Corte di Cassazione, sezione sesta (seconda) civile, Ordinanza 11 marzo 2019, n. 6995.

La massima estrapolata:

A seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14, la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, articolo 28, come sostituito dal Decreto Legislativo cit., puo’ essere introdotta: a) con un ricorso ai sensi dell’articolo 702 bis c.p.c., che da’ luogo ad un procedimento sommario “speciale” disciplinato dal menzionato D.Lgs., articoli 3, 4 e 14; oppure: b) ai sensi dell’articolo 633 c.p.c. segg., fermo restando che la successiva eventuale opposizione deve essere proposta ai sensi dell’articolo 702 bis c.p.c. segg., integrato dalla sopraindicata disciplina speciale e con applicazione degli articoli 648, 649, 653 e 654 c.p.c..
E’, invece, esclusa la possibilita’ di introdurre l’azione sia con il rito ordinario di cognizione sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico disciplinato esclusivamente dall’articolo 702 bis c.p.c. e segg.
L’articolo 38 c.p.c., comma 2, puo’ trovare applicazione solo in tema di competenza per territorio derogabile, mentre, ove sia sollevata un’eccezione di incompetenza per materia, per valore o per territorio inderogabile, l’ordinanza che l’accoglie (e che potrebbe anche essere pronunciata d’ufficio) ha natura decisoria, indipendentemente dal fatto che la controparte vi abbia aderito, sicche’ il giudice erroneamente adito e’ tenuto a statuire anche sulle spese del procedimento.

Ordinanza 11 marzo 2019, n. 6995

Data udienza 14 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE seconda

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 28759-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE di CEPPALONI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. R.G. 39179/2016 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata l’08/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. GUIDO FEDERICO.

RITENUTO IN FATTO

1 Il Tribunale di Napoli, con ordinanza dell’8.11.2017, ha dichiarato la propria incompetenza funzionale Decreto Legislativo n. 150 del 2011, ex articolo 14, a conoscere della controversia promossa dall’Avv. (OMISSIS) per ottenere il pagamento di prestazioni professionali rese nei confronti del Comune di Ceppaloni.
2 In particolare, il Tribunale ha rilevato che, nei procedimenti Decreto Legge n. 150 del 2011, ex articolo 14, per i quali si richiede la liquidazione degli onorari di avvocato, la competenza funzionale e’ del giudice ove e’ stato incardinato il giudizio nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera.
Avverso tale sentenza ricorre, con tre motivi, l’avv. (OMISSIS).
Resiste con controricorso il Comune di Ceppaloni.
Il relatore ha proposto il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Deve preliminarmente rilevarsi che la sentenza in oggetto, in quanto ha deciso unicamente sulla competenza i avrebbe dovuto essere impugnata mediante regolamento preventivo di competenza.
Il presente ricorso, peraltro, puo’ essere convertito in regolamento preventivo di competenza, risultando proposto tempestivamente, vale a dire nei trenta giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata.
Con il primo motivo di ricorso la parte ricorrente deduce l’error in iudicando, violazione e falsa applicazione dell’articolo 101 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonche’ violazione del giusto procedimento e nullita’ della sentenza per aver il Tribunale stabilito di porre a fondamento un’eccezione rilevata d’ufficio senza concedere alle parti termini per depositare memorie.
Il motivo e’ infondato.
La sentenza che decida su una questione di puro diritto, rilevata d’ufficio, senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione (cd. terza via), non e’ nulla, in quanto da tale omissione puo’ solo derivare un vizio di “error in iudicando”, ovvero di “error in iudicando de iure procedendi”, la cui denuncia in sede di legittimita’ consente la cassazione della sentenza solo se tale errore sia in concreto consumato; qualora, invece, ad essere officiosamente rilevate siano state questioni di fatto, ovvero miste di fatto e di diritto, la parte soccombente puo’ dolersi della decisione sostenendo che la violazione del dovere di indicazione ha vulnerato la facolta’ di chiedere prove o, in ipotesi, di ottenere una eventuale rimessione in termini.(Cass. 15037/2018)
Con il secondo motivo si denuncia error in iudicando, violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui al Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14, nonche’ violazione dell’articolo 702 bis c.p.c., per avere il Tribunale ritenuto applicabile il criterio di competenza funzionale di cui all’articolo 14, omettendo di considerare il fatto che l’odierno ricorrente aveva introdotto il giudizio con rito sommario di cognizione.
Il motivo e’ infondato.
A seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14, la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, articolo 28, come sostituito dal Decreto Legislativo cit., puo’ essere introdotta: a) con un ricorso ai sensi dell’articolo 702 bis c.p.c., che da’ luogo ad un procedimento sommario “speciale” disciplinato dal menzionato D.Lgs., articoli 3, 4 e 14; oppure: b) ai sensi dell’articolo 633 c.p.c. segg., fermo restando che la successiva eventuale opposizione deve essere proposta ai sensi dell’articolo 702 bis c.p.c. segg., integrato dalla sopraindicata disciplina speciale e con applicazione degli articoli 648, 649, 653 e 654 c.p.c..
E’, invece, esclusa la possibilita’ di introdurre l’azione sia con il rito ordinario di cognizione sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico disciplinato esclusivamente dall’articolo 702 bis c.p.c. e segg. (Cass. Ss. Uu. 4485/2018).
Con il terzo motivo si denuncia error in iudicando, violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere il Tribunale disposto la condanna alle spese pur in assenza di decisione nel merito della causa, essendosi limitato a statuire la propria incompetenza funzionale.
Si censura altresi’ l’ordinanza in relazione al quantum di spese di lite liquidate.
Il motivo e’ infondato.
Il Tribunale ha correttamente provveduto alla liquidazione delle spese del giudizio, secondo soccombenza.
L’articolo 38 c.p.c., comma 2, puo’ trovare applicazione solo in tema di competenza per territorio derogabile, mentre, ove sia sollevata un’eccezione di incompetenza per materia, per valore o per territorio inderogabile, l’ordinanza che l’accoglie (e che potrebbe anche essere pronunciata d’ufficio) ha natura decisoria, indipendentemente dal fatto che la controparte vi abbia aderito, sicche’ il giudice erroneamente adito e’ tenuto a statuire anche sulle spese del procedimento. (Cass. 11764/2016).
Con riferimento alla doglianza relativa alla quantificazione delle spese di lite, anche sul punto occorre precisare l’infondatezza del motivo di ricorso poiche’ la liquidazione appare conforme ai parametri di cui al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014.
In tema di liquidazione delle spese processuali successiva al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, non sussistendo piu’ il vincolo legale della inderogabilita’ dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica “standard” del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice e’ tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi (Cass. 30286/2017), il che non e’ ravvisabile nel caso di specie, considerato il valore della causa, che rientra nello scaglione tra 5.201,00 e 26.000,00 Euro e l’importo liquidato pari a 1.700,00 Euro per compensi, ampiamente al di sotto del compenso massimo liquidabile.
Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 1, comma 1 bis.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese che liquida in complessivi 1.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre a rimborso forfettario spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 1, comma 1 bis.

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