Azione legale implica accettazione eredità
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Azione legale implica accettazione eredità

La sentenza n. 390 dell'8 gennaio 2025 della Corte di Cassazione stabilisce che chi ha un diritto di successione ereditario non deve necessariamente dimostrare di aver accettato l'eredità se intraprende azioni legali che implicano tale accettazione, come nel caso di richieste volte a proteggere il patrimonio ereditario. L'onere di contestare la qualità di erede e la mancata accettazione ricade su chi solleva tale eccezione, che deve anche provare eventuali fatti che neghino l'accettazione implicita manifestata dal comportamento dell'erede.

Servitù prediale e contratto a favore di terzi
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Servitù prediale e contratto a favore di terzi

La sentenza n. 407 dell'8 gennaio 2025 della Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto a favore di terzi può essere utilizzato per creare una servitù prediale, a patto che siano rispettate le seguenti condizioni:
Il contratto sia stipulato per iscritto.
La servitù sia posta a carico del fondo del promittente e a beneficio di quello del terzo.
Il vincolo e il beneficio siano espressi in modo chiaro e inequivocabile dalle parti.
Il fondo dominante sia chiaramente identificato o identificabile.
Lo stipulante abbia un interesse, anche di natura non economica, nella creazione della servitù.
In sostanza, la Corte ha riconosciuto la validità di tale forma contrattuale per la costituzione di servitù, purché siano soddisfatti determinati requisiti formali e sostanziali.

Diffida adempiere: solo dopo inadempimento avvenuto
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Diffida adempiere: solo dopo inadempimento avvenuto

L'ordinanza n. 361 dell'8 gennaio 2025 della Corte di Cassazione ha chiarito che, ai sensi dell'articolo 1454 del Codice Civile, la diffida ad adempiere può essere utilizzata solo dal contraente che ha già subito un inadempimento. Pertanto, è escluso che la diffida possa essere intimata prima della scadenza del termine previsto per l'esecuzione del contratto. Tale strumento è concepito per consentire al contraente leso di ottenere una rapida risoluzione del contratto senza dover attendere una decisione giudiziaria.

Preliminare e la condizione potestativa mista
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Preliminare e la condizione potestativa mista

L'ordinanza n. 243 del 7 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, si occupa delle controversie relative ai contratti preliminari di compravendita immobiliare, in particolare quando è presente una condizione potestativa mista.

La Corte ha stabilito che, in caso di controversia tra il promittente venditore e il promissario acquirente per il mancato avveramento di una condizione potestativa mista (una condizione il cui avveramento dipende in parte dalla volontà di una delle parti e in parte da fattori esterni), apposta nell'interesse di entrambe le parti, la questione deve essere risolta accertando, in concreto e sulla base delle prove emerse nel corso del giudizio, quale delle parti è stata inadempiente (o prevalentemente inadempiente, in caso di inadempimenti reciproci).

Questo accertamento deve essere fatto verificando se le parti hanno tenuto una condotta conforme ai principi di buona fede durante il periodo in cui la condizione era pendente.

Controdichiarazione: non essenziale, può essere successiva
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Controdichiarazione: non essenziale, può essere successiva

L'ordinanza n. 239 del 7 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, chiarisce la natura e i requisiti della controdichiarazione in materia di simulazione. La Corte ha stabilito che la controdichiarazione è un atto scritto di accertamento o riconoscimento, privo di natura negoziale, e non costituisce un elemento essenziale del procedimento simulatorio.

Di conseguenza, non è necessario che la controdichiarazione sia contemporanea all'atto simulato, né è richiesto che provenga da tutti i partecipanti all'accordo simulatorio. Può validamente provenire anche da una sola delle parti, purché si tratti della parte che trae vantaggio dall'atto simulato e che, con la controdichiarazione, assume obblighi diversi e maggiori rispetto a quelli derivanti dall'atto a cui la controdichiarazione si riferisce.

Subappalto quale contratto derivato ed autonomo 
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Subappalto quale contratto derivato ed autonomo 

L'ordinanza n. 240 del 7 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, chiarisce la natura e gli effetti del contratto di subappalto. La Corte ha definito il subappalto come un contratto ad efficacia obbligatoria, attraverso il quale l'appaltatore affida a un terzo l'esecuzione, totale o parziale, dei lavori o dei servizi che si è impegnato a realizzare per il committente nel contratto principale (o "padre" o "base").

Il subappalto è quindi un contratto derivato, un subcontratto o un "appalto di seconda mano" che si inserisce nell'appalto principale. La Corte sottolinea la dipendenza funzionale tra i contratti: l'appaltatore reimpiega la posizione contrattuale derivante dal rapporto in corso.

Nonostante sia logicamente e cronologicamente derivato dal contratto base, il subappalto è distinto da esso sia a livello soggettivo (coinvolgendo un terzo estraneo alle parti dell'appalto principale e invertendo il ruolo dell'appaltatore, che diventa committente nel subappalto) sia a livello oggettivo (essendo funzionalmente dipendente dal contratto principale).

Di conseguenza, anche se autorizzato dal committente, il subappalto instaura un rapporto obbligatorio autonomo tra appaltatore e subappaltatore, a cui il committente è estraneo, non acquisendo diritti né assumendo obblighi direttamente verso il subappaltatore.

Reciproche domande di risoluzione per inadempimento
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Reciproche domande di risoluzione per inadempimento

L'ordinanza n. 66 del 3 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, si occupa delle conseguenze delle reciproche domande di risoluzione per inadempimento in un contratto.

La Corte ha stabilito che, in presenza di domande contrapposte di risoluzione contrattuale per inadempimento, il giudice ha il compito di valutare il comportamento di entrambe le parti e di determinare quale di esse sia effettivamente responsabile dell'inadempimento del contratto.

Se il giudice accerta che l'inadempimento non è imputabile alla parte convenuta (cioè, alla parte contro cui è stata inizialmente presentata la domanda di risoluzione), ma alla parte attrice (cioè, alla parte che ha inizialmente richiesto la risoluzione), quest'ultima non ha diritto a ottenere il doppio della caparra. Al contrario, in tale circostanza, è la parte convenuta ad avere il diritto di trattenere la caparra.

Locazione: ritardo restituzione, danno minimo pari canone
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Locazione: ritardo restituzione, danno minimo pari canone

L'ordinanza n. 78 del 3 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, si occupa del tema della locazione e, in particolare, del risarcimento del danno per la ritardata restituzione dell'immobile.

La Corte ha ricordato che l'articolo 1591 del codice civile garantisce al locatore che ha subito un danno a causa della ritardata restituzione dell'immobile una liquidazione automatica del danno. Questa liquidazione si basa sulla presunzione che il danno sia almeno pari al canone di locazione precedentemente pagato.

La Corte ha precisato che si tratta di una presunzione assoluta, che non ammette prova contraria, se non in senso più favorevole al locatore. Ciò significa che il conduttore che è in mora nella restituzione non può contestare che il danno subito dal locatore sia inferiore all'importo del canone. Il conduttore deve continuare a versare una somma corrispondente al canone come corrispettivo di una prosecuzione del rapporto di godimento con l'immobile non ancora restituito, prosecuzione che non è voluta dal locatore.

Marchi: novità valutata in astratto, contraffazione concreta
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Marchi: novità valutata in astratto, contraffazione concreta

L'ordinanza n. 280 del 7 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, tratta del tema dei marchi d'impresa. La Corte ha stabilito che la registrazione di un marchio successivo è possibile solo se non sussiste un rischio di confusione con un marchio anteriore.

Il giudizio sulla novità di un marchio deve essere condotto in astratto, confrontando i segni come sono stati registrati, indipendentemente dal loro effettivo utilizzo e dall'intensità o dall'estensione della loro notorietà tra i consumatori. Un'eccezione a questo principio è rappresentata dal limite della decadenza per non uso.

Questo approccio si differenzia dalla valutazione che viene effettuata nel giudizio di contraffazione, dove l'accertamento è influenzato dalle modalità con cui il marchio anteriore viene utilizzato e percepito dal pubblico di riferimento.

Mantenimento: capacità lavorativa rilevante ed inutilizzata
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Mantenimento: capacità lavorativa rilevante ed inutilizzata

L'ordinanza n. 234 del 7 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, si occupa del diritto all'assegno di mantenimento in caso di separazione dei coniugi. La Corte ha precisato che tale diritto, previsto dall'articolo 156 del codice civile, si fonda sulla persistenza del dovere di assistenza materiale e morale e si correla al tenore di vita avuto durante il matrimonio.

A differenza dell'assegno di divorzio, l'assegno di mantenimento non ha componenti compensative. Pertanto, nel valutare se chi richiede l'assegno sia effettivamente privo di adeguati redditi propri, si deve tenere conto anche della sua concreta e attuale capacità lavorativa. Questo vale anche se l'istante non sfrutta tale capacità senza un motivo giustificato, poiché l'assegno di mantenimento non può arrivare a coprire ciò che l'istante, usando l'ordinaria diligenza, è effettivamente in grado di procurarsi autonomamente.