Ricorso per cassazione e l’onere a pena d’inammissibilità di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione
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Ricorso per cassazione e l’onere a pena d’inammissibilità di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 giugno 2024| n. 16266.

In tema di ricorso per cassazione, l'onere di specificità dei motivi, sancito dall'articolo 366, comma 1, n. 4), del Cpc, impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all'articolo 360, comma 1, n. 3), del Cpc, a pena d'inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare - con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni - la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa.

Responsabilità per attività sanitaria e l’accertamento del nesso causale in caso di condotta omissiva
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Responsabilità per attività sanitaria e l’accertamento del nesso causale in caso di condotta omissiva

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 giugno 2024| n. 16199.

In materia di responsabilità per attività sanitaria, l'accertamento del nesso causale in caso di condotta omissiva va compiuto secondo un criterio di probabilità logica, stabilendo se il comportamento doveroso omesso sarebbe stato in grado di impedire, o meno, l'evento lesivo, tenuto conto di tutte le risultanze del caso concreto, in base ad un giudizio ancorato non solo alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di eventi, ma anche agli elementi di conferma e all'esclusione di quelli alternativi, disponibili nel caso concreto; non si tratta, dunque, di un criterio probatorio diverso da quello del "più probabile che non", utilizzato nel giudizio civile, quanto piuttosto espressione di un accertamento di natura sostanziale del nesso di causalità materiale.

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Servizio di portierato nel caso in cui il Condominio deliberi la cessazione definitiva 

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 giugno 2024| n. 16083.

Sia nei periodi nei quali il Condominio eventualmente deliberi di non avvalersi del servizio di portierato, sia nel caso in cui il Condominio deliberi la cessazione definitiva di quel servizio, sono i proprietari che possono utilizzare l’immobile. La situazione che ne deriva non è differente dalla servitù di parcheggio, riconosciuta a condizione che la facoltà che ne deriva risulti attribuita a diretto vantaggio del fondo dominante, per la sua migliore utilizzazione, quale utilitas di carattere reale.

Nell’ipotesi di concorso della vittima di un illecito mortale nella produzione dell’evento dannoso
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Nell’ipotesi di concorso della vittima di un illecito mortale nella produzione dell’evento dannoso

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 giugno 2024| n. 16413.

In materia di responsabilità civile, nell'ipotesi di concorso della vittima di un illecito mortale nella produzione dell'evento dannoso, il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, patito "iure proprio" dai familiari del deceduto, deve essere ridotto in misura corrispondente alla parte di danno cagionato da quest'ultimo a sé stesso, ma ciò non per effetto dell'applicazione dell'art. 1227, comma 1, c.c., bensì perché la lesione del diritto alla vita colposamente cagionata da chi la vita perde non integra un illecito della vittima nei confronti dei propri congiunti, atteso che la rottura del rapporto parentale ad opera di una delle sue parti non può considerarsi fonte di danno nei confronti dell'altra, costituendo una conseguenza di una condotta non antigiuridica.

La minaccia di far valere un diritto assume i caratteri delle violenza morale
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La minaccia di far valere un diritto assume i caratteri delle violenza morale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 giugno 2024| n. 16263.

La minaccia di far valere un diritto assume i caratteri delle violenza morale, invalidante il consenso prestato per la stipulazione di un contratto, ai sensi dell'articolo 1438 del codice civile, soltanto se è diretta a conseguire un vantaggio ingiusto; il che si verifica quando il fine ultimo perseguito consista nella realizzazione di un risultato che, oltre ad essere abnorme e diverso da quello conseguibile attraverso l'esercizio del diritto medesimo, sia anche esorbitante ed iniquo rispetto all'oggetto di quest'ultimo, e non quando il vantaggio perseguito sia solo quello del soddisfacimento del diritto nei modi previsti dall'ordinamento.

Qualora sia difficile raggiungere una dimostrazione sicura sull’entità del pregiudizio con riferimento ai rapporti giuridici ad esecuzione prolungata
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Qualora sia difficile raggiungere una dimostrazione sicura sull’entità del pregiudizio con riferimento ai rapporti giuridici ad esecuzione prolungata

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 giugno 2024| n. 16346.

Qualora sia difficile raggiungere una dimostrazione sicura sull'entità del pregiudizio con riferimento ai rapporti giuridici ad esecuzione prolungata, tra i quali ricade l'appalto privato, l'indennizzo spettante all'appaltatore per il danno da mancato guadagno patito a causa del recesso unilaterale del committente può essere quantificato in via equitativa applicando per analogia l'aliquota forfettaria e presuntiva tratta dalla disciplina degli appalti pubblici, pari al dieci per cento della differenza fra il corrispettivo pattuito e quello maturato per le opere parzialmente realizzate.

La mancata escussione di un fideiussore non può di per sé essere qualificata come contraria ai principi di correttezza e buona
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La mancata escussione di un fideiussore non può di per sé essere qualificata come contraria ai principi di correttezza e buona

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 giugno 2024| n. 16289.

La mancata escussione di un fideiussore, in assenza di specifiche contestazioni dell'operato del creditore, non può di per sé essere qualificata come contraria ai principi di correttezza e buona, in mancanza di una norma dell'ordinamento che preveda un tale obbligo, sicché tale circostanza non può neppure essere dedotta come motivo di inadempimento imputabile al creditore, né la parte del debito garantita dal fideiussore non escusso può essere ritenuta un danno ingiusto risarcibile verso il debitore, atteso che quest'ultimo rimane l'unico soggetto a dover rispondere del debito per l'intero, stante la funzione della fideiussione di mera garanzia di un debito altrui.

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L’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale legittimato a decidere su una domanda

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|12 giugno 2024| n. 16329.

L’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale legittimato a decidere su una domanda giudiziale costituisce, alla stregua del rinvio operato dall’articolo 50-quater cod. proc. civ. al successivo articolo 161, comma primo, un’autonoma causa di nullità della decisione, con la sua conseguente esclusiva convertibilità in motivo di impugnazione, senza rimessione degli atti al primo giudice se il giudice dell’impugnazione sia anche giudice del merito. Il giudice d’appello non deve, pertanto, limitarsi a decidere sui motivi di gravame ma, decidendo quale giudice unico di merito, è investito dell’intera controversia e deve decidere su tutte le domande ed eccezioni proposte dalle parti

Il prezzo della compravendita deve ritenersi inesistente allorché esso sia destinato a non essere pagato
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Il prezzo della compravendita deve ritenersi inesistente allorché esso sia destinato a non essere pagato

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 giugno 2024| n. 16422.

Il prezzo della compravendita deve ritenersi inesistente, con conseguente nullità del contratto per mancanza di un elemento essenziale (ex articoli 1418 e 1470 del Cc), allorché esso sia programmaticamente destinato, nella comune intenzione delle parti, a non essere pagato. Tale programmatica esclusione del pagamento deve emergere dal testo negoziale (ossia dalla comune intenzione delle parti come estrinsecata nel contratto), affinché possa ingenerarne l'invalidità per mancanza dell'elemento essenziale del prezzo, e non già da elementi esterni o postumi, ipoteticamente incidenti sui diversi istituti della simulazione, della remissione del debito o semplicemente dell'inadempimento.

Un caso particolare di deposito di cosa altrui
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Un caso particolare di deposito di cosa altrui

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 giugno 2024| n. 16589.

Va qualificato come deposito di cosa altrui il contratto concluso dall'ormeggiatore che - avvalendosi d'una clausola del contratto atipico di ormeggio - tira in secco il natante non ritirato dal proprietario dopo la scadenza del contratto e lo affida ad un terzo affinché ne assuma - anche solo per facta concludentia - la custodia.