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Se. impugnava allora dinanzi al Tribunale amministrativo per la Puglia, sezione staccata di Lecce, detti atti deducendo le seguenti censure:
I. Violazione degli artt. 3, 27, secondo comma, e 97 Cost., degli artt. 38, comma 2 -bis, 46 comma 1- bis e 1-ter, 75 comma1 d.lgs. n. 163 del 2006, dei principi di uguaglianza e di presunzione di non colpevolezza, di legalità, imparzialità e buon andamento; difetto di istruttoria e di motivazione, omessa rappresentazione dei presupposti di fatto, illogicità e irrazionalità manifeste.
II. Violazione degli artt. 38 comma 2-bis; 46, comma 1-ter; 75, comma 1 d.lgs. n. 163 del 2006 e degli art. 3, 10, comma1, lett. b) e 21-nonies l. n. 241 del 1990 e dei principi del contrarius actus, di cautela e ragionevolezza, di massima partecipazione delle imprese e di aggiudicazione del contratto alle migliori condizioni possibili. Incompetenza, difetto di istruttoria e di motivazione, omessa rappresentazione dei presupposti in fatto, illogicità e irrazionalità manifesta.
Si costituivano in giudizio sia il controinteressato Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro “Ci. Me.”, sia la Re. fe. It., sia l’ANAC.
Il Tribunale amministrativo, con sentenza 7 dicembre 2016, n. 1845, ritenuta la tempestività del ricorso nonostante la mancata impugnativa nei termini della delibera n. 770/ANAC vista la natura non vincolante dell’atto, accoglieva il ricorso per la fondatezza assorbente delle censure di violazione dell’art. 21-nonies l. n. 241 del 1990, per non avere la stazione appaltante valutato la sussistenza di un interesse pubblico all’annullamento dell’aggiudicazione definitiva e la sua buona fede: se l’aggiudicazione, atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente, definisce l’incontro della volontà dell’amministrazione pubblica e del privato di concludere il contratto, l’amministrazione può procedere, con atto successivo e richiamando uno specifico e concreto interesse pubblico, all’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione, fondandosi l’autotutela sul principio costituzionale di buon andamento che impegna la pubblica amministrazione ad adottare atti quanto più rispondenti ai fini da conseguire, ma con obbligo di adeguata motivazione delle ragioni che, alla luce della comparazione dell’interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidate dei partecipanti alla gara, giustificano l’autotutela. Ma, nella specie, l’attività di comparazione era oggettivamente assente, pur se l’autotutela era intervenuta dopo circa sedici mesi dall’aggiudicazione definitiva, e malgrado l’interesse pubblico alla revoca dell’aggiudicazione definitiva e del contratto stipulato a seguito di gara pubblica sia ancor più cogente perché occorre collegare l’interesse pubblico all’affidamento della gara all’offerta migliore sia economica che qualitativa.
Ferma la sufficienza di tale vizio, la sentenza riteneva poi fondata la censura per cui la produzione di una polizza fideiussoria falsa a titolo di cauzione provvisoria non poteva comportare l’immediata esclusione dalla gara, dovendosi invece seguire il soccorso istruttorio a fronte della buona fede del contraente inconsapevole: fatto desumibile dalle vicende acquisite e dal comportamento successivo di Se., posto all’attenzione della stazione appaltante, e dalla provvisorietà della cauzione concernente fase anteriore all’aggiudicazione definitiva e al contratto.
Inoltre, per l’art. 75, comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006, la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario; sicché, considerata l’ormai avvenuta stipulazione del contratto, la cauzione provvisoria andava esente da effetti riguardo all’interesse pubblico cui serviva.
Il ricorso veniva dunque accolto.
L’ANAC, con appello in Consiglio di Stato notificato il 27 febbraio 2017, appellava la sentenza. Premesse la ricostruzione del fatto e le considerazioni sulla propria legittimazione ad agire, deduceva le seguenti censure:
Violazione e falsa applicazione degli artt. 38, comma 2; 46, comma 1-ter; 75 d.lgs. n. 163 del 2006. La produzione di cauzione provvisoria falsa è di per sé causa di esclusione del concorrente per regola generale. Perciò non possono condividersi le considerazioni della sentenza in ordine al soccorso istruttorio, la buona fede del contraente inconsapevole e l’esaurimento della funzione della stessa cauzione. Nei contratti pubblici, il rilascio di polizze fideiussorie false conduce all’esclusione del concorrente rilevando solo la falsità di documenti prodotti, al di là dell’imputabilità psicologica della falsità stessa, che esula dal procedimento anche perché la cauzione falsa equivale alla cauzione inesistente, come una cauzione non prodotta, come stabilito dallo stesso bando di gara; né l’intervenuta aggiudicazione provvisoria può portare all’esaurimento della funzione della cauzione medesima.
L’ANAC concludeva per l’accoglimento dell’appello con vittoria di spese.
Si si sono costituiti in giudizio la ricorrente in primo grado e Re. fe. It. s.p.a., sostenendo principalmente l’inammissibilità dell’appello.
All’udienza del 9 novembre 2016 la causa è passata in decisione.
Si può prescindere dalle eccezioni di inammissibilità, poiché l’appello è infondato nel merito.
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