Gli impianti carburante sono impianti di interesse pubblico anche ai fini della normativa paesaggistica, il cui progetto sarebbe compatibile con il PTP vigente, con conseguente illegittimità del parere negativo della Soprintendenza e del diniego.

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 2 luglio 2018, n. 4002.

La massima estrapolata:

Gli impianti carburante sono impianti di interesse pubblico anche ai fini della normativa paesaggistica, il cui progetto sarebbe compatibile con il PTP vigente, con conseguente illegittimità del parere negativo della Soprintendenza e del diniego.

Sentenza 2 luglio 2018, n. 4002

Data udienza 26 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2625 del 2018, proposto dalla s.r.l. Ve. Pe., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Ru., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Il Comune di (omissis) e l’Arch. Do. De Lu., quale Commissario Ad Acta della sentenza n. 2566/2018, non costituiti in giudizio;
Il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro pro tempore, e la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sez. III, n. 193/2018, resa tra le parti, concernente annullamento: a) del provvedimento in data 9.6.2017 del Commissario ad acta nominato con sentenza del T.A.R. Campania, sez. III, in data 18 maggio 2016, n. 2566; b) del parere negativo della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli in data 5 maggio 2017, n. 6.899, nonché del preavviso di diniego in data 29 marzo 2017, n. 5023.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo nonché della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2018 il Consigliere Oswald Leitner e udito, per l’appellante, l’avvocato Gi. Ru.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- La s.r.l. Ve. Pe. presentava in data 10 settembre 2012 una istanza al Comune di (omissis) per il rilascio dei titoli autorizzativi allo scopo di realizzare un impianto di carburanti alla via (omissis), su terreno catastalmente contraddistinto al foglio (omissis), p.lle (omissis), ricadente in zona agricola del vigente strumento urbanistico comunale e soggetta a vincolo paesaggistico.
Avverso il diniego n. 20616/2012, la società proponeva ricorso davanti al T.A.R., iscritto al numero di registro generale 5374 del 2012; tra i vari motivi, essa censurava la violazione dell’art. 146 del D.L.vo 42/2004, posto che l’ente comunale, prima di esprimersi, avrebbe dovuto chiedere alla Soprintendenza il parere obbligatorio sulla compatibilità dell’opera con il vincolo paesaggistico.
Il T.A.R. per la Campania accoglieva il ricorso con sentenza n. 647 del 28 gennaio 2013, non appellata e passata in giudicato.
2.- Il Comune riprendeva l’istruttoria, all’esito della quale adottava un altro provvedimento di diniego, n. 24959/2013.
La s.r.l. Ve. Pe. proponeva, quindi, un nuovo ricorso davanti al TAR per la Campania, rubricato al n. 1124 del 2014.
Con l’ordinanza n. 416 del 14 marzo 2014, il T.A.R. accoglieva l’istanza cautelare ai fini del riesame.
L’amministrazione comunale, tuttavia, non ottemperava all’ordinanza; il T.A.R., quindi, con sentenza n. 4541 dell’8 agosto 2014, in accoglimento del ricorso, annullava il diniego impugnato.
3.- Poiché il Comune di (omissis) non eseguiva la sentenza n. 4541/2014, la s.r.l. Ve. Pe. proponeva giudizio per l’ottemperanza, ai sensi dell’art. 114 cod. proc. amm.
Con la sentenza n. 2566 del 18 maggio 2016, il T.A.R., in accoglimento del ricorso, ordinava al Comune di dare esecuzione alla sentenza n. 4541/2014; per questo fissava un termine di sessanta giorni per l’adempimento e nominava, per il caso di ulteriore inottemperanza, il Commissario ad acta nella persona del dirigente preposto al U.O.D. della Regione Campania competente in materia di Governo del Territorio, con facoltà di delega.
4.- Perdurando l’inadempienza, in data 11 ottobre 2016, si insediava presso la sede della casa comunale il Commissario ad acta, nella persona dell’arch. Do. De Lu., il quale acquisiva dall’ente l’intera documentazione.
All’esito della complessa attività istruttoria, in data 1° marzo 2017, il Commissario ad acta redigeva la relazione tecnica illustrativa, nonché la proposta motivata di parere favorevole al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, che consegnava alla Soprintendenza archeologica, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli il successivo 3 marzo.
Con nota n. 5023 del 29 marzo 2017, la Soprintendenza, tuttavia, dava comunicazione di preavviso di diniego ai sensi dell’art. 10-bis L. 241/1990.
La s.r.l. Ve. Pe. partecipava al procedimento trasmettendo le proprie osservazioni in data 7 aprile 2017, con le quali rappresentava la compatibilità dell’intervento con il P.T.P. vigente.
In risposta, la Soprintendenza adottava il provvedimento n. 6899 del 5 maggio 2017, con il quale esprimeva parere negativo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
Il Commissario ad acta, quindi, con decreto del 9 giugno 2017, sul presupposto che non poteva discostarsi dal parere vincolante e definitivo della Soprintendenza, emanava il diniego dell’autorizzazione paesaggistica e, unitamente al decreto, ha presentato la connessa documentazione e la nota spese per il riconoscimento degli onorari relativi all’incarico svolto.
5.- La s.r.l. Ve. Pe. ha impugnato con reclamo il parere negativo della Soprintendenza ed il conseguente diniego di autorizzazione paesaggistica.
6.- La società ricorrente, in sintesi, ha formulato le seguenti censure:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 146, D.L.vo 42/2004; Violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 12 e 21 del P.T.P. vigente. Difetto e carenza di istruttoria e di motivazione. Illogicità ed irrazionalità.
Gli impianti carburante sono, per costante e pacifica giurisprudenza, impianti di interesse pubblico anche ai fini della normativa paesaggistica, il cui progetto sarebbe compatibili con il PTP vigente, con conseguente illegittimità del parere negativo della Soprintendenza e del diniego.
2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 12 e 21 PTP vigente; difetto e carenza d’istruttoria e di motivazione; illogicità ed irrazionalità.
L’amministrazione è pervenuta al diniego senza considerare che agli impianti carburante trova applicazione anche l’art. 21 PTP, laddove l’asserito contrasto del progetto con la tutela paesaggistica di “un’area che il piano paesaggistico tutela in maniera integrale”, altro non sarebbe che il riferimento alle prescrizioni dettate dall’art. 11 (Protezione integrale).
3) Violazione ed elusione delle sentenze del TAR Campania, Napoli, n. 4541/2014 e n. 2566/2016.
Sarebbe mancata quella “valutazione del progetto nel suo complesso” che sarebbe stata espressione di una normale istruttoria, dovuta in ottemperanza al giudicato.
4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 146, D.L.vo n. 42/2004; violazione e falsa applicazione dell’art. 9 PTP vigente.
L’amministrazione non avrebbe considerato che, se il progetto, a suo dire, prevede, da un lato, un’alterazione dell’andamento naturale e l’espianto di vegetazione, dall’altro recupera immobili fatiscenti e degradati, con garanzia di un recupero paesistico-ambientale non solo consentito dall’art. 12, ma che costituisce la precipua finalità della normativa di tutela paesaggistica, tano da essere contemplata dall’art. 9 (interventi consentiti per tutte le zone).
5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 146, D.L.vo 42/2004; violazione e falsa applicazione dell’art. 9 PTP; violazione e falsa applicazione dell’art. 24, D.L.vo n. 285/1992 e dell’art. 6 legge Regione Campania n. 1/2012; difetto e carenza d’istruttoria e motivazione.
Gli impianti di distribuzione carburante sono infrastrutture stradali secondarie e costituiscono pertinenza stradale ai sensi dell’art. 6, L.R. n. 1/2012 e dell’art. 24, comma 4, del Codice della Strada, nonché per costante giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, n. 3786/2008).
Il progetto in questione, nel prevedere la realizzazione di una pertinenza stradale, è di ampliamento della viabilità carrabile e come tale consentito dal PTP.
6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 146, D.L.vo n. 42/2004; violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 11 e 12 PTP vigente; violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2, D.L.vo n. 32/1998; dell’art. 17 legge reg. n. 8/2013 e dell’art. 10, L.R. n 1/2012; violazione e falsa applicazione della delibera di giunta regionale n. 8835/1999; difetto e carenza di motivazione e d’istruttoria.
L’amministrazione non spiega perché l’intervento determinerebbe una trasformazione dell’andamento naturale del terreno che invece non dovrebbe verificarsi. Non sarebbe inoltre vietata la realizzazione di un piazzale pavimentato, bensì l’impermeabilizzazione delle aree scoperte.
7) Violazione e falsa applicazione dell’art. 146, D.L.vo n. 42/2004, violazione e falsa applicazione degli artt. 9 ed 11 PTP vigente; difetto e carenza d’istruttoria e di motivazione.
Nella nota di preavviso di diniego n. 5023 del 29 marzo 2017, la Soprintendenza richiama il divieto di tagli ed espianto della vegetazione arbustiva, previsto dall’art. 11, comma 4, PTP.
La perizia agronomica, redatta in data 28 aprile 2017, corredata di documentazione fotografica, chiarisce che le poche essenze arboree presenti sarebbero in pessimo stato di salute.
8) violazione e falsa applicazione dell’art. 146, D.L.vo n. 42/2004; violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 D.L.vo n. 32/1998; dell’art. 17 L.R. n. 8 del 2013 e dell’art. 10, L.R. n. 1 del 2012; violazione e falsa applicazione della delibera di giunta regionale n. 8835 del 1999; eccesso di potere per presupposto erroneo; difetto e carenza di motivazione e d’istruttoria; illogicità
Non sarebbe conforme alla normativa vigente la motivazione secondo cui il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica sarebbe preclusa dalla mancanza di un piano comunale dei carburanti.
7. Il comune di (omissis) e la Soprintendenza, ritualmente intimate, non si sono costituite in giudizio.
8. Con la sentenza n. 193 del 2018, il T.A.R. ha respinto il reclamo.
9. Avverso tale sentenza ha interposto gravame la s.r.l. Ve. Pe., articolando sei motivi d’appello.
10. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e la Soprintendenza archeologica belle ari e paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, per resistere al gravame.
11. Nell’udienza del 26 giugno 2018, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo di gravame, l’appellante rileva che il T.A.R. avrebbe erroneamente respinto i primi due motivi di reclamo, con i quali era stato dedotto che gli impianti carburanti sono di interesse pubblico anche ai fini della normativa paesaggistica, sicché per essi troverebbe applicazione l’art. 21 del P.T.P. vigente, secondo il quale “è consentito in tutte le zone del presente piano, anche in deroga alle norme e prescrizioni delle singole zone di cui alla presente normativa: – la realizzazione e/o l’adeguamento degli impianti tecnologici ed infrastrutturali”.
Nella sentenza impugnata troverebbe conferma quanto dedotto nel reclamo, ossia che l’intervento è stato valutato dalla Soprintendenza non in deroga: in particolare, in primo grado, sarebbe stato censurato proprio che, in difetto di carenza istruttoria e di motivazione, l’Amministrazione non aveva per l’appunto valutato la deroga al P.T.P., come previsto da quest’ultimo, e, quindi, verificato la compatibilità paesaggistica del progetto altresì ai sensi dell’art. 11 del piano.
Del resto, l’art. 21 citato prevedrebbe non solo che gli impianti pubblici, proprio per le loro intrinseche caratteristiche che li rendono funzionali al soddisfacimento di un interesse pubblico, sono consentite in tutte le zone e, quindi, anche in quelle a protezione integrale previste dal piano, ma anche che lo sono “in deroga alle norme di prescrizione delle singole zone di cui alla presente normativa”, con la conseguenza che non sarebbe sufficiente per negare l’autorizzazione paesaggistica che il progetto contrasti con le previsioni della singola zona, ma sarebbe altresì necessaria una motivazione sulle ragioni dell’impossibilità di derogarvi, che nella specie è del tutta mancata.
La sentenza appellata si porrebbe peraltro in contrasto con la giurisprudenza dello stesso T.A.R. Campania, che ha invece più volte affermato che la deroga di cui all’art. 21 PTP è applicabile agli impianti di erogazione di carburante, da considerarsi interventi infrastrutturali di pubblica utilità.
2. Ritiene il Collegio che il motivo di gravame non sia fondato.
Sul punto va richiamata la sentenza di questo Consiglio, Sez. VI, 25 maggio 2013, n. 2817, per cui: “Sebbene l’impianto di distribuzione di carburante possa rientrare, in astratto, nel campo di applicazione dell’art. 21 PTP, occorre, tuttavia, chiarire che la disposizione in esame, nel consentire la realizzazione di tali impianti in eventuale deroga alle prescrizioni di piano – tra cui quella del generale divieto di incremento volumetrico prevista dall’art. 15 per la zona S.I. (zone Sature Interne) – non esclude, tuttavia, la persistenza, in ogni caso, del potere della Soprintendenza di valutare, in concreto, l’impatto paesaggistico della nuova opera e, in particolare, di valutarne la compatibilità paesaggistica.
In altri termini, anche per gli impianti che ricadono nel campo di applicazione di cui all’art. 21 PTP, la valutazione dell’impatto paesaggistico risulta, comunque, necessaria, non potendo certamente la detta deroga essere letta nel senso di consentire che gli impianti in essa menzionati possano essere realizzati a prescindere da ogni forma di tutela paesaggistica e, quindi, sottraendoli surrettiziamente al regime vincolistico e così di fatto precludendo alla Soprintendenza di valutare, caso per caso, il concreto impatto che essi possono avere sul paesaggio nel quale si inseriscono e di stimarne la relativa compatibilità”.
Ciò è stato fatto esattamente nel caso di specie, come si evince dalla motivazione che correda il parere negativo della Soprintendenza, ove, nel precisare che non si trattava di intervento in deroga, la Soprintendenza ha solo inteso chiarire, in linea con la sentenza sopraccitata, che la citata norma non valeva, per ciò solo, a consentire l’effettuazione di interventi aventi ad oggetto la realizzazione di impianti tecnologici e strutturali in aree sottoposte a tutela paesaggistica, dovendo pur sempre trattarsi di interventi compatibili con il tipo di tutela ad esse riservata, ciò che nel caso ha ritenuto di escludere, dal momento che l’appellante intendeva realizzare l’impianto in zona a P.I.
3. Con il secondo motivo si ripropone un motivo del ricorso in primo grado non esaminato dal primo giudice.
Con il medesimo si deduce che gli impianti di distribuzione carburante sarebbero infrastrutture stradali secondarie e costituirebbero pertinenza stradale ai sensi dell’art. 6 del regolamento regionale n. 1/2012 e dell’art. 24, comma 4 del codice della strada.
L’intervento rientrerebbe, quindi, tra quelli consentiti dall’art. 9 del PTP vigente (interventi consentiti per tutte le zone), eventualmente in deroga, in virtù del quale “per tutte le zone, comprese nel piano, sono ammessi anche in deroga alle norme e prescrizioni di tutela delle singole zone … b) interventi di sistemazione e adeguamento anche attraverso ampliamento della viabilità pedonale e carrabile”. Il progetto, infatti, prevedendo la realizzazione di una pertinenza stradale, sarebbe di ampliamento della viabilità carrabile e come tale consentito dal PTP.
4. Ritiene il Collegio che il motivo di gravame sia infondato.
Per quanto concerne la realizzazione di infrastrutture stradali, la deroga dell’art. 9 PTP non comporta che esse possano sempre e, comunque, realizzate in aree sottoposta a tutela paesaggistica, poiché a seguire una tale interpretazione della norma del piano si avrebbe una consistente riduzione della portata del vincolo e, quindi, alla protezione a bene di rilievo costituzionale (v. art. 9 della Costituzione).
E’ inevitabile, quindi, che anche nei casi in cui può operare la deroga prevista dall’art. 9 PTP, l’assentibilità del singolo intervento deve essere valutata caso per caso, avendo riguardo per un verso alle previsioni dello strumento pianificatorio applicabile per la singola zona e, per altro verso, le caratteristiche di ciò che per effetto dell’intervento si andrebbe ad inserire nel contesto sottoposto a tutela e l’incidenza che quest’ultimo sarebbe destinato ad avere.
5. Con il terzo motivo di gravame si deduce che, con il terzo e quarto motivo di reclamo non sarebbe stata posta una questione di limiti del potere della Soprintendenza, se cioè di mero annullamento per profili di illegittimità dei pareri di altri enti o di cogestione del vincolo, ma la questione avrebbe riguardato la necessità di esprimersi sul progetto nel suo complesso, come sarebbe dovuto accadere anche in ottemperanza al giudicato. Tale questione sarebbe rimasta sostanzialmente non esaminata dal T.A.R.
In particolare, sarebbe stato dedotto che con la sentenza n. 4541/2014 il T.A.R. aveva affermato che, “nella fattispecie in esame, l’amministrazione resistente non ha compiuto una valutazione del progetto nel suo complesso, tesa a verificare, se la realizzazione dell’intervento, nei termini prospettati dalla ricorrente, determini un’alterazione ovvero una valorizzazione dei beni oggetto di tutela”.
Il progetto della s.r.l. Ve. Pe. avrebbe ad oggetto la realizzazione di un impianto carburanti sulle p.lle (omissis) del foglio (omissis). Sulla p.lla (omissis) – che ricade in zona PIR (Protezione Integrale con Restauro Paesaggistico-Ambientale) – insisterebbero due ruderi da tempo abbandonati. La restante p.lla (omissis), parzialmente interessata dal progetto ricadrebbe in zona PI (Protezione Integrale).
La Soprintendenza avrebbe espresso il parere negativo sul presupposto che il progetto era in contrasto con l’art. 11 PTP, richiamando così in tale modo solo la disciplina per le aree soggette a PI, senza alcun esame circa la compatibilità del rispetto anche con le norme e prescrizioni dell’art. 12 (PIR). Sarebbe, quindi, mancata la valutazione del progetto nel suo complesso, che sarebbe stata espressione di una normale istruttoria e per di più dovuta in ottemperanza al giudicato.
Sotto altro profilo sarebbe innegabile che il progetto recupererebbe immobili fatiscenti, garantendo così quel recupero paesistico-ambientale non solo consentito dall’art. 12, ma che addirittura costituirebbe la precipua finalità della normativa di tutela paesaggistica, tanto da essere contemplata dall’art. 9 (interventi consentiti per tutte le zone), per il quale “per tutte le zone … sono ammessi, anche in deroga alla norme e prescrizioni di tutela delle singole zone: a) … riqualificazione dell’edilizia recente”.
Laddove fosse stata compiuta quella valutazione del progetto nel suo complesso, l’Amministrazione ben sarebbe potuta arrivare alla conclusione che la asserita lesione era in ogni caso recessiva rispetto alla riqualificazione complessiva della zona.
Del resto, bocciare il progetto e non consentire così la riqualificazione dell’area significherebbe non recuperare l’area ai fini ambientali, il che è essa stessa lesione del vincolo paesaggistico-ambientale.
6. Ritiene il Collegio che il motivo di gravame sia infondato.
Non è affatto vero che la Soprintendenza si è limitata a fondare il proprio convincimento avendo riguardo alle sole previsioni dell’art. 11 PTP, avendo piuttosto considerato il progetto nel dettaglio.
In proposito va evidenziato che sono state debitamente considerate non solo le previsioni di cui all’art. 11 PTP riguardanti una delle due particelle, ma anche quella di cui all’art. 12 dello strumento pianificatorio concernenti l’altra particella interessata dall’intervento, come si evince dall’inciso inserito nelle premesse del parere in cui è precisato che “le opere ricadono in zona PI e PIR”.
Si è, quindi, in presenza di un parere reso valutando in concreto e nel suo complesso il progetto presentato dall’appellante.
Inoltre, la “riqualificazione dell’edilizia recente” è consentita quando riguardi l’edilizia preesistente, e non anche quando unitamente ad essa si intendano realizzare anche opere precluse dalle previsioni aventi per oggetto la tutela dell’area.
7. Con il quarto motivo di gravame, l’appellante deduce che il T.A.R. avrebbe aderito alla tesi della Soprintendenza, secondo la quale il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica sarebbe precluso dalla mancanza di un piano comunale carburanti a (omissis).
In particolare, il T.A.R. sosterebbe che “laddove è presente un vincolo paesaggistico non è sufficiente un mero adeguamento dello strumento urbanistico, ma occorre intervenire con apposita variante”. La sentenza sarebbe errata, in quanto innanzitutto l’esistenza di un vincolo paesaggistico e la concomitante mancata approvazione del piano comunale carburanti non determinerebbe e se una condizione ostativa alla realizzazione dell’impianto.
Ed infatti la normativa vigente, seppure di non agevole lettura, affermerebbe un principio diverso. Fermo restando che il “Soprintendente rende il parere di cui al comma 5 limitatamente alla compatibilità paesaggistica” (art. 146, D.L.vo 42/2004) e non su quella urbanistica, il che già per questo avrebbe dovuto comportare la irrilevanza della esistenza di una variante urbanistica ai fini del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, la sentenza sarebbe errata, perché il comma 1 dell’art. 17 della L.R. 8/2013 stabilirebbe che “gli impianti di distribuzione di carburanti sono autorizzati, nel rispetto delle prescrizioni della presente legge, nelle zone omogenee previste dagli strumenti urbanistici comunali, ad eccezione delle zone A”.
In virtù della norma, che non contiene alcun riferimento alla localizzazione, l’impianto dell’appellante poteva ben essere autorizzato, dal momento che l’area sarebbe compatibile con la normativa urbanistica perché ricade in zona agricola e non in zona A.
Nel caso in cui il Comune abbia provveduto alla programmazione di settore con la localizzazione di nuovi impianti carburanti, allora non ci sarebbe necessità di una variante urbanistica, se l’area individuata non è sottoposta a vincolo o rientra in zona A.
Allo stesso modo, in caso di programmazione comunale, se l’area individuata è sottoposta a vincolo o rientra in zona A, per realizzare l’impianto occorrerebbe dapprima una variante. Ciò, però, non autorizzerebbe a spingersi oltre e a ritenere che la realizzazione di impianti carburante è sempre vietata nelle zone vincolate, in assenza di variante, nel caso i cui il Comune non abbia provveduto alla programmazione settoriale (e, quindi, alla localizzazione), come per (omissis). Ed infatti in assenza di piani carburanti comunali troverebbero applicazione le norme vigenti per espressa previsione del comma 4 dell’art. 17 della L.R. n. 8/2013, per il quale “il Comune che alla data in entrata in vigore del regolamento di attuazione non hanno fissato i criteri, i requisiti e le caratteristiche delle aree ai sensi dell’articolo 2, commi 1 e 2 del D.L.vo n. 32/1998, o non hanno provveduto all’adeguamento entro il termine stabilito dal comma 3, si applicano le norme vigenti”. E tra le norme vigenti nessuna escluderebbe a priori la realizzazione di impianti carburante in zona vincolata, come difatti dimostrerebbe la documentazione esibita in primo grado.
8. Ritiene il Collegio che il motivo di gravame sia infondato.
A parte la questione sul se ai sensi dell’articolo 2 del D.L.vo n. 32/1998, in mancanza di adozione del piano carburanti da parte del Comune, la localizzazione di un impianto di distribuzione di carburante sia compatibile con qualunque destinazione urbanistica (e salva comunque la rilevanza di vincoli) nel parere della Soprintendenza si fa riferimento ad un precedente del T.A.R. per la Campania formatosi con riferimento al disposto dell’art. 10 del regolamento della Regione Campania n. 1/2012, il quale prevede: “ai sensi di quanto previsto dall’art. 2 del D.L.vo n. 32/1998, la localizzazione degli impianti di distribuzione carburanti costituisce un mero adeguamento degli strumenti di pianificazione comunale in tutte le zone e sottozone individuate dagli strumenti urbanistici comunali non sottoposte a vincoli paesaggistici, ambientali ovvero monumentali e non comprese nelle zone territoriali di cui alla lettera a), comma 1, articolo 3 del presente regolamento”.
In altri termini, la norma regolamentare, nel dare attuazione all’art. 2 del D.L.vo n. 32/1998, stabilisce che la localizzazione degli impianti di carburante in zone e sottozone individuate dagli strumenti urbanistici gravate da vincoli paesaggistici non costituisce mero adeguamento degli strumenti di pianificazione, ragione per cui in tali casi l’effettuazione del singolo intervento presuppone la variante.
L’appellante avrebbe quindi dovuto quanto meno impugnare la norma regolamentare su cui si fonda la necessità della variante.
9. Con il quinto motivo di gravame, l’appellante deduce che il progetto non costituirebbe un detrattore delle componenti ambientali.
Il parere sfavorevole si baserebbe sul presupposto che il progetto prevedrebbe “la realizzazione e la trasformazione dell’andamento naturale del terreno, la realizzazione di un piazzale pavimentato, di una pensilina di considerevoli dimensioni, di erogatori e scavi per l’installazione dei serbatoi, che nulla hanno da condividere con la destinazione agricola a cui è destinata l’area e che il PTP vuole tutelare e mantenere con opere che possono al massimo prevedere il ripristino delle coltivazioni agrarie autoctone”.
Né l’Amministrazione, né la sentenza appellata, avrebbero chiarito perché l’intervento determinerebbe una trasformazione dell’andamento del terreno che, invece, non ci sarebbe.
Per altro verso, la “realizzazione di un piazzale pavimentato” non sarebbe affatto vietata al PTP, l’art. 6 vieterebbe soltanto la impermeabilizzazione delle aree scoperte, con conseguente difetto di istruttoria e motivazione, anche perché il progetto prevedrebbe una pavimentazione con basoli di pietra.
Quanto alla pensilina, agli erogatori ed agli scavi per l’installazione di serbatoio, si tratterebbe di attrezzature “minime” necessarie degli impianti carburanti ai sensi dell’art. 9 regolamento regionale n. 1/2012: il progetto prevedeva che la pensilina venisse realizzata in “legno lamellare, a protezione degli erogatori” e, quindi, con un impiego di materiali che non impattano negativamente con l’ambiente ed il paesaggio.
La Soprintendenza non avrebbe effettuato una specifica valutazione del progetto, né avrebbe detto, se la pensilina o gli erogatori fossero nel cono visuale dei beni tutelati, visto che alcuna valutazione specifica sarebbe stata compiuta sul punto.
La destinazione agricola dell’area sarebbe prevista dallo strumento urbanistico comunale e alla Soprintendenza sarebbe preclusa una valutazione del progetto con la strumentazione urbanistica che, peraltro, consentirebbe la realizzazione di impianti carburanti in zona agricola.
Né, sotto l’aspetto prettamente paesaggistico, l’art. 11 del PTP intenderebbe salvaguardare una destinazione agricola dell’area, lo stesso riferimento che l’art. 11 citato compie alla sostituzione delle essenze da espiantare a causa di affezioni fitopatologiche non starebbe di certo a significare una salvaguardia della destinazione agricola del terreno.
Quanto all’insegna, il comportamento della Soprintendenza sarebbe singolare e contraddittorio, poiché in sede di controdeduzioni l’appellante si era dichiarata disponibile anche a rinunciarvi e che la Soprintendenza a quel punto avrebbe bocciato il progetto sul presupposto che la assenza dell’insegna sarebbe stata di poco rilievo ai fini dell’espressione del parere.
Inoltre, l’art. 6 del PTP vieterebbe l’apposizione di cartelli e di manufatti pubblicitari (e, quindi, di quelli che non sono distintivi della ditta, come invece l’insegna) solo lungo tutte le strade panoramiche. Pur applicando la normativa più rigida prevista per gli elementi non necessari e contraddistintivi dell’azienda, la Soprintendenza avrebbe ritenuto l’insegna incompatibile tout court col PTP, laddove il piano si riferisce solo alle strade panoramiche, quale comunque non sarebbe la via (omissis).
10. Ritiene il Collegio che l’articolato motivo di gravame non sia fondato.
Quanto al rilievo secondo cui la Soprintendenza non si sarebbe fatta carico di chiarire perché l’intervento comportava una trasformazione dell’andamento del terreno, va evidenziato che nelle premesse del parere si legge: “considerato che … inoltre in conseguenza del fatto che l’area interessata è sottoposta alla strada di circa m. 0,68, si prevede anche un rinterro dell’andamento naturale del terreno, per riportare l’area del distributore al livello della strada”.
Non era dunque necessario aggiungere altre considerazioni, al fine di precisare che si era in presenza di un intervento comportante una sensibile modifica dell’andamento del terreno.
Il parere della Soprintendenza, nel descrivere l’intervento, fa poi riferimento alla circostanza che il medesimo comporterebbe la realizzazione di un piazzale, ma dalla lettura dell’atto si desume che la valutazione negativa del progetto non accenna a tale aspetto fattuale e, infatti, nulla è nemmeno detto nella sentenza appellata in proposito, ragione per cui in parte qua il motivo è inammissibile, in quanto non attiene ad un aspetto che non solo non ha concorso a determinare il rigetto del reclamo, ma nemmeno ha concorso a determinare il parere negativo della Soprintendenza.
A riguardo delle considerazioni relative alla pensilina, si evidenzia che nel parere della Soprintendenza non si fa alcun riferimento ai materiali che, secondo progetto, si intendevano utilizzare per la realizzazione della pensilina, prendendosi piuttosto in considerazione le sue enormi dimensioni.
Nel parere della Soprintendenza si fa inoltre riferimento alla destinazione agricola dell’area interessata dalla realizzazione dell’impianto, ma si tratta di un rilievo che viene svolto al fine di meglio chiarirne le caratteristiche e il tipo di tutela che in funzione di esse è apprestata dalle prescrizioni del PTP, infatti menzionato ancora prima dell’accenno alla destinazione dell’area, essenzialmente preordinate a garantire il mantenimento dello status quo, stante il pregio che il contesto tutelato riveste sotto il profilo paesaggistico.
Infondatamente, quindi, si critica il parere della Soprintendenza, continuando a sostenere che l’avviso negativo si sarebbe fondato sull’erronea premessa che le previsioni del piano mirerebbero a tutelare la destinazione agricola dell’area.
Infine, per quanto riguarda l’insegna, a parte che lo stesso appellante sembra convenire che il parere negativo non si fonda sul tipo o sul colore dell’insegna ovvero sui materiali, va rilevato che nel parere ci si sofferma su quanto riportato dal Commissario ad acta nella proposta di provvedimento, per rimarcare che il rinvio alle previsioni del piano comunale previsto dall’art. 6 del PTP non aveva alcun senso, dal momento che il Comune di (omissis) non si era dotato di piano di tal genere.
11. Con il sesto motivo di gravame, l’appellante ripropone il settimo motivo del reclamo, non esaminato dal primo giudice.
Con il medesimo si deduce che nella nota di preavviso di diniego la Soprintendenza richiamerebbe il divieto di taglio e di espianto della vegetazione arbustiva, previsto dall’art. 11, comma 4 del PTP.
La perizia agronomica in data 28 aprile 2017 a firma dell’agronomo dott. Ma. Iz., chiarirebbe che le poche essenze arboree presenti sarebbero in pessimo stato di salute.
La norma di cui all’art. 11 PTP andrebbe letta coordinandola con quella di cui all’art. 9 e, quindi, con l’esigenza che non si arrechino danni alle essenze arboree. Lo stato fortemente compromesso delle essenze esistenti in loco determinerebbe tuttavia che il loro espiano non costituisce danno alle stesse.
Inoltre, l’art. 11 citato vorrebbe vietare il taglio e l’espianto in sé delle essenze arboree, ossia evitare che la loro soppressione fine a sé stessa generi un’area deserta che diverrebbe priva, per il futuro, delle sue caratteristiche.
Altro sarebbe, invece, il taglio o l’espianto di piante, peraltro fortemente compromesse, nell’ottica di insieme di realizzazione di un intervento di interesse pubblico e comunque di riqualificazione dell’edilizia recente e di restauro paesaggistico-ambientale.
Inoltre, si tratterebbe non di un divieto generale ed assoluto, ma in ogni caso visto come derogabile in presenza di determinate condizioni, nella specie certamente esistente per quanto fin qui dedotto. Anche sotto questo profilo emergerebbe, quindi, l’illegittimità del provvedimento, anche per la ragione che la relazione paesaggistica in data 7 agosto 2012, allegata al progetto, espressamente prevedeva che “verranno piantate anche essenze autoctone”, il che garantirebbe coerenza al progetto anche con le specifiche prescrizioni di cui all’art. 11 PTP.
12. Ritiene il Collegio che il motivo di gravame sia infondato.
Il richiamo delle previsioni di cui all’art. 11 PTP da parte della Soprintendenza è servito esclusivamente ad illustrare la portata del vincolo gravante sull’area a protezione integrale e, quindi, la tutela ad essa riservata, come dimostrato dalla circostanza che nel parere non si è mancato di ricordare che, in realtà, la rimozione e l’espianto delle essenze arboree sono consentiti se necessari a causa di affezioni fitopatologiche delle stesse e a condizione che contestualmente si provveda alla loro sostituzione con essenze identiche, il che ancora una volta dimostra che le previsioni vincolistiche hanno avuto come fondamentale obbiettivo il mantenimento dello status quo in ragione del pregio del contesto sotto il profilo paesaggistico, con l’ovvia conseguenza che non può ritenersi con esse compatibile un intervento implicante sostanziali modifiche di gran parte della predetta area, perché significherebbe svuotare la portata del vincolo.
13. Conclusivamente, l’appello va respinto e la sentenza impugnata va confermata.
14. Le spese del secondo grado di giudizio, così come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
15. Il contributo unificato corrisposto per la proposizione del ricorso in appello rimane a carico dell’appellante.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna l’appellante a rifondere agli appellati costituiti le spese del secondo grado di giudizio, liquidate in Euro 3.000,00-, oltre accessori di legge, se dovuti.
Pone definitivamente a carico dell’appellante il contributo unificato corrisposto per la proposizione del ricorso in appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2018, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Oswald Leitner – Consigliere, Estensore

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *