Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 11 ottobre 2017, n. 4706. L’approvazione di un piano di lottizzazione (species di piano attuativo) costituisce una mera previsione urbanistica

[….segue pagina antecedente]

L’impugnato giudizio di incompatibilità della destinazione (omissis) dell’area con le esigenze di tutela ambientale, pertanto, si basa su circostanze oggettive e su valutazioni prima facie non irragionevoli e, comunque, sviluppa un percorso logico certo opinabile ma privo sia di alcuna eclatante frattura argomentativa, sia di alcun palese travisamento fattuale.

Né ha rilievo il riferimento alla costruzione, nella zona, dell’ospedale “Mi.” ed all’ampliamento della strada provinciale (omissis): in disparte la considerazione che la già avvenuta trasformazione del territorio rende ancora più impellente evitare ulteriori compromissioni e che l’allargamento della sede stradale ha un impatto, non solo spaziale, assai più contenuto rispetto alla edificazione di una superficie pari a mq 512.985, il Collegio osserva che la realizzazione di opere pubbliche segue logiche ed attua priorità diverse rispetto alla (nella specie, oltretutto, massiva e diffusiva) edificazione di strutture private, peraltro connotata da finalità di carattere lato sensu stanziale (la zona (omissis) ha, come visto, natura turistico-residenziale) e, dunque, vieppiù potenzialmente perniciosa per la conservazione dei fragili assetti naturalistici protetti.

Quanto, poi, alla legittimità dell’istituzione, delimitazione e regolamentazione del SIC “Bo. di Me.”, il Collegio, prescindendo dalle questioni di rito rilevate dal T.a.r. ed attingendo direttamente il merito della questione, osserva che il sistema europeo di aree protette denominato “Natura 2000”, istituito dalla direttiva 92/43/CEE recepita in Italia con il d.p.r. 8 settembre 1997, n. 357, mira, proprio mediante l’identificazione di Siti di Importanza Comunitaria, alla realizzazione di una rete ecologica finalizzata alla salvaguardia di “habitat naturali”, espressione per vero non limitata agli habitat “che rischiano di scomparire” o dove, comunque, sono stanziate specie vegetali od animali a rischio di estinzione (cfr. art. 1 della direttiva ed art. 2 del d.p.r.).

Peraltro, il competente Ufficio regionale non si è limitato ad evidenziare il – già citato – collegamento funzionale dell’area in questione con l’attigua superficie boschiva, ma ha, altresì, acclarato che “l’area in questione è in gran parte interessata da pseudosteppa, inquadrabile negli habitat prioritari delle “praterie su substrato calcareo” con stupenda fioritura di orchidee” e/o “percorsi substeppici di graminee e piante annue”, nonché da vegetazione arbustiva a macchia con prevalenza di Pistacia Lenticus, Phillyrea latifoglia, Crataegeus monogyna, strutturando un sistema ambientale tipicamente a mosaico rilevante per molte specie. L’area, inoltre, assume una notevole importanza per la presenza di una buona popolazione della specie d’interesse comunitario Lulluea arborea. Sono inoltre presenti beni diffusi nel paesaggio agrario quali piante isolate e/o gruppi di rilevante importanza per età, per dimensione e/o rilevanza scientifica, testimonianza delle antiche compagini boschive esistenti; sono inoltre presenti in maniera diffusa nel territorio in esame filari arbustivi di quercus troiana e Crataegeus monogyna, posizionati generalmente a ridosso dei muretti a secco”.

Questi profili di pregio ambientale “diretto” della zona rendono il giudizio di incompatibilità della destinazione (omissis) vieppiù motivato: le valutazioni tecnico-specialistiche operate dalla competente Amministrazione nell’esercizio ad essa riservato dei poteri di delibazione delle misure necessarie per conseguire il fine pubblicistico di un’effettiva ed efficace tutela ambientale, pertanto, non disvelano i profili di illegittimità lamentati dalla ricorrente, che, in considerazione del richiamato principio della infungibilità dei giudizi tecnico-discrezionali dell’Amministrazione, sono limitati all’inconsistenza logica, alla macroscopica irragionevolezza, all’intrinseca contraddittorietà, al travisamento fattuale, nella specie per vero non predicabili.

Il Collegio, infine, ritiene, quanto all’osservazione formulata in udienza pubblica da parte della ricorrente, che nessuna rilevanza abbia la mancata indicazione del SIC “Bo. di Me.” nelregolamento regionale 10 maggio 2016, n. 6, pubblicato sul B.U.R. n. 54 del 12 maggio 2016, recante “Misure di conservazione ai sensi delle direttive comunitarie 2009/147 e 92/43 e del d.p.r. 357/1997 per i SIC” e, in particolare, nel relativo art. 2, deputato ad individuare i SIC cui si applicano le misure regolamentari: in disparte la considerazione per cui l’assenza della specifica indicazione di un Sito non è, di per sé, significativa di alcuna precisa volontà amministrativa in merito ed a prescindere dalla verosimile ipotesi che la Regione abbia semplicemente ritenuto di applicare le misure regolamentari solo ad alcuni dei SIC presenti sul proprio territorio, non può non osservarsi che l’eventuale dismissione del Sito richiederebbe ben altre procedure e non sarebbe, comunque, attingibile unilateralmente dalla sola Regione Puglia.

Per le argomentazioni sopra sinteticamente esposte il ricorso deve, quindi, respingersi: del resto, le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza sostanziale al principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663): gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei, anche alla luce dell’esposto criterio di limitata penetrabilità giurisdizionale delle valutazioni tecnico-discrezionali dell’Amministrazione, a supportare una conclusione di tipo diverso.

Il regolamento delle spese di lite, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza quanto al Comune (omissis) ed alla Regione Puglia, mentre può disporsi la compensazione delle spese con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in considerazione della mancata articolazione di difese scritte.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna Ac. Fu. S.r.l. al pagamento delle spese di lite, liquidate in complessivi ? 2.000 (euro duemila/00) oltre accessori di legge ove dovuti, di cui ? 1.000,00 (euro mille/00) oltre accessori di legge ove dovuti a favore del Comune (omissis) ed ? 1.000,00 (euro mille/00) oltre accessori di legge ove dovuti a favore della Regione Puglia.

Compensa le spese di lite con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Troiano – Presidente

Oberdan Forlenza – Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Leonardo Spagnoletti – Consigliere

Luca Lamberti – Consigliere, Estensore

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *