Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 24 gennaio 2017, n. 284

Il principio della prevenzione si applica anche nell’ipotesi in cui il regolamento edilizio locale preveda una distanza tra fabbricati maggiore di quella ex art. 873 c.c. e tuttavia non imponga una distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che la portata integrativa della disposizione regolamentare si estende all’intero impianto codicistico, inclusivo del meccanismo della prevenzione, sicché il preveniente conserva la facoltà di costruire sul confine o a distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta tra le costruzioni e il prevenuto la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza ai sensi degli artt. 874, 875 e 877 c.c.

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 24 gennaio 2017, n. 284

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10461 del 2015, proposto da:

Gi. Ro., rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Al. C.F. (omissis), Gi. Co. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via (…);

contro

Gi. Ba. non costituito in giudizio;

Ma. Ba., rappresentato e difeso dagli avvocati Cr. Ro. C.F. (omissis), Sa. Lo. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Sa. Lo. in Roma, via (…);

nei confronti di

Comune di (omissis) non costituito in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 10576 del 2015, proposto da:

Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Pi. Pa. Go. C.F. (omissis), Gi. Ma. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Fa. Pi. in Roma, via (…);

contro

Gi. Ba. non costituito in giudizio;

Ma. Lu. Ba., rappresentato e difeso dagli avvocati Sa. Lo. C.F. (omissis), Cr. Ro. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Sa. Lo. in Roma, via (…);

nei confronti di

Gi. Ro., rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Al. C.F. (omissis), Gi. Co. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso lo studio di qeust’ultimo in Roma, via (…);

per la riforma

quanto al ricorso n. 10576 del 2015 ed al ricorso n. 10461 del 2015:

della sentenza del T.a.r. Piemonte – Torino: Sezione Ii n. 01352/2015, resa tra le parti, concernente permesso di costruire.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ma. Ba. e di Ma. Lu. Ba. e di Gi. Ro.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2017 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati P. Al., C. Ro. T. Pa. su delega di G. Ma., C. Ro., P. Al.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per il Piemonte Ba. Gi. e Ba. Ma. Lu. invocavano l’annullamento del permesso di costruire n. 6/2009 in data 10.3.2009, a firma del Responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia, rilasciato dal Comune di (omissis) al sig. Ro. Gi. ed acquisito dai ricorrenti a seguito di istanza di accesso in data 9.4.2009; nonché per l’annullamento di ogni atto presupposto, antecedente, preordinato, consequenziale, e comunque connesso, tra i quali il parere della Commissione Edilizia in data 20.1.2009.

2. Il primo giudice accoglieva, respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio sollevate dalle parti resistenti, il ricorso, rilevando che la tettoia autorizzata con la variante impugnata, come del resto quella autorizzata con il permesso originario, da una parte integra una costruzione di rilevanti dimensioni che avrebbe dovuto osservare le distanze legali, d’altra parte, pur andando a toccare il muro di fabbrica di proprietà dei ricorrenti, non può considerarsi una costruzione “in aderenza” poiché lascia inalterata l’intercapedine venutasi a creare tra i due fabbricati, della quale ha aggravato la portata dannosa. Pertanto, il detto permesso sarebbe violativo della normativa in materia di distanze stabilita dall’art. 20 delle N.T.A. al P.R.G.I. che impone, per le nuove costruzioni, il rispetto di una distanza di 5 metri dal confine che può essere derogata solo previo accordo con il vicino, nella fattispecie non intervenuto.

3. Avverso la pronuncia citata in epigrafe propongono distinti appelli il Comune di (omissis) ed il Sig. Ro. Gi.. Gli appelli devono essere riuniti ex art. 96, comma 1, c.p.a.

4. Il gravame proposto dall’amministrazione comunale lamenta l’erroneità della sentenza di prime cure in quanto: a) il primo giudice avrebbe violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, poiché la sentenza avrebbe ad oggetto non soltanto il permesso di costruire in variante n. 6/2009, ma anche il permesso di costruire n. 25/2007, oggetto di un precedente ricorso straordinario al Capo dello Stato, dichiarato irricevibile. Pertanto, sarebbe illegittimo l’invito all’amministrazione, contenuto nella sentenza impugnata, di avviare un procedimento in autotutela per verificare la legittimità del permesso di costruire n. 25/2007, sia pure in relazione al non corretto riferimento all’art. 34, comma 1, lett. e), c.p.a.; b) erronea sarebbe l’affermazione del TAR, con la quale si attribuisce alla tettoia assentita con il permesso in variante di costruzione la valenza di costruzione di rilevanti dimensioni che non incide sulla presenza di un’intercapedine, ma che dovrebbe rispettare le distanze legali. Né vi sarebbe in concreto alcuna intercapedine dannosa, poiché l’istruttoria svolta avrebbe accertato che il fabbricato eretto dal Sig. Ro. sarebbe in aderenza con il corpo di fabbrica dei Sig.ri Ba., sicché sarebbe applicabile l’art 904. c.c.; c) l’art. 20 delle N.T.A. al P.R.G.I. dovrebbe essere interpretato nel senso che l’assenso tra confinanti occorrerebbe solo quando si tratti di due fondi inedificati e non nel caso in cui vi sia una costruzione preesistente sul confine con altro fondo non edificato. Questa fattispecie in concreto presente ricadrebbe, quindi, sotto il disposto dell’art. 873 c.c., che consente la presenza di costruzioni unite od aderenti su fondi confinanti. Né in senso opposto potrebbe argomentarsi ex art. 8, comma 7, l. 1684/1962; d) il permesso impugnato non violerebbe l’art. 877 c.c.; e) l’originario ricorso sarebbe improcedibile, dal momento che il permesso in variante riguarda solo un piccolo ampliamento della tettoia, mentre il precedente permesso non potrebbe essere messo in discussione. Inoltre, in data 21 settembre 2009 sarebbe stata presentata una denuncia di inizio attività non contestata in sede giurisdizionale dagli originari ricorrenti.

5. Con autonomo gravame gli originari controinteressati, lamentano che: a) già il primo permesso di costruire avrebbe previsto l’ampliamento della tettoia; b) il primo giudice avrebbe dovuto dichiarare il ricorso inammissibile per difetto di interesse in ragione del principio di alternatività tra ricorso giurisdizionale e ricorso al Capo dello Stato; c) dall’inammissibilità del ricorso straordinario il TAR avrebbe dovuto far discendere l’impossibilità di mettere ulteriormente in discussione la tettoia assentita; d) sarebbe erronea la sentenza, laddove esclude che la copertura realizzata dal controinteressato tra il nuovo fabbricato residenziale ed il preesistente opificio possa integrare gli estremi della costruzione in aderenza.

6. Costituitisi in entrambi i giudizi gli originari ricorrenti invocano la conferma della sentenza di prime cure, evidenziando che le modifiche autorizzate con la d.i.a. del 21 settembre 2009 sarebbero irrilevanti.

7. Nelle successive difese tutte le parti insistono nelle loro conclusioni.

8. Gli appelli sono fondati e meritano di essere accolti.

8.1. Quanto alla prima doglianza deve rilevarsi che il ricorso di prime cure ha espressamente ad oggetto la richiesta di annullamento del permesso di costruire n. 6/2009 in data 10.3.2009, né poteva essere estesa anche al permesso n. 25/2007, dal momento che quest’ultimo, secondo un’affermazione non contestata dall’originario ricorrente ed attestata dallo stesso TAR Piemonte, risultava essere già stato oggetto di ricorso straordinario al Capo dello Stato, procedimento conclusosi con pronuncia in rito, che rendeva intangibile il detto provvedimento. Pertanto, la statuizione del primo giudice che impone all’amministrazione un ulteriore sindacato del permesso n. 25/2007, deve essere riformata, per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e per violazione del principio di alternatività tra i rimedi del ricorso giurisdizionale dinanzi al g.a. e del ricorso straordinario al Capo dello Stato. Pertanto, la decisione del primo giudice in nessun caso avrebbe potuto avere ad oggetto il permesso n. 25/2007.

8.2. Da ciò deriva che l’interesse al ricorso di primo grado resta limitato alla variazione in aumento della tettoia la cui edificazione secondo il progetto antecedente al permesso n. 6/2009, non può essere messa in discussione, restando saldamente ancorata al titolo edilizio rappresentato dal permesso n. 25/2007, che evidentemente non può ritenersi rinunciato nel caso in cui si metta in discussione il successivo titolo edilizio. In altri termini, essendo ormai inoppugnabile il permesso n. 25 del 2007, non può più dubitarsi in questa sede del fatto che mediante la tettoia si realizzi l’aderenza tra i due edifici.

8.3. In ogni caso deve rilevarsi che non risulta corretta l’interpretazione offerta dal ricorrente originario in relazione all’art. 20 NTA, dal momento che l’assenso dei proprietari confinanti occorre solo quando entrambi i fondi sono inedificati. Pertanto, deve trovare applicazione il principio di prevenzione di cui all’art. 873 c.c. secondo l’interpretazione offertane dalla Sezioni Unite della Cassazione con la pronuncia n. 10318/2016, secondo la quale: “Il principio della prevenzione si applica anche nell’ipotesi in cui il regolamento edilizio locale preveda una distanza tra fabbricati maggiore di quella ex art. 873 c.c. e tuttavia non imponga una distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che la portata integrativa della disposizione regolamentare si estende all’intero impianto codicistico, inclusivo del meccanismo della prevenzione, sicché il preveniente conserva la facoltà di costruire sul confine o a distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta tra le costruzioni e il prevenuto la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza ai sensi degli artt. 874, 875 e 877 c.c.”. Quindi, non era inibito all’originario controinteressato costruire in aderenza, come del resto si desume anche dall’art. 8 della L. 25/11/1962, n. 1684: “Qualora colui che per primo ha costruito si sia tenuto sul confine od a meno di tre metri da questo, il vicino, qualora, non intenda costruire in aderenza – à sensi dell’articolo 877 del Codice civile – deve arretrare fino a costituire l’intervallo di isolamento regolamentare fra i due edifici”. Anche nella disciplina dell’edilizia antisismica contenuta negli art. 6 e 8 l. 26 novembre 1962 n. 1684 è, infatti, integralmente accolto il principio della prevenzione espresso negli art. 875 e 877 c.c., con la conseguenza che nelle zone in cui si applica l’art. 8 della legge predetta il proprietario di un fondo non ancora edificato non ha diritto di opporsi alla costruzione eretta nel fondo del vicino a meno di m. 3 di distanza dal confine comune, dovendo in tal caso, qualora voglia costruire, arretrarsi sino a lasciare il prescritto intervallo di isolamento di m. 6 ovvero erigere la propria fabbrica in aderenza a quella preesistente.

9. L’appello in esame è dunque fondato, restando assorbita ogni altra censura, e pertanto, la sentenza di prime cure va riformata con conseguente reiezione del ricorso di primo grado. Nella particolare complessità delle questioni in fatto ed in diritto trattate si ravvisano eccezionali motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie

e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza respinge il ricorso di primo grado.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi – Presidente

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere, Estensore

Leonardo Spagnoletti – Consigliere

Luca Lamberti – Consigliere

Nicola D’Angelo –

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