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La Regione, coerentemente con tali assunti, ha provveduto, con l’impugnata deliberazione giuntale n. 805 del 3 maggio 2011, ad introdurre le conseguenti, necessarie ed ineludibili modifiche al P.R.G. del Comune (omissis), contestualmente approvato.
Questo doveroso intervento, osserva il Collegio, si presenta in armonia con le previsioni di legge: l’art. 10 l. 17 agosto 1942, n. 1150, infatti, consente (recte impone) all’Autorità regionale, fra l’altro, di “apportare al Piano ? le modifiche ? che siano riconosciute indispensabili per assicurare ? la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici”, vale a dire proprio quello che è avvenuto nella specie.
Del resto, in disparte la natura ampiamente discrezionale delle previsioni urbanistiche, oggetto di un sindacato giurisdizionale limitato al riscontro di macroscopiche abnormità logiche o di palesi travisamenti di fatto, risponde a criteri di ragionevolezza che l’Ente sovraordinato possa intervenire sulla pianificazione operata dai singoli Comuni al fine di armonizzarne le previsioni, dettate con esclusivo riferimento alla realtà locale, con le superiori esigenze del più ampio ambito territoriale o, come nella specie, con gli interessi pubblici specificamente individuati, in via generale, dalla legge.
Il Collegio, poi, osserva che il complessivo ridisegno dell’articolazione urbanistica dell’intero territorio comunale (che, nella specie, risulta avere seguito le cadenze procedimentali fissate ex lege anche a tutela della partecipazione degli interessati) non necessita, a differenza della previsione di una specifica variante, di una puntuale e dettagliata motivazione per ogni singola scelta, essendo, di contro, sufficiente che siano ex ante esternate le direttive di fondo sottese alla formulazione della nuova pianificazione territoriale (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 4 luglio 2017, n. 3256).
Il Collegio rileva, inoltre, che le valutazioni di incidenza ambientale sono espressione di un apprezzamento tecnico-discrezionale riservato all’Amministrazione, come tale non sostituibile da giudizi operati dal privato e sindacabile dal G.A. soltanto ab extrinseco, ossia limitatamente al riscontro di palesi profili di irragionevolezza ovvero di evidenti errori di fatto, dunque senza penetrazione del nucleo vivo delle scelte di tutela ivi espresse (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 18 luglio 2017, n. 3561; 27 marzo 2017, n. 1392; 10 febbraio 2017, n. 575).
Nel caso di specie, l’Autorità preposta ha ritenuto che le aree de quibus, pur non interessate direttamente dalla (comunque attigua) superficie boschiva, siano ciononostante ad essa funzionalmente collegate e che, quindi, la relativa inclusione nel SIC e la prescrizione di uno specifico e restrittivo regime urbanistico di inedificabilità siano misure necessarie per proteggere indirettamente i valori ambientali dell’attigua zona boschiva.
Tale vincolo funzionale, in particolare, è fondato su vari elementi: in particolare, “gli aspetti trofici della fauna”, “la presenza di superfici di habitat di interesse comunitario” e “la suscettibile potenzialità naturalistica, se non soggetta a trasformazione, grazie anche alla presenza di esemplari isolati e di una fitta trama di muretti a secco”, fondano la conclusione secondo cui la destinazione impressa dal Piano adottato alla “area interessata dai comparti edificatori citati risulta in contrasto con gli obiettivi di conservazione del sito”.
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