Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 2 luglio 2018, n. 4039.
La massima estrapolata:
Anche qualora l’operatore economico fosse in possesso di DURC regolare al momento della presentazione della domanda, deve essere escluso se, nel corso della procedura, emerga una situazione di irregolarità contributiva, ostativa al rilascio del DURC, pur se sia ancora in tempo per provvedere alla regolarizzazione e vi provveda tempestivamente ai sensi del D.M. 30 gennaio 2015.
Sentenza 2 luglio 2018, n. 4039
Data udienza 29 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8631 del 2017, proposto da:
Ec. Fa. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fr. Sa. Ma. e Va. Di. St., con domicilio eletto presso lo studio Fr. Sa. Ma. in Roma, via (…).
contro
Comune di Brindisi, non costituito in giudizio;
Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Sg., ede altri, con domicilio eletto presso lo studio An. Sg. in Roma, via (…).
Inail, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ca. e Lo. Fr., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Ca. in Roma, via (…).
per la riforma della sentenza del T.A.R. PUGLIA – SEZ. STACCATA DI LECCE, SEZ. III, n. 1682/2017, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale e dell’Inail;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 marzo 2018 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Fr. Sa. Ma., Gi. Ca., Ca.D’Al.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza impugnata il Tar per la Puglia – Lecce, sezione terza, ha respinto il ricorso proposto dalla società Ec. Fa. S.r.l., per l’annullamento della determinazione n. 49 del 3 maggio 2017, con cui il Dirigente del Servizio “Ufficio Contratti” del Comune di Brindisi ha revocato l’aggiudicazione in favore della società (disposta con determinazione dirigenziale n. 4 del 20 gennaio 2017) ed ha escluso quest’ultima dalla procedura di gara ponte, di durata biennale, per l’affidamento del “ Servizio di raccolta e trasporti dei rifiuti solidi e urbani e rifiuti assimilabili da avviare a smaltimento/recupero, raccolta differenziata e di ulteriori servizi accessori per la tutela dell’ambiente ”.
1.1. La ricorrente aveva chiesto l’annullamento altresì di ogni atto presupposto, connesso e conseguente, e, in particolare, del provvedimento di incameramento della cauzione e della nota di segnalazione all’ANAC, nonché della determina sindacale prot. n. 111839 del 30 dicembre 2016 di conferimento di incarichi di direzione e gestione delle strutture dell’ente.
1.2. Ancora, aveva chiesto l’annullamento e, comunque, l’accertamento dell’illegittimità/irregolarità del DURC richiesto in data 29 marzo 2017, ai fini della stipula del contratto, ed emesso in data 27 aprile 2017, prot. INAIL 6977664, attestante la non regolarità della società Ec. Fa. s.r.l. per omessi versamenti nei confronti dell’I.N.P.S. (per l’importo di € 4.062.654,80), assunto a presupposto del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione e di esclusione dalla procedura di gara.
2. In giudizio si erano costituiti il Comune di Brindisi, contestando in toto le avverse pretese e chiedendo il rigetto del gravame, e l’I.N.A.I.L., rilevando l’estraneità dell’Istituto in merito alle contestazioni della ricorrente.
Non aveva resistito l’I.N.P.S.
3. Il Tribunale ha respinto le tre censure mosse all’operato dell’amministrazione aggiudicatrice, compensando le spese di lite, per l’assoluta novità di alcune delle questioni trattate.
4. La società Ec. Fa. S.r.l. ha proposto appello per ottenere la riforma di questa sentenza.
4.1. L’I.N.P.S. e l’I.N.A.I.L. si sono costituiti per resistere al gravame, depositando memorie.
Non si è costituito il Comune di Brindisi.
4.2. L’appellante ha depositato memoria e l’I.N.P.S. memoria di replica in vista della pubblica udienza del 29 marzo 2018, all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Occorre premettere in punto di fatto che: il bando di gara, indetta con determina dirigenziale del 29 novembre 2016, è stato pubblicato il 1° dicembre 2016; la società ha presentato domanda di partecipazione il 5 gennaio 2017; nessun altra offerta è pervenuta nel termine fissato dal bando; l’aggiudicazione è stata disposta con determina dirigenziale n. 4 del 20 gennaio 2017; con la successiva determina dirigenziale n. 49 del 3 maggio 2017, poi impugnata, a firma dell’avv. Fr. Tr., Responsabile dell’Ufficio Affari Legali del Comune di Brindisi, è stata disposta la revoca dell’aggiudicazione, con definitiva esclusione della società dalla gara, per emissione di DURC irregolare nei confronti dell’appellante; la motivazione del provvedimento di revoca è la seguente: <>; la società, in possesso di DURC regolare al momento di presentazione della domanda di partecipazione alla gara ed al momento dell’aggiudicazione, ha ricevuto la notificazione da parte dell’INPS del preavviso di DURC negativo in data 30 marzo 2017, con nota riscontrata in data 1 aprile 2017; presentata istanza di rateizzazione, l’INPS ha rilasciato nuovamente DURC regolare con periodo di validità 27 aprile 2017 – 25 agosto 2017.
6. Col primo motivo (Illegittimità della sentenza impugnata per violazione degli articoli 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 e 8 del Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 30 gennaio 2015) si ripropone il motivo del ricorso introduttivo, relativo all’interpretazione da darsi al testo dell’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016(applicabile ratione temporis), laddove prevedeva, prima della correzione apportata col d.lgs. n. 56 del 2017, che <>. Con il decreto correttivo del 2017 è stato soppresso il riferimento all’art. 8, ed il rinvio risulta fatto all’intero testo del decreto ministeriale.
La società qui appellante ha sostenuto che, non avendo commesso alcuno degli illeciti previsti dall’art. 8 del D.M. 30 gennaio 2015 (vale a dire nessuna delle violazioni individuate nell’allegato A del decreto, integranti gravi illeciti, anche di rilevanza penale in materia di condizioni di lavoro) -circostanza incontestata- l’irregolarità contributiva nella quale è incorsa non sarebbe stata rilevante ai fini dell’esclusione dalla gara.
6.1. Il giudice di primo grado ha respinto la censura, ritenendo che <>.
6.2. L’appellante sostiene che il Tar avrebbe disapplicato una puntuale disposizione di legge, alla quale si sarebbe dovuto attenere in ossequio al principio di legalità, per effetto del quale non è consentito al giudice disapplicare la norma, ma solo procedere, se del caso, a sollevare una questione di legittimità costituzionale della medesima davanti alla Corte costituzionale.
Aggiunge che, nel caso di specie, il rinvio fisso operato dall’art. 80, comma 4, all’art. 8 del D.M. del 2015 non si sarebbe prestato ad alcuna interpretazione estensiva o adeguatrice, in quanto veniva in rilievo una norma recante un elenco puntuale e dettagliato di fattispecie illecite; che la sentenza sarebbe errata anche laddove ha affermato che il d.lgs. n. 56 del 2017 avrebbe “meramente rettificato” e non innovato la norma; che così non sarebbe perché, fermo restando che il presente appalto è soggetto alla disciplina previgente, il d.lgs. del 2017 non ha effetto retroattivo e non ha introdotto alcun regime transitorio; che, d’altronde, una “rettifica” con effetto retroattivo sarebbe ammessa, nel nostro ordinamento, solo in presenza di uno specifico “erratum” o di un’interpretazione autentica posta in essere dal legislatore secondo le dovute formalità di legge, mentre il d.lgs. n. 56 del 2017 disporrebbe solo pro futuro.
7. Il motivo è infondato.
Già l’art. 38 (Requisiti di ordine generale) del d.lgs. n. 163 del 2006 prevedeva, al comma 1, che <>; al comma 2, che <>.
L’interpretazione della norma, nei termini riportati nella sentenza impugnata e riconosciuti anche dall’appellante, non escludeva dal suo ambito di applicazione alcun tipo di violazione alle norme in materia di contributi previdenziali, rilevando il dato oggettivo del mancato rilascio di DURC regolare.
La disciplina si completava con le previsioni del decreto del Ministero del Lavoro 24 ottobre 2007, il quale all’art. 8 prevedeva, tra le cause non ostative al rilascio del DURC, per la sola ipotesi di partecipazione a gare di appalto, lo scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate inferiore o pari al 5% (con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione) o, comunque, uno scostamento inferiore a 100 Euro, fermo restando l’obbligo del versamento entro trenta giorni dal rilascio del documento.
7.1. L’interpretazione strettamente letterale della disposizione sopravvenuta di cui all’art. 80, comma 4, penultimo inciso (sopra testualmente riportato), del d.lgs. n. 50 del 18 aprile 2016comporterebbe pertanto l’attribuzione al legislatore di una chiara volontà di innovare rispetto al passato, restringendo significativamente le cause di esclusione per irregolarità contributiva, addirittura limitandole a quelle previste dall’art. 8 del D.M. 30 gennaio 2015.
Quest’ultimo decreto ministeriale ha abrogato la disciplina generale contenuta nel citato D.M. 24 ottobre 2007 ed, in attuazione di quanto previsto dall’art. 4 (Semplificazioni in materia di documento di regolarità contributiva) del d.l. 20 marzo 2014, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 16 maggio 2014, n. 78, ha introdotto la normativa di dettaglio in punto di requisiti di regolarità, contenuti e modalità della verifica di regolarità contributiva da parte dei soggetti abilitati.
L’art. 8 del D.M. 30 gennaio 2015 non si riferisce alla regolarità dei pagamenti ai fini del rilascio del DURC (c.d. regolarità contributiva in senso stretto); esso, disciplina le cause ostative alla regolarità contributiva, ai (differenti) << fini del godimento di benefici normativi e contributivi>>, quindi in ambito diverso da quello proprio delle gare di appalto; tali cause consistono negli illeciti penali o amministrativi elencati nella tabella allegata al decreto e riguardano le violazioni di natura previdenziale e la tutela delle condizioni di lavoro (omicidio e lesioni in violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni, rimozione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, violazione di norme sulle condizioni dei lavoratori stranieri, violazioni in materia di orario di lavoro e così via).
Orbene, oltre al fatto che tali illeciti sono autonomamente rilevanti come causa di esclusione ai sensi dello stesso art. 80, comma 5, lett. a) o lett. c), l’insostenibilità dell’interpretazione auspicata dall’appellante si desume dal raffronto tra il citato art. 8 e lo stesso quarto comma dell’art. 80, primo inciso, laddove contempla l’esclusione dalla gara dell’operatore economico che abbia commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, <>. Il testo di legge è chiarissimo nel riferire la causa escludente alla violazione che riguarda, appunto, i mancati pagamenti che, di per sé, ostano al rilascio del DURC regolare.
Coerente con questa interpretazione è l’art. 3 del D.M. 30 gennaio 2015, che disciplina i requisiti di regolarità contributiva che rilevano ai fini dell’insussistenza delle gravi violazioni in materia contributiva ai sensi dell’art. 80 del codice dei contratti pubblici (implicitamente richiamato dall’art. 2, comma 2, lett. b, dello stesso D.M.), espressamente prevedendo che la verifica della regolarità in tempo reale riguarda <> e che la regolarità sussiste, oltre che nei casi di rateizzazione, sospensione e compensazione di cui al secondo comma, in presenza di uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascun istituto previdenziale ed a ciascuna cassa edile; a differenza di quanto previsto nella norma corrispondente del D.M. 24 ottobre 2007 (che consentiva lo scostamento del 5%), attualmente è consentito soltanto lo scostamento pari od inferiore ad € 150,00.
Pertanto, lo specifico rinvio al solo art. 8 del D.M. 30 gennaio 2015 risulta essere, come già ritenuto dal giudice di primo grado, un mero refuso del legislatore, superabile alla stregua dell’interpretazione sistematica sia dell’intero testo dell’art. 80, quarto comma, sia di tale disposizione in coordinamento con la disciplina di dettaglio dell’intero decreto ministeriale.
7.3. Questa conclusione è consequenziale a quanto disposto dall’art. 57, secondo paragrafo, della direttiva 2014/24/UE, che, pur prevedendo la possibilità di deroghe (sulle quali si tornerà trattando del secondo motivo di appello), tuttavia chiaramente presuppone che la violazione grave ostativa alla partecipazione alle gare sia conseguenza del mancato pagamento di contributi previdenziali, previsti dalle legislazioni di riferimento.
Sul punto, nessuna portata innovativa ha la direttiva del 2014, rispetto alla direttiva n. 18 del 2004, sicché, a maggior ragione, nessuna portata innovativa va attribuita all’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 rispetto al previgente art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006.
7.4. Se le violazioni contributive rilevanti per il codice dei contratti pubblici, a fini escludenti, dovessero essere limitate a quelle <>, in forza del rinvio fisso sul quale si appunta la censura dell’appellante, si arriverebbe alla conseguenza che potrebbero essere ammesse a partecipare alle gare pubbliche imprese prive di DURC regolare, ai sensi dello stesso D.M., con violazione dei principi della direttiva e delle norme costituzionali.
Il testo dell’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 consente, tuttavia, un’interpretazione conforme ai detti principi e costituzionalmente orientata: infatti, la chiara previsione di cui al primo inciso importa che rilevino comunque -fatta salva la deroga dell’ultimo inciso- le violazioni gravi, definitivamente accertate, consistenti nell’omesso pagamento dei contributi; la previsione dello stesso penultimo inciso importa, a sua volta, che siano qualificabili “gravi” tutte quelle “ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC)”, senza che possa essere attribuita portata normativa alcuna al richiamo dell’art. 8, che, in quanto riguardante altra fattispecie, è frutto di mero refuso.
7.5. La correzione apportata dall’art. 49, comma 1, lett. d) del d.lgs. 19 aprile 2017 n. 56conferma questa conclusione.
Contrariamente a quanto assume l’appellante, il d.lgv. n. 56 del 2017 non ha contenuto esclusivamente innovativo o correttivo del contenuto “sostanziale” del d.lgs. n. 50 del 2016, né la funzione di mera correzione degli errori materiali sarebbe stata interamente assolta dall’avviso di rettifica pubblicato sulla G.U. del 15 luglio 2016.
Non vi è dubbio che tale precedente intervento -avente ad oggetto un elevato numero di norme del nuovo codice dei contratti pubblici, interessate da correzioni formali, tra cui anche errati riferimenti normativi esterni- sia servito a porre rimedio ad una serie di errori materiali ed omissioni, secondo quanto disposto dagli artt. 8, d.P.R. n. 1092 del 1985 (recante il t.u. delle disposizioni sulla promulgazione e pubblicazione delle leggi), e 14 e 18, d.P.R. n. 217 del 1986 (recante il regolamento di esecuzione del medesimo t.u.).
Tuttavia, l’art. 1, comma 8, della legge delega n. 11 del 2016 ha previsto che entro un anno dalla data di entrata in vigore del codice, il Governo avrebbe potuto adottare disposizioni integrative e correttive nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e della procedura dettati dalla delega per il codice.
A distanza di un anno dall’adozione del citato decreto legislativo n. 50 del 2016, il Governo ha deciso di avvalersi di tale facoltà, approvando il decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
Come sottolineato nel parere reso dal Consiglio di Stato, Comm. speciale, 30 marzo 2017, n. 782 (reso in riferimento all’affare n. 432/2017), lo strumento del decreto legislativo “correttivo”, non previsto nell’art. 76 Cost., ma riconosciuto nella più recente prassi costituzionale, pone la ben diversa questione dei suoi limiti, rispetto alla possibile violazione del termine di scadenza della delega. La lettura conforme a Costituzione impone che siano <<consentite, appunto, “integrazioni e correzioni” (anche rilevanti), a seguito di una periodo di “sperimentazione applicativa”, riguardanti le parti di delega già esercitate, ma non un esercizio tardivo, per la prima volta, della delega>>, né una sorta di “nuova riforma”, che modifichi le scelte di fondo già realizzate.
Al contrario, seppure è vero che il decreto delegato correttivo non sia strumento tipicamente destinato a contenere correzioni di errori materiali, è pur indubitabile che possa provvedere anche a correggere refusi o mere omissioni ed, ove la correzione sia contenuta nel decreto legislativo piuttosto che in un avviso di rettifica, ai sensi delle disposizioni su citate, non si può concludere -come pretende l’appellante- che essa valga soltanto per il futuro. Ed invero, ciò che caratterizza la portata, innovativa o meno, dell’intervento normativo, non è tanto lo strumento col quale il legislatore interviene, quanto la tipologia dell’integrazione o della correzione.
Nel citato parere reso sullo schema del decreto legislativo correttivo del codice degli appalti si è evidenziato come gli interventi correttivi ed integrativi richiesti dal decreto legislativo n. 50 del 2016 possono essere classificati in quattro categorie principali, una delle quali dovuta al fatto che <>.
Rientra appunto in questa tipologia di correzioni indispensabili (rimozione di errori materiali e refusi), anche la correzione apportata all’art. 80, comma 4, qui in contestazione.
In conclusione, va affermato che l’art. 80, comma 4, penultimo inciso, del d.lgs. n. 50 del 2016, anche nel periodo di vigenza del testo originario, precedente l’intervento correttivo del 2017, deve essere inteso nel senso che <>, valendo anche per il passato la correzione così apportata col d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56.
8. Col secondo motivo (Illegittimità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 80, commi 4 e 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, nonché dell’art. 57 della Direttiva 2014/24. Lesione del principio della par condicio) si ripropone il motivo del ricorso introduttivo, relativo all’interpretazione da darsi al testo dell’art. 80, comma 4, ultimo inciso, del d.lgs. n. 50 del 2016 (rimasto inalterato dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 56 del 2017), che è formulato nei seguenti termini: <>.
La società qui appellante ha sostenuto, già col ricorso introduttivo, che -essendo in possesso di DURC valido sia alla scadenza del termine per la presentazione della domanda sia alla data del provvedimento di aggiudicazione definitiva, ed avendo regolarizzato la propria posizione prima della stipula del contratto di appalto, mediante richiesta di rateizzazione e pagamento dei debiti contributivi- non avrebbe potuto essere destinataria del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione e di esclusione dalla gara, poiché il testo attualmente vigente dell’art. 80, comma 4, ultimo inciso, su riportato, consentirebbe, a differenza del passato, la regolarizzazione della posizione previdenziale in corso di procedura.
8.1. Il giudice di primo grado ha respinto la censura, richiamando la giurisprudenza formatasi sull’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, secondo la quale l’impresa deve conservare la regolarità contributiva per tutto lo svolgimento della procedura (Cons. Stato, Ad. Plen., 4 maggio 2012, n. 8), senza soluzione di continuità (Cons. Stato, V, 31 agosto 2015, n. 4043), sicché restano irrilevanti eventuali adempimenti tardivi dell’obbligazione contributiva (Cons. Stato, V, 29 maggio 2017, n. 2529), anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31 (Semplificazioni in materia di DURC), comma 8, del d.l. 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98sull’invito alla regolarizzazione (Cons. Stato, n. 2529/2017 cit.; Cons. Stato, Ad. Plen., 29 febbraio 2016, n. 5 e n. 6 e id., 25 maggio 2016, n. 10).
Il Tar ha ritenuto che alle medesime conclusioni si debba pervenire, salvo che per tassative ipotesi derogatorie (che confermerebbero, con la previsione dell’eccezione, la permanenza della regola generale), anche con riferimento alla <>.
8.1.1. Il Tribunale amministrativo ha qualificato l’inciso finale dell’art. 80, comma 4, come <>. Ha quindi interpretato la disposizione come volta ad impedire unicamente l’esclusione dalla gara dell’impresa partecipante che, entro il termine perentorio previsto, ha pagato ovvero si è obbligata, in maniera vincolante, a pagare il debito, ma non applicabile alla diversa fattispecie, come quella in esame, dell’irregolarità contributiva sopravvenuta alla scadenza del termine per la presentazione delle domande e fino alla stipula del contratto.
8.1.2. Con la sentenza si è ritenuto che questa interpretazione trovi conferma nel disposto del successivo comma 6 del medesimo art. 80, che richiede, quale principio generale, la permanenza dei requisiti ivi indicati nel corso dell’intera procedura di gara.
8.1.3. Infine, si è escluso che possa condurre a diversa conclusione l’art. 30, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, trattandosi di norma pertinente alla fase di esecuzione del contratto.
8.2. L’appellante censura le affermazioni che sorreggono la su riportata decisione di rigetto (tranne l’ultima, riferita all’art. 30), osservando che:
– l’art. 80, comma 4, consentirebbe la regolarizzazione della posizione contributiva, ove l’irregolarità emerga per la prima volta in corso di procedura ed il comma 6 non impedirebbe l’operatività della deroga anche in corso di gara per il caso in cui il concorrente abbia regolarmente pagato o si sia impegnato in maniera vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali contestati;
– la possibilità di regolarizzazione si dovrebbe desumere, prima ancora che dal codice degli appalti, dall’art. 57 della direttiva n. 2014/24, che prevede che l’operatore economico che si trovi in una situazione che ne potrebbe comportare l’esclusione dalla gara <<può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione>> ed inoltre equiparerebbe l’impegno assunto dal concorrente per l’estinzione del debito contributivo al suo integrale pagamento;
– l’interpretazione sostenuta dall’appellante verrebbe confermata dal confronto tra la direttiva 2004/18, che nulla prevedeva, e la direttiva 2014/24, che invece prevede che l’irregolarità contributiva non rileva ai fini dell’esclusione <>, quale che sia il momento in cui tale impegno viene formalizzato;
– anche il parere n. 1063 del 19 ottobre 2016 delle Sezioni Unite del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia confermerebbe la fondatezza dell’appello;
– la sentenza sarebbe errata laddove ha escluso la possibilità di regolarizzazione nel caso di irregolarità contributiva sopravvenuta “non imputabile all’impresa”, come sarebbe nel caso in cui l’irregolarità del DURC venga notificata dopo la scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara;
– l’impossibilità della regolarizzazione sarebbe contraria ai principi fondamentali che governano le procedure di gara, richiamati dallo stesso Tar, cioè i principi di parità di trattamento e di autoresponsabilità, nonché illegittima per violazione dell’art. 57, paragrafo 3, della direttiva 2014/24.
9. Il motivo è infondato.
I commi 4, ultimo inciso, e 6 dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 vanno interpretati nel senso che il requisito della regolarità contributivadeve sussistere al momento della scadenza del termine per la presentazione della domanda e deve permanere per tutta la durata della procedura selettiva.
La novità rispetto alle corrispondenti previsioni dell’art. 38, commi 1, lett. i) e comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 è costituita da una maggiore ampiezza riconosciuta alla nozione di regolarità contributiva, dovendosi intendere per tale non solo l’avvenuto pagamento dei contributi previdenziali dovuti, ma anche la formalizzazione dell’impegno al pagamento, purché intervenuti prima della scadenza del detto termine.
In sintesi, la norma attuale consente la partecipazione alla gara all’operatore economico che, al momento della scadenza del termine per la presentazione della domanda, pur non in regola con gli obblighi contributivi e pur raggiunto da un c.d. preavviso di DURC negativo (cioè dall’invito alla regolarizzazione già previsto dall’art. 31, comma 8, del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito nella legge n. 98 del 2013; oggi previsto dall’art. 4 del D.M. 30 giugno 2015), provveda tempestivamente a regolarizzare la propria posizione contributiva, eventualmente anche mediante richiesta di rateizzazione, sempre che la formalizzazione dell’impegno a sanare intervenga prima del termine di scadenza per la presentazione della domanda.
9.1. La disposizione dell’art. 80, comma 4, viene ad incidere sulla giurisprudenza amministrativa formatasi nel vigore dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, ma non nei termini pretesi dall’appellante.
Le diverse decisioni in materia, alcune delle quali citate nella sentenza qui impugnata, hanno infatti affermato l’irrilevanza della regolarizzazione postuma della posizione previdenziale, imponendo all’impresa di essere in regola col pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali sin dal momento di presentazione dell’offerta e di conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione.
In particolare, il principio di diritto affermato nelle sentenze nn. 5 e 6 del 29 febbraio 2016 dell’Adunanza Plenaria, e confermato con la sentenza della stessa Adunanza Plenaria n. 10 del 25 maggio 2016, è il seguente: <>.
Questo principio risulta superato solo in parte dall’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016.
L’ultimo inciso consente infatti all’impresa che intenda partecipare alla gara di aderire all’invito alla regolarizzazione fino al momento di presentazione dell’offerta, potendo perciò autocertificare il possesso del requisito a tale momento anche se non abbia ancora pagato le somme dovute agli enti di previdenza ed assistenza, ma si sia formalmente impegnata al pagamento.
Non vi è invece alcun dato letterale né sistematico che legittimi l’interpretazione della norma sostenuta dall’appellante, nel senso che essa consenta anche l’adempimento tardivo o l’impegno all’adempimento tardivo, qualora l’invito alla regolarizzazione (c.d. preavviso di DURC negativo) intervenga nel corso della procedura.
Per tale eventualità, il Collegio ritiene che debba essere ribadito il principio di diritto espresso dall’Adunanza Plenaria nelle sentenze citate, e confermato anche da decisioni del Consiglio di Stato successive (tra cui cfr. Cons. Stato, V, 5 maggio 2017, n. 2041; id., V, 29 maggio 2017, n. 2529; id., VI, 15 settembre 2017, n. 4349), nel senso che, anche qualora l’operatore economico fosse in possesso di DURC regolare al momento della presentazione della domanda, deve essere escluso se, nel corso della procedura, emerga una situazione di irregolarità contributiva, ostativa al rilascio del DURC, pur se sia ancora in tempo per provvedere alla regolarizzazione e vi provveda tempestivamente ai sensi del D.M. 30 gennaio 2015 .
9.2. Questa lettura rigorosa va confermata, oltre che per la menzionata esplicita previsione del termine di cui all’ultimo inciso dell’art. 80, comma 4, anche per il disposto dello stesso art. 80, comma 6. La disposizione (<>) non consente di distinguere tra omissioni di pagamenti di contributi precedenti o sopravvenute all’inizio della procedura; né consente di distinguere, ai fini dell’emissione del provvedimento di esclusione, i diversi momenti della procedura di gara, imponendo perciò l’esclusione anche dopo l’aggiudicazione e prima della stipula del contratto di appalto, come accaduto nella specie.
D’altra parte, il rinvio integrale al quarto comma che, come detto, attribuisce espressamente rilevanza alla scadenza del termine per la presentazione della domanda, impone di leggere in combinato disposto i due comma dello stesso articolo, dovendosi perciò affermare che si trova nella situazione di cui al comma 4, ai sensi del comma 6, l’operatore economico che non abbia pagato o non si sia impegnato a pagare “prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande”.
9.3. Né si può sostenere, come pure fa l’appellante, che a diversa conclusione si dovrebbe pervenire quanto meno <> e, come accaduto nel caso di specie, il concorrente si sia immediatamente attivato regolarizzando la propria posizione prima della conclusione della gara.
Non risultano pertinenti i rilievi dell’appellante riguardanti la buona o mala fede nell’attivazione della procedura di regolarizzazione; l’accertamento negativo, anche quando sopravvenuto ad un DURC regolare, trova ragion d’essere nella scadenza di pagamenti (<> ex art. 4 del d.l. n. 34 del 2014) riguardanti posizioni di lavoratori subordinati o para-subordinati per i quali l’impresa ha l’obbligo di denuncia della retribuzione; in virtù del principio di autoresponsabilità e diligenza, incombe all’impresa non solo la verifica- possibile in ogni momento e anche online- della situazione effettiva di regolarità contributiva (cfr. Cons. Stato, V, 11 gennaio 2018, n. 110), ma anche della permanenza di tale situazione.
Fermi restando perciò gli obblighi contributivi e la possibilità di generale sanatoria secondo il meccanismo attualmente previsto dall’art. 4 del D.M. 30 gennaio 2015, rientra nella discrezionalità del legislatore differenziare, ai fini della partecipazione alle gare ad evidenza pubblica, le posizioni -che sono oggettivamente differenti- dell’impresa che si attivi per conseguire prima della presentazione dell’offerta un DURC regolare e, per contro, dell’impresa che, pur formalmente in possesso di DURC regolare al momento della presentazione dell’offerta, perda il requisito contributivo a causa di debiti sopravvenuti od emersi in corso di gara.
In senso contrario non rileva il parere di cui all’Adunanza delle Sezioni riunite del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 1063 del 19 ottobre 2016, impropriamente citato dall’appellante poiché riferito ad un procedimento di erogazione di fondi pubblici, cui non è applicabile il codice dei contratti pubblici (richiamato solo in un obiter dictum, riguardante peraltro l’art. 80, comma 4, e l’art. 86, comma 2, lett. b, nel testo poi corretto con il d.lgs. n. 56 del 2017).
9.4. Va perciò confermata la sentenza di primo grado che ha affermato l’attualità della regola generale della necessità della permanenza, senza soluzione di continuità, del requisito di regolarità contributiva, durante l’intero corso della procedura di affidamento di pubblici appalti e l’eccezionalità della deroga disposta dall’ultimo inciso dell’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, da considerarsi norma di stretta interpretazione, applicabile alle sole ipotesi ivi tassativamente ed espressamente previste.
10. Restano da delibare le censure dell’appellante concernenti la asserita incompatibilità di tale interpretazione con le previsioni di cui all’art. 57, paragrafo 6 e paragrafo 2, della direttiva n. 24 del 2014 ovvero l’asserita illegittimità della norma interna, come sopra interpretata, per violazione dello stesso art. 57, paragrafo 3.
Il richiamo dell’art. 57, paragrafo 6 (<>), non è pertinente, poiché la possibilità di dimostrare l’affidabilità, nonostante l’esistenza di una causa di esclusione, non è riferita al motivo di esclusione dell’inottemperanza all’obbligo di pagamento dei contributi previdenziali.
Questo infatti non è disciplinato nei paragrafi 1 e 4, richiamati dal paragrafo 6, bensì nei paragrafi 2 e 3, nonché nel paragrafo 5 dello stesso art. 57.
10.1. Per evitare di incorrere nel fraintendimento che sta alla base di una delle censure formulate dall’appellante, i paragrafi 2 e 3 vanno letti in combinato disposto.
Il primo prevede che <>.
Effettivamente, al terzo comma, lo stesso paragrafo 2 dispone che esso <>, senza fissare un termine esplicito entro il quale il pagamento o l’impegno debbano essere formalizzati per consentire la deroga all’operatività della causa di esclusione.
Tuttavia, il termine si desume per implicito da quanto dispone il successivo paragrafo 3, comma secondo: << Gli Stati membri possono inoltre prevedere una deroga alle esclusioni obbligatorie di cui al paragrafo 2 nei casi in cui un’esclusione sarebbe chiaramente sproporzionata, in particolare qualora non siano stati pagati solo piccoli importi di imposte o contributi previdenziali o qualora l’operatore economico sia stato informato dell’importo preciso dovuto a seguito della sua violazione degli obblighi relativi al pagamento di imposte o di contributi previdenziali in un momento in cui non aveva la possibilità di prendere provvedimenti in merito, come previsto al paragrafo 2, terzo comma, prima della scadenza del termine per richiedere la partecipazione ovvero, in procedure aperte, del termine per la presentazione dell’offerta>>.
La facoltà offerta agli Stati membri da tale ultima disposizione della direttiva rende palese che la previsione di cui al secondo paragrafo, ultimo comma, attiene al divieto di esclusione dell’operatore economico che abbia ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, prima della scadenza del termine per richiedere la partecipazione ovvero, in procedure aperte, del termine per la presentazione dell’offerta.
A tale obbligo imposto dalla direttiva 2014/24 UE, il legislatore italiano si è perfettamente adeguato, con la disposizione dell’art. 80, comma 4, ultimo inciso, che recepisce perciò la deroga all’esclusione obbligatoria prevista dall’art. 57, secondo paragrafo.
10.2. Invece, il legislatore italiano non ha inteso ampliare l’ambito delle deroghe all’esclusione obbligatoria per violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali, avvalendosi della facoltà che pur è concessa dal paragrafo 3, appena richiamato.
Quest’ultimo infatti prevede che gli Stati membri “possono” prevedere una deroga alle esclusioni obbligatorie anche in riferimento alla situazione che l’appellante assume essersi determinata nel caso di specie: essere stato l’operatore economico informato dell’importo preciso dovuto a seguito della sua violazione degli obblighi contributivi in un momento in cui “non aveva la possibilità di prendere provvedimenti in merito”, vale a dire non poteva più avvalersi della deroga consentita fino alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta.
Il legislatore nazionale non ha inteso prevedere la deroga all’esclusione nel caso in cui l’operatore economico sia stato informato della violazione (od, a maggior ragione vi sia incorso) soltanto dopo la scadenza del termine di presentazione delle domande e tale maggior rigore non è in violazione della direttiva, in ragione appunto della facoltà concessa dal paragrafo 3 dell’art. 57.
10.3. Peraltro la Corte di Giustizia si è espressa, sia pure in riferimento all’art. 45 della direttiva 2004/18/CE, ma con un principio valido anche nel vigore della direttiva 2014/24/UE, affermando che ciò che rileva è la possibilità dell’operatore economico di verificare in ogni momento la regolarità della sua situazione presso l’istituto previdenziale; ove tale condizione sia soddisfatta, l’impresa non può fondare l’addotta situazione di regolarità e la legittimità della sua partecipazione alla gara su un certificato ottenuto prima della presentazione della sua offerta e attestante l’assolvimento degli obblighi contributivi in un periodo anteriore a tale presentazione, qualora tale regolarità con gli obblighi contributivi non sia in effetti sussistente alla data di presentazione della domanda di partecipazione (cfr. Corte di Giustizia, 10 novembre 2016, in causa C-199/15). Analogamente, è a dirsi in riferimento all’ipotesi, pur non coincidente, ma affine, rilevante nel caso di specie, in cui il periodo di validità del DURC venga a scadere nelle more dell’espletamento delle procedure di gara, essendo onere dell’operatore economico verificare la regolarità della sua situazione presso l’istituto previdenziale anche in vista di tale scadenza e comunque nel corso della procedura di gara.
10.4. La norma di chiusura di cui al paragrafo 5 dell’art. 57 della direttiva n. 24/2014 (<>), trasfusa nel comma 6 dell’art. 80 del codice dei contratti pubblici, conferma che, al di fuori delle ipotesi di deroga, di stretta interpretazione, l’operatore economico debba mantenere il possesso del requisito generale per l’intero corso della procedura, potendo essere escluso, in caso contrario, “in qualunque momento della procedura” medesima.
11. In conclusione, in applicazione dei principi e delle norme fin qui richiamati, il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione e di esclusione dalla gara della società Ec. Fa. s.r.l. è legittimo, essendo incontestati i dati di fatto rilevanti ai fini dell’esclusione dell’impresa aggiudicataria, vale a dire: il possesso da parte di Ec. Fa. del DURC regolare con validità 29 novembre 2016- 29 marzo 2017, quindi per il periodo nel quale si collocano la presentazione dell’offerta ed il provvedimento di aggiudicazione; la comunicazione di irregolarità contributiva (per l’importo di € 4.062.654,80), a seguito della richiesta avanzata dall’amministrazione aggiudicatrice in data 29 marzo 2017 (ai fini della stipula del contratto), attestata con c.d. preavviso di DURC negativo notificato all’impresa in data 30 marzo 2017; istanza di rateizzazione avanzata in data 3 aprile 2017; rilascio di DURC regolare con validità 27 aprile 2017-25 agosto 2017, mancando la continuità della regolarità contributiva nel periodo 30 marzo -26 aprile 2017, in riferimento ad un debito certo, scaduto ed esigibile, di gran lunga superiore alla soglia dell’art. 3, comma 3, del D.M. 30 gennaio 2015.
Il secondo motivo di appello va perciò respinto.
12. Col terzo motivo (Illegittimità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 18 e 23 della l. n. 247 del 2012 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 39 del 2013, nella parte in cui ha respinto la censura volta a far valere l’invalidità degli atti impugnati in primo grado per incompetenza e incompatibilità del sottoscrittore) si ripropone appunto tale ultima censura, riferita all’avv. Tr., quale sottoscrittore degli atti impugnati, malgrado fosse Responsabile dell’Ufficio Legale del Comune, perciò soggetto diverso dal titolare dell’Ufficio Contratti del Comune (che risultava essere la dott.ssa Cristina Guadalupi) e comunque soggetto incompatibile perché l’iscrizione nell’elenco degli avvocati e procuratori legali dipendenti da enti pubblici richiede, quale presupposto imprescindibile, la “esclusività” dell’espletamento, da parte degli stessi, dell’attività di assistenza, rappresentanza e difesa dell’ente pubblico, non potendo perciò essere titolari di altre funzioni o ricoprire altri incarichi all’interno dell’Amministrazione, né adottare atti di gestione, ai sensi degli artt. 18 e 23 della legge n. 247 del 2012.
12.1. Il giudice di primo grado ha respinto entrambe le censure, osservando:
– che risulta per tabulas il conferimento dell’incarico di “direzione e gestione” del Settore “Affari Legali” in uno al Servizio ad interim “Contratti” all’avv. Fr. Tr., con decreto sindacale prot. n. 111839 del 30 dicembre 2016 (pure oggetto di impugnazione);
– che la società sarebbe carente di interesse ad eccepire l’incompatibilità <>;
– che comunque l’art. 1, comma 221, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (<>), in quanto norma sopravvenuta di settore e speciale prevarrebbe sulla norma, pure speciale, ma previgente dell’art. 23 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 (<>), con la conseguente compatibilità dell’iscrizione nell’elenco speciale annesso all’Albo forense e con il mantenimento dello ius postulandi nell’esclusivo interesse del civico Ente. Il Tar ha aggiunto che la contraria opzione ermeneutica proposta dalla società ricorrente condurrebbe ad una sostanziale disapplicazione della normativa sopravvenuta.
10.2. L’appellante critica la decisione perché non avrebbe considerato che il Comune di Brindisi ha affidato l’incarico gestorio all’avv. Tr. pur risultando l’Ufficio Contratti dell’ente già diretto da altro dirigente, con la conseguenza che, anche a prescindere dal vincolo di esclusività, l’avv. Tr. sarebbe stato incompetente rispetto all’adozione degli atti impugnati.
10.2.1. Aggiunge che l’art. 23 della legge n. 247 del 2012 è norma avente natura speciale, come tale non derogabile dalla normativa generale sopravvenuta, quale quella recata dalla legge di stabilità erroneamente richiamata ed interpretata dal Tar Puglia, per come confermato da un parere del CNF adottato il 28 febbraio 2017, già depositato nel giudizio di primo grado, nonché dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 91 del 2013; pertanto, l’art. 1, comma 221, della legge n. 208 del 2015 si applicherebbe soltanto ai dirigenti dell’avvocatura civica che non risultano iscritti nell’Albo Speciale, al contrario dell’avv. Tr..
10.2.2. Infine, l’affermazione della carenza di interesse della società a sollevare detta causa di incompatibilità, secondo l’appellante non sarebbe “affatto condivisibile” poiché dà per scontata l’infondatezza della pretesa principale, che, invece, non potrebbe essere affermata.
11. Il motivo, oltre ad essere inammissibile per carenza di interesse per la ragione già espressa nella sentenza impugnata (inevitabilità dell’esclusione della società aggiudicataria anche in esito all’ipotetica rinnovazione dell’attività amministrativa), non merita di essere accolto per un duplice ulteriore ordine di ragioni.
In primo luogo, anche a voler ritenere fondata l’interpretazione sostenuta dall’appellante a proposito del coordinamento tra l’art. 1, comma 221, della legge n. 208 del 2015 e l’art. 23 della legge n. 247 del 2012 (conforme peraltro a quella espressa nel parere del CNF del 28 febbraio 2017), l’unica conseguenza che si avrebbe sarebbe la necessaria cancellazione dell’avv. Tr. dall’Elenco speciale annesso all’Albo degli avvocati e la conseguente perdita dello ius postulandi per l’ente civico, non certo l’invalidità degli atti gestori assunti nella qualità di dirigente di settore diverso dall’Ufficio legale, ma competente all’adozione degli atti impugnati (nel caso di specie, le determinazioni dirigenziali di revoca dell’aggiudicazione e di incameramento della cauzione).
In secondo luogo, ed appunto in ragione di detta conseguenza -rilevante tutt’al più sotto il profilo disciplinare nei confronti dell’avvocato e/o sotto il profilo dell’esercizio dello ius postulandi del medesimo (oltre che del permanere della qualifica di dirigente dell’Ufficio legale)- il privato, in qualità di destinatario dell’atto gestorio, adottato dal medesimo dirigente in forza dell’incarico attribuito senza vincolo di esclusività, non è legittimato ad agire per far valere la dedotta causa di incompatibilità.
12. In conclusione, l’appello va respinto.
Sussistono giusti motivi di compensazione delle spese per la novità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese processuali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli, Presidente FF
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere, Estensore
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