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La responsabilità della stazione appaltante per la cattiva gestione dei tempi e dell’organizzazione di gara si configura nei confronti dell’aggiudicatario (provvisorio o definitivo), che veda leso il suo legittimo affidamento nella conclusione positiva del procedimento, come responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 cod. civ..
Nel dibattito, dottrinale e giurisprudenziale, sulla natura di questa responsabilità si contrappongono la posizione, che -per comodità espositiva- può definirsi tradizionale, che la ascrive al paradigma generale della responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 cod. civ. e la posizione -di recente seguita anche dalla Corte di Cassazione (in termini espliciti, da ultimo Cass., sez. I, 12 luglio 2016, n. 14188, nonché Cons. Stato, V, 2 marzo 2017, n. 1979) – che, valendosi appunto del sintagma della responsabilità da <>, ne ritiene la matrice contrattuale, pur se in riferimento all’inadempimento di un’obbligazione, di lealtà e correttezza, di fonte legale (ex art. 1173 cod. civ.).
Pertanto, il Tribunale è incorso in una sorta di contraddizione in termini quando ha ritenuto che nel caso di specie si sia in presenza <>.
Per la decisione del caso di specie non è affatto necessario prendere posizione sulla natura contrattuale o extracontrattuale della responsabilità ex art. 1337 cod. civ., non essendo in contestazione né termini di prescrizione né criteri di riparto dell’onere della prova (profili rispetto ai quali rileva l’individuazione della natura della responsabilità in questione).
E’ sufficiente ribadire che -al di là dell’inesatta qualificazione adottata dal T.A.R.- va ascritta al paradigma della responsabilità precontrattuale, ai sensi della norma citata, la responsabilità del Comune di (omissis), appaltante, per non aver condotto secondo buona fede la fase di scelta del contraente, mal gestendo tempi ed organizzazione della gara, sì da porsi colpevolmente nella posizione di perdere i finanziamenti indispensabili per l’attuazione dei lavori da appaltare ed essere perciò costretto a revocare gli atti di gara.
E’ oramai scontata l’applicabilità dell’art. 1337 cod. civ. nei confronti della pubblica amministrazione, gravando anche su quest’ultima l’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative, vale a dire nella fase di scelta del contraente e formativa del contratto, sia essa di natura privatistica ovvero condotta secondo un procedimento di evidenza pubblica (già Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6, nonché Cons. Stato, V, n. 633/13 cit. e numerose altre successive, tra cui: Cons. Stato, IV, 15 settembre 2014, n. 4674 e 16 gennaio 2014, n. 142; id., V, 14 aprile 2015, n. 1864).
Come detto sopra, la responsabilità precontrattuale è una responsabilità da comportamento, non da provvedimento, sicché prescinde dalla (verifica della) legittimità di questo e non incide sull’interesse legittimo pretensivo all’aggiudicazione, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali.
Alla responsabilità precontrattuale è ricondotto l’ingiustificato (od ingiustificabile) recesso dalle trattative, quale si è avuto nel caso -qui in esame- di revoca della procedura di gara e dell’aggiudicazione provvisoria per perdita dei finanziamenti imputabile a fatto dell’amministrazione.
Proprio perché il danno del privato non consiste nella mancata aggiudicazione, non rileva, ai fini dell’an debeatur, la verifica della sussistenza in concreto, in capo al danneggiato, dei requisiti per conseguire l’aggiudicazione definitiva e la stipulazione del contratto, su cui insiste il Comune di (omissis) qui appellante.
Il danno risarcibile è limitato al c.d. interesse negativo, da intendersi, appunto, come interesse a non investire inutilmente tempo e risorse economiche partecipando a gare d’appalto non portate a compimento per il comportamento scorretto dell’amministrazione. Tutt’al più, potrebbe la stazione appaltante fornire la prova della mancanza in capo all’aggiudicatario provvisorio dei detti requisiti, quale fatto impeditivo o estintivo dell’obbligo risarcitorio delle voci di danno corrispondenti agli esborsi che il danneggiato avrebbe finito per sopportare a suo carico, anche se la gara fosse giunta al suo esito fisiologico. Ma siffatta eventualità non ricorre nel caso di specie.
3.3. Ancora, contrariamente a quanto sostiene la parte appellante la responsabilità precontrattuale come sopra delineata non è esclusa per il solo fatto che il procedimento di gara si sia arrestato dopo l’aggiudicazione provvisoria e prima di quella definitiva.
E’ noto il dibattito giurisprudenziale, tuttora vivace, sulla possibilità di configurare la culpa in contraendo della p.a. nella fase anteriore alla scelta dei contraente, nei confronti cioè di coloro che sono soltanto partecipanti alla gara. Vi sono infatti dei precedenti in senso contrario (tra i quali, Cons. Stato, V, n. 3393 del 28 maggio del 2010 e n. 6489 dell’8 settembre 2010, nonché di recente id., V, n. 4272 del 2014, n. 3748 del 2015, n. 1599 del 2016) cui se ne contrappongono altri in senso favorevole (Cons. Stato, VI, n. 5638 del 7 novembre 2012 e n. 4236 del 25 luglio 2012, nonché id., V, 15 luglio 2013, 3831).
Sebbene questo secondo orientamento sia da preferire (avendo di recente anche la Corte di Cassazione superato con la sentenza n. 15260 del 3 luglio 2014, un’oramai datata diversa giurisprudenza, risalente alle Sezioni Unite del 26 maggio 1997, n. 4673), va a maggior ragione evidenziato come la posizione dell’aggiudicatario provvisorio sia diversa da quella del mero concorrente, in quanto vi è stata già l’individuazione del potenziale futuro contraente.
Ne consegue che la circostanza che la procedura pubblicistica di scelta del contraente avviata non fosse ancora pervenuta all’aggiudicazione definitiva non vale, di per sé sola, ad escludere la configurabilità di una responsabilità precontrattuale in capo all’amministrazione revocante, occorrendo invece all’uopo verificare in concreto sia la condotta da questa tenuta alla luce del parametro di diritto comune della correttezza nelle trattative sia la situazione di affidamento del privato nella loro positiva conclusione.
Con l’aggiudicatario provvisorio la stazione appaltante instaura infatti una relazione -definibile, se si vuole, come “contatto qualificato”- che vale ad attribuirgli una posizione individuale differenziata, rispetto ad altri, nei rapporti con la p.a. appaltante, anche in relazione allo stadio, oramai, avanzato del procedimento e quindi alla sua idoneità ad ingenerare un affidamento, di norma ragionevole, nella positiva conclusione (fatta salva la prova, spettante alla p.a. di specifiche circostanze atte ad inficiare, in concreto, l’affidamento riposto dall’impresa: cfr. Cons. Stato, III, 15 aprile 2016, n. 1532).
Queste considerazioni non sono affatto smentite dalla giurisprudenza richiamata dall’appellante a sostegno del motivo col quale assume che l’aggiudicazione provvisoria non costituirebbe posizione giuridicamente tutelabile con il risarcimento del danno, stante la sua relativa instabilità.
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