Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 30 gennaio 2018, n. 631. I termini per proporre impugnazione sono perentori perché stabiliti per ragioni di interesse generale alla certezza dei rapporti giuridici

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Nel provvedimento, l’amministrazione premette il regime urbanistico dell’area interessata dalla costruzione, la quale: a) in base al Piano regolatore generale – PRG di cui al d.m. Lavori pubblici 4 marzo 1975 n. 12485, è classifica zona (omissis), di verde e attrezzature di interesse comunale; b) in base al PRG di cui alla deliberazione della Giunta regionale 22 settembre 1987 n. 23964, è classificata zona (omissis) per attrezzature pubbliche di livello comunale; c) in base alla variante generale al PRG, rispettivamente adottata e approvata con deliberazioni del Consiglio comunale 23 luglio 1998 n. 104 e 20 aprile 2004 n. 34, è classificata zona (omissis), aree per verde e servizi pubblici di cui all’art. 17.1 delle norme tecniche di attuazione – NTA; d) risulta comunque inserita nel Programma urbano parcheggi di cui alla L. 24 marzo 1989 n. 122 quale area n. (omissis) -viale (omissis).

Per conseguenza, l’amministrazione, nella stessa ordinanza, ritiene che le opere, realizzate nel 1999, insistano su area vincolata e siano quindi non sanabili ai sensi dell’art. 32 comma 2 della l. 28 febbraio 1985 n. 47, richiamata dal d.l. 269/2003 sopra citato (doc. 1 in I grado ricorrente appellante, copia provvedimento impugnato).

Con la sentenza pure meglio indicata in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso proposto contro tale provvedimento, ritenendo che le opere effettivamente non fossero sanabili, perché al tempo della loro realizzazione l’area era già vincolata in base alla delibera di adozione del PRG 104/2008 sopra citata.

Contro tale sentenza, l’originaria ricorrente ha proposto impugnazione, con appello contenente un’unica censura, riconducibile secondo logica ai due motivi che seguono:

– con il primo di essi, corrispondente alla prima parte della censura, alle pp. 3-5 dell’atto, deduce secondo logica eccesso di potere per falso presupposto, contestando l’esistenza di vincoli sull’area, dato che a suo dire i vincoli citati dall’amministrazione sarebbero stati imposti posteriormente alle opere, ovvero sarebbero inefficaci per scadenza naturale o intervenuta decadenza;

– con il secondo motivo, corrispondente alla seconda parte della censura, alle pp. 6-7 dell’atto, deduce ulteriore eccesso di potere per falso presupposto, sostenendo che, quand’anche sull’area un vincolo derivante da misure di salvaguardia fosse esistito, non avrebbe riguardato la tipologia di lavori eseguiti.

Il Comune intimato appellato resiste, con atto 5 luglio 2012 e memoria 11 settembre 2017, in cui:

– in via preliminare, eccepisce l’irricevibilità dell’appello perché tardivo, in quanto proposto con notifica del giorno 14 maggio 2012 contro una sentenza di primo grado depositata il giorno 27 aprile 2011, e quindi oltre il termine semestrale di cui all’art. 92 c.p.a. applicabile alla fattispecie;

– sempre in via preliminare, eccepisce comunque l’inammissibilità dell’appello, che a suo dire non conterrebbe le “specifiche censure contro i capi della sentenza impugnata” richieste dall’art. 101 c.p.a., ma si limiterebbe a riproporre le censure dedotte in primo grado;

– nel merito, chiede che l’appello sia respinto, e deduce che il vincolo di cui alla delibera 104/1998 era pienamente operante, anche con riguardo ai lavori di cui si tratta, che hanno comportato un cambio di destinazione d’uso, e quindi una variazione essenziale e un correlato aumento del carico urbanistico.

All’udienza del giorno 12 ottobre 2017, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

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