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III) ha escluso, anche sotto tale angolo prospettico in ultimo enunciato, la legittimazione ed interesse a ricorrere di parte appellante principale.
1.2.2. Le conclusioni cui è pervenuto il T.a.r. sono assolutamente condivisibili -ad avviso del Collegio- per le ragioni che si illustrano di seguito:
a) la circostanza che la parte originaria ricorrente abbia dato prova di essere proprietaria di una porzione di terreno confinante con quello dei controinteressati e con l’area ove dovrebbe essere eseguito il contestato intervento edificatorio non è dirimente al fine di affermare la legittimazione ed interesse a ricorrere della odierna parte appellante principale, sia per ragioni di natura sostanziale, che per motivi di carattere squisitamente processuale in quanto:
I) sotto il profilo processuale è sufficiente compulsare il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per rendersi persuasi della circostanza che l’intero impianto ricorsuale si è fondato sulla affermata circostanza della permanente titolarità della striscia dell’area in passato “ceduta” al Comune in capo alla parte originaria ricorrente;
II) ciò è evincibile con chiarezza, tenuto conto della circostanza che soltanto incidentalmente, ed in sede di illustrazione dell’assetto catastale e proprietario dei luoghi nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado si è fatto riferimento alla circostanza che una parte del compendio immobiliare in parola è rimasto nella titolarità della parte odierna appellante;
III) ma soprattutto, ciò si ricava con evidenza tenuto conto della circostanza che giammai la odierna parte appellante ha fondato la propria legittimazione ad agire su tale elemento e che, ancor di più, giammai essa ha speso anche una sola parola per asserire o dimostrare che il proprio fondo avrebbe ricevuto danno o nocumento alcuno dal contestato intervento;
b) correttamente, pertanto, il T.a.r. ha escluso che tale semplice circostanza radicasse l’interesse a ricorrere in capo alla odierna appellante;
c) in disparte tale rilievo processuale, il T.a.r. ha esplorato la sfaccettatura sostanziale dell’argomento predetto, dando per incontestata (come in effetti è) la sussistenza di un rapporto di contiguità spaziale tra la porzione di fondo che ancora certamente appartiene alla odierna parte appellante principale, e quella ove dovrebbero effettuarsi gli avversati interventi edificatori;
d) anche di tale argomento, però, è stata correttamente esclusa la rilevanza, in relazione al condivisibile rilievo per cui la sussistenza del requisito della mera vicinitas – in caso di impugnazione di titoli edilizi – non costituisce elemento sufficiente a comprovare la legittimazione a ricorrere e l’interesse al ricorso, occorrendo invece la positiva dimostrazione di un danno che attingerebbe la posizione di colui il quale insorge giudizialmente;
e) invero, la condivisibile giurisprudenza amministrativa ha in proposito posto in luce che (tra le tante si veda in passato Consiglio di Stato, sez. V. 16 aprile 2013, n. 2108 e più di recente Consiglio di Stato, sez. V, 22 marzo 2016, n. 1182) “il mero criterio della vicinitas di un fondo o di una abitazione all’area oggetto dell’intervento urbanistico-edilizio non può ex se radicare la legittimazione al ricorso, dovendo sempre il ricorrente fornire la prova concreta del vulnus specifico inferto dagli atti impugnati alla propria sfera giuridica, quali il deprezzamento del valore del bene o la concreta compromissione del diritto alla salute ed all’ambiente”, tanto che, si è affermato nella detta decisione, ” la mera vicinanza di un fondo ad una cava non legittima per ciò solo ed automaticamente il proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento autorizzativodell’opera, essendo necessaria, al riguardo, anche la prova del danno che egli da questa possa ricevere”);
f) il Collegio condivide pienamente tale approdo: invero il criterio della vicinitas se è idoneo a definire la sussistenza di una posizione giuridica qualificata e differenziata in astratto configurabile come interesse legittimo, tuttavia non esaurisce le condizioni necessarie cui è subordinata la legittimazione al ricorso, dovendosi da parte di chi ricorre fornire invece la prova del concreto pregiudizio patito e patiendo (sia esso di carattere patrimoniale o di deterioramento delle condizioni di vita o di peggioramento dei caratteri urbanistici che connotano l’area) a cagione dell’intervento edificatorio;
g) il sistema così disegnato è armonico rispetto alla disciplina disegnata anche dal codice civile e dalle leggi speciali succedutesi: a ben guardare, il vicino vede protetta la propria sfera giuridica attraverso la inderogabile disciplina dettata in materia di distanze; ma laddove ipotizzi in suo danno un pregiudizio discendente da altre violazioni ha il dovere di dedurlo e provarlo;
h) nel caso di specie la parte originaria ricorrente non soltanto non ha provato alcunchè, ma a ben guardare non ha neppure labialmente dedotto alcun pregiudizio, e pertanto correttamente il T.a.r ha escluso che dal mero rapporto di contiguità spaziale tra fondi potesse ricavarsi la legittimazione a ricorrere e l’interesse al ricorso in capo alla odierna parte appellante principale.
1.3. In più, può aggiungersi che:
a) il contestato intervento era di portata modestissima, e si strutturava, in sostanza, nella creazione di un’apertura;
b) la parte odierna appellante principale neppure ha dimostrato di risiedere nell’area limitrofa a quella ove doveva essere eseguito l’intervento, (si veda Consiglio di Stato, sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1672 e, di recente, Consiglio di Stato, sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4148 Consiglio di Stato, sez.III 4 febbraio 2016 n. 441).
1.4. Escluso quindi il rilievo della vicinitas al fine di supportare l’interesse a ricorrere (si veda in proposito, ulteriormente, Consiglio di Stato, sez. IV 19 novembre 2015 n. 5278, in particolare ultimo capoverso del considerando 3.3.) risulta a questo punto nodale esaminare la correttezza della soluzione fornita nella sentenza impugnata alla questione esaminata in prima battuta dal T.a.r. (avvenuto – o meno – passaggio nella proprietà del comune della porzione del compendio immobiliare originariamente di pertinenza della odierna parte appellante interessata dalle contestate iniziative edificatorie).
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