La mancata riproposizione nelle conclusioni dell’eccezione di prescrizione sollevata in primo grado non ne comporta la tacita rinuncia
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La mancata riproposizione nelle conclusioni dell’eccezione di prescrizione sollevata in primo grado non ne comporta la tacita rinuncia

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 maggio 2024| n. 13904.

La mancata riproposizione, nelle conclusioni formalmente rassegnate nell'atto di costituzione in appello, dell'eccezione di prescrizione sollevata in primo grado, non ne comporta la tacita rinuncia, ove, in base al tenore complessivo dell'atto, la pronuncia richiesta presupponga necessariamente l'esame dell'eccezione predetta, poiché essa ha natura di eccezione di merito con funzione estintiva della domanda.

Il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza quale eccezione in senso lato
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Il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza quale eccezione in senso lato

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 maggio 2024| n. 13921.

In caso di sinistro stradale, l'eccezione circa il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza è da considerare eccezione in senso lato, giacché configura proprio una cooperazione nel fatto colposo, incidendo sul decorso causale. Viene, dunque, al riguardo, in rilievo l'articolo 1227, comma 1, del Cc (l'allegazione della cooperazione colposa della vittima nell'evento dannoso, pertanto, non costituisce eccezione in senso stretto, bensì mera difesa). Da tanto discende, dunque, che una volta che il dato fattuale inerente alla cooperazione colposa del creditore abbia legittimamente fatto ingresso nel thema decidendum (e nel thema probandum) nel giudizio di primo grado, esso ben può essere valutato dal giudice anche d'ufficio.

Inammissibile la revocazione delle sentenze della Cassazione per errore di fatto che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa
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Inammissibile la revocazione delle sentenze della Cassazione per errore di fatto che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|21 maggio 2024| n. 14094.

Non sono suscettibili di revocazione le sentenze della Cassazione per le quali si deduca come errore di fatto un errore che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa, atti che, come tali, essa abbia dovuto necessariamente percepire nel loro significato e nella loro consistenza, poiché un tale errore può risolversi al più in un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, in ogni caso qualificabile come errore di giudizio. In particolare, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell'errore revocatorio di cui all'articolo 391 bis del Cpc presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull'affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall'area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione.

Revisione dell’assegno di divorzio e solo la valutazione dell’incidenza dei fatti nuovi sulla complessiva condizione delle parti
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Revisione dell’assegno di divorzio e solo la valutazione dell’incidenza dei fatti nuovi sulla complessiva condizione delle parti

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|21 maggio 2024| n. 14176.

In caso di giudizio di revisione dell'assegno di divorzio, non si attribuisce ex novo un assegno divorzile, diritto già affermato nella precedente statuizione giudiziale, ma si valuta solo l'incidenza dei fatti nuovi sulla complessiva condizione delle parti. Segnatamente, nel giudizio di revisione il giudice deve valutare se detti fatti nuovi giustifichino e in che misura la modifica delle condizioni di divorzio. Al riguardo, la sentenza di divorzio, in relazione alle statuizioni di carattere patrimoniale in essa contenute, passa in cosa giudicata rebus sic stantibus. Tuttavia, la sopravvenienza di fatti nuovi, successivi alla sentenza di divorzio, non è di per sé idonea ad incidere direttamente ed immediatamente sulle statuizioni di ordine economico da essa recate e a determinarne automaticamente la modifica, essendo al contrario necessario che i giustificati motivi sopravvenuti siano esaminati, ai sensi dell'articolo 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, dal giudice di tale norma previsto, e che questi, valutati detti fatti, rimodelli, in relazione alla nuova situazione, ricorrendone le condizioni di legge, le precedenti statuizioni.

Ricorso per cassazione ed il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza
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Ricorso per cassazione ed il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 maggio 2024| n. 13783.

In materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d'inammissibilità dell'impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell'ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l'esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati.

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Risoluzione e l’apprezzamento della gravità dell’inadempimento

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 maggio 2024| n. 13784.

In materia di apprezzamento della gravità dell'inadempimento, ai sensi dell'articolo 1455 del codice civile, la previsione di legge viene falsamente applicata laddove il giudice non individui i parametri sulla base dei quali viene affermato che l'inadempimento non può essere giudicato di scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altro contraente. Parametri, che non possono prescindere dalle emergenze di causa, sicché un tal giudizio non può essere espresso in termini astratti o, comunque, incompatibili con esse.

Il recesso con caparra confirmatoria non deroga affatto alla disciplina generale della risoluzione per inadempimento
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Il recesso con caparra confirmatoria non deroga affatto alla disciplina generale della risoluzione per inadempimento

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 maggio 2024| n. 13845.

La disciplina dettata dal secondo comma dell'articolo 1385 del Cc, in tema di recesso per inadempimento nell'ipotesi in cui sia stata prestata una caparra confirmatoria, non deroga affatto alla disciplina generale della risoluzione per inadempimento, ma è legata agli stessi presupposti, consentendo il recesso di una parte solo quando l'inadempimento della controparte sia colpevole e di non scarsa importanza in relazione all'interesse dell'altro contraente. Ne consegue che, laddove sia chiamato a valutare se il recesso è stato esercitato legittimamente, ossia in presenza delle condizioni richieste dalla legge, il giudice non può arrestare la sua indagine alla sussistenza di un inadempimento della controparte, ma è tenuto a valutare se esso sia o meno di scarsa importanza, ai sensi dell'articolo 1455 del Cc, ovvero ad accertare la sua effettiva incidenza sul sinallagma contrattuale verificando, alla stregua della regolamentazione complessiva del contratto, se esso abbia compromesso l'utilità che da esso l'altra parte intendeva conseguire.

La misura del sequestro conservativo ha un necessario collegamento con la causa di merito
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La misura del sequestro conservativo ha un necessario collegamento con la causa di merito

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 maggio 2024| n. 13840.

La misura del sequestro conservativo ha un necessario collegamento con la causa di merito, non rientrando tale provvedimento tra le cautele idonee ad anticipare gli effetti della decisione di merito, secondo la definizione di cui all'articolo 669 octies, comma 6, del Cpc, e quindi in grado di stabilizzarsi in difetto della successiva causa di merito. Il sequestro conservativo non anticipa gli effetti della decisione di merito, ma serve a garantire il possibile risultato finale, rappresentato dalla soddisfazione del diritto di credito, convertendosi, in caso di sentenza di condanna, in pignoramento. Il rapporto di stretta strumentalità della suddetta misura con la decisione di merito comporta che le spese del procedimento svoltosi ante causam vanno liquidate sulla base degli stessi parametri vigenti al momento della decisione di merito.

In tema di appalto il termine per la denuncia dei vizi
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In tema di appalto il termine per la denuncia dei vizi

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|17 maggio 2024| n. 13821.

In tema di appalto, in linea generale, il termine per la denuncia dei vizi a pena di decadenza ai sensi dell'articolo 1667, comma 2, Cc decorre dalla scoperta dei vizi. Ne consegue che la data di consegna dell'opera è decisiva, nel senso che solo dopo la consegna può aversi la scoperta delle difformità o dei vizi, entro sessanta giorni dalla quale il committente deve eseguire denuncia all'appaltatore. Inoltre, mentre prima dell'accettazione e della consegna dell'opera non vengono in rilievo problemi di denuncia e di prescrizione per vizi comunque rilevabili, è al momento della consegna che il committente può fare rilevare i vizi conosciuti o conoscibili in corso d'opera. In questo modo il committente evita che l'opera si consideri accettata in quanto ricevuta senza riserve ai sensi dell'articolo 1665 comma 4 del Cc, con la conseguente esclusione della garanzia secondo l'espressa previsione dell'articolo 1667 comma 1 del Cc.

La sentenza in grado di appello che giunga ad un risultato diverso della sentenza di primo grado deve contenere necessariamente una propria motivazione
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La sentenza in grado di appello che giunga ad un risultato diverso della sentenza di primo grado deve contenere necessariamente una propria motivazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 maggio 2024| n. 13851.

La sentenza in grado di appello, che giunga ad un risultato diverso da quello consacrato nella sentenza di primo grado, deve contenere necessariamente, in ragione della stessa funzione del giudizio di appello, una propria motivazione, cioè una manifestazione (diretta od almeno indiretta) delle ragioni di censura della soluzione della vicenda, espressa dal giudice di primo grado, prima di esprimere una soluzione diversa.