Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 5 giugno 2018, n. 25175.
La massima estrapolata:
Devono ritenersi suscettibili di ablazione i soli beni patrimoniali acquistati nell’arco temporale in cui si e’ manifestata la pericolosita’ sociale del soggetto passivo della misura – o eventualmente del terzo allo stesso collegato – tenuto conto del momento in cui si e’ manifestata tale pericolosita’.
Sentenza 5 giugno 2018, n. 25175
Data udienza 6 febbraio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente
Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere
Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere
Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere
Dott. CENTONZE Alessand – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI TORINO;
nel procedimento contro:
1) (OMISSIS), nato il (OMISSIS);
Avverso il decreto emesso l’11/05/2017 dalla Corte di appello di Torino;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CENTONZE Alessandro;
Lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona della Dott.ssa DE MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del decreto impugnato.
RILEVATO IN FATTO
1. Con il decreto in epigrafe la Corte di appello di Torino disponeva la revoca della confisca di prevenzione, pronunciata nei confronti di (OMISSIS), in riferimento alle seguenti polizze (OMISSIS) s.p.a.: polizza n. (OMISSIS) dell’importo di 24.999,99 Euro; polizza n. (OMISSIS) dell’importo di 17.590,66 Euro; polizza n. (OMISSIS) dell’importo di 26.865,09 Euro; polizza n. (OMISSIS) dell’importo di 69.319,87 Euro.
Il provvedimento di revoca veniva adottato dalla Corte territoriale torinese sul presupposto che le quattro polizze (OMISSIS) s.p.a. di cui veniva disposta la restituzione erano state stipulate in un arco temporale – compreso tra il 14/05/2010 e l’01/08/2011 – in cui (OMISSIS) non era dedito alla commissione di attivita’ delittuose, con la conseguenza che, limitatamente a tali operazioni contrattuali, difettava il requisito della correlazione temporale tra pericolosita’ sociale del prevenuto e titolarita’ dei beni confiscati, indispensabile all’esercizio dei poteri ablatori in esame.
2. Avverso tale decreto il Procuratore generale presso la Corte di appello di Torino ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge del provvedimento impugnato, che non aveva correttamente correlato la risalente e pluriennale attivita’ delinquenziale di (OMISSIS) – ritenuta incontroversa dalla stessa Corte di appello di Torino – alle operazioni contrattuali oggetto di vaglio.
Si deduceva, in proposito, che, nel disporre la restituzione delle polizze in argomento, la Corte territoriale torinese aveva trascurato di considerare che l’importo di 140.000,00 Euro occorrente per il loro acquisto non rientrava nelle disponibilita’ finanziarie e reddituali del ricorrente, che, al momento della stipula, non si trovava nelle condizioni economiche necessarie per la conclusione di tali operazioni contrattuali.
Si deduceva, al contempo, che, a fronte di tali conclamate indisponibilita’ economiche, la Corte di appello di Torino non aveva tenuto conto della condizione di persistente pericolosita’ sociale nella quale versava (OMISSIS), attestata dalla misura di sicurezza personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, che era stata confermata nell’ambito dello stesse) provvedimento impugnato.
Da tali incontroversi elementi di giudizio discendeva la necessita’ di un nuovo esame, finalizzato a correlare cronologicamente la pregressa, incontroversa, pericolosita’ sociale di (OMISSIS) alla titolarita’ dei beni di cui era stata disposta la restituzione; correlazione che si imponeva, tenuto conto delle risorse finanziarie, ammontanti a 140.000,00 Euro, occorrenti per la stipula delle polizze in esame, di cui il prevenuto, al momento dell’acquisto non disponeva.
Queste ragioni imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Torino e’ inammissibile.
2. In via preliminare, deve rilevarsi che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione, secondo quanto previsto dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, articolo 4, comma 2, cosi’ come richiamato dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, articolo 3-ter, comma 2, e’ ammesso soltanto per violazione di legge. Ne consegue che devono escludersi dall’ambito dei vizi deducibili in sede di legittimita’ le ipotesi previste dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), potendosi soltanto denunciare, ai sensi della lettera c) della stessa disposizione, la motivazione inesistente o meramente apparente, integrante la violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato.
In sede di legittimita’, dunque, non e’ deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente, presentando difetti tali da renderla meramente apparente e in realta’ inesistente, ossia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicita’; ovvero quando la motivazione stessa si ponga come assolutamente inidonea a rendere comprensibile il percorso logico seguito dal giudice di merito nell’adozione del provvedimento; ovvero, ancora, quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione adottata (Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, Buonocore, Rv. 257007; Sez. 6, n. 24272 del 15/01/2013, Pascali, Rv. 256805).
Questo orientamento ermeneutico, avallato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 106 del 15 aprile 2015, ha ricevuto l’ulteriore suggello delle Sezioni unite che, nel solco della giurisprudenza di legittimita’ che si e’ richiamata, hanno affermato il seguente principio di diritto: “Nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione e’ ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, articolo 4 richiamato dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, articolo 3-ter, comma 2; ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, e’ esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimita’ l’ipotesi dell’illogicita’ manifesta di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera e), potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiche’ qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dalla L. n. 1423 del 1956, predetto articolo 4, comma 9, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente” (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
In questa cornice ermeneutica, occorre considerare i singoli passaggi motivazionali del decreto emesso dalla Corte di appello di Torino il 16/05/2017, cosi’ come censurati dalla parte ricorrente, allo scopo di verificarne la congruita’ argomentativa.
3. Tanto premesso, occorre esaminare preliminarmente la questione del requisito dell’attualita’ della pericolosita’ sociale di (OMISSIS), in correlazione alla restituzione delle polizze (OMISSIS) s.p.a. precedentemente confiscate, tenendo conto dell’intervento chiarificatore delle Sezioni unite, secondo il quale devono ritenersi suscettibili di ablazione i soli beni patrimoniali acquistati nell’arco temporale in cui si e’ manifestata la pericolosita’ sociale del soggetto passivo della misura – o eventualmente del terzo allo stesso collegato – tenuto conto del momento in cui si e’ manifestata tale pericolosita’ (Sez. U, n. 4880 del 29/06/2014, dep. 2015, Spinelli, Rv. 262605).
Nell’arresto giurisprudenziale richiamato, allo scopo di delimitare cronologicamente gli ambiti di pericolosita’ sociale legittimanti l’adozione di un provvedimento di prevenzione, si affermava il seguente principio di diritto: “La pericolosita’ sociale, oltre ad essere presupposto ineludibile della confisca di prevenzione, e’ anche “misura temporale” del suo ambito applicativo; ne consegue che, con riferimento alla c.d. pericolosita’ generica, sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell’arco di tempo in cui si e’ manifestata la pericolosita’ sociale, mentre, con riferimento alla c.d. pericolosita’ qualificata, il giudice dovra’ accertare se questa investa, come ordinariamente accade, l’intero percorso esistenziale del proposto, o se sia individuabile un momento iniziale ed un termine finale della pericolosita’ sociale, al fine di stabilire se siano suscettibili di ablazione tutti i beni riconducibili al proposto ovvero soltanto quelli ricadenti nel periodo temporale individuato” (Sez. U, n. 4880 del 29/06/2014, dep. 2015, Spinelli, cit.).
Ne discende che sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquisiti nell’arco di tempo in cui si e’ manifestata la pericolosita’ sociale del prevenuto nel nostro caso costituiti dalle polizze (OMISSIS) s.p.a. di cui si e’ detto indipendentemente dalla persistenza di tale condizione soggettiva al momento della proposta di prevenzione. Tale conclusione consegue all’apprezzamento dello stesso presupposto giustificativo della confisca di prevenzione, ossia dalla ragionevole presunzione che il bene sia stato acquistato con i proventi di un’attivita’ illecita ed e’, dunque, pienamente coerente con la natura preventiva della misura ablativa, ribadita dalle Sezioni unite (Sez. U, n. 4880 del 29/06/2014, dep. 2015, Spinelli, cit.).
Pertanto, alla stregua di tali parametri ermeneutici, l’ablazione di beni di cui si assume la provenienza illecita puo’ considerarsi legittima, in quanto espressione dell’esercizio del potere discrezionale del legislatore, solo laddove risponda all’interesse generale di rimuovere dal circuito economico beni illecitamente acquistati. D’altra parte, la funzione sociale della proprieta’ privata puo’ esplicarsi legittimamente solo a condizione che il suo acquisto sia conforme alle regole imposte dall’ordinamento giuridico.
Per altro verso, l’individuazione di un preciso contesto cronologico, entro il quale puo’ essere esercitato il potere di ablazione, e’ funzionale a rendere piu’ agevole l’esercizio del diritto di difesa, assolvendo a ineludibili esigenze di garanzia. Ne consegue che, anche sotto tale profilo, la dinamica di apprensione coattiva di beni appartenenti a soggetti privati risulta esente da criticita’ sul versante della necessaria sintonia con i principi costituzionali, assicurati dal riconoscimento al prevenuto della facolta’ di controprova in ordine alla legittimita’ dell’acquisto.
Se cosi’ non fosse, sarebbe possibile aggredire il patrimonio di un soggetto indipendentemente da ogni relazione temporale con la sua condizione di pericolosita’ sociale, dando origine a uno strumento che finirebbe per connotarsi per la sua natura sanzionatoria. In questo modo, pero’, la misura ablativa si collocherebbe in un ambito sistematico scarsamente compatibile con i principi costituzionali vigenti in materia di proprieta’ privata e con le disposizioni degli articoli 2 e 42 Cost..
Ne deriva che l’adozione di un provvedimento di confisca presuppone un preciso contesto cronologico all’interno del quale puo’ essere esercitato il potere di ablazione nei confronti di un soggetto privato, essendo a tal fine indispensabile stabilire una ragionevole presunzione che i beni patrimoniali considerati siano stati acquistati con i proventi dell’attivita’ illecita.
Ne’ potrebbe essere diversamente, atteso che, come statuito dalle Sezioni unite nell’arresto giurisprudenziale che si sta considerando, nelle misure di prevenzione patrimoniale “la presunzione di illecita provenienza dei beni ha natura di presunzione relativa e per l’assolvimento dell’onere probatorio posto a carico del soggetto inciso e’ sufficiente la mera allegazione di fatti, situazioni o eventi che, ove riscontrabili, siano idonei, “ragionevolmente e plausibilmente”, ad indicare la lecita provenienza dei beni” (Sez. U, n. 4880 del 29/06/2014, dep. 2015, Spinelli, Rv. 262607).
Tali conclusioni comportano che presupposto ineludibile di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale continua a essere la pericolosita’ del soggetto passivo, ossia la sua riconducibilita’ a una delle categorie soggettive previste dalla normativa di settore ai fini dell’applicazione delle misure in questione. Non puo’ non richiamarsi, sul punto, la giurisprudenza di questa Corte che ha precisato che, anche nei casi di applicazione disgiunta, il giudice della prevenzione deve valutare, sia pure incidentalmente, la condizione di pericolosita’ del soggetto nei cui confronti sia richiesta la misura di prevenzione patrimoniale, in quanto la confisca disgiunta non e’ istituto che ha introdotto nel nostro ordinamento una azione diretta sul bene, restando imprescindibile il rapporto tra pericolosita’ sociale del soggetto e gli incrementi patrimoniali conseguiti (Sez. 6, n. 5536 del 15/01/2016, Bevilacqua, Rv. 265957; Sez. 2, n. 30395 del 07/05/2015, Ciotta, Rv. 264296).
3.1. Tenuto conto dei parametri ermeneutici che si sono richiamati nel paragrafo precedente, nel caso in esame, l’acquisto delle polizze (OMISSIS) s.p.a., di cui si controverte, non risulta correlato cronologicamente al giudizio di pericolosita’ sociale formulato nei confronti di (OMISSIS), rispetto al quale il percorso argomentativo seguito dalla Corte di appello di Torino, cosi’ come esplicitato nelle pagine 16-18 del provvedimento impugnato, risulta congruo e conforme alle risultanze processuali.
Questi parametri ermeneutici devono essere applicati con riferimento a ciascuna delle polizze (OMISSIS) s.p.a. di cui la Corte di appello di Torino disponeva la restituzione, costituite dalla polizza n. (OMISSIS) dell’importo di 24.999,99 Euro; dalla polizza n. (OMISSIS) dell’importo di 17.590,66 Euro; dalla polizza n. (OMISSIS) dell’importo di 26.865,09 Euro; dalla polizza n. (OMISSIS) dell’importo di 69.319,87 Euro.
Si consideri, in proposito, che costituisce un dato processuale incontroverso quello secondo cui la condizione di pericolosita’ sociale di (OMISSIS) risulta insussistente nell’arco temporale in cui venivano stipulate le polizze in questione, compreso tra il 14/05/2010 e l’01/08/2011, non potendosi attribuire nessuna rilevanza utile ai presenti fini alle segnalazioni di polizia, che venivano effettuate nello stesso periodo, richiamate nelle pagine 17 e 18 del provvedimento impugnato.
Ne’ e’ possibile ritenere esaustive le argomentazioni espresse sul punto dalla parte ricorrente, la quale, non solo non teneva conto di tali incontrovertibili sfasature cronologiche, peraltro nemmeno contestate nell’atto di impugnazione in esame, ma richiamava in termini incongrui l’applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno irrogata a (OMISSIS), che non riguardava il biennio in esame, come detto, compreso tra il 2010 e il 2011.
Non e’, infine, possibile esprimere un giudizio di correlazione tra l’acquisto delle polizze in questione e la pregressa attivita’ delittuosa di (OMISSIS), atteso che, come correttamente evidenziato nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 16 del provvedimento impugnato, tali investimenti si collocano in un arco temporale in cui il prevenuto “non era dedito alla commissione di reati contro il patrimonio, sicche’ difetta la correlazione temporale tra incremento patrimoniale e pericolosita’ sociale”.
4. Per queste ragioni processuali, il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Torino deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
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