Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 18 giugno 2018, n. 27922.

La massima estrapolata:

In ordine al mancato riconoscimento dell’esimente della provocazione di cui all’articolo 599 c.p., comma 2, il comportamento provocatorio si configura in presenza di una condotta contraria alle norme giuridiche, ovvero all’insieme delle regole sociali vigenti in un contesto di civile convivenza, secondo una valutazione oggettiva e non in forza della mera percezione negativa che del medesimo abbia avuto l’agente; mentre, di regola, non costituisce “fatto ingiusto”, ai sensi dell’articolo 599 c.p., l’esercizio di un diritto.
L’esercizio del diritto di critica viene generalmente distinto da quello di cronaca, in quanto nel primo si esprime una valutazione dei fatti e non si fa la narrazione degli stessi, e dunquexla critica, ed ancor piu’ quella politica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non puo’, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica

Sentenza 18 giugno 2018, n. 27922

Data udienza 22 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia – Presidente

Dott. MORELLI Francesca – Consigliere

Dott. DE GREGORIO Eduardo – rel. Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/06/2016 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. EDUARDO DE GREGORIO;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. MAZZOTTA GABRIELE che ha concluso per l’inammissibilita’.
il difensore presente espone alla Corte i motivi di gravame e insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Lecce ha confermato la condanna in primo grado nei confronti dell’imputato (OMISSIS), alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno in favore della parte civile (OMISSIS), difensore civico della citta’, per il delitto di diffamazione nei suoi confronti, consistita nel ridicolizzare, durante un comizio e nel corso di una successiva trasmissione televisiva,l’aspetto fisico della parte civile e nel definire come spreco illegittimo i fondi destinati al suo compenso; fatto compiuto tra Aprile e Giugno 2009.
1. Ha presentato ricorso la difesa dell’imputato, che con unico motivo, ha lamentato la violazione dell’articolo 599 c.p., poiche’ la Corte aveva respinto la richiesta di applicazione dell’esimente della provocazione, ritenendo che (OMISSIS), che nel corso di una conferenza stampa aveva biasimato l’alleanza con un soggetto condannato per associazione mafiosa, cosi’ alludendo a (OMISSIS), avesse rispettato i criteri di continenza e verita’.
1.1 Secondo il ricorrente l’affermazione dei Giudici del merito sarebbe errata in diritto, poiche’ l’informazione diffusa dalla parte civile era incompleta, in quanto non aveva precisato che (OMISSIS) era stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e che i fatti addebitatigli erano risalenti a venti anni prima.
All’odierna udienza il Pg, Dr. Mazzotta, ed il difensore dell’imputato hanno concluso come in epigrafe
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ infondato.
1. Il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento dell’esimente della provocazione di cui all’articolo 599 c.p., comma 2, non contestando il contenuto diffamatorio delle espressioni usate nei confronti di (OMISSIS) nel corso di un comizio e, successivamente, durante una trasmissione televisiva. A sostegno della sussistenza della provocazione e’ stato addotto il comportamento della parte offesa che, in qualita’ di difensore civico, durante una conferenza stampa, avrebbe fatto riferimento a (OMISSIS) quale soggetto condannato per concorso in associazione mafiosa, provocando, quindi, il dedotto stato d’ira.
1.1 Sul punto occorre sottolineare che, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, il comportamento provocatorio si configura in presenza di una condotta contraria alle norme giuridiche, ovvero all’insieme delle regole sociali vigenti in un contesto di civile convivenza, secondo una valutazione oggettiva e non in forza della mera percezione negativa che del medesimo abbia avuto l’agente; mentre, di regola, non costituisce “fatto ingiusto”, ai sensi dell’articolo 599 c.p., l’esercizio di un diritto. Sez. 5, Sentenza n. 25421 del 18/03/2014 Ud. (dep. 13/06/2014) – Rv. 259882; Sez. 5, Sentenza n. 43637 del 24/04/2015 Ud. (dep. 29/10/2015) Rv. 264924.
1.2 Applicando tali principi alla fattispecie concreta, deve osservarsi che la Corte territoriale ha ritenuto le espressioni usate dalla parte civile come esercizio del diritto di critica politica, in ragione dell’interesse pubblico alla conoscenza della notizia, legato alla carica ricoperta da (OMISSIS), della continenza espressiva usata dalla persona offesa nel racconto, e della verita’ dei fatti posti a fondamento dello stesso.
La pronunzia e’o’ in tal modo in armonia con la giurisprudenza di legittimita’, secondo la quale ai fini del riconoscimento del diritto di critica, espressione della liberta’ di manifestazione del pensiero garantita dall’articolo 21 Cost., cosi’ come dall’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, si richiede la verifica della esistenza di tre requisiti, individuati nella verita’ del fatto oggetto del racconto, nella continenza verbale delle espressioni e nell’interesse sociale alla notizia.
In particolare l’esercizio del diritto di critica viene generalmente distinto da quello di cronaca, in quanto nel primo si esprime una valutazione dei fatti e non si fa la narrazione degli stessi, e dunquexla critica, ed ancor piu’ quella politica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non puo’, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica. Sez. 5 n.25518 del 26/09/2016 (data dep 23/05/2017)
1.3 In linea con la precedente affermazione di principio, nel caso in esame non puo’ considerarsi determinante, ai fini del mancato riconoscimento dell’esercizio del diritto di critica politica da parte di (OMISSIS), l’aver parlato dell’imputazione addebitata a (OMISSIS) come concorso in associazione mafiosa e non come concorso esterno nella stessa, come ha puntualizzato il ricorrente, cosi’ incorrendo in una mera imprecisione nella descrizione del fatto; d’altro canto, neppure puo’ considerarsi rilevante la notevole distanza temporale esistente tra il fatto raccontato e il suo effettivo accadimento, in presenza dei gia’ richiamati requisiti dell’interesse pubblico alla conoscenza della notizia, legato alla carica politico-amministrativa ricoperta da (OMISSIS), della continenza espressiva e della verita’ dei fatti esposti da (OMISSIS).
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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