto della rimessione in termini per errore scusabile.
Così come affermato da C.d.S. sez. III 10 agosto 2017 n. 3992, la cui motivazione si condivide, in primo luogo i termini per proporre impugnazione sono perentori perché stabiliti per ragioni di interesse generale alla certezza dei rapporti giuridici, e quindi la deroga agli stessi che attraverso la rimessione in termini si può operare ha carattere eccezionale, ed è quindi soggetta ad interpretazione restrittiva.
In secondo luogo, della rimessione in termini per errore scusabile mancherebbero anche i presupposti, rappresentati com’è noto da eventi come si è detto in qualche misura eccezionali, come un quadro normativo oscuro, una giurisprudenza oscillante, un comportamento ambiguo della P.A., un ordine del Giudice di compiere un determinato adempimento processuale in violazione dei termini effettivamente previsti dalla legge, dal caso fortuito o dalla forza maggiore, fattispecie tutte che nella specie non ricorrono.
5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano così come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 4480/2012 R.G.), lo dichiara irricevibile.
Condanna la ricorrente appellante a rifondere al Comune intimato appellato le spese del presente grado di giudizio, spese che liquida in Euro 4.000 (quattromila/00), oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Ermanno de Francisco – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
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