[….segue pagina antecedente]
Secondo la Sezione, “l’aver inquadrato il vizio nelle cause di nullità, ex art. 21-septies legge n. 241/1990, costituisce un indizio della vocazione generale ed autonoma dell’interesse partecipationis. Il legislatore ha ritenuto nel caso di specie di abdicare all’ordinario schema dell’annullabilità – in cui l’effetto di ripristino della legittimità è realizzato attraverso la cooperazione e sulla base della dimensione esclusivamente individuale dell’interesse privato leso – a favore dello schema della nullità, in cui invece l’interesse trascende la dimensione meramente individuale sino a giustificare il rilievo d’ufficio da parte del giudice e l’opposizione senza limiti di tempo della parte del resistente”.
2.16.2. L’altra significativa ed innovativa previsione considerata dalla Sezione è stata introdotta dall’art. 211, comma 2, del nuovo codice (peraltro, oggi abrogato dall’art. 123, comma 1, lett. b), D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56), riguardante l’istituto delle raccomandazioni vincolanti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC. Secondo la più accreditata ricostruzione (elaborata dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, n. 2777 del 28 dicembre 2016), si trattava di un’ipotesi qualificata di autotutela “doverosa”, attivabile dalla stazione appaltante, su impulso dell’Autorità di vigilanza, al fine del ripristino della legalità procedurale, che “prescinde dall’interesse del singolo partecipante all’aggiudicazione e mira invece al corretto svolgimento delle procedure di appalto nell’interesse di tutti i partecipanti e finanche di quello collettivo dei cittadini, interesse quest’ultimo che và via via emancipandosi dallo schema del mero interesse di fatto (sul punto cfr. considerando 122 della direttiva 24/2014)”.
2.16.3. Sul punto giova segnalare che anche la vigente formulazione dell’art. 211, caratterizzata dai nuovi commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, aggiunti dall’art. 52-ter, comma 1, del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, prevede, in luogo dell’autotutela “doverosa”, originata dalla raccomandazione vincolante dell’Autorità:
a) la legittimazione speciale dell’ANAC all’impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture;
b) la possibilità per l’ANAC, ove ritenga che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del codice, di emettere, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati, nonché di ricorrere al giudice amministrativo se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato.
La novella non sembra aver minor valenza in punto di evoluzione ordinamentale rispetto all’abrogata previsione del comma 2, nella misura in cui – esclusa ogni ricostruzione in termini di giurisdizione di diritto oggettivo – sembra ex lege individuare un soggetto esponenziale, portatore di un interesse istituzionale all’effettivo dispiegarsi dei principi perseguiti dal nuovo codice dei contratti pubblici, riguardanti non solo la concorrenza e il conseguente corretto funzionamento del mercato, ma anche la “legalità” delle procedure, come prescritto dalle direttive del 2014.
Ed è particolarmente significativo che siano espressamente menzionati i bandi e gli atti generali quali possibili oggetti dell’azione speciale attribuita all’ANAC.
2.16.4. Se l’ordinamento introduce nuovi strumenti processuali volti a garantire la corretta competizione ai fini dell’aggiudicazione dei contratti pubblici, diventa ragionevole ritenere che il bene del rispetto delle regole procedurali dirette a fissare il nucleo essenziale della selezione comparativa delle offerte, costituisca un autonomo interesse meritevole di immediata e tempestiva protezione dall’ordinamento, essendo ormai emancipato dalla condizione di mero interesse di fatto.
La tutela giurisdizionale di detto interesse compete all’ANAC, in virtù dell’art. 211 del codice dei contratti pubblici, ma, a maggior ragione, spetta ma anche all’operatore economico del settore interessato alla procedura di gara e al suo corretto svolgimento.
In altri termini, accanto all’interesse sostanziale finale del soggetto economico, diretto all’aggiudicazione dell’appalto, l’ordinamento positivo contempla ora un interesse strumentale – ma anche esso sostanziale – polarizzato sulla procedura di gara, in sé considerata.
2.16.5. Ulteriore rilevante argomento utilizzato dalla Sezione nella sentenza 2014/2017 è la previsione dell’onere di impugnazione dell’altrui ammissione alla procedura di gara (art. 120 c.p.a., commi 2-bis e 6-bis, così come modificato dall’art. 204, comma 1 lett. b) del nuovo codice dei contratti pubblici). La Sezione, nella sentenza in esame constata come “A fronte di un sistema che in precedenza precludeva l’impugnazione delle ammissioni, sull’implicito e pacifico presupposto che il concorrente avesse un interesse concreto ed attuale a contestare l’ammissione altrui solo all’esito della procedura selettiva, si è previsto l’onere di impugnazione immediata, con ciò dando evidentemente sostanza e tutela ad un interesse al corretto svolgimento della gara, scisso ed autonomo, sebbene strumentale, rispetto a quello all’aggiudicazione”.
L’elaborazione giurisprudenziale riferita alla nuova previsione processuale ha chiarito che tale onere processuale ha una sua logica spiegazione proprio nella conformazione sostanziale delle diverse autonome fasi di svolgimento della gara e delle correlate posizioni giuridiche soggettive.
La fase di verifica delle offerte si deve concludere con un provvedimento esplicito, recante le ammissioni e le esclusioni, corredato dalle pertinenti motivazioni e soggetto a precisi obblighi di pubblicità.
Lungi dal rappresentare un aggravio procedimentale, il provvedimento ha lo scopo pratico di chiudere, con certezza, un autonomo segmento dell’iter, semplificando la successiva fase propriamente selettiva, non più soggetta all’alea di contestazioni idonee a vanificare, ex post l’intero svolgimento della complessa sequenza, con evidenti costi per la stazione appaltante e per i concorrenti.
L’espressa previsione dell’onere di impugnazione di tale provvedimento, quindi, rafforza l’opinione secondo cui emergono autonomi interessi sostanziali già nella serie procedimentale che precede il provvedimento conclusivo di aggiudicazione.
È utile ricordare che, nello schema originario del codice dei contratti pubblici, sottoposto al parere del Consiglio di Stato, si prevedeva un’estensione del rito speciale sull’impugnazione immediata di altri atti precedenti l’aggiudicazione, con particolare riferimento alla composizione della commissione.
Il testo definitivo ha espunto tale indicazione, recependo i suggerimenti dell’organo consultivo. Le obiezioni esposte dalla Commissione speciale, però, non riguardavano il tema dell’onere di immediata impugnazione, quanto piuttosto, il vincolo imposto dalla legge di delega (che non contemplava tali ipotesi) e l’incidenza sull’applicazione di un rito speciale al di fuori dei casi consentiti dalla stessa legge delega. L’organo consultivo, invece, non ha preso posizione sull’aspetto concernente l’immediata lesività di tali atti e del conseguente onere di impugnazione tempestiva, secondo le regole generali.
A tale proposito, si deve incidentalmente osservare che, de iurecondendo, potrebbe essere auspicabile delineare un rito accelerato per le impugnazioni di tutti gli atti delle procedure di gara anteriori all’aggiudicazione considerati immediatamente lesivi (anche nella prospettiva limitatrice indicata dalla stessa Adunanza Plenaria n. 1/2003).
2.16.6. Si potrebbe aggiungere, inoltre, che l’ammissione degli altri concorrenti è dal punto di vista logico – e soprattutto dal punto di vista della “differenziazione” della posizione giuridica del partecipante rispetto al bene della vita riguardante il corretto svolgimento della gara, in sintonia con i valori della concorrenza – un minus rispetto all’interesse dell’operatore economico ad ottenere una lex di gara che gli consenta di competere secundum legem.
Se, infatti, non v’è dubbio che l’avere previsto una legittimazione “anticipata” del concorrente, svincolata dall’altrui chances di aggiudicazione, oltre che dalle proprie, ha significato riconoscere un bene della vita diverso, autonomo anche se strumentale rispetto a quello squisitamente personale dell’aggiudicazione (ossia l’interesse a competere esclusivamente con chi ne ha titolo), è parimenti pacifico che questo bene della vita si colloca, su di un piano gerarchico, in posizione gradata rispetto all’interesse del concorrente ad una disciplina della gara che sia conforme ai criteri di legge in base ai quali l’operatore si è attrezzato per competere (su tutti il criterio di aggiudicazione).
2.16.7. Va considerato, ancora, sul piano sostanziale, l’art. 95 del codice dei contratti pubblici, nella parte in cui procede alla “creazione di una vera e propria gerarchia fra i due tipici metodi di aggiudicazione di un appalto, ovvero l’offerta economicamente più vantaggiosa e il massimo ribasso”.
Nell’art. 83 dell’abrogato codice n. 163/06 tali criteri erano posti su una posizione di parità, e spettava unicamente all’Amministrazione, nella sua discrezionalità, optare per l’uno per l’altro. L’art. 95 del nuovo codice, dopo avere affermato che “i criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell’offerta” e che “essi garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte”, ha imposto l’offerta economicamente più vantaggiosa come criterio”principale”, e il massimo ribasso come criterio del tutto “residuale” utilizzabile solo in alcuni tassativi casi, e comunque previa specifica ed adeguata motivazione.
Non si può trascurare, del resto, come l’innovazione riguardante la netta preferenza per il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, rappresenti uno dei punti qualificanti delle direttive del 2014 e sia stata positivamente valutata, anche nel dibattito giuridico, economico, e persino etico, riguardante la corretta ed efficiente attività delle stazioni appaltanti, in funzione della promozione delle imprese virtuose, tanto nei rapporti esterni con la stazione appaltante, quanto nell’ambito della efficiente organizzazione interna e della tutela dei lavoratori dipendenti.
Il criterio di aggiudicazione cessa dunque di essere un mero criterio tecnico economico, servente rispetto agli standard desiderati dell’amministrazione, e necessitante, in quanto tale, ai fini di una sua astratta sindacabilità, della prova di resistenza (ossia la prova che ove il criterio fosse stato diverso le chances di aggiudicazione sarebbero cresciute), e diviene una prescrizione di legge vincolante, a garanzia della qualità delle prestazioni e della corretta dinamica concorrenziale che fisiologicamente presuppone nel committente un’aspettativa in termini di miglior rapporto qualità/prezzo. E’ del resto quanto chiarito dal considerando 89 della direttiva 24/2014, laddove afferma che l’offerta “economicamente” più vantaggiosa è “sempre” quella che assicura il miglior rapporto tra qualità e prezzo.
2.16.8. Le sopravvenienze normative sopra descritte concorrono in definitiva a profilare – secondo la sentenza citata – una nozione di “bene della vita” meritevole di protezione, più ampia di quella tradizionalmente riferita all’aggiudicazione, che sebbene non coincidente con il generale interesse alla mera legittimità dell’azione amministrativa, è nondimeno comprensiva del “diritto” dell’operatore economico a competere secondo i criteri predefiniti dal legislatore, e conseguentemente a formulare un’offerta che possa validamente rappresentare la qualità delle soluzioni elaborate ed essere giudicata in relazione anche a tali aspetti, oltre che sulla limitativa e limitante (se isolatamente considerata) prospettiva dello “sconto”.
2.17. Ritiene il Collegio che tali assunti, attenti all’evoluzione ordinamentale interna e comunitaria, meritino approfondimento da parte dell’Adunanza Plenaria.
2.17.1. In effetti il “blocco normativo” che si è rapidamente passato in rassegna, caratterizzato da norme sia sostanziali che processuali, rende sufficientemente chiaro che vi sono elementi, fisiologicamente disciplinati dal bando o dagli altri atti di avvio della procedura, che toccano immediatamente “beni della vita” protetti dall’ordinamento in forza della loro rilevanza in ambito concorrenziale, e tutelati attraverso il riconoscimento di correlata azione giurisdizionale, sostanziantesi: a) nell’interesse a competere con concorrenti in possesso dei requisiti generali; b) nell’interesse a competere con il criterio di aggiudicazione che il legislatore ha prescelto a miglior garanzia della qualità oltre che dell’economicità.
[…segue pagina successiva]
Leave a Reply