Rientra nella discrezionalità della pubblica amministrazione e delle stazioni appaltanti disporre i contenuti dei servizi da affidare mediante gara, quale aspetto caratteristico del merito amministrativo, ed all’interno di queste scelte è rimessa sempre alla stazione appaltante la scelta dei requisiti da richiedere e tra questi non può essere l’applicazione di un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, qualora una o più tipologie di questi si possano adattare alle prestazioni da affidare all’aggiudicatario; l’indicazione dell’applicazione di uno specifico CCNL può eventualmente essere indicata nella legge di gara, anche a pena di esclusione, ma certo è che tale clausola deve rispondere ad una ferrea logica di correlazione tra requisiti da indicare e prestazioni da appaltare, perché in caso contrario il principio del favor partecipationis ne risulterebbe gravemente sminuito e la legge di gara sarebbe stata emanata in assoluta violazione del principio di concorrenza
Consiglio di Stato
sezione V
sentenza 5 ottobre 2016, n. 4109
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1501 del 2016, proposto da:
Ec. Pi. Srl in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo r.t.i. con To. Gi. Sp. Sas di Fr. Al. & C, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Sc., Se. Vi., Ma. Co. con domicilio eletto presso Ma. Co. in Roma, via (…);
contro
Ir. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. Gi., Gi. Ca., con domicilio eletto presso Fr. Gi. in Roma, via (…);
nei confronti di
Id. di Pe. Fr. & Fi. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Ra., con domicilio eletto presso Gi. A. Ra. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Emilia Romagna, Sezione Staccata di Parma, n. 33/2016, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di autoespurgo su impianti di depurazioni, reti e impianti fognari;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ir. S.p.a. e di Id. di Pe. Fr. & Figli S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 settembre 2016 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Al. Sc., Fr. Gi. anche su delega dell’avvocato Gi. Ra.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con avviso di gara pubblicato il 19 dicembre 2014 Ir. s.p.a. aveva indetto una procedura negoziata con criterio del prezzo più basso per l’affidamento dei “servizi di autoespurgo su impianti di depurazione, reti e impianti fognari, impianti di autolavaggio, centri di raccolta rifiuti (CDR) e servizi di smaltimento dei rifiuti residui nelle province di Parma, Reggio Emilia Piacenza e Genova”; la Ec. Pi. s.r.l. in costituenda a.t.i. con la To. Gi. Sp. s.a.s. aveva partecipato all’affidamento del lotto 2 – con importo a base d’asta pari a € 1.085.991,00 – offrendo un ribasso del 17,17% pari ad un corrispettivo di €. 897.786,92, con dichiarazione di applicare il c.c.n. l. Fise con un costo orario medio della manodopera di €. 25,17, ma all’aggiudicazione avveniva a favore della Id. di Pe. Fr. & Figli s.r.l., la quale aveva offerto un ribasso del 31% pari a €. 747.884,79 con la correlativa applicazione del c.c.n. l. Gas e acqua un costo orario medio della mano d’opera di €. 15,94 per 23.312 ore di manodopera incidente per il 49,69% sull’intero offerta economica, superando infine la verifica di anomalia.
La Ec. Pi. impugnava l’aggiudicazione davanti al Tar dell’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, deducendo con un primo ordine di doglianze, che la miglior offerta dell’aggiudicataria sarebbe conseguenza dell’applicazione alle proprie maestranze di un c.c.n. l. non conferente con la prestazione appaltata e che avrebbe consentito un eccessivo abbattimento dei costi del lavoro e quindi con un secondo ordine di doglianze, censurando la correttezza del procedimento di verifica dell’anomalia condotto da Ir. S.p.A. che non avrebbe rilevato tale criticità.
La controinteressata e la stazione appaltante si costituivano in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.
Con la sentenza n. 33 del 1° febbraio 2016 il Tar di Parma respingeva il ricorso, osservando quanto al primo ordine di censure, che non poteva rinvenirsi nel capitolato speciale di appalto un precetto specifico idoneo a rendere obbligatoria l’applicazione di un preciso contratto collettivo nazionale di lavoro e che la più recente giurisprudenza, in fattispecie analoghe, aveva avuto modo di affermare da un lato che la legge di gara non poteva imporre l’applicazione di un determinato contratto collettivo quale requisito di partecipazione e dall’altro che la mancata applicazione di tale contratto potesse essere sanzionata con l’esclusione dalla procedura, anche in presenza di una previsione di bando.
Del resto le prestazioni da appaltarsi così come indicate dal capitolato speciale, rispondevano pienamente al complesso delle previsioni regolate al contratto collettivo Acqua e Gas.
L’infondatezza della prima censura si rifletteva inevitabilmente su un secondo motivo, basato su di una pretesa incongruità dei costi della manodopera allegati.
Le richieste di chiarimenti della stazione appaltante sulla manodopera, sui costi delle forniture, dei mezzi e delle attrezzature e le risposte prodotte dall’aggiudicataria sull’economicità del procedimento, le soluzioni tecniche adottate e le condizioni eccezionalmente favorevoli descritte erano oltremodo sufficienti per essere ritenute del tutto ragionevoli, vista anche i contenuti di ampia discrezionalità non sindacabile in sede giurisdizionale delle valutazioni delle stazioni appaltanti e l’intero subprocedimento era globalmente e sinteticamente satisfattivo delle esigenze poste dall’ordinamento, ciò anche alla luce delle considerazioni svolte riguardo al contratto collettivo applicato.
Con appello in Consiglio di Stato notificato il 22 febbraio 2016 la Ec. Pi. s.r.l. in proprio e quale mandataria di a.t.i. impugnava la sentenza in questione, contestandone i contenuti in primo luogo quanto alle considerazioni in tema di costi del lavoro, del tutto insufficienti per qualsiasi profilo anche previdenziale ed assistenziale e da ritenersi in violazione dell’art. 36 della Costituzione con aspetti di dumping sociale in riferimento al settore oggetto dell’appalto e comunque in violazione tanto della normativa di legge quanto di quella di gara, soprattutto in vista di una serie di prestazioni come la manutenzione e lo spurgo di caditoie, di reti fognarie ed impianti di depurazione, tipici del contratto collettivo dei servizi ambientali e più in generale la mancanza di connessioni delle prestazioni contemplato dal contratto collettivo gas e acqua rispetto ai servizi da affidare, per taluni casi assolutamente al di fuori di tale contratto collettivo; in secondo luogo veniva contestato, conseguentemente l’intero procedimento di verifica dell’anomalia, viziato in partenza dalle considerazioni erronee sul contratto collettivo da applicare; in terzo luogo si sosteneva l’erroneità della sentenza nell’aver legittimato un costo del lavoro orario medio non congruente con il servizio oggetto di gara; in quarto luogo la sentenza impugnata non ha individuato la non veridicità delle giustificazioni dell’appellata nell’indicare le 23.312 ore di manodopera, il quale moltiplicato per quanto contenuto nell’offerta economica tenendo conto delle tabelle ministeriali, conduceva ad un’offerta in perdita.
L’appellante concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese, riservandosi espressamente di produrre in un giudizio separato la domanda di risarcimento del danno ove non fosse stato possibile conseguire l’aggiudicazione e chiedendo altresì la declaratoria d’inefficacia del contratto di appalto, ove già stipulato tra Ir. e l’aggiudicataria.
Si sono costituite in giudizio l’aggiudicataria Id. s.r.l. e la Ir. s.p.a., sostenendo complessivamente l’infondatezza dell’appello e la conferma delle conclusioni del giudice di primo grado.
All’odierna udienza del 29 settembre 2016 la causa è passata in decisione.
Le affermazioni contenute nella sentenza impugnata trovano conferma dell’esame del presente appello.
Al di là delle eccezioni di inammissibilità sollevate dall’aggiudicataria Id. che non hanno una concreta consistenza, si deve rilevare che le illegittimità principalmente contestate, ossia l’applicazione del contratto collettivo nazionale “Acqua e Gas” in luogo del contratto collettivo dei dipendenti dell’esercenti di Servizi ambientali di gran lunga più costoso per le maggiori retribuzioni riconosciute, sono prive di fondamento.
Il T.a.r. ha correttamente richiamato tra le varie, l’art. 20 del capitolato speciale di appalto in cui venivano individuati i servizi da affidare, in breve le prestazioni il cui adempimento incombeva al concorrente scelto e tra questi sono stati individuati la “disostruzione, lavaggio e pulizia idrodinamica della rete fognaria”, “La pulizia idrodinamica” degli “impianti di sollevamento fognari” e delle “vasche di laminazione/equalizzazione e di prima pioggia”, il “rilievo ed ispezione televisiva intubazione e fognature e ricerca guasti”, la “pulizia caditoie stradali, di sviluppo e griglie stradali”, i “lavaggi e pulizie parti di impianto di depurazione”, la “pulizia e trasporto da impianti di tipo Imhoff”, la “potatura e pulizia dei bacini di sedimentazione primaria e secondaria” degli “impianti di depurazione” ed infine l’allestimento di impianti di by-pass fognario.
Ora il contestato contratto collettivo Acqua e Gas disciplina, tra l’altro, il rapporto di lavoro tra le aziende che gestiscono i servizi relativi al ciclo integrale dell’acqua, incluse le attività di depurazione e gestione delle reti fognarie: è sufficiente un’analisi terminologica dell’elenco delle prestazioni per comprendere come l’offerta economica dell’aggiudicataria Id. fosse del tutto corretta, poiché il lavaggio, la disostruzione e la pulizia idrodinamica della rete fognaria così come la pulizia degli impianti di sollevamento fognari oppure i rilievi e le ispezioni delle fognature per la ricerca di guasti o ancora la pulizia delle caditoie e delle griglie stradali – che immettono notoriamente nel sistema fognario – le pulizie degli impianti di depurazione ed Imhoff o la pulizia dei bacini fognari altro non fossero che un aspetto delle attività di depurazione e gestione delle reti fognarie.
A ben intendersi, se il capitolato speciale di appalto avesse disposto l’applicazione del contratto collettivo nazionale dei Servizi ambientali e cioè del rapporto di lavoro delle aziende attive nel campo di gestione integrata dei rifiuti urbani, campo che può comprendere naturalmente il trattamento dei rifiuti liquidi o l’espurgo dei pozzi neri, non ne sarebbero conseguiti giudizi di illegittimità, perché una simile posizione non poteva essere certamente tracciata di incongruità.
Infatti rientra sicuramente nella discrezionalità della pubblica amministrazione e nel caso specifico delle stazioni appaltanti disporre i contenuti dei servizi da affidare mediante gara, quale aspetto caratteristico del merito amministrativo, ed all’interno di queste scelte è rimessa alla stessa stazione appaltante la scelta dei requisiti da richiedere e tra questi non può essere l’applicazione di un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, qualora una o più tipologie di questi si possano adattare alle prestazioni da affidare all’aggiudicatario; l’indicazione dell’applicazione di uno specifico contratto può eventualmente essere indicata nella legge di gara e ciò anche a pena di esclusione, ma certo è che tale clausola deve rispondere ad una ferrea logica di correlazione tra requisiti da indicare e prestazioni da appaltare, purché in caso contrario il principio del favor partecipationisne risulterebbe gravemente sminuito ed in conclusione la legge di gara sarebbe stata emanata in assoluta violazione del principio di concorrenza.
Quindi la scelta operata e censurata costituisce un normale precipitato della discrezionalità della pubblica amministrazione e non può essere tracciata di alcuna irragionevolezza, visto che le prestazioni richieste si attagliano pacificamente al rapporto di lavoro disciplinato contratto collettivo Acqua e Gas.
Conseguentemente sono infondate le residue censure, concernenti le manchevolezze della verifica di anomalia, l’incongruità del costo del lavoro orario medio accettato dalla stazione appaltante e più in generale la non veridicità dei costi offerti quanto a ore lavorate in riferimento a quanto realmente dovuto e ad una sostanziale offerta in perdita.
L’articolazione delle censure è correlata all’asserita dovuta applicazione del contratto collettivo nazionale dei Servizi ambientali, con un costo del lavoro obiettivamente più alto, perciò l’applicazione del contratto Acqua e Gas toglie qualsiasi fondamento a queste ultime censure, poiché la parametri azione dei costi dovuti secondo questo ultimo contratto collettivo rende le contestazioni di Ec. Pi. del tutto fuori luogo e assolutamente non connesse alla realtà dei fatti, si ripete ritenuti legittimi, e prive di collegamento con le analisi svolte da Ir. in merito all’offerta di Id..
Per le considerazioni sinora rassegnate l’appello deve essere respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio liquidate in complessivi €. 6.000,00 (seimila/00) oltre agli accessori di legge, da versarsi in parti eguali alle due Società intimate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Sandro Aureli – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio – Consigliere
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