Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 23 gennaio 2017, n. 274

La mancata dichiarazione di un decreto penale di condanna non notificato e quindi sconosciuto all’impresa concorrente al momento della dichiarazione delle condanne penali, non può precludere l’accesso al beneficio del soccorso istruttorio in quanto se si considerasse l’efficacia, solo potenziale, di tale decreto, in quanto provvedimento non ancora opposto, al momento della dichiarazione, si finirebbe per sanzionare la concorrente con l’esclusione, per la sola mancanza di diligenza nel non acquisire la “visura” di cui all’art. 33 del d.P.R. 313/2002. Ma ciò non è previsto dalla normativa, e comporterebbe una sproporzionata penalizzazione del concorrente. E’ preferibile ritenere che, il mancato assolvimento dell’onere di diligenza comporti soltanto il rischio che l’esistenza del decreto di condanna, non conosciuta e quindi non dichiarata, qualora il decreto risulti effettivamente irrevocabile, comporti l’esclusione, a prescindere dalla natura e gravità del reato e senza che la concorrente per evitare tale effetto possa invocare la non conoscenza del provvedimento

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 23 gennaio 2017, n. 274

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4169 del 2016, proposto da:

Casa di Riposo “F. Be.”, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Ne., Mi. Re. d’Ac., con domicilio eletto presso lo studio Re. d’Ac. in Roma, via (…);

contro

Azienda ULSS n. 17 di Monselice, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati An. Le., An. Ma., con domicilio eletto presso lo studio An. Ma. in Roma, via (…);

nei confronti di

Se. Or. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. De. Pa., Lu. Ma., con domicilio eletto presso lo studio Lu. Ma. in Roma, via (…) – anche appellante incidentale;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA, SEZIONE I, n. 00161/2016, resa tra le parti, concernente affidamento in concessione della gestione di tre nuclei di residenza sanitaria assistita per 59 posti per anziani autosufficienti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda ULSS n. 17 di Monselice e di Se. Or. S.p.a.;

Visto l’appello incidentale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2016 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati St. Bi. su delega di Pa. Ne., Pa. Ca. su delega di An. Ma., Lu. De. Pa. e Lu. Ma.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La controversia è originata dall’aggiudicazione definitiva alla Se. Or. S.p.a., da parte dell’Azienda ULSS n. 17 di Monselice con deliberazione n. 647 in data 26 giugno 2015, della procedura negoziata telematica per l’affidamento in concessione della gestione di 3 nuclei di residenza sanitaria assistita per complessivi 59 posti per anziani non autosufficienti presso il presidio ospedaliero di (omissis) (PD) per tre anni, prorogabili per altri due.

2. In gara, è stata presentata una dichiarazione resa nell’ottobre 2014 dal legale rappresentante di Se. Or., sig. V.B., circa l’insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38 del d.lgs. 163/2006.

2.1. Tuttavia, in occasione della verifica dei requisiti dichiarati dall’aggiudicataria è emersa l’esistenza di condanne passate in giudicato, l’ultima delle quali, con decreto penale del GIP della Pretura di Udine in data 14 gennaio 1997, per reati (omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali continuato, e omissione o falsità in registrazione o denuncia obbligatorie, riferiti a condotte tenute fino al 1994 e ad una precedente attività di V.B.) non depenalizzati né dichiarati estinti.

2.2. Con nota prot. 28383 in data 8 luglio 2015 è stato quindi avviato il procedimento di revoca dell’aggiudicazione.

2.3. V.B. ha precisato di aver avuto notizia del predetto decreto penale solo nel febbraio 2015 (in occasione della sottoscrizione di un diverso contratto con la ASL di Milano), in quanto mai ritualmente notificatogli, e di aver in data 9 marzo 2015 proposto opposizione al GIP presso il Tribunale di Udine, chiedendo di procedere al giudizio immediato, previa restituzione in termini ex artt. 462 e 175 c.p.p. per mancanza di notificazione del decreto penale.

2.4. Con atto prot. 31475 in data 3 agosto 2015, il r.u.p. ha ritenuto esaustive tali giustificazioni ed ha disposto l’archiviazione del procedimento di revoca dell’aggiudicazione.

3. L’odierna appellante Casa di riposo “F. Be.”, gestore uscente e seconda classificata, ha impugnato la deliberazione n. 647/2015 dinanzi al TAR Veneto, sostenendo che l’Azienda avrebbe dovuto escludere Se. Or. a causa della suddetta dichiarazione.

4. Il TAR, con la sentenza appellata (I, 15 febbraio 2016, n. 161), accantonate le eccezioni preliminari delle parti resistenti, ha respinto il ricorso, sottolineando che “delle verifiche effettuate dalla stazione appaltante è emerso che dei cinque reati in contestazione, tre di questi non rilevano ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006 in quanto depenalizzati, mentre i restanti due reati risultano da un decreto penale di condanna non ancora divenuto irrevocabile e che alla luce delle giustificazioni prodotte dalla aggiudicataria non era conoscibile al momento della dichiarazione resa in sede di partecipazione alla gara, non essendo mai stato notificato e neppure menzionato nei certificati del casellario penale spediti a richiesta dell’interessato”.

5. Nell’appello, la Casa di riposo Be. sottolinea di aver successivamente appurato che, fin dal 20 ottobre 2015, il GIP di Udine aveva respinto la richiesta di V.B. di essere rimesso in termini per opporre il decreto penale di condanna, avendo riscontrato che il decreto risultava notificato in data 12 febbraio 1997; e di aver perciò chiesto alla stazione appaltante l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione, ma invano.

6. Lamenta quindi che il TAR abbia applicato erroneamente l’art. 38, commi 1, lettera c), e 2, del d.lgs. 163/2006, incorrendo altresì in difetto di istruttoria e motivazione, e ribadisce che Se. Or. doveva essere esclusa. Deduce a tal fine le argomentazioni di censura appresso sintetizzate.

6.1. Non è corretto affermare che il decreto penale non fosse “conoscibile” al momento della dichiarazione resa in gara, posto che:

– sul legale rappresentante di una società che partecipa abitualmente alle procedure di evidenza pubblica grava un particolare onere di diligenza ed autoresponsabilità che gli impone di acquisire piena contezza di tutte le iscrizioni esistenti a suo carico prima di rendere in sede di gara le dichiarazioni sul possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38, cit.;

– se è vero che nei certificati rilasciati a richiesta dell’interessato ai sensi degli artt. 24 ss del d.P.R. 313/2002 non sono riportate le iscrizioni relative ai decreti penali, è altrettanto vero che l’interessato ha la possibilità di conoscere tutte le iscrizioni ad esso riferite chiedendo la “visura” ai sensi dell’art. 33 (cfr. Cons. Stato, IV, n. 103/2016 e n. 1717/2016);

– la oggettiva falsità della dichiarazione è sufficiente a comportare l’esclusione della controinteressata, poiché la omessa menzione della condanna non è riconducibile ad una dichiarazione incompleta e quindi non consente il ricorso al c.d. soccorso istruttorio.

6.2. Il TAR ha dato per scontato, sulla scorta delle sole giustificazioni prodotte dall’aggiudicataria, che il decreto di condanna non fosse mai stato notificato, mentre avrebbe dovuto acquisire l’esito del giudizio, che smentisce le circostanze alla base delle giustificazioni di V.B.; infatti, nel provvedimento del GIP del Tribunale di Udine in data 20 ottobre 2015 si legge che “…pur non essendo stato possibile acquisire la relata di notificazione del decreto penale, è tuttavia presente agli atti del fascicolo un’attestazione, proveniente da pubblico ufficiale e dunque fidefaciente, da cui consta che la notificazione veniva effettuata in data 12.2.1997 e che, conseguentemente, in mancanza di opposizione, il decreto penale diveniva esecutivo in data 28.2.1997; a fronte del contenuto di tale attestazione non risultano contrari elementi da cui desumere che la notificazione non abbia consentito al destinatario di acquisire la conoscenza dell’atto notificato, né alcunché di specifico è dedotto al riguardo nella richiesta di restituzione nel termine; risulta inoltre che il B. […] era a conoscenza del procedimento, avendo in data 15.3.1994 reso dichiarazioni all’esito della contestazione da parte dell’I.N.P.S. degli omessi versamenti di ritenute previdenziali ed assistenziali costituenti oggetto dell’imputazione di cui al capo A).”.

Pertanto, risulta che V.B. ha reso una doppia dichiarazione non veritiera (circa la notifica e circa la conoscenza del decreto penale di condanna).

6.3. L’appellante sostiene inoltre che l’omessa impugnazione del provvedimento di archiviazione del procedimento di revoca (qualificato da controparte in primo grado come conferma dell’aggiudicazione in esito a nuova istruttoria) non poteva comportare inammissibilità del ricorso, in quanto provvedimento adottato dal r.u.p., che riguardo all’aggiudicazione non ha competenza (appartenendo questa al direttore generale dell’Azienda).

7. Resiste l’AULSS n. 17 di Monselice, sostenendo la correttezza della decisione del TAR ma anche ribadendo l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione dell’atto prot. 31475 in data 3 agosto 2015 di archiviazione del procedimento preordinato alla revoca dell’aggiudicazione.

8. Si è costituita in giudizio e controdeduce anche Se. Or., precisando che la Cassazione, all’udienza del 17 maggio 2016, ha accolto il ricorso di V.B. avverso il provvedimento del GIP di Udine, annullandolo, e che pertanto, quand’anche fosse stata compiuta da parte del TAR la verifica dell’esito dell’opposizione, invocata dall’appellante, essa avrebbe comunque evidenziato la non acquisita irrevocabilità del decreto di condanna.

8.1. Propone anche appello incidentale, anch’essa deducendo che il TAR avrebbe dovuto preliminarmente dichiarare il ricorso inammissibile per omessa impugnazione del provvedimento di archiviazione del procedimento preordinato alla revoca dell’aggiudicazione definitiva, non meramente confermativo ma conseguente a nuova valutazione della situazione all’esito di istruttoria ad hoc.

9. L’appellante principale ha replicato, sottolineando in particolare che la giurisprudenza esclude l’onere di impugnazione dell’esito negativo del c.d. preavviso di ricorso ex art. 243-bis, del d.lgs. 163/2006, in quanto ha natura meramente confermativa del provvedimento contestato, e che il principio può essere esteso al caso in esame.

10. Ad avviso del Collegio, è fondata la prospettazione dell’inammissibilità del ricorso introduttivo e del ricorso per motivi aggiunti proposti in primo grado, a causa dell’omessa impugnazione dell’atto di archiviazione del procedimento di autotutela.

La stazione appaltante, riscontrata l’esistenza di condanne non dichiarate, ha formalmente avviato un procedimento finalizzato alla revoca dell’aggiudicazione in autotutela, ha espletato la fase istruttoria acquisendo le osservazioni (giustificazioni) dell’aggiudicataria, e, alla luce di esse, ha concluso il procedimento con un provvedimento di archiviazione, ritenendo che non sussistesse l’illegittimità del provvedimento.

Nell’atto prot. 31475 in data 3 agosto 2015, all’archiviazione del procedimento di revoca segue la richiesta di presentazione della documentazione a comprova dei requisiti, con fissazione di un nuovo termine (quello originario, fissato con nota prot. 27268 in data 30 giugno 2015, era stato “differito” -rectius: annullato – con la nota prot. 28283 in data 8 luglio 2015, di avvio del procedimento di revoca).

Tale atto, pertanto, non può essere definito meramente confermativo dell’aggiudicazione; al contrario, in quanto consegue alla specifica valutazione dell’elemento supposto ostativo, la cui conoscenza aveva originato l’avvio del procedimento di autotutela e che era stato posto da Be. al centro dell’impugnazione, costituisce in sostanza un atto di conferma in senso proprio della aggiudicazione, alla quale è seguito il riavvio della fase di verifica del possesso dei requisiti dichiarati.

Come tale, avrebbe dovuto essere impugnato.

Be. sottolinea che aggiudicazione ed archiviazione sono stati assunte sulla base del medesimo presupposto (la veridicità delle dichiarazioni di V.B.) e dunque sarebbero provvedimenti supportati dalla stessa motivazione. E’ tuttavia evidente come tale prospettazione si limiti a considerare l’identità della tematica riguardante la causa di esclusione, ma ignori le vicende intervenute in ordine alla condizione del decreto penale di condanna e le relative valutazioni compiute nel procedimento e nel giudizio di primo grado, che valgono a distinguere i provvedimenti in modo sostanziale.

Del resto, l’Azienda e Se. Or. sottolineano (senza che vi sia al riguardo una confutazione dell’appellante principale) che in primo grado, all’udienza del 26 agosto 2015, è stato disposto il rinvio della causa proprio in ragione dell’esigenza di impugnare il sopravvenuto provvedimento di archiviazione (ciò che tuttavia la ricorrente, pur proponendo motivi aggiunti, non ha fatto).

Che l’atto sia stata adottato dal r.u.p., organo diverso da quello che aveva adottato l’aggiudicazione, ed a ciò incompetente, è circostanza che non conduce a diversa conclusione, posto che il provvedimento (non essendo prospettato, né comunque ipotizzabile, un difetto di attribuzione o, in generale, la nullità del provvedimento) risulta efficace ed imputabile alla stazione appaltante e che, quindi, per contestarne la validità, occorreva proporre specifica impugnazione.

Infine, dall’esclusione dell’onere di impugnazione dell’esito negativo del c.d. preavviso di ricorso ex art. 243-bis, del d.lgs. 163/2006, non può trarsi un principio applicabile al caso in esame, in quanto l’orientamento della giurisprudenza richiamato da Be. si limita ad escludere che il richiedente il riesame abbia l’onere di impugnare il relativo silenzio della stazione appaltante, ed a sottolineare la natura meramente processuale della norma di cui al comma 6 dell’art. 243-bis, volta ad assicurare che l’impugnazione del provvedimento lesivo e quella (soltanto eventuale) del diniego di autotutela, siano trattate nell’ambito di un “simultaneus processus”. Ma ciò cui occorre avere riguardo ai fini del rispetto dell’onere di impugnativa giurisdizionale è se l’atto successivamente emanato sia o meno frutto di valutazioni autonome e dunque se, integrando la determinazione iniziale con nuove ragioni, ne consolidi il carattere lesivo per gli interessi del destinatario (in tal senso, Cons. Stato, V, n. 402/2016, invocata dall’appellante principale).

11. La sentenza appellata deve pertanto essere riformata, con dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi proposti in primo grado.

12. Per completezza, può aggiungersi che le censure dedotte con l’appello principale risultano comunque infondate.

12.1. Secondo l’orientamento richiamato dall’appellante principale, l’esistenza di una condanna, qualora conoscibile attraverso la diligenza invocata dall’appellante principale, può determinare l’esclusione del concorrente che abbia omesso di dichiararla, laddove la condanna risulti effettivamente irrevocabile e tale quindi da rientrare nell’obbligo sancito dall’art. 38 del d.lgs. 163/2006.

12.2. La valutazione definitiva sull’irrevocabilità o meno della condanna spetta al giudice penale.

Al riguardo, occorre rilevare che la Cassazione ha annullato il provvedimento con cui il GIP di Udine aveva negato la rimessione in termini ai fini dell’opposizione di V.B. in ragione dell’avvenuta risalente notifica del decreto penale nei suoi confronti, affermando l’inefficacia della notifica acquisita agli atti e quindi la tempestività dell’opposizione. Nella sentenza (Cass. pen., III, n. 35308/2016) si legge infatti che l’attestazione del funzionario “non indicava il destinatario della stessa, sicché non poteva valere quale elemento per trarre la conoscenza effettiva in capo al B.[…] del provvedimento. E’ evidente che in assenza di prova della notificazione a mani del destinatario non poteva evincersi la effettiva conoscenza del provvedimento. In secondo luogo, è onere del giudice di verificare la conoscenza effettiva non potendo valere l’assenza di elementi contrari da cui desumere che la notificazione non abbia consentito al ricorrente di venir a conoscenza. Infine, la circostanza secondo cui il B. […]sarebbe stato a conoscenza del provvedimento, avendo in data 15.3.1994, reso dichiarazioni all’esito di contestazione all’INPS, non può valere a tal fine essendo la stessa generica. Anche sotto questo profilo dalla generica circostanza che ricorrente aveva reso dichiarazioni all’INPS non si può evincere la prova dell’effettiva conoscenza.”..

12.3. Si è detto che Se. Or. ha fin dall’inizio sostenuto l’inconsapevolezza di V.B. dell’esistenza del decreto di condanna, al momento della dichiarazione presentata in gara.

La predetta sentenza conforta tale tesi; quanto meno, la dichiarazione di V.B. non può ritenersi oggettivamente falsa e tale da impedire che le giustificazioni prodotte venissero considerate nel procedimento e nel giudizio di primo grado.

Nellaprospettiva del soccorso istruttorio, al momento della valutazione definitiva da parte della stazione appaltante, era stata chiesta la restituzione in termini per l’opposizione al Tribunale di Udine, mentre al momento del passaggio in decisione del ricorso di primo grado (16 dicembre 2015), nei confronti del diniego medio tempore adottato dal GIP, era già stato depositato (4 novembre 2015) ricorso per Cassazione, e pertanto il decreto penale di condanna poteva ritenersi non irrevocabile.

Resta da valutare la rilevanza del decreto alla data della dichiarazione di V.B.

Se si considerasse l’efficacia (potenziale, in quanto provvedimento non ancora opposto) che il decreto di condanna aveva al momento della dichiarazione, prescindendo dalle successive valutazioni intervenute nel procedimento ed in sede penale, in sostanza si sanzionerebbe con l’esclusione del concorrente la (sola) mancanza di diligenza di V.B. nel non acquisire la “visura” di cui all’art. 33 del d.P.R. 313/2002.

Ma ciò non è previsto dalla normativa, e comporterebbe una sproporzionata penalizzazione del concorrente. E’ quindi preferibile ritenere che, in simili casi, il mancato assolvimento dell’onere di diligenza parametrato all’acquisizione della “visura” comporti soltanto il rischio che l’esistenza del decreto di condanna, non conosciuta (in mancanza di efficace notifica) e quindi non dichiarata, se rilevata dalla commissione di gara e contestata nel procedimento, ovvero a seguito di impugnazione del controinteressato in sede giurisdizionale, qualora il decreto risulti effettivamente irrevocabile, comporti l’esclusione, a prescindere dalla natura e gravità del reato e senza che il concorrente per evitare tale effetto possa invocare la non conoscenza del provvedimento.

13. Considerata la relativa novità di alcuni aspetti delle questioni affrontate e le stesse oscillazioni delle valutazioni del giudice penale in ordine al presupposto della causa di esclusione all’origine della controversia, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti:

– accoglie l’appello incidentale di Se. Or. S.p.a. e l’eccezione riproposta con memoria dalla AULSS n. 17, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara inammissibili i ricorsi proposti in primo grado;

– dichiara improcedibile l’appello principale della Casa di Riposo “F. Be.”.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari – Presidente

Carlo Deodato – Consigliere

Manfredo Atzeni – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere, Estensore

Raffaello Sestini –

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