Consiglio di Stato
sezione IV
sentenza 13 ottobre 2015, n. 4711
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE QUARTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4693 del 2015, proposto da:
Co. s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. Al.Bi., con domicilio eletto presso Ma.Se. in Roma, via (…);
contro
Se. s.r.l. rappresentata e difesa dagli avv.ti Fr.Ca. ed altri (…), presso lo studio dei quali in Roma, via (…), è elettivamente domiciliata;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III, n. 03309/2015, resa tra le parti, concernente affidamento dei servizi di supporto architetturale, specialistico, parametrizzazione e manutenzione in ambiente “data warehouse” per il sistema informativo della fiscalità.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati.
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Se. s.r.l..
Viste le memorie difensive.
Visti tutti gli atti della causa.
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 settembre 2015 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Ma.Se. ed altri (…).
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con bando di gara spedito alla G.U.C.E. in data 5/11/2013, la CO. s.p.a. ha indetto una procedura selettiva, suddivisa in due lotti, “per l’affidamento dei servizi di supporto architetturale, specialistico, parametrizzazione e manutenzione in ambiente “data warehouse” per il sistema informativo della fiscalità”.
Alla selezione ha chiesto di partecipare il costituendo raggruppamento temporaneo di imprese (R.T.I.) tra la N. s.p.a, la So. s.p.a. e la Se. s.r.l. (mandante).
Quest’ultima, ai fini dell’ammissione alla gara, con dichiarazione in data 19/12/2013, ha, tra l’altro, attestato: a) che nell’anno precedente alla pubblicazione del bando era cessato dalla carica il procuratore speciale dr. Franco Carmine Manna; b) che nei confronti dei soggetti di cui all’art. 38 comma 1, lett. b) e c), non erano state pronunciate condanne con sentenza passata in giudicato, o emessi decreti penali di condanna divenuti irrevocabili, oppure sentenze di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. o condanne per le quali abbiano beneficiato della non menzione.
Sempre in data 19/12/2013, anche il dr. Manna ha dichiarato l’insussistenza a proprio carico di condanne penali.
Tutto ciò, nonostante la lex specialis della gara non includesse i procuratori speciali (sia in carica che cessati), tra i soggetti in relazione ai quali fosse necessaria la dichiarazione concernente l’assenza di condanne penali.
All’esito della procedura il costituendo R.T.I. capeggiato dalla Se. si è classificato al primo posto della graduatoria relativa al lotto n. 2.
Invocando alcune pronunce del Consiglio di Stato (da ultimo A.P. 16/10/2013 n. 23), la CO. ha ritenuto che la dichiarazione circa il possesso dei requisiti di moralità professionale di cui all’art. 38 del D.Lgs. 12/4/2006 n. 163, dovesse essere resa anche dai procuratori speciali (in carica e cessati), dotati di poteri assimilabili a quelli per statuto spettanti agli amministratori, pertanto ha emesso la nota 27/2/2014 n. 261/SAD/S/2014, con la quale ha invitato la Commissione aggiudicatrice a chiedere ai concorrenti classificatisi al primo posto di integrare la documentazione prodotta, dichiarando il possesso dei suddetti requisiti anche con riguardo ai detti procuratori speciali, sia in carica, che cessati, precisando, con riguardo a questi ultimi, che la dichiarazione avrebbe dovuto riguardare esclusivamente la causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 163/2006.
Con nota 28/4/2014 n. 11403, la Commissione ha, quindi, chiesto al costituendo R.T.I. tra la N., la So.e la Se., di produrre, entro un termine dato, la suddetta documentazione integrativa, specificando che “in caso di mancata produzione” si sarebbe proceduto all’esclusione dalla gara e che l’esclusione sarebbe stata comminata anche nell’ipotesi di accertata carenza del requisito sostanziale.
La Se. ha ottemperato alla richiesta con nota in data 6/5/2014, con la quale, per quanto qui rileva, ha dichiarato che, nell’anno precedente alla pubblicazione del bando, era cessato dalla carica di procuratore speciale il dr. Franco Carmine Manna, che lo stesso era munito di poteri decisionali di particolare ampiezza, assimilabili a quelli che lo statuto assegna agli amministratori e che a suo carico non erano state pronunciate condanne con sentenza passata in giudicato, o emessi decreti penali di condanna divenuti irrevocabili, oppure sentenze di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. o condanne per le quali abbia beneficiato della non menzione.
In sede di verifica della veridicità della dichiarazione resa, la CO. ha accertato – tramite casellario giudiziale – che, con sentenza in data 29/4/1983, il Tribunale di Monza aveva emesso, a carico del dr. Ma., sentenza di condanna al pagamento di Lire 200.000 di multa per i reati di cui agli artt. 81 e 595 c.p. e 13 . L. n. 47/1985, (diffamazione a mezzo stampa per avere redatto e diffuso, in concorso con altri, manifesti a contenuto politico di “accusa” nei confronti di alcuni amministratori locali per il presunto rilascio di licenze di costruzione illegittime, a favore di costruttori “amici”), per cui ha invitato la Se. a fornire spiegazioni.
Acquisite le deduzioni di quest’ultima e ritenute le stesse non condivisibili, la CONSIP ha emesso la determinazione 4/9/2014 n. 23178, con la quale, imputando alla Se. di aver falsamente dichiarato l’insussistenza di condanne panali a carico del dr. Ma., ha escluso dalla procedura il costituendo R.T.I. dalla medesima capeggiato, e ciò in applicazione dell’art. 6 del disciplinare di gara, che contempla tale sanzione per il caso di false dichiarazioni.
La Se. ha, dunque, impugnato il provvedimento di esclusione davanti al TAR Lazio – Roma, che, con sentenza della III Sezione, 25/2/2015 n. 3309, ha accolto il ricorso, affermando, in sintesi:
a) che, non essendo prevista, dalla normativa di gara, alcuna sanzione espulsiva per l’omessa dichiarazione delle condanne penali relative ai procuratori speciali, tale omissione non avrebbe potuto condurre all’esclusione dalla gara;
b) che solo l’accertamento (nella specie non effettuato) dell’effettiva mancanza del requisito di moralità professionale avrebbe potuto giustificare la disposta esclusione.
Avverso la sentenza ha proposto appello la CONSIP deducendo i seguenti motivi.
1) Il giudice di prime non ha compreso che l’esclusione è stata disposta per le false dichiarazioni rese sia dal legale rappresentante della Se. che dal procuratore speciale cessato, circa l’insussistenza, a carico di quest’ultimo, di condanne penali, falsità che, in base all’art. 6 del disciplinare di gara, giustificava la sanzione espulsiva.
2) Contrariamente a quanto ritenuto in primo grado, è irrilevante che la lex specialis non includesse espressamente i procuratori speciali tra i soggetti in relazione ai quali era richiesta la dichiarazione concernente l’assenza di condanne penali, posto che l’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 doveva essere inteso nel senso di includervi anche costoro, se, come nella specie, dotati di poteri gestionali particolarmente ampi.
Peraltro, nemmeno la necessità di valutare in concreto la sussistenza del requisito di moralità professionale dei procuratori, affermata dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.23/2013 per le gare precedenti ad essa, può privare di rilevanza la falsità delle dichiarazioni rese dal concorrente.
Si aggiunga che la menzionata sentenza dell’Adunanza Plenaria è intervenuta circa 2 mesi prima della data in cui la Se. e il suo ex procuratore hanno reso la dichiarazione di cui all’art. 38 del D.Lgs. 163/2006, di modo che c’era tutto il tempo per valutare le conseguenze della detta pronuncia e per decidere il comportamento più appropriato da tenere.
3) La falsità delle dichiarazioni rese rileva, nel caso di specie, anche in virtù del fatto che, con le non impugnate note della CONSIP 27/2/2014 n. 261/SAD/S/2014 e della Commissione aggiudicatrice 28/4/2014 n. 11403,
la stazione appaltante ha integrato la lex specialis, richiedendo la dichiarazione ex art. 38 anche con riguardo ai procuratori speciali.
Il TAR ha, dunque, erroneamente escluso che nella fattispecie potesse configurarsi un’ipotesi di integrazione del bando.
4) Poiché il provvedimento di esclusione poggia sulla falsità della dichiarazione resa dalla concorrente, erroneamente il giudice di prime cure ha ritenuto che la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere a valutare la concreta rilevanza del reato commesso dal dr. Ma.. Del resto il comma 2 dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, impone di dichiarare tutte le condanne penali subite, con la conseguenza che l’omessa dichiarazione anche di un solo precedente, anche ai sensi dell’art. 75 del D.P.R. 28/12/2000 n. 445, rende legittima l’esclusione.
Diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure, non può nemmeno riconoscersi alla concorrente di aver agito in buona fede, sia perché il dr. Ma. era stato procuratore speciale della stessa sino a pochissimo tempo prima dell’indizione della gara, sia perché, pur non risultando il reato dal certificato del casellario giudiziale, se ne sarebbe potuta accertarne l’esistenza mediante la visura di cui all’art. 33 del D.P.R. 14/11/2002 n. 313.
Né, infine, può rilevare che in altre procedure bandite da CONSIP la medesima falsa dichiarazione non abbia portato all’esclusione dalla gara.
Si è costituita in giudizio la Se., depositando memoria con cui, riproposti i motivi assorbiti in primo grado, si è opposta all’accoglimento dell’appello.
Le parti hanno, poi, ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive con ulteriori memorie.
Alla pubblica udienza del 29/9/2015, la causa è passata in decisione.
I motivi di gravame, come sopra sinteticamente riassunti, possono essere trattati in un unico contesto.
Occorre premettere che, com’è incontestato, né il bando, né il disciplinare di gara, includessero i procuratori speciali tra i soggetti per i quali si dovesse procedere alla verifica del possesso dei requisiti morali di cui alle lettere b) e c), dell’art. 38 del D.Lgs. 12/4/2006 n. 163.
Conseguentemente, deve escludersi che la falsità delle dichiarazioni circa l’assenza di condanne penali a carico del dr. Ma., rese da quest’ultimo e dalla Se., in data 19/12/2013, potesse giustificare l’esclusione dalla gara del costituendo R.T.I. tra la N. s.p.a, la So. s.p.a. e la Se. s.r.l.
Deve, infatti, ritenersi, secondo logica, che la non veridicità di quanto dichiarato in sede di gara possa assumere rilevanza, al fine di legittimare un provvedimento espulsivo, solo se riferita ad elementi in relazione ai quali, in base alla lex specialis, la dichiarazione sia dovuta.
In tale senso, va interpretata la prescrizione contenuta nell’art. 6 del disciplinare di gara secondo cui: “Per ogni lotto saranno esclusi … i concorrenti che abbiano omesso di fornire i documenti richiesti ovvero che abbiano reso false dichiarazioni”.
Vero è che l’Adunanza Plenaria 16/10/2013 n. 23, intervenuta poco tempo prima che l’appalto per cui è causa fosse indetto, ha ritenuto che fra i soggetti per i quali è doveroso l’accertamento del requisito di moralità professionale siano da ricomprendere, pur nel silenzio della norma, anche
i procuratori “ad negotia”, muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza, assimilabili a quelli che lo statuto assegna agli amministratori,
ma la stessa pronuncia ha specificato che qualora (come nella fattispecie) l’onere di rendere la dichiarazione ex art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 per i detti procuratori non sia contemplato, a pena di esclusione, dalla “lex specialis”, l’esclusione stessa può essere disposta soltanto laddove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione.
Diversamente da quanto l’appellante lamenta, la decretata esclusione dalla gara non poteva trovare giustificazione nemmeno con riguardo alla contestata falsità della dichiarazione resa dal legale rappresentante della Se. in data 6/5/2014.
Con quest’ultima, la detta concorrente ha ottemperato alla richiesta di cui alla nota 28/4/2014 n. 11403, con la quale la Commissione aggiudicatrice (in conformità all’invito rivoltole con la nota CONSIP 27/2/2014 n. 261/SAD/S/2014) aveva sollecitato l’impresa a integrare la dichiarazione sul possesso dei requisiti di moralità professionale anche con riguardo ai procuratori speciali, muniti di poteri assimilabili a quelli spettanti per statuto agli amministratori, sia in carica, che cessati nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando (attestando, in relazione a questi ultimi, solo l’assenza di condanne penali).
Tuttavia, né la nota della Commissione, né quella della CO. (indipendentemente dagli effetti sulla legge di gara da assegnare alle stesse), sanzionavano con l’esclusione dalla procedura la falsità della dichiarazione integrativa.
Ambedue le note, infatti, stabilivano che il provvedimento espulsivo sarebbe seguito soltanto alla mancata produzione della documentazione richiesta entro il termine fissato, ovvero all’accertata carenza del requisito sostanziale.
D’altra parte, l’esclusione non poteva essere disposta nemmeno in automatica applicazione dell’art. 6 del disciplinare, atteso che la norma non era richiamata in alcuna delle suddette note ed il disciplinare, come più sopra rilevato, non richiedeva che la dichiarazione sul possesso dei requisiti morali fosse estesa ai procuratori speciali.
Contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, l’esclusione non poteva essere comminata neanche in diretta applicazione dell’art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006, atteso che la violazione dell’obbligo di dichiarazione dal medesimo previsto, può assumere rilevanza ai fini dell’adozione del provvedimento espulsivo, solo in presenza di una specifica disposizione di gara che punisca con l’esclusione la non veridicità dell’attestazione resa.
Disposizione che, giusta quanto sopra rilevato, non era presente nelle note della Commissione aggiudicatrice e della CO..
Né, ancora, l’esclusione avrebbe potuto trovare giustificazione, come predicato dall’appellante, nella norma di cui all’art. 75 del D.P.R. 28/12/2000 n. 445, dato che le suddette note, come poc’anzi precisato, la prevedevano solo per l’omessa produzione nei termini della documentazione richiesta, o per l’assenza del requisito sostanziale.
In definitiva, nel descritto contesto fattuale, la stazione appaltante avrebbe potuto adottare il provvedimento espulsivo, solo riscontrando in capo al dr. Ma. l’effettiva assenza del requisito di moralità, evenienza questa da escludere nel caso concreto, data la tipologia di reato per il quale il medesimo era stato condannato.
A ciò aggiungasi, che laddove l’esclusione dalla gara di cui al più volte citato art. 38, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 163/2006, si facesse dipendere dalla mera sussistenza di una condanna penale, prescindendo
da ogni valutazione circa la gravità del comportamento colpevole del soggetto, la norma si porrebbe in contrasto con l’articolo 45, par. 2 della direttiva 31/3/2004 n. 2004/18/CE, secondo cui può essere escluso dalla partecipazione alla gara ogni operatore economico quando il reato “incida” sulla sua moralità professionale (lett. c).
Da ciò discende che il menzionato art. 38, va letto nel senso che costituiscono condizioni, perché l’esclusione consegua alla condanna, la gravità del reato e il riflesso dello stesso sulla moralità professionale dell’operatore economico, dimodoché, al fine di apprezzare il grado di moralità del medesimo, in applicazione del principio comunitario di proporzionalità, assumono rilevanza la natura del reato ed il contenuto del contratto oggetto della gara, senza eccedere quanto è necessario a garantire l’interesse dell’amministrazione di non contrarre obbligazioni con soggetti che non garantiscano l’adeguata moralità professionale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 22/11/2013 n. 5558, Sez. IV, ord. 12/12/2014 n. 5686).
In definitiva le dedotte censure risultano infondate, per cui l’appello non merita accoglimento.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Spese ed onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta –
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore dell’appellata, liquidandole forfettariamente in complessivi Euro 3.000/00 (tremila) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Numerico – Presidente
Sandro Aureli – Consigliere
Raffaele Potenza – Consigliere
Giulio Veltri – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria il 13 ottobre 2015.
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