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7.1. Per la denegata ipotesi di accoglimento del gravame, ha riproposto i motivi assorbiti, ossia: 7.1.1. incongruità delle offerte delle prime tre classificate in quanto evidentemente redatte omettendo totalmente la valutazione dei costi del personale (16 unità lavorative impiegate) e dunque in violazione della clausola sociale; difetto, in capo a Pl., del requisito tecnico della “piena ed effettiva disponibilità” dell’immobile utilizzato per il servizio (in locazione alla stessa Pr.), con conseguente non veridicità delle dichiarazioni all’uopo rilasciate tanto dal RTI Pl., quanto dalla capogruppo Pl.;
7.1.2. illegittimità dell’ammissione alla gara della seconda classificata e indebito superamento della verifica di conformità tecnica per assoluta inidoneità delle risorse umane e tecniche previste per assolvere compiutamente al complesso servizio di cui è causa;
7.1.3. palese difetto, in capo alla terza classificata, di un deposito sufficientemente vicino al luogo di esecuzione delle prestazioni oggetto dell’affidamento da consentirle il rispetto del requisito tecnico (previsto a pena di esclusione dalla legge di gara) della consegna dell’originale entro 3 ore lavorative; nonché per mancata presentazione, da parte della stessa Società, del certificato di prevenzione incendi;
7.1.4. inidoneità tecnica dell’offerta dell’aggiudicataria per mancata suddivisione delle attività in prima e seconda fase;
7.1.5. mancata indicazione del numero dei dipendenti da utilizzare in tutte le fasi;
7.1.6. palese insufficienza delle risorse destinate alle attività di “presa in carico iniziale”;
7.1.7. mancata indicazione di una serie di attività/servizi richiesti dalla lex specialis (attività di consulenza e gestione archivi, offerta di un sistema informatico rispondente ai requisiti minimi e unità di conservazione corrispondenti a quelle indicate nel Capitolato.
8. Si è costituita l’ASL di Lecce, la quale, nello svolgere deduzioni difensive sostanzialmente adesive all’appello proposto da Adapta, ha richiamato, in limine all’udienza di discussione, l’orientamento della Sezione (Consiglio di Stato, Sez. III – sentenza 2 maggio 2017 n. 2014) secondo cui l’operatore economico sarebbe onerato dell’immediata impugnazione del provvedimento recante la determinazione del criterio di aggiudicazione prescelto dalla stazione appaltante, con conseguente inammissibilità del gravame, proposto contro gli esiti della procedura di gara svolta in attuazione delle prescrizioni stabilite nel bando, diretto a censurare la legittimità del criterio di aggiudicazione. L’osservazione compare per la prima volta nella memoria conclusiva.
9. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 29 settembre 2017..
DIRITTO
1. Ritiene il collegio che, ai fini del decidere, sia necessario acquisire l’avviso dell’Adunanza Plenaria, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo.
La questione che la Sezione intende proporre riguarda l’esatta definizione dei casi in cui, nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici (ma il tema generale potrebbe estendersi anche ad altre procedure selettive o concorsuali), sussista l’onere di immediata impugnazione del bando o di altri provvedimenti conclusivi di autonome fasi dell’iter, autonomamente lesivi, diversi dall’atto finale di aggiudicazione.
Nella presente vicenda processuale, il punto controverso riguarda, in particolare, l’impugnazione delle clausole del bando di gara concernenti la scelta sella stazione appaltante di procedere con il metodo di aggiudicazione del prezzo più basso, in luogo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, secondo il parametro del miglior rapporto tra qualità e costo.
Risulta però evidente che il tema proposto, riguardante l’individuazione delle ipotesi in cui si manifesta l’immediata lesività di atti intermedi di sequenze procedimentali complesse, non possa essere isolato al solo caso della determinazione del criterio di selezione dell’offerta, ma richieda una rivisitazione complessiva dei risultati ermeneutici cui è approdata la giurisprudenza prevalente, espressa dall’Adunanza Plenaria n. 1/2003, tenendo conto degli ulteriori, talvolta divergenti, indirizzi interpretativi sviluppatisi a partire da tale momento.
1.1. In linea preliminare, tuttavia, la Sezione ritiene utile evidenziare un particolare profilo della presente vicenda processuale, nella quale viene in rilievo il consolidato principio interpretativo secondo cui la questione dell’ammissibilità del ricorso di primo grado possa essere esaminata d’ufficio anche nel giudizio di appello, qualora la sentenza del TAR abbia omesso di pronunciarsi esplicitamente sullo specifico punto e il tema non abbia formato oggetto, in primo grado, di specifiche deduzioni difensive da considerarsi implicitamente disattese.
Valuterà, tuttavia, l’Adunanza Plenaria se anche questo aspetto, spesso determinante nella concreta dinamica del giudizio di impugnazione, richieda un ulteriore approfondimento, volto a precisare l’effettiva portata del principio.
Nel caso di specie, come già esposto in narrativa, il giudice di primo grado, in assenza di eccezione delle parti resistenti, non si è affatto posto la questione dell’onere di immediata impugnazione del bando, e ciò probabilmente alla luce dell’orientamento interpretativo espresso dalla decisione n. 1/2003 dell’Adunanza Plenaria, secondo il quale l’onere di immediata impugnazione del bando sussiste solo in casi circoscritti, tra i quali non rientrano le contestazioni delle previsioni del bando relative al metodo di gara e ai criteri di aggiudicazione.
1.2. In sede di impugnazione, le parti appellate, pur avendovi interesse, non hanno proposto alcuna censura in via incidentale sullo specifico punto, né hanno utilizzato lo strumento processuale previsto dall’art. 101, comma 2, del CPA, che consente la riproposizione in appello delle questioni assorbite dal TAR nella forma semplificata della memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio.
Soltanto nelle memorie conclusive, l’ASL di Lecce ha sollevato il tema, sostenendo l’applicabilità, al caso di specie, delle conclusioni cui è pervenuta la recente decisione della Terza Sezione n. 2014/2017. La citata pronuncia, discostandosi dal tradizionale indirizzo espresso dall’Adunanza Plenaria n. 1/2003, ha innovativamente affermato l’ammissibilità del ricorso proposto immediatamente contro il bando, anche in assenza di atti applicativi della lex specialis di gara, tutte le volte in cui esso individui un criterio di aggiudicazione ritenuto illegittimo dall’operatore economico interessato. Riconoscendo la ritualità dell’impugnazione anticipata del bando di gara, la Sezione ha simmetricamente – ancorché implicitamente – stabilito il nuovo principio dell’onere di immediata impugnazione delle clausole del bando che fissano il metodo di aggiudicazione dell’appalto.
Da dette conclusioni deriverebbe – secondo l’ASL – l’inammissibilità e l’irricevibilità del ricorso di primo grado contro il criterio di aggiudicazione, tardivamente proposto solo con l’impugnazione congiunta dell’aggiudicazione.
1.3. La deduzione difensiva, svolta dall’appellata senza seguire le forme dell’appello incidentale o della previsione di cui all’art. 101, comma 2, del CPA, costituisce una mera sollecitazione rivolta al Collegio in ordine al rilievo d’ufficio di una possibile causa di inammissibilità del ricorso di primo grado. Detta questione, però, non solo è rimasta totalmente estranea alla decisione appellata, ma risulta anche del tutto assente nella dialettica processuale del giudizio dinanzi al TAR.
1.4. Il Collegio ritiene che l’ammissibilità del ricorso di primo grado possa essere esaminata di ufficio anche in grado di appello, in tutte le eventualità in cui il TAR abbia omesso di pronunciarsi esplicitamente sul punto, a condizione che, nel corso del giudizio di primo grado nessuna delle parti abbia prospettato la questione e, pertanto, possa escludersi con certezza la sussistenza di una valutazione implicita in ordine alla ritualità del ricorso.
Nel processo amministrativo il principio del giudicato implicito sulle questioni preliminari, che ne impedisce il rilievo officioso in appello, è ora sancito in via normativa dall’art. 9 del codice del processo amministrativo, ma con esclusivo riferimento al tema della giurisdizione: «il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione».
Pertanto, è ragionevole ritenere che, negli altri casi, mantiene vigore il principio generalissimo sancito dall’art. 35 dello stesso CPA, secondo cui “il giudice dichiara, anche d’ufficio, il ricorso:
a) irricevibile se accerta la tardività della notificazione o del deposito;
b) inammissibile quando è carente l’interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito;
c) improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione, o non sia stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato, ovvero sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito”.
La disposizione è significativamente collocata nell’ambito della disciplina generale del processo e non è circoscritta al solo giudizio di primo grado. Ne deriva, quindi, la piena applicazione anche alla fase di appello.
In tal senso si pone anche la previsione di cui all’art. 104, relativo ai nova in appello, a mente della quale: “1. Nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande, fermo quanto previsto dall’articolo 34, comma 3, né nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio.” L’inammissibilità del ricorso di primo grado, infatti, è estranea alla nozione di “eccezione non rilevabile d’ufficio”: pertanto la sua deducibilità per la prima volta in appello, anche mediante semplice difesa, non risulta preclusa dal divieto di ius novorum e non limita il potere officioso del giudice di secondo grado.
1.9. Si potrebbe obiettare, tuttavia, che sarebbe incoerente prevedere il giudicato implicito sulla giurisdizione e non su altre condizioni o presupposti dell’azione, che attengono ad aspetti generalmente considerati di minore importanza. Se la decisione di merito “implica” logicamente quella sull’affermata giurisdizione del giudice adito, a maggiore ragione essa dovrebbe presupporre la valutazione positiva sulla ammissibilità, ricevibilità e ritualità della domanda, in relazione a tutti i suoi presupposti processuali.
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