Consiglio di Stato
sezione V
sentenza 3 giugno 2015, n. 2715
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE QUINTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 521 del 2015, proposto dalla s.p.a. De., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi.Co. e Ma.Mu., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi.Co. in Roma, via (…);
contro
la s.p.a. Ec., in proprio e quale mandataria del RTI costituendo con la s.p.a. Ge., la s.r.l. Ca., la s.r.l. Ma. (succeduta alla s.r.l. Sp.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An.Ro. e Al.Bo., con domicilio eletto presso il lo studio dell’avvocato Al.Bo. in Roma, via (…);
nei confronti di
Il Comune di Cagliari;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Sardegna, Sezione I, n. 1091/2014, resa tra le parti, concernente una gara per l’affidamento dei servizi integrati di igiene urbana.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della s.p.a. Ec.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 aprile 2015 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Ma.Mu. ed altri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 Il Comune di Cagliari indiceva una procedura per l’affidamento dei servizi integrati di igiene urbana per la durata di 7 anni, con importo a base di gara di euro 210.899.981,36 (oltre ad euro 844.150 per costi di sicurezza da rischi interferenziali).
Il raggruppamento tra la s.p.a. EC., quale mandataria, e le mandanti s.p.a. Ge. (Gestione Servizi Nettezza Urbana), s.r.l. Ca. e s.r.l. Sp. (di seguito, il r.t.i. EC.) risultava primo in graduatoria con punti 98,37; si classificava secondo il r.t.i. avente come mandataria la s.p.a. De. e, quali mandanti, la C.N.S. Consorzio Nazionale Servizi Soc. Coop. e la s.r.l. Sa. (di seguito, il r.t.i. DE .), con punti 91,49; giungeva terza, infine, la soc. Du. con punti 60,56.
Il r.t.i. EC. veniva però poco dopo escluso dalla gara, con verbale n. 25 del 25 agosto 2014, per non aver indicato in modo univoco i costi per gli oneri di sicurezza aziendale, con conseguente incertezza e indeterminatezza dell’offerta per difetto di un elemento essenziale ai sensi dell’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006, in quanto non sarebbe risultato chiaro se l’importo indicato dal concorrente di euro 544.484,91 fosse da intendere “ad anno” o, invece, “per l’intera durata dell’appalto” (7 anni).
2 Il r.t.i. EC. proponeva indi ricorso al T.A.R. per la Sardegna avverso la propria esclusione, impugnando in pari tempo anche la contestuale aggiudicazione provvisoria dell’appalto a favore del r.t.i. DE. nonché, ove occorrente, il punto 3 del disciplinare di gara, nella parte in cui avrebbe previsto che l’offerta economica dovesse specificare a pena di esclusione i costi relativi alla sicurezza afferenti lo specifico oggetto dell’appalto.
A fondamento del gravame venivano articolati motivi così rubricati:
a) violazione e falsa applicazione del disciplinare di gara (pag. 12), nonché dell’art. 46 comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006 – eccesso di potere per difetto di istruttoria, di motivazione, falsità del presupposto, travisamento dei fatti e sviamento;
b) eccesso di potere per sviamento del giudizio di anomalia – violazione o falsa applicazione della L. 241/1990, con particolare riferimento agli artt. 7, 8, 9 e 10;
c) violazione o falsa applicazione dell’ art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006 – eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza;
d) in subordine, violazione o falsa applicazione degli artt. 46, comma 1 bis, 86, 87 e 88 d.lgs. n. 163/2006, nonché eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza – nullità della clausola del disciplinare di gara.
Si costituivano in giudizio ex adverso il Comune di Cagliari e la controinteressata, chiedendo il rigetto del gravame.
Il RTI DE. proponeva anche un ricorso incidentale, con il quale deduceva che l’avversaria sarebbe dovuta essere esclusa dalla gara anche per ragioni ulteriori rispetto a quelle poste a base dell’atto impugnato di esclusione, proponendo i seguenti mezzi:
a) violazione dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, violazione o falsa applicazione dell’art. 46 dello stesso Codice, del punto I.1 del bando, della lett. E (pag. 6) del disciplinare, della previsione riportata alla pag. 25 del medesimo disciplinare, violazione del principio della par condicio tra i concorrenti, nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità e irragionevolezza – impugnazione estesa alle norme della lex specialis, qualora interpretate nel senso che le imprese non fossero tenute a presentare le dichiarazioni sul possesso dei requisiti di moralità professionale da parte dei “responsabili tecnici”;
b) violazione dell’art. 49 del d.lgs. n. 163/2006, dell’art. 88 del d.P.R. n. 207/2010, del punto III 2.2 del bando, della lett. E e del punto 7 del disciplinare, eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, falsità del presupposto, difetto di motivazione;
c) violazione degli artt. 86 e 87 d.lgs. cit., delle previsioni di cui al punto 3 del disciplinare (pag. 11 e ss.) e alla pag. 28 della medesima fonte, e violazione dei principi di certezza e determinatezza dell’offerta;
d) violazione del punto 3 (pagg. 12 e 13), nonché delle previsioni di cui alla pag. 28 del medesimo disciplinare che vietavano, pena l’esclusione, la presentazione di offerte incerte ed indeterminate, nonché violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare di certezza e di determinatezza dell’offerta, eccesso di potere per difetto di istruttoria, irragionevolezza, illogicità, travisamento dei fatti e falsità del presupposto;
e) violazione o falsa applicazione dei principi in materia di certezza o determinatezza dell’offerta, eccesso di potere per illogicità, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, contraddittorietà, perplessità;
f) violazione degli artt. 86 e 87 d.lgs. cit., eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità e irragionevolezza.
La ricorrente principale controdeduceva al ricorso incidentale con memoria notificata alle controparti, adducendo il rilievo per cui nemmeno i responsabili tecnici dell’aggiudicataria avrebbero rilasciato le dichiarazioni previste dall’art. 38 d.lgs. cit..
3 All’esito del giudizio il T.A.R. adìto, con la sentenza n. 1091/2014, respinto il ricorso incidentale, accoglieva invece quello principale, sulla base del chiarimento reso dal r.t.i. EC. in corso di gara, e considerato dal Tribunale ammissibile, nel senso che la voce di costo in discussione fosse da computare “per ciascun anno”, onde l’offerta avrebbe dovuto ritenersi formulata in modo certo e determinato.
Il T.A.R. pronunciava pertanto l’annullamento del provvedimento di esclusione, disponendo la riammissione della ricorrente principale alla procedura.
4 Seguiva avverso tale decisione la proposizione del presente appello alla Sezione da parte del r.t.i. DE.
L’appellante reiterava i motivi del proprio originario ricorso incidentale, criticando gli argomenti con cui erano stati disattesi, e censurava altresì l’accoglimento dell’impugnativa principale.
Il r.t.i. EC., dal canto suo, con atto denominato come appello incidentale tornava a eccepire sotto più profili il difetto di legittimazione dell’avversaria al ricorso incidentale, e pertanto l’inammissibilità di quest’ultimo.
Essa, inoltre, controdeduceva ai motivi dell’appello principale, assumendone l’infondatezza, e concludeva per la conferma della sentenza impugnata.
Il r.t.i. DE. replicava a sua volta all’appello incidentale e alle altre deduzioni dell’originaria ricorrente.
Le parti costituite sviluppavano ulteriormente le rispettive tesi con successive memorie e scritti di replica.
Alla pubblica udienza del 16 aprile 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
5 L’appello principale è fondato e merita di essere accolto, stante l’assorbente fondatezza del primo motivo del ricorso incidentale proposto in prime cure dal r.t.i. DE.
6 Il Collegio deve preliminarmente disattendere l’eccezione di inammissibilità di tale ricorso incidentale, riproposta in questa sede dal r.t.i. EC..
Quest’ultimo mette in dubbio che l’avversaria rivestisse la qualità di controinteressata, facendo leva sulla circostanza che l’oggetto essenziale dell’originaria impugnativa principale era costituito dall’atto di esclusione che aveva riguardato essa EC..
L’orientamento giurisprudenziale dominante, tuttavia, è proprio nel senso che l’aggiudicatario, anche se provvisorio, di una gara di appalto pubblico vada qualificato come controinteressato, rispetto al ricorso proposto dal concorrente escluso, quando l’esclusione e l’aggiudicazione siano avvenute nella stessa seduta di gara (di modo che il nominativo dell’aggiudicatario risulti dal medesimo verbale contenente l’esclusione), potendo così la ditta esclusa rendersi conto del fatto che la propria impugnativa incide sulla posizione di un altro soggetto (C.d.S., V, 27 ottobre 2014, n. 5279; 25 febbraio 2014, n. 886; 2 febbraio 2012, n. 569; IV, 3 settembre 2014, n. 4494; VI, 1° febbraio 2013, n. 639; 2 maggio 2011, n. 2580; III, 1° febbraio 2012, n. 493).
Ebbene, la narrativa che precede fa già comprendere che nella specie si configura proprio la condizione testé indicata. Il verbale n. 25 del 25 agosto 2014 recava, infatti, tanto l’esclusione dell’uno quanto l’aggiudicazione in favore dell’altro concorrente.
Peraltro, il ricorso al T.A.R. del r.t.i. EC. investiva ab origine anche l’aggiudicazione provvisoria che era stata accordata all’avversaria.
Ne consegue la legittimazione dell’attuale appellante principale, in qualità di originaria controinteressata, a dedurre, a mezzo di ricorso incidentale, l’esistenza di ragioni di esclusione – del r.t.i. EC. – ulteriori rispetto a quelle poste a base dell’atto di esclusione gravato in via principale (cfr. ad es. C.d.S., V, 13 giugno 2012, n. 3467; IV, 31 marzo 2015, n. 1674).
Né tale legittimazione a ricorrere può essere fondatamente negata, a mezzo di una mera eccezione, adducendo che il RTI DE. avrebbe agito con il suo ricorso incidentale sul titolo di una semplice partecipazione “di fatto” alla gara, cui era stato invece ammesso, ovvero che esso tutelerebbe “interessi emulativi, di mero fatto, pretese impossibili o contra jus” (come sostenuto nell’appello incidentale di RTI EC. alle pagg. 5-6; sul restante contenuto di tale atto cfr. però infra il paragr. 8).
7 Il primo motivo del gravame incidentale qui reiterato concerne la mancata presentazione della dichiarazione prevista dall’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 da parte della s.r.l. Sp., una delle mandanti del r.t.i. EC., per i suoi responsabili tecnici di settore ai fini dell’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali ex d.m. n. 406/1998, ossia i sigg. M. Pe. e A. Ro.
7a Il primo Giudice ha respinto la doglianza sulle seguenti considerazioni:
– l’art. 38 cit. fa riferimento testuale ai “direttori tecnici”, e non ai “responsabili tecnici”;
– l’art. 46, comma 1 bis, dello stesso Codice dei contratti pubblici non consente l’esclusione, se non per previsioni tassative contenute nelle disposizioni normative;
– la dichiarazione ex art. 38 cit. era stata comunque resa dalla detta società mandante rispetto alla posizione del suo direttore tecnico sig. L. Ma.;
– quanto alle dichiarazioni inizialmente mancanti, esse erano state acquisite in corso di gara in applicazione dell’istituto del soccorso istruttorio;
– infine, la censura del ricorso incidentale si fondava sul solo punto “E” di pag. 6 del disciplinare, che contemplava la dichiarazione richiesta per i soggetti (inclusi i responsabili tecnici) già “cessati dalla carica”, disposizione che in concreto non avrebbe avuto effetto escludente.
7b Gli argomenti della motivazione del primo Giudice non resistono alle critiche che sono state loro rivolte con il presente appello.
7b1 Sul primo dei punti testé elencati, si impone il rilievo che una giurisprudenza ormai consolidata di questo Consiglio ha assimilato, per le imprese operanti nell’ambito dell’igiene ambientale, la figura del responsabile tecnico di settore a quella del direttore tecnico delle imprese di lavori pubblici.
Si è infatti rilevato che, a norma dell’art. 10, comma 4, del d.m. 28 aprile 1998, la prima figura è sostanzialmente analoga alla seconda, in quanto investita, con riguardo al complesso dei servizi da affidare, dei medesimi adempimenti di carattere tecnico-organizzativo necessari per l’esecuzione di lavori di cui all’art. 26 del d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 (in tal senso si vedano le decisioni di questa Sezione 22 gennaio 2015, n. 257, 22 gennaio 2015, n. 244, 12 gennaio 2015, n. 35, 12 febbraio 2013, n. 815, 17 maggio 2012, n. 2820, 28 febbraio 2012, n. 1154, 11 gennaio 2012, n. 83, 24 marzo 2011, n. 1790, e 26 maggio 2010, n. 3364; v. anche Sez. III, 6 giugno 2014, n. 2888, 23 maggio 2012, n. 3045).
Peraltro, l’obbligo dichiarativo riferibile, per quanto appena detto esposto, alla figura del responsabile tecnico del settore indicato, sussiste a prescindere dalla circostanza che il soggetto a tal titolo qualificato compaia nelle visure camerali, e che egli sia titolare, o meno, anche di particolari poteri rappresentativi.
7b2 Ciò posto, poiché la necessità che il suddetto responsabile tecnico renda la dichiarazione in questione scaturisce direttamente dall’interpretazione dell’art. 38 d.lgs. cit., al r.t.i. EC. non giova richiamarsi al principio di tassatività delle cause di esclusione di cui all’art. 46, comma 1 bis, dello stesso Codice dei contratti pubblici.
7b3 Poiché, inoltre, si discute di un adempimento riconducibile al citato art. 38, il richiamo che il bando di gara operava a tale articolo non può che essere inteso alla luce dell’orientamento giurisprudenziale appena ricordato.
Non si profila, quindi, alcun contrasto tra il bando e il disciplinare di gara sul punto in rilievo.
Occorre sottolineare, infatti, che il disciplinare era del tutto univoco (se ne vedano le pagg. 4, 6 e 7) nel disporre che la dichiarazione dovuta ai sensi dell’art. 38 dovesse riferirsi “ai direttori e responsabili tecnici per qualunque tipo di impresa” (adempimento sul quale l’attenzione dei concorrenti era stata sollecitata anche dalla precisazione in grassetto al centro della pag. 6).
7b4 Né può ascriversi al r.t.i. DE. una inammissibile modificazione in appello della propria originaria domanda giudiziale.
L’esame dell’originario ricorso incidentale denota che il suo primo motivo era imperniato, oltre che sull’art. 38 cit., nell’interpretazione offertane dalla giurisprudenza, anche sulla lata previsione della lex specialis, con tale interpretazione coerente, che si è appena trascritta.
E’ solo, quindi, per un’evidente quanto ininfluente svista che nel ricorso incidentale le citazioni testuali del disciplinare figuravano limitate alla sua lett. E, riflettente la condizione dei soggetti -inclusi i responsabili tecnici- già “cessati dalla carica”.
7b5 Non vale addurre, inoltre, che la dichiarazione ex art. 38 cit. era stata comunque resa dalla società mandante rispetto al proprio direttore tecnico, in quanto, tenuto conto della precisa previsione dettata dalla lex specialis in proposito (“direttori e responsabili tecnici”), la circostanza addotta non esimeva dal rendere analoga dichiarazione anche per i responsabili tecnici del settore oggetto di commessa.
Fondatamente l’appellante deduce, invero, che l’accidentale presenza, in una società che svolga servizi di igiene urbana, anche di un direttore tecnico, non può in alcun modo esonerare i suoi responsabili tecnici iscritti all’Albo dei gestori ambientali – proprio in quanto preposti alle attività oggetto della commessa, settore del quale non risulta invece investito il direttore tecnico – dall’obbligo di rendere la dichiarazione di cui si tratta.
Questa Sezione, del resto, in una fattispecie simile, con la decisione 12 gennaio 2015, n. 35, ha riferito l’obbligo dichiarativo ex art. 38 cit. proprio alla posizione del responsabile tecnico di settore, e invece escluso che esso fosse configurabile per il direttore tecnico.
7b6 Né può ritenersi, infine, che la mancata dichiarazione in cui è incorso il r.t.i. EC. potesse essere ovviata attraverso il soccorso istruttorio, dando alla concorrente la possibilità di presentare le dichiarazioni mancanti, a termini ormai scaduti.
Si è già visto che la disciplina della lex specialis era univoca sul punto, e nondimeno le dichiarazioni dei responsabili tecnici della predetta mandante in toto risultavano mancanti.
Quanto all’istituto del c.d. soccorso codificato dall’art. 46 d.lgs. n. 163/2006, il consolidato insegnamento giurisprudenziale è nel senso che la mancata allegazione di un documento o di una dichiarazione, richiesta a pena di esclusione, non possa considerarsi alla stregua di un’irregolarità sanabile, e quindi non ne è permessa l’integrazione o la regolarizzazione postuma, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali: e questo tanto più quando non sussistano equivoci o incertezze generati dall’ambiguità della legge di gara (cfr. ad es. C.d.S., V, 2 agosto 2010, n. 5084; 2 febbraio 2010, n. 428).
In presenza di una previsione chiara, un’ammissione alla regolarizzazione costituirebbe una violazione della par condicio fra i concorrenti. La richiesta di regolarizzazione, pertanto, non può essere formulata per permettere l’integrazione di documenti che, in base a previsioni univoche del bando o della lettera di invito, sarebbero dovuti essere prodotti a pena di esclusione.
Questa rigorosa impostazione è stata recentemente confermata dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio con la decisione 25 febbraio 2014, n. 9.
Nell’occasione l’Adunanza ha fatto, tra l’altro, le seguenti puntualizzazioni.
“…c) l’esegesi rigorosa delle disposizioni riguardanti il c.d. “potere di soccorso”, avuto riguardo ai valori in gioco, nasce dalla fondata preoccupazione che l’allargamento del suo ambito applicativo alteri la par condicio, violi il canone di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa, incida sul divieto di disapplicazione della lex specialis contenuta nel bando, eluda la natura decadenziale dei termini cui è soggetta la procedura;
d) l’esegesi rigorosa del “soccorso istruttorio” trova piena giustificazione anche in considerazione del principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno di essi sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione;
e) per meglio definire il perimetro del “soccorso istruttorio” è necessario distinguere tra i concetti di “regolarizzazione documentale” ed “integrazione documentale”: la linea di demarcazione discende naturaliter dalle qualificazioni stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del “soccorso istruttorio” è inoperante ogni volta che vengano in rilievo omissioni di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione dalla legge di gara (specie se si è in presenza di una clausola univoca), dato che la sanzione scaturisce automaticamente dalla scelta operata a monte dalla legge, senza che si possa ammettere alcuna possibilità di esercizio del “potere di soccorso”; conseguentemente, l’integrazione non è consentita, risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento; è consentita, invece, la mera regolarizzazione, che attiene a circostanze o elementi estrinseci al contenuto della documentazione e che si traduce, di regola, nella rettifica di errori materiali e refusi”.
Su queste premesse è stato ribadito, quindi, che, “In definitiva, in presenza di una previsione chiara e dell’inosservanza di questa da parte di una impresa concorrente, l’invito alla integrazione costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio, che verrebbe vulnerato dalla rimessione in termini, per mezzo della sanatoria (su iniziativa dell’Amministrazione), di una documentazione incompleta o insufficiente ad attestare il possesso del requisito di partecipazione o la completezza dell’offerta, da parte del concorrente che non ha presentato, nei termini e con le modalità previste dalla lex specialis, una dichiarazione o documentazione conforme al regolamento di gara”
L’Adunanza Plenaria ha concluso, pertanto, con l’enunciazione di principio per cui, “nelle procedure di gara disciplinate dal codice dei contratti pubblici, il “potere di soccorso” sancito dall’art. 46, co.1, del medesimo codice (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) – sostanziandosi unicamente nel dovere della stazione appaltante di regolarizzare certificati, documenti o dichiarazioni già esistenti ovvero di completarli ma solo in relazione ai requisiti soggettivi di partecipazione, chiedere chiarimenti, rettificare errori materiali o refusi, fornire interpretazioni di clausole ambigue nel rispetto della par condicio dei concorrenti – non consente la produzione tardiva del documento o della dichiarazione mancante o la sanatoria della forma omessa, ove tali adempimenti siano previsti a pena di esclusione dal codice dei contratti pubblici, dal regolamento di esecuzione e dalle leggi statali”.
7c Alla luce di quanto fin qui esposto, il primo motivo del ricorso incidentale, riproposto in questa sede con il primo mezzo del presente appello, si rivela meritevole di accoglimento, con l’effetto escludente che ne deriva per il r.t.i. EC..
La Sezione deve dunque negare la legittimazione di quest’ultimo a ricorrere in primo grado.
8 Non è pertanto possibile esaminare l’appello incidentale, con cui il medesimo r.t.i. EC. è tornato a dedurre che neppure i responsabili tecnici della controparte avevano rilasciato le dichiarazioni richieste dall’art. 38 cit. (pag. 6 e segg. dell’appello incidentale).
8a Questo rilievo, secondo l’impostazione del r.t.i. EC., dovrebbe avere natura pregiudiziale rispetto all’esame dell’originario ricorso incidentale avversario.
Lo stesso RTI definisce, infatti, il proprio ulteriore gravame come “una sorta di ricorso incidentale del ricorso incidentale” (pag. 5 atto ult. cit.).
In precedenza (paragr. 6) è stato già posto in evidenza, peraltro, che il r.t.i. DE. rivestiva la qualità di controinteressato rispetto al ricorso principale avversario, e che il gravame da essa proposto costituiva un rituale ricorso incidentale.
Occorre poi rilevare che l’art. 42 C.P.A. conferma la tradizionale connotazione dello strumento del ricorso incidentale come mezzo di tutela della sfera giuridica delle parti resistenti e dei controinteressati, in funzione di simmetrico contrappeso rispetto al ricorso principale. E’ pertanto arduo ammettere che di tale strumento possa giovarsi, in funzione di reazione al ricorso incidentale altrui, proprio la parte ricorrente principale.
Il rilievo mosso dal r.t.i. EC. contro l’ammissione della concorrente va considerato, dunque, come null’altro che un motivo aggiunto al gravame principale (che aveva investito anche l’aggiudicazione provvisoria).
Tanto premesso, va rilevato come i rapporti tra il ricorso principale e quello incidentale siano stati recentemente sistematizzati dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, attraverso le proprie decisioni nn. 4 del 2011 e 9 del 2014, con la fissazione delle seguenti coordinate:
– nel giudizio di primo grado avente ad oggetto procedure di gara, deve essere esaminato prioritariamente, rispetto al ricorso principale, il ricorso incidentale (c.d. escludente) che sollevi un’eccezione di carenza di legittimazione del ricorrente principale non aggiudicatario, in quanto soggetto che non ha mai partecipato alla gara, o vi ha partecipato, ma è stato correttamente escluso, ovvero sarebbe dovuto essere escluso, ma non lo è stato per un errore dell’Amministrazione;
– la mera partecipazione di fatto alla gara pubblica non è elemento sufficiente al riconoscimento della legittimazione al ricorso, atteso che questa deriva da una qualificazione di carattere normativo e postula un esito positivo del sindacato sulla ritualità dell’ammissione del soggetto ricorrente alla procedura selettiva: di conseguenza, la definitiva esclusione, o l’accertamento dell’illegittimità della partecipazione alla gara, impediscono, di regola, di assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva;
– una legittimazione impugnatoria del ricorrente in via principale – che sia stato estromesso dalla gara per atto dell’Amministrazione, ovvero, nel corso del giudizio, a seguito dell’accoglimento del ricorso incidentale – può essere riconosciuta soltanto ove l’aggiudicazione sia stata disposta a favore del solo concorrente rimasto in concreto in gara, e sempre che le offerte delle due contendenti siano oggetto di censure attinenti a vizi afferenti la medesima fase procedimentale.
Orbene, alla luce di questi elementi la definizione che il r.t.i. EC., già ricorrente principale, dà del proprio ulteriore gravame in termini di “ricorso incidentale del ricorso incidentale”, si presenta oggettivamente come un tentativo di sovvertire i rapporti appena illustrati, e segnatamente il canone della priorità dell’esame del ricorso incidentale escludente: tale RTI ricerca, infatti, per le proprie censure una ‘corsia preferenziale’ rispetto all’altrui ricorso incidentale, cioè un esame preventivo di motivi di ricorso principale, tuttavia precluso.
Non è dunque condivisibile la deduzione che l’esame dell’ulteriore gravame del r.t.i. EC. possa avere la precedenza su quello del ricorso incidentale dell’avversaria.
8b A dover essere scrutinato per primo si conferma, dunque, il ricorso incidentale del r.t.i. DE.
E poiché, come si è visto, il primo motivo di questo è fondato, tutto ciò comporta, quale riflesso del disconoscimento della legittimazione a ricorrere dell’avversaria, ormai definitivamente espulsa dalla gara, l’inammissibilità di tutte le doglianze da essa formulate contro la relativa procedura (restando perciò assorbita l’eccezione di tardività sollevata dal r.t.i. DE. avverso l’appello incidentale).
8c Per completezza, però, la Sezione rileva che l’appello incidentale del r.t.i. EC., oltre ad essere inammissibile, nel merito risulta comunque infondato.
Tra le parti è sostanzialmente incontestato che nell’ambito della soc. De. i responsabili tecnici sigg. M. Am. e P. Ca. rivestissero una posizione diversa da quella dei sigg. M. Pe. e A. Ro. presso la soc. Sp.. I primi non erano infatti, a differenza dei secondi, responsabili tecnici ai sensi del d.m. 28 aprile 1998, come tali preposti allo specifico settore dei servizi di igiene urbana oggetto della commessa, bensì erano responsabili di diversi settori particolari, non implicati se non in via eventuale e, in ogni caso, solo del tutto marginale nell’attività esecutiva dell’appalto oggetto di causa: ossia, il primo delle attività relative alla sicurezza degli impianti elettrici e di climatizzazione, e il secondo delle attività di disinfestazione e derattizzazione.
L’infondatezza del rilievo del r.t.i. EC. discende, allora, dall’indirizzo della giurisprudenza di questa Sezione (cfr. le decisioni 12 gennaio 2015, n. 35; 27 agosto 2014, n. 4372; 21 novembre 2011, n. 6136) nel senso che le figure tecniche per le quali occorre rilasciare la dichiarazione prevista dall’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 sono unicamente quelle dei responsabili del settore operativo nel quale la commessa si inscrive, e non anche quelle di tutti i responsabili tecnici dei settori in altro modo eventualmente implicati nell’attività esecutiva dell’appalto.
Quanto all’obiezione dell’appellante incidentale che i due responsabili tecnici della soc. De. sarebbero potuti essere spostati in qualsiasi momento al settore interessato dal presente appalto, essa risulta superata dalla replica per cui gli obblighi di dichiarazione corredanti l’offerta di gara dovevano essere comunque parametrati alla situazione esistente alla scadenza del termine all’uopo stabilito.
9 In conclusione, l’appello principale deve trovare accoglimento, in una con il ricorso incidentale di primo grado con esso riproposto, con l’effetto escludente che ne consegue, in ordine del difetto di legittimazione a ricorrere in primo grado del r.t.i. EC..
In riforma della sentenza impugnata, il ricorso principale di primo grado n. 763 del 2014 deve quindi essere dichiarato inammissibile, così come l’appello incidentale.
La complessità della controversia e il limitato grado di chiarezza della normativa di riferimento suggeriscono, nondimeno, un’equitativa compensazione tra le parti delle spese processuali del doppio grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sulla controversia, così dispone:
– accoglie l’appello principale n. 521 del 2014, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso incidentale di primo grado e dichiara inammissibile l’originario ricorso principale n. 763 del 2014;
– dichiara altresì inammissibile l’appello incidentale.
Compensa tra le parti in causa le spese processuali del doppio grado di giudizio.
Dispone che l’originaria ricorrente rimborsi all’appellante principale il contributo unificato effettivamente versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 16 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Vito Poli – Consigliere
Antonio Amicuzzi – Consigliere
Nicola Gaviano – Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi – Consigliere
Depositata in Segreteria il 3 giugno 2015.
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