Reiterazione della condotta criminosa

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 7 marzo 2019, n. 10025.

La massima estrapolata:

La reiterazione della condotta criminosa e’ espressione di un programma di vita improntata al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualita’, la professionalita’ nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei.
La verifica di tale preordinazione non puo’ essere compiuta sulla base di indici meramente presuntivi ovvero di congetture processuali, essendo necessario dimostrare che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo della continuazione invocato siano stati concepiti ed eseguiti nell’ambito di un programma criminoso unitario.
Fra gli elementi che incidono sull’applicazione della disciplina del reato continuato vi e’ la consumazione di piu’ reati in relazione allo stato di tossicodipendenza, la giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che “lo stato di tossicodipendenza deve essere valutato come elemento idoneo a giustificare la unicita’ del disegno criminoso con riguardo a reati che siano ad esso collegati e dipendenti, sempre che sussistano le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la configurabilita’ dell’istituto previsto dall’articolo 81 c.p., comma 2

Sentenza 7 marzo 2019, n. 10025

Data udienza 18 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente

Dott. LIUNI Teresa – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere

Dott. CAPPUCCIO Daniele – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 09/05/2018 del TRIBUNALE di PALERMO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. CAPPUCCIO DANIELE.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 9 maggio 2018 il Tribunale di Palermo ha rigettato l’istanza, presentata nell’interesse di (OMISSIS), volta al riconoscimento del vincolo della continuazione, in executivis, tra i reati per cui egli ha riportato cinque condanne pronunziate dal Tribunale di Palermo per reati di furto aggravato, ricettazione, evasione, simulazione di reato.
Il giudice dell’esecuzione ha motivato la decisione sul rilievo della genericita’ dell’istanza, priva di indicazioni in ordine alle sentenze per le quali si chiede il riconoscimento della continuazione e la conseguente rideterminazione della pena, ed ha ulteriormente osservato che le pene non sono state oggetto di cumulo in sede esecutiva.
Nel merito, ha segnalato che le certificazioni del SER.T. di Palermo, pur affermando l’esistenza di un programma terapeutico in atto, testimoniano di numerose e reiterate interruzioni del trattamento e della cura per dedurne che i precedenti, lungi dal dimostrarsi ispirazione di un unico disegno criminoso, sono, viceversa, chiara manifestazione di abitualita’ nel delinquere e che la dipendenza da alcol ha costituito pretesto per la perpetuazione di nuovi e piu’ gravi reati contro la collettivita’ piuttosto che fattore di attenuazione della colpevolezza.
2. Il (OMISSIS) ha proposto, tramite il difensore, avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera b), per erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 671 c.p.p. e articolo 81 c.p..
Premesso che nessun effetto preclusivo, ai fini della richiesta di applicazione delle norme sul reato continuato al giudice dell’esecuzione, e’ prodotto dall’assenza del cumulo in sede esecutiva, rivendica di avere dettagliato nell’istanza le sentenze che riguardano i reati in relazione ai quali e’ chiesto il riconoscimento della continuazione, che ha peraltro allegato in copia all’istanza immotivatamente disattesa dal giudice dell’esecuzione.
Aggiunge che indici rivelatori della identita’ del disegno criminoso si rinvengono nella costante tipologia dei reati, tutti contro il patrimonio, nella condizione di tossicodipendenza del (OMISSIS), che lo ha spinto a rendersi autore dei reati per cui e’ stato condannato allo scopo di procurarsi la sostanza stupefacente, e nella commissione degli illeciti in un arco temporale ristretto.
2.2. Con il secondo motivo, deduce nullita’ dell’ordinanza impugnata per violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione all’articolo 125 c.p.p., per avere il giudice dell’esecuzione sostenuto: a) illogicamente, che le certificazioni del SER.T. testimoniano esclusivamente di numerose e reiterate interruzioni del trattamento e della cura; b) immotivatamente, che i precedenti del (OMISSIS) sono chiara manifestazione di abitualita’ nel delinquere; c) apoditticamente, che il contesto della dipendenza da alcol avrebbe rappresentato un pretesto per la perpetuazione di nuovi e piu’ gravi reati contro il patrimonio.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Il ricorso e’ fondato.
2. Preliminarmente, va ricordato che la giurisprudenza di legittimita’, con riferimento al vincolo della continuazione in sede di esecuzione, ha individuato gli elementi da cui desumere l’ideazione unitaria, da parte del singolo agente, di una pluralita’ di condotte illecite, stabilendo che le violazioni dedotte ai fini’ dell’applicazione della continuazione ex articolo 671 c.p.p.devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di illeciti, gia’ concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali (Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, Daniele, Rv. 255156).
Tale programma, a sua volta, non deve essere confuso con la sussistenza di una concezione di vita improntata all’illecito, perche’ in tal caso “la reiterazione della condotta criminosa e’ espressione di un programma di vita improntata al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualita’, la professionalita’ nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei” (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950).
La verifica di tale preordinazione non puo’ essere compiuta sulla base di indici meramente presuntivi ovvero di congetture processuali, essendo necessario dimostrare che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo della continuazione invocato siano stati concepiti ed eseguiti nell’ambito di un programma criminoso unitario (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, Bottari, Rv. 267596).
Per quanto concerne, piu’ specificamente, il disposto dell’articolo 671 c.p.p., comma 1, ultimo periodo, secondo cui: “Fra gli elementi che incidono sull’applicazione della disciplina del reato continuato vi e’ la consumazione di piu’ reati in relazione allo stato di tossicodipendenza”, la giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che “lo stato di tossicodipendenza deve essere valutato come elemento idoneo a giustificare la unicita’ del disegno criminoso con riguardo a reati che siano ad esso collegati e dipendenti, sempre che sussistano le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la configurabilita’ dell’istituto previsto dall’articolo 81 c.p., comma 2, (cosi’, tra le tante, Sez. 1, n. 50716 del 07/10/2014, Iannella, Rv. 261490)”.
3. Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha, in primo luogo, tacciato di genericita’ l’istanza sulla scorta di considerazioni non pertinenti ovvero viziate dall’indicazione di un inesistente presupposto fattuale.
Da un canto, invero, ha posto l’accento sul fatto che le pene in relazione alle quali e’ stato chiesto il riconoscimento della continuazione non sono state oggetto di cumulo in sede esecutiva, circostanza ad ogni evidenza priva di rilievo nell’ottica della verifica della sussistenza della medesimezza del disegno criminoso, sicche’ sussiste il dedotto vizio di violazione di legge.
Dall’altro, ha affermato che l’istante non aveva specificato a quali condanne si riferisse l’istanza ex articolo 671 c.p.p. laddove, in realta’, (OMISSIS) aveva analiticamente indicato i singoli provvedimenti, peraltro allegandone copia: la motivazione appare dunque, per questa parte, affetta da tangibili crismi di illogicita’.
Il rigetto dell’istanza ex articolo 671 c.p.p. e’, per il resto, affidato ad un apparato argomentativo fondato sulla pregresse interruzioni del programma terapeutico seguito da (OMISSIS) in ragione della sua condizione di tossicodipendenza e sull’affermazione dell’essere i precedenti dell’istante “chiara manifestazione di abitualita’ a delinquere” da parte di soggetto che ha trovato nella dipendenza “pretesto per la perpetuazione di nuovi e piu’ gravi reati contro la collettivita’”.
La motivazione dell’ordinanza impugnata appare apodittica – e, nella sostanza, mancante – nella misura in cui si ancora a considerazioni poco piu’ che apodittiche e prescinde in toto dall’esame, compiuto lungo la direttrice sopra delineata ed alla luce degli accertamenti giurisdizionali e delle eventuali allegazioni difensive, degli ulteriori indici – quali, tra gli altri, quelli connessi alla tipologia delittuosa, allo iato temporale tra le condotte, alle loro modalita’ esecutive, al contesto territoriale, al collegamento tra i reati e alla condizione di dipendenza – che rilevano in vista dell’apprezzamento dell’unicita’ del disegno criminoso.
4. Le ragioni che si sono esposte impongono, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con il conseguente rinvio al Tribunale di Palermo, affinche’ proceda, in diversa composizione (Corte Cost., sent. n. 183 del 2013), a un nuovo esame che tenga conto dei principi che si sono enunciati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palermo.

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