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Con l’ulteriore provvedimento indicato in epigrafe, il Comune ha altresì irrogato una sanzione pecuniaria.
Con la seconda ordinanza indicata in epigrafe, n. 11/2009, il Comune ha successivamente ingiunto a tale “università” di demolire, ancora una volta in quanto realizzate in zona sottoposta a vincolo ambientale e senza il permesso di costruire, ulteriori opere a servizio di uno di questi due acquedotti, situate sempre in località (omissis), sul medesimo terreno.
Si tratta di una recinzione con pali di castagno del diametro di 20 cm e dell’altezza di circa 2,10 mt, infissi nel suolo e bloccati con calcestruzzo, di una strada larga approssimativamente 2.50 mt e lunga 40 m, tale da mutare l’aspetto longitudinale e morfologico del terreno e di un serbatoio per l’acqua di 30 mq di superficie e 2,50 m di altezza.
Con l’ulteriore provvedimento indicato in epigrafe, il Comune ha altresì irrogato una ulteriore sanzione pecuniaria.
Con le sentenze indicate in epigrafe, il TAR ha respinto i ricorsi proposti dall'”università” contro tali ordinanze, con motivazioni analoghe, in cui ha ritenuto che le opere in questione, per la loro importanza, richiedessero effettivamente il permesso di costruire, pacificamente non rilasciato.
Contro tali sentenze, l’originaria ricorrente ha proposto due distinte impugnazioni.
Con la prima n. 4049/2015, l’Ente ha proposto appello contro la sentenza n. 2278/2016, relativa all’ordinanza 10/2009, sulla base di tre censure, riconducibili ai seguenti sei motivi:
– con il primo di essi, corrispondente alle censure prima e seconda alle pp. 8 e 10 dell’atto, contesta che le opere ritenute abusive dall’ordinanza richiedano in realtà il permesso di costruire ed afferma che il serbatoio risalirebbe ad epoca anteriore agli anni ’60 e quindi sarebbe stato legittimamente realizzato senza titolo, che la recinzione rientrerebbe nell’edilizia libera e che l’alterazione del terreno si sarebbe in realtà limitata ad una ripulitura e alla rimozione dei cespugli;
– con la terza censura, ripropone sinteticamente i motivi non esaminati in primo grado, ovvero:
– con il secondo motivo, indicato come corrispondente al quarto motivo di primo grado, deduce eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione amministrativa, perché nel caso di specie, a fronte di un’ordinanza di demolizione per opere realizzate in assenza di permesso di costruire, è stata irrogata la sanzione pecuniaria prevista per le opere realizzate in mancanza di denuncia di inizio attività;
– con il terzo motivo, indicato come corrispondente al quinto motivo di primo grado, deduce ulteriore eccesso di potere per contraddittorietà, perché a suo dire le opere realizzate le sarebbero state imposte dalla stessa amministrazione comunale per ottemperare ad ordini dell’autorità sanitaria;
– con il quarto motivo, indicato come corrispondente al sesto motivo di primo grado, deduce, senza precisarne i termini, la violazione del principio di proporzionalità;
– con il quinto motivo, indicato come corrispondente ai motivi settimo, ottavo e nono di primo grado, deduce illegittimità di un presunto “azzeramento dello spazio temporale” fra l’ordinanza di sospensione dei lavori e quella di demolizione impugnata;
– con il sesto motivo, indicato anch’esso come corrispondente ai motivi settimo, ottavo e nono di primo grado, deduce infine la mancanza dell’indicazione dell’area da acquisire al patrimonio comunale in caso di inottemperanza.
Nella seconda, rubricata al n. 4050/2015, l'”università” ha proposto appello contro la sentenza 2276/2015, relativa all’ordinanza 11/2009, sulla base di tre identiche censure, e dei corrispondenti sei motivi, che riproducono quelli già dedotti nel ricorso n. 4049/2015 e li riferiscono alle distinte ma analoghe opere oggetto dell’ordinanza in questione.
Il Comune appellato non si è costituito in alcuno dei due giudizi.
Con l’ordinanza 24 maggio 2016, n. 2194, pronunciata all’esito dell’udienza pubblica, fissata originariamente al giorno 7 aprile 2016 per entrambi i ricorsi, la Sezione ne ha disposto la riunione, perché all’evidenza connessi, e ne ha differito la trattazione per consentire che fossero definiti i procedimenti di sanatoria avviati dalla appellante.
All’udienza del giorno 30 novembre 2017, fissata di conseguenza, il presidente del Collegio ha quindi trattenuto le cause riunite in decisione, dopo avere respinto l’ulteriore istanza di rinvio presentata il 28 novembre 2017 dalla difesa della appellante, salve le determinazioni collegiali.
DIRITTO
1. In via preliminare, il Collegio ritiene di confermare la determinazione sulla reiezione dell’istanza di rinvio proposta, nei termini di cui in premesse, dalla difesa dell’appellante.
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